lunedì 15 ottobre 2012

La prima settimana di lavori sinodali: quel che più conta è l’animo prevalente nei partecipanti, parole misurate ma chiare che confermano la partenza con il piede giusto per un compito non semplice affidato dal Papa

Sono già emerse proposte pastorali concrete allo scadere della prima settimana di lavori sinodali, ma quel che più conta, in attesa delle conclusioni, è l’animo prevalente nei Padri sinodali e negli altri partecipanti ai lavori. Parole misurate, ma chiare che confermano la partenza con il piede giusto per un compito non semplice affidato dal Papa. La nuova evangelizzazione è da lui intesa come orientata principalmente alle persone battezzate che si sono allontanate dalla Chiesa e vivono senza più riferirsi alla prassi cristiana. Come dire: lanciare un progetto per rivitalizzare la fede nei paesi di antica cristianità senza rinunciare ad annunciare il vangelo a coloro che ancora non conoscono Cristo. La Chiesa in questo compito non è chiamata tanto a fare, a strutturarsi in forme sociologicamente più efficaci, quanto piuttosto a far conoscere ciò che Dio ha fatto e, quindi, anzitutto pregarlo. La preghiera infatti è la condizione indispensabile per aprire in questo modo, quasi con un filo diretto, una nuova pentecoste e capire dove Dio vuole guidare la sua Chiesa. Davanti ai Padri sinodali radunati nella concelebrazione solenne di apertura, Benedetto XVI ha premesso che l’unica prospettiva di riuscita dei lavori è fissare lo sguardo sul Signore Gesù, ripetendo con disarmante chiarezza che il Crocifisso, quale segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione, è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo. Il Sinodo pare finora rispondere bene a questa dinamica messa in moto dal Pontefice. Nei tanti interventi non vi è traccia di trionfalismo, ma è presente una percezione diffusa dei limiti in ogni campo di azione pastorale, di impegno culturale e sociale della Chiesa intesa come comunione, popolo di Dio costituito di chierici e laici. La primaria responsabilità nell’affievolirsi della fede nei paesi di più antica cristianità è dovuta anzitutto alla frammentaria responsabilità degli stessi cristiani, deboli nella testimonianza perché meno a conoscenza e meno convinti dell’annuncio. Moltissimi tra gli interventi registrati nella prima settimana di lavori pongono l’urgenza di riconoscere a Gesù Cristo il primo posto nella vita ordinaria delle comunità cristiane. E si avverte allo stesso tempo un senso di pentimento per le omissioni, per le colpe individuali e collettive che hanno contribuito ad appannare la fede cristiana. Nello stile del concilio Vaticano II, gli interventi situano i lavori sinodali entro il cammino dei nostri contemporanei senza nostalgia del passato, per riuscire così a portare nuovamente la luce di Dio e ritrovare, per dirla con uno dei Padri sinodali, la forza propulsiva del Vangelo che sembra divenuta flebile agli occhi dei uomini d’oggi. Suggestive alcune immagini usate nell’aula sinodale per rendere la nuova evangelizzazione moderna ed efficace: la fede intesa come stile di vita che avvicina agli altri; cambiare la mentalità che la fede sia un’appartenenza a una fazione sociologica militante e violenta; ripartire da Gerusalemme, dove la prima comunità cristiana si ancorò a Cristo avendo una causa per la quale era disposta ad affrontare ogni sacrificio e il dono della vita stessa. Chiedersi, in altri termini, quanti cristiani oggi sarebbero disposti anche a morire per Gesù Cristo. Una domanda che riecheggia quelle fondamentali rivolte da Paolo VI alla Chiesa riunita in Concilio: Chiesa che dici di te? Che dici di Cristo?. Domande ancora attuali per dare senso all’evangelizzazione.

Carlo di Cicco, L'Osservatore Romano

Card. Dolan: la Chiesa non ha paura di riconoscere i propri errori. La nuova evangelizzazione ha a che fare con il rinnovamento spirituale e la conversione dei cuori. Essere umili non è solo una strategia pastorale, ma il giusto atteggiamento

Il card. Timothy Dolan (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di New York, ha sottolineato che la Chiesa non nasconde i propri errori passati, pedofilia compresa, e guarda al futuro con fiducia, nel corso di un briefing con i giornalisti sui lavori del Sinodo dei vescovi in corso in Vaticano sulla Nuova evangelizzazione. Il presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha raccontato di aver preso parte di recente ad un incontro nel quale un fedele ha citato la serie televisiva "The Borgias", che romanza a tinte fosche la storia della famiglia nobiliare romana. "Come facciamo a difendere la Chiesa con storie come quella di Papa Alessandro VI che aveva un'amante?", ha detto il fedele. "No - ha ribattuto il cardinale - non aveva una sola amante, ne aveva molte! La Chiesa - ha aggiunto - non ha paura di riconoscere i propri errori". "La nuova evangelizzazione ha a che fare con il rinnovamento spirituale e la conversione dei cuori", ha detto Dolan. "Essere umili non è solo una strategia pastorale, ma il giusto atteggiamento", ha detto Dolan, citando, come esempio, il 'mea culpa' per gli abusi sessuali dei preti sui bambini pronunciato dal card. Marc Ouellet al santuario di Lough Derg in occasione del Congresso Eucaristico internazionale che si è svolto a Dublino l'anno scorso. "Il gesto, fatto genuinamente, è stato molto bene accolto". Dolan, che ha sottolineato la potenza del secolarismo negli Stati Uniti, ha però affermato che "al suo cuore gli Stati Uniti rimangono profondamente religiosi". Nel corso del briefing non sono mancati accenti autocritici su alcune questioni come le omelie delle chiese statunitensi ("Molta gente mi dice che sono spesso troppo lunghe e noiose") e l'abbandono di sacramenti come la confessione ("Temo che abbiamo un po' gettato la spugna").

TMNews

Anno della fede. Mons. Lingua: i cristiani di Baghdad, Siria e Palestina, a contatto con il volto del Crocifisso. In Libano catechisti e missionari inviati speciali. Si spalanca la 'Porta della Fede' nelle comunità cattoliche cinesi

Ammiro i cristiani di Baghdad, di Mossoul, della Siria, della Palestina, che quotidianamente sono a contatto con il volto del Crocifisso e continuano a sperare e a lavorare per la pace”: lo ha detto mons. Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Giordania ed Iraq, che il 12 ottobre, a Baghdad, ha tenuto l’omelia della Messa di apertura dell’Anno della fede in Iraq. Alla celebrazione, presieduta da mons. Jacques Isaac, ausiliare patriarcale caldeo, hanno partecipato anche rappresentanti di altre chiese. Il nunzio ha riferito di alcune storie di rifugiati siriani in Giordania e si è detto “sconvolto”. “So - ha aggiunto - che molti di voi hanno conosciuto e sperimentato simili atrocità. E mi domandavo: Dov’è l’amore di Dio nel dolore degli innocenti, nei carcerati torturati, nel dramma degli orfani, nelle sofferenze dei malati, nelle paure dei perseguitati, nel pianto dei disperati, nella solitudine degli anziani abbandonati, nei poveri disprezzati, nella precarietà di chi non trova lavoro, nell’angoscia di chi muore di fame in mezzo all’indifferenza del mondo? Ma non dobbiamo dimenticare che il Risorto è il Crocifisso!”. Da qui l’appello di mons. Lingua ad abbandonarsi “alla volontà di Dio, non nella rassegnazione di chi pensa: ‘le cose dovrebbero andare meglio, purtroppo vanno così, sia fatta la Sua volontà!’” ma nella consapevolezza che “possiamo compiere la sua volontà”.
Saranno gli “inviati speciali nell’Anno della fede” per “irradiare lo spirito missionario e lo slancio di solidarietà universale”: gli oltre 700 fra sacerdoti, suore, laici, formatori, animatori, catechisti hanno ricevuto un solenne “mandato missionario” da Sua Beatitudine Mar Bechara Boutros Rai, Patriarca maronita di Antiochia e di tutto l'Oriente e Presidente dell'Assemblea dei Patriarchi e dei vescovi cattolici in Libano. Lo riferisce all’agenzia Fides padre Paul Karam, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Libano rimarcando che la solenne celebrazione, svoltasi ne giorni scorsi a Bkerke, sede del Patriarcato maronita, intendeva “aprire il mese missionario e presentare a tutta la comunità la Lettera Apostolica ‘Porta Fidei’, in cui il Papa spiega i contenuti e lo spirito dell’Anno della fede”. Nella celebrazione, nota “si è compreso il profondo legame fra l’Anno delle fede e la dimensione missionaria a cui sono chiamati tutti i fedeli in Medio Oriente”. Anche il Nunzio Apostolico in Libano, l’Arcivescovo Caccia, presente all’Eucarestia, ha voluto sottolineare “il ruolo missionario dei catechisti, come ribadito nell’Esortazione Apostolica 'Ecclesia in Medio Oriente'” consegnata dal Papa in Libano. “La Chiesa in Libano – conclude il direttore delle POM – intende motivare i suoi animatori, catechisti, religiosi e missionari, perché possano rinnovare lo slancio dell’evangelizzazione nell’Anno della fede”.
Continuano a pervenire all’agenzia Fides informazioni e testimonianze circa l’apertura dell’Anno della fede nelle comunità cattoliche cinesi del continente. Tra queste ne segnaliamo alcune. La diocesi di Tai Yuan ha invocato anche i martiri che hanno contraddistinto la storia della diocesi nel secolo scorso, durante la cerimonia di apertura dell’Anno della fede. Oltre 2mila fedeli hanno preso parte alla Messa presieduta da mons. Meng, Coadiutore della diocesi, con una cinquantina di sacerdoti concelebranti. Come avvenuto in tante altre parrocchie della diocesi, oltre alla lettura della Lettera pastorale del vescovo per l’Anno della fede, è stata anche letta una breve storia dei 5 martiri del secolo scorso, perché la loro intercessione aiuti a consolidare la fede dei fedeli e li faccia diventare testimoni della fede come loro. Nonostante sia la stagione del raccolto per i fedeli contadini del villaggio di Xiao Han della diocesi di Tian Jin, non hanno comunque voluto mancare alla solenne apertura dell’Anno della fede, celebrata il 14 ottobre. Oltre 700 fedeli della diocesi di Xi An hanno partecipato all’apertura dell’Anno della fede presieduta da mons. Giuseppe Dang, Vescovo ordinario, la sera dell’11 ottobre in comunione con Papa Benedetto XVI. Mons. Dang ha spiegato il senso dell’Anno e della fede stessa, ha presentato il progetto pastorale diocesano per questo anno ed ha consegnato ai fedeli la guida per l’Anno della fede. Anche la diocesi di Ha Er Bin ha celebrato l’apertura in concomitanza con la celebrazione presieduta da Papa Benedetto in Vaticano l’11 ottobre. Il rito è stato presieduto dall’amministratore apostolico, ed è stato seguito da un Seminario. La diocesi ha preparato abbondante materiale sul tema, incluso uno “speciale” con tutti i documenti del Papa e della Santa Sede per l’Anno della fede, perché i fedeli possano “approfondire la fede, consolidare la fede e promuovere l’evangelizzazione nell’Anno della fede, attraverso l’Eucaristia e l’incontro con Gesù, spalancando la Porta della Fede” .

SIR, Fides

IRAQ E SIRIA - I volti del crocifisso. L'Anno della fede aperto a Baghdad: il nunzio sui cristiani dei Paesi in conflitto

Lettera di mons. Fellay a Williamson in cui gli chiede di fare marcia indietro su alcune affermazioni, in caso contrario si potrebbe arrivare alla espulsione dalla Fraternità

Il superiore della Fraternità Sacerdorale San Pio X, mons. Bernard Fellay (foto), avrebbe inviato una lettera al vescovo Richard Williamson, chiedendogli di fare marcia indietro rispetto a certe sue affermazioni. Williamson, secondo le indiscrezioni, avrebbe dieci giorni di tempo. Nel caso non si sottometta all’autorità del superiore, si potrebbe arrivare alla sua espulsione dalla Fraternità. Il mese scorso avevo scritto su Vatican Insider che i rapporti tra Fellay e Williamson, quest’ultimo non invitato a partecipare al capitolo generale di luglio, stavano diventando sempre più tesi. Williamson è il più visibile e combattivo antagonista della linea di Fellay, che ha intrapreso il dialogo con la Santa Sede e non ha ancora risposto circa il preambolo dottrinale consegnato ai lefebvriani il 12 giugno. Le tensioni interne alla Fraternità sono innegabili e forse si sta avvicinando un primo punto di rottura. In ogni caso il Vaticano aveva fatto sapere pubblicamente che, anche nel caso in cui Fellay sottoscriva il preambolo dottrinale, le posizioni degli altri tre vescovi, oltre a Williamson, Tissier de Mallerais e de Gallareta, tutti firmatari di un dura lettera contro il superiore e l’accordo con Roma, saranno trattate separatamente dalla Congregazione per la Dottrina della fede.

Andrea Tornielli, Sacri Palazzi

Incontro offerto ai vescovi impegnati nel lavori del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, desiderosi di approfondire la spiritualità di comunione presente nella vita del Movimento dei Focolari

Un incontro offerto ai vescovi impegnati in questi giorni nel lavori del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, desiderosi di approfondire la spiritualità di comunione presente nella vita del Movimento dei Focolari. Si è tenuto ieri pomeriggio nell’istituto Maria Santissima Bambina, accanto a Piazza San Pietro. Applicazione del Vangelo nel quotidiano, dialoghi tra cristiani, con le altre religioni e con i non credenti, comunione fra laici e sacerdoti, sono alcuni dei principi sviluppati dal Concilio Vaticano II, già in qualche modo presenti nel Movimento dei Focolari dal suo nascere negli anni '40. Sfide impegnative tuttora aperte e che molto hanno a che fare con la nuova evangelizzazione. Dell'esperienza maturata in questo senso dai Focolari si è parlato in questo incontro. Ma qual è il metodo del Movimento per annunciare Gesù agli uomini del nostro tempo? Don Helmut Sievers, sacerdote focolarino, tra gli organizzatori dell'evento: “Non esiste metodo, ma esiste un modo di fare che è amare e mettere l’amore al primo posto, cioè non la voglia di convertire, non la voglia di conquistare gente per la nostra Chiesa o la nostra convinzione ma offrire in un modo rispettoso la nostra opinione, la nostra esperienza. E la nostra esperienza è quella del Vangelo vissuto, di mettere in pratica nella vita di tutti i giorni quello che Gesù ha detto e lì ci sono le cose che contrastano evidentemente con la mentalità del mondo della quale tanti cristiani soni impregnati, cioè evitare la persona antipatica, avere rapporti solo con gli amici evitando quelli che non sono amici: con ciò non si vive il Vangelo, magari si annuncia il Vangelo, si predica e le parole però non contengono la vita vissuta. C’è una potenzialità enorme che la Chiesa forse deve sfruttare ancora meglio”. A parlare ai presuli presenti, provenienti dalle aree del mondo più varie, del contributo che il Movimento dei Focolari vuole offrire al Sinodo, accanto al copresidente don Giancarlo Faletti, anche mons. Francis-Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok-Thailandia: “Per il nuovo millennio abbiamo bisogno della spiritualità di comunione. Ci sono vescovi che cercano di vivere tra vescovi questa spiritualità. Bisogna portare questa spiritualità nel ministero episcopale per rinnovare la diocesi e anche il nostro apostolato, l’evangelizzazione, con il cambiamento della vita e il rinnovamento della vita”. Tra i partecipanti all'incontro, mons. Petru Gherghel, vescovo della diocesi di Iasi in Romania: “Questa spiritualità dell’unità ha un ruolo molto importante perché se siamo figli di Dio dobbiamo tutti sentirci uniti. Il mio motto è proprio in questa direzione: 'Ut omnia unum sint'. E questa spiritualità dell’unità corrisponde molto a questo movimento dei Focolarini. In questo senso mi impegno personalmente, non soltanto io, con gli altri, per creare un clima di fraternità. Vedere sempre nell’altro Gesù; se si realizza, questo porta veramente frutti positivi. Io spero di portare a numerosi fedeli lo spirito di unità, di amore reciproco".

Radio Vaticana

Arcivescovo maggiore di Kyiv: l’unità sarà possibile quando le Chiese saranno libere dalla politica. La presenza dei preti cattolici uxorati, nelle Chiese latine, non è ancora compresa nella sua pienezza

“La divisione tra i cristiani è uno scandalo che ci impedisce di annunciare la parola di Dio. E sebbene in Ucraina si registrino episodi di intolleranza tra cristiani, da 50 anni opera il Consiglio pan-ucraino delle Chiese e delle associazioni religiose, che raggruppa il 95% dei credenti. Insieme stiamo imparando a costruire la pace religiosa e a parlare, in tema di morale, con un’unica voce”. A fare il punto sull’ecumenismo in Ucraina è Sviatoslav Schevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv, capo del Sinodo della Chiesa greco-cattolica locale. Parlando questa mattina ai giornalisti, in un briefing del Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, in corso in Vaticano, l’arcivescovo ha ricordato i passi avanti in chiave ecumenica, come la dichiarazione comune, del dicembre 2011, con le Chiese ortodosse sulle radici spirituali della crisi. Nonostante ciò Schevchuk non nasconde le difficoltà: “Ci manca molto per raggiungere la piena comunione tra le Chiese”. “L’unità - ha dichiarato - sarà possibile quando le Chiese saranno libere dalla politica. Spesso le Chiese, soprattutto quelle ortodosse, sono strumentalizzate dalla politica, specialmente quando il centro di questa Chiesa è fuori dell’Ucraina. In tal modo la Chiesa diventa uno strumento di geopolitica, e non è più libera. Come Chiesa greco-cattolica in Ucraina ci siamo chiamati fuori dalla politica e così siamo liberi di annunciare la parola di Dio”. “La presenza di circa 500mila ucraini in Italia è una sfida, per la nuova evangelizzazione, che richiede anche l’accompagnamento spirituale da parte di sacerdoti coniugati”, attivi per tradizione tra i cattolici di rito orientale. “La presenza dei preti cattolici uxorati, nelle Chiese latine, non è ancora compresa nella sua pienezza” ha dichiarato l’arcivescovo ricordando come recentemente la Conferenza Episcopale italiana “non si sia detta pronta a creare un Ordinariato per orientali cattolici” favorendo invece una cappellania etnica. Schevchuk ha affermato di “rispettare la sensibilità della CEI, e per questo di aver avviato un dialogo per il mutuo rispetto. Spero che il tempo renda possibile la conoscenza della nostra tradizione e così potremo mostrarci come siamo. I pastori latini - ha concluso - vedono l’accompagnamento spirituale delle nostre comunità ucraine come un’urgenza pastorale. Senza il loro aiuto per noi sarebbe impossibile. Siamo contenti che la Chiesa in Italia valorizzi la forza evangelizzatrice della comunità ucraine residenti”.

SIR

Undicesima Congregazione generale. Gli 'strumenti' della nuova evangelizzazione: formare adeguatamente i laici, sostenere la famiglia, promuovere il dialogo ecumenico ed interreligioso. Appello per la pace ed il dialogo in Mali

Oggi, memoria di santa Teresa di Gesù, vergine, dottore della Chiesa, carmelitana scalza, alle 9.00, alla presenza del Santo Padre, con il canto dell’Ora Terza, ha avuto inizio l’undicesima Congregazione generale per la continuazione degli interventi in Aula dei Padri Sinodali sul tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Presidente delegato di turno il Card. John Tong Hon, vescovo di Hong Kong. In conclusione di Congregazione il segretario generale del Sinodo dei vescovi mons. Nikola Eterovic, ha presentato al Santo Padre un volume sulla X Assemblea generale ordinaria che si è celebrata nel 2001 sul tema “Il vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo”. Il Santo Padre ha donato una copia a ciascun Padre sinodale e partecipante a questa Assemblea. A questa Congregazione generale, che si è conclusa alle 12.30 con la preghiera dell'Angelus Domini, erano presenti 251 Padri.
È un “tempo di inquietudine” quello che sta vivendo il Mali: il Sinodo ne ha descritto le difficoltà sociali, politiche, ma anche ecclesiali, legate agli ostacoli dell’evangelizzazione, in un contesto in cui gli scontri tra ribelli e governo provvisorio sono una minaccia per la religione. I presuli, quindi, hanno invocato la pace e ribadiscono l’importanza del dialogo. Ma oltre a quelle africane, sono oscure anche la pagine europee, in cui la globalizzazione crea nuove forme di martirio, incruento ma sofferto, l’intolleranza nei confronti dei cristiani è subdola, ma continuata, Dio non è solo negato, ma proprio sconosciuto. Di fronte a tale realtà, la nuova evangelizzazione può fare affidamento su tre ‘strumenti’, ha detto il Sinodo: i laici, le famiglie, il dialogo ecumenico ed interreligioso. I laici, dunque, vanno formati in modo adeguato, solido, forte, magari anche attraverso Sinodi locali che li coinvolgano direttamente, così che siano capaci di non cedere alle lusinghe del mondo e di dare testimonianza di valori autentici, basati sul non conformismo della fede. Non si può essere, ha sottolineato il Sinodo, o membri della Chiesa o cittadini del mondo: le due dimensioni vanno di pari passo. I laici devono ‘fare rete’ nelle diocesi, hanno affermato i vescovi, anche perché se la Chiesa si allontana dalla società, la nuova evangelizzazione non porterà frutti. Poi, la grande sfida della famiglia, Chiesa domestica e quindi soggetto di evangelizzazione: deflagrata a causa della storia occidentale basata sulla liberazione da ogni legame, oggi la questione familiare appare come il problema numero uno della società, ha evidenziato l’Assemblea sinodale, tanto che si crede di più alla fedeltà nel tifo calcistico che nel matrimonio. E la Chiesa non può tacere, non perché conservatrice di un istituto desueto, ma perché è in ballo la stabilità stessa della società. Di qui, l’invito a porre la famiglia al centro della politica, dell’economia e della cultura, ma anche l’auspicio affinché la Chiesa sappia diventare ‘famiglia delle famiglie’, anche di quelle ferite. In fondo, e qui la domanda dei presuli è diventata autocritica, oggi la Chiesa non è forse più un’istituzione che una famiglia? Quindi, i Padri sinodali hanno affrontato la questione del dialogo, altra via auspicabile per la nuova evangelizzazione. Certo, dal punto di vista interreligioso, esso presenta le difficoltà del confronto con l’islam, come in Pakistan, dove è in vigore la legge sulla blasfemia, o in Medio Oriente, dove i cristiani sono sempre meno. Cosa fare, dunque? Il Sinodo scommette proprio sui giovani musulmani, sempre più attratti dal Vangelo nel quale trovano gioia, libertà, amore. Rilanciando il significato profondo della Buona Novella, hanno spiegato i vescovi, si potrà evitare anche la confusione tra la secolarizzazione ed il cristianesimo, così frequente nel mondo musulmano. In quest’ottica, rientra anche una scuola di catechesi per adulti, che sempre più abbandonano il ruolo di educatori, preoccupandosi, ma non curandosi, dei giovani. I catechisti adulti possono diventare testimoni e portatori di fede, hanno detto i Padri sinodali, ottenendo a volte risultati migliori dei sacerdoti stessi. Sul fronte ecumenico, la sfida non è da meno: la divisione tra cristiani, ha sottolineato il Sinodo, è senza dubbio il grande ostacolo della nuova evangelizzazione e non è del tutto innocente riguardo alla scristianizzazione dell’Europa e alla sua attuale debolezza politica e culturale. Una maggiore cooperazione ed una strategia pastorale concordata tra cattolici ed ortodossi, dunque, sarebbe un baluardo contro la secolarizzazione, ma anche un segnale forte nei confronti dell’islam. Tra gli altri suggerimenti avanzati per favorire la nuova evangelizzazione, anche la promozione dei pellegrinaggi, come momento di rinnovamento della fede e di ‘sintonia’ della Chiesa con le domande racchiuse nel cuore dell’uomo, così che comprenda la meta del suo cammino.

Radio Vaticana

UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE

Benedetto XVI rimuove mons. Carlos Prada Sanmiguel, vescovo di Duitama-Sogamoso in Colombia, sotto processo per i reati di ingiuria e calunnia

Un vescovo colombiano, mons. Carlos Prada Sanmiguel, 72 anni, dal giugno 1994 a capo della diocesi di Duitama-Sogamoso, è stato rimosso da Benedetto XVI, che oggi ne ha accettato le dimissioni. La stringata comunicazione della Santa Sede, come avviene in questi casi, spiega solo che la rinuncia al governo pastorale della diocesi è stata presentata da mons. Prada Sanmiguel in conformità al canone 401 comma 2 del Codice di Diritto Canonico, cioè "per infermità o altra grave causa". Il vescovo, però, da tempo è coinvolto in una vicenda giudiziaria nata dalle accuse da lui rivolte a un sacerdote, don Edward Perez, 45 anni, di avere una relazione con una donna. Nel maggio di due anni fa, il vescovo sospese il sacerdote, vietandogli di predicare, di celebrare la Messa e le altre funzioni religiose e di amministrare i sacramenti, a causa dei suoi asseriti "comportamenti indebiti". E per tutta risposta, il prete lo ha denunciato all'autorità giudiziaria per i reati di ingiuria e calunnia. Al processo che si è aperto poi al Tribunale di Duitama, e che è tuttora in corso, mons. Prada Sanmiguel non si è mai presentato, sostenendo tramite i propri legali che la vicenda andasse giudicata nell'ambito del Diritto canonico. Il presule è stato quindi dichiarato contumace.

Swissinfo.ch

RINUNCE E NOMINE

Paolo VI potrebbe essere proclamato Beato nel 2013. Dopo il 'sì' dei teologi alla 'Positio', l’11 dicembre si pronunciano i cardinali. Scelto il miracolo da presentare: la guarigione di un feto

Paolo VI (nella foto con l'allora card. Ratzinger), al secolo Giovanni Battista Montini, il Papa che ha regnato dal 1963 al 1978 e ha condotto tre delle quattro sessioni del Concilio Vaticano II guidando la Chiesa nel difficile periodo del post-concilio, potrebbe essere proclamato Beato nel 2013. Nelle scorse settimane i teologi della Congregazione per le cause dei santi, dopo aver esaminato la "Positio" con i documenti del processo canonico, hanno espresso il loro voto favorevole senza sollevare obiezioni. E il prossimo 11 dicembre si esprimeranno i cardinali e vescovi membri della Congregazione. Superato lo scoglio dei teologi, l’ultimo "sì"dei cardinali viene considerato quanto mai probabile. Dunque, già nel prossimo Concistoro per la promulgazione dei decreti riguardanti le Beatificazioni e le Canonizzazioni, previsto prima di Natale, Benedetto XVI potrebbe approvare anche quello che riconosce le "virtù eroiche" di Papa Montini. Un atto che sancisce la conclusione del processo. A quel punto, in vista della cerimonia di Beatificazione, mancherebbe soltanto il riconoscimento ufficiale di un miracolo avvenuto per intercessione del candidato agli altari. Nel caso di Paolo VI, il postulatore della causa, padre Antonio Marrazzo, ha già scelto, tra le segnalazioni ricevute, un caso di guarigione che sarebbe risultato "inspiegbile" ai primi esami. Il presunto miracolo riguarda la guarigione di un bambino non ancora nato, avvenuta sedici anni fa in California. Durante la gravidanza, i medici avevano riscontrato un grave problema nel feto e a motivo delle conseguenze cerebrali che intervengono in questi casi avevano suggerito come unico possibile rimedio alla giovane mamma quello dell’aborto. La donna aveva voluto portare a termine la gravidanza e si era affidata all’intercessione di Paolo VI, il Papa che nel 1968 scrisse l’Enciclica "Humanae vitae". Il bambino è nato senza problemi: si è atteso che raggiungesse i quindici anni d’età per constatare l’assenza di conseguenze e la perfetta guarigione. Anche se formalmente l’indagine vaticana sul miracolo inizierà solo dopo la proclamazione delle virtù eroiche, i tempi potrebbero essere brevi. Benedetto XVI ha seguito da vicino l’iter della causa del predecessore che lo nominò arcivescovo di Monaco di Baviera e cardinale. Dopo aver proclamato Beato l’anno scorso in tempi record Giovanni Paolo II, il Papa con il quale aveva collaborato per un quarto di secolo, ora Joseph Ratzinger attende di poter fare altrettanto con il bresciano Montini. Un Pontefice che dopo aver condotto in porto il Concilio riuscendo a concluderlo praticamente all’unanimità, è stato poi testimone sofferente nell’epoca della contestazione continuando a ribadire con interventi ed encicliche il Credo della Chiesa, senza mai fare passi indietro rispetto alla via segnata dal Vaticano II. Oltre a quella di Paolo VI, è in corso e procede speditamente anche la causa di beatificazione di Giovanni Paolo I (che gode di una diffusa fama di santità in tutto il mondo) mentre quella di Pio XII è già conclusa dal dicembre 2009 con la promulgazione del decreto sulle "virtù eroiche" ma non è ancora stato individuato un miracolo da presentare alla Congregazione per le Cause dei Santi, il dicastero vaticano guidato dal card. Angelo Amato.

Andrea Tornielli, Vatican Insider