sabato 17 dicembre 2011

Domani Benedetto XVI nel carcere romano di Rebibbia. Il 'regalo' del Papa prima del suo arrivo e le visite dei Pontefici ai detenuti

A Rebibbia, il carcere romano che il Papa visita domani, ne sono convinti: il regalo di Benedetto XVI per loro è arrivato prima di lui. Per una felice coincidenza, infatti, il cosiddetto "decreto svuota carceri" è stato discusso e approvato dal Governo italiano ieri sera, a meno di quarantott’ore dalla visita. Una pura coincidenza, anche se un’acceleratina all’iter per l’approvazione del provvedimento l’annuncio dell’arrivo del Papa potrebbe averla effettivamente data, ma resta il fatto che tra i detenuti a Rebibbia l’euforia è salita di livello. Il provvedimento effettivamente consente di dare un po’ di respiro a un ambiente nel quale da anni ci sono uomini e donne che vivono in situazioni drammatiche, privati non solo della libertà ma della stessa dignità umana. Proprio per questo il Papa ha voluto portare il conforto della sua presenza e ha deciso di andare a vivere uno spicchio del suo Natale in mezzo a loro. È consuetudine che durante questo periodo dell’anno il Papa si rechi in visita laddove c’è gente che soffre. Nei precedenti ci sono incontri con i degenti in ospedali romani, con malati terminali ricoverati in hospice, con i bambini nei reparti pediatrici. La scelta di recarsi nella casa circondariale alla periferia di Roma è stata dettata proprio dalla gravità della situazione delle carceri, e non solo di quelle italiane, dove la disperazione è compagna quotidiana. Quando non diventa assassina. Le sue ultime vittime sono di appena due giorni fa, a Busto Arsizio e a Civitavecchia. Solo nell’anno che sta per chiudersi i morti nelle carceri italiane sono stati una settantina. In un ambiente così la visita di una persona come il Papa assume chiaramente un significato di grande valore, soprattutto per quanti condividono, seppure con ruoli diversi, un’esperienza tanto drammatica. Un significato che, stando almeno alle dichiarazioni rilasciate in questi giorni dal direttore dell’istituto di pena, Carmelo Cantone, e dal cappellano, don Pier Sandro Spirano, i detenuti di Rebibbia hanno ben capito tanto da aver tutti contribuito con entusiasmo a rifare il belletto a quella che è oggi, nel bene e nel male, la loro dimora. C’è da attendersi dunque un’accoglienza festosa nei confronti del Papa. Non è la prima volta che Benedetto XVI entra in un penitenziario. Il 18 marzo 2007 ha infatti visitato i detenuti nel carcere minorile di Casal del Marmo, riprendendo così una consuetudine inaugurata da Giovanni XXIII con la visita al carcere romano di Regina Coeli il 26 dicembre 1958. Anche Paolo VI si recò a Regina Coeli. Lo fece il 9 aprile 1964. E a ricordo di quella giornata resta la preghiera che egli recitò con i detenuti, il cui testo è stato riproposto nel cartoncino preparato dalla Prefettura della Casa Pontificia in occasione della visita di Benedetto XVI. Giovanni Paolo II si è recato più volte nelle carceri, e non solo in quelle romane. La visita più nota resta quella compiuta il 27 dicembre 1983 proprio a Rebibbia: quel giorno vi tornò, c’era già stato il 6 gennaio 1980, per incontrare Alí Agca, il turco che il 13 maggio 1981 lo aveva ridotto in fin di vita in Piazza San Pietro. A Regina Coeli il Pontefice polacco celebrò poi la Messa giubilare il 9 luglio 2000. È comunque lungo l’elenco delle visite compiute da Papa Wojtyła ai reclusi in varie parti d’Italia e del mondo. Solo alcuni luoghi tra i più significativi: Viterbo e Reggio Calabria nel 1984, Cagliari e Venezia nel 1985, Volterra nel 1989, Caltanissetta nel 1993. All’estero il primo carcere da lui visitato fu in Cile nel 1987, e il 7 giugno 1991 si recò per la prima volta in un penitenziario polacco, a Płock. L’attenzione manifestata dai Pontefici per i detenuti è il frutto dell’amore che la Chiesa nutre per ogni uomo che soffre. Un cammino che ha le sue radici nelle Beatitudini evangeliche e che oggi Benedetto XVI riattualizza con la sua visita a Rebibbia.

Mario Ponzi, L'Osservatore Romano

I Papi in prigione

Benedetto e l’ateismo contemporaneo: l’annuncio del Dio vicino. Indispensabile valorizzare chi anche fuori della Chiesa si mette in cerca della verità

di Serafino M. Lanzetta
Istituto teologico Immacolata Mediatrice (Cassino)

Dio, la questione più essenziale, oggi conosce un’incrinatura spaventosa. Il panorama socio-culturale che ci circonda non è dei più incoraggianti. Non c’è più un ateismo forte, che pur nella negazione, chiedeva un confronto con il mistero. Regna invece un grande indifferentismo. Dio, che poteva essere il non-ente, diventa invece il Dio-nulla: per molti, a Dio nulla corrisponde. Si tratta di una conseguenza diretta del nichilismo, a cui si affianca in modo speculare il fondamentalismo, tragici esiti, come ebbe a dire il Papa nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace il 1° gennaio 2006, dello "stravolgimento della piena verità di Dio", in quanto "il nichilismo ne nega l’esistenza e la provvidente presenza nella storia; il fondamentalismo ne sfigura il volto amorevole e misericordioso, sostituendo a Lui idoli fatti a propria immagine". Già Giovanni Paolo II aveva detto nell’Esortazione post-sinodale "Christifideles laici" che "l’indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all’ateismo dichiarato" (n. 34). La questione di Dio sembra essere diluita in un pragmatismo della non-curanza, in un lasciarsi vivere dal non-senso. Eppure, proprio in questo orizzonte che potrebbe apparire cupo, deve nuovamente prendere il largo la speranza cristiana: l’annuncio del Dio vicino, di Colui che si è fatto vedere. Quando non c’è Dio in questo mondo subentra la disperazione; quando finalmente lo si conosce nasce la speranza (cfr. Efesini, 2, 12 cit. nella "Spe salvi", n. 2). Su questa scommessa davvero grande, sull’annuncio di Dio in questo mondo, Benedetto XVI ha radicato il suo ministero petrino. Infatti, nonostante tutto, Dio rimane la questione essenziale, la "questione delle questioni", che "ci riporta alle domande di fondo dell’uomo, alle aspirazioni di verità, di felicità e di libertà insite nel suo cuore, che cercano una realizzazione", come il Papa ricordava alla recente plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici (25 novembre 2011). Benedetto XVI non indica alla Chiesa un programma d’azione. La Chiesa, ci ha detto, non ha un suo programma. Non è questo di cui c’è bisogno, ma unicamente di Dio: la sua ricerca, il desiderio di ciò che è veramente grande e per cui vale la pena vivere, la vita vera, la verità e l’amore. Solo dopo si può concepire una retta pastorale; solo partendo dalla verità e dalla sua contemplazione si può escogitare anche la via giusta per arrivare all’uomo. È necessario anzitutto risvegliare la domanda di Dio nei cuori, che per Benedetto XVI significa affrontare unitamente anche l’altra questione, quella del vero Dio. La cogenza di Dio, l’imprescindibilità dal mistero, deve oggi condurci a far luce sul suo volto: chi è Dio? Per rispondere così anche alla domanda, eco di un sincretismo sempre crescente, ma ultimo risvolto dell’indifferentismo relativistico: quale Dio? Quale Dio se non il Dio vero, quel Dio che ha un cuore e che ha assunto un volto umano? Dio in Cristo, icona del Dio invisibile (cfr. Colossesi, 1, 15), è l’Unico riconoscibile, il quale mentre rivela se stesso nel Figlio fattosi carne, si nasconde agli sguardi profani di una vana curiosità: quel Gesù di Nazaret chiederà ai suoi interlocutori di partire dal lògos per credere in Lui, di avere fede in Dio e anche in Lui (cfr. Giovanni, 14, 1). Egli è il Figlio che dà la vita (cfr. Giovanni, 5, 21), il Mediatore che realizza l’unità tra ragione e amore, senso e vita. È il Lògos amore, svelato pienamente sulla Croce, che compie anche l’unità, in una purificazione trascendente, tra èros umano e agàpe divina. Ritornare a Dio, al Dio vero che si rivela nell’agàpe (una grande intuizione della Deus caritas est): questo è il compito della Chiesa, che non annuncia se stessa ma solo l’Altro. La Chiesa vive per un Altro e non per se stessa. Cristo, dunque, è Colui che è disceso da Dio e vi è di nuovo risalito per mezzo della sua Croce. La sua via però va oltre la Croce. Gesù, diceva Benedetto XVI nell’Omelia per la Domenica delle Palme del 2010, "sa che la sua via strapperà il velo tra questo mondo e il mondo di Dio; che Egli salirà fino al trono di Dio e riconcilierà Dio e l’uomo nel suo corpo...perché nella sua passione Egli ha aperto il confine tra cielo e terra". In una "cordata" di comunione nel "noi" della Chiesa, nella quale è presente il "Tu" del Signore Crocifisso e Risorto, la nostra vita si riapre a Dio, il Dio vivente: "Nel 'noi' della Chiesa entriamo in comunione col 'Tu' di Gesù Cristo e raggiungiamo così la via verso Dio". Ora, come fare perché gli uomini del nostro tempo possano ritornare al pensiero del vero Dio, a Colui che offre la verità su Dio e quindi sull’uomo, sulle cose della vita? Il Pontefice ci dice che è necessario dapprima purificare il nostro concetto di Dio, e così ri-aprirsi alla verità del reale, alle cose vere. Bisogna cominciare da Dio. È con Lui o senza di Lui che cambia tutto. In questo ripartire da Dio-il Dio vero, Benedetto XVI ha escogitato un notevole piano: gli atei, quelli cioè che pur accostandosi a Dio come a uno sconosciuto, sono aperti alla verità, alla bontà, alla vera grandezza. Ecco perché ha voluto una sorta di “Cortile dei gentili”, un nuovo dialogo attraverso il quale "gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa". Oggi è indispensabile valorizzare questa ricerca di Dio anche fuori della Chiesa. La ricerca della verità-una è sempre una ricerca di Dio. Già Sant’Agostino per provare che il Battesimo è sempre uno anche quando amministrato fuori della Chiesa, poneva l’argomento dell’unicità di Dio e della fede: "Noi constatiamo infatti che il medesimo Dio è adorato al di fuori della Chiesa da coloro che l’ignorano, ma non per questo egli non è Dio; anche la fede, per cui si crede che il Cristo è Figlio del Dio vivo, noi riscontriamo che la professano anche coloro che non fanno parte delle membra della Chiesa, ma non per questo la fede non è unica" (Contro Cresconio, 1, 28). L’unico Dio è adorato anche da coloro che l’ignorano, o potremmo anche dire: Dio rimane l’anelito del cuore di tanti che vorrebbero adorarlo ma non vi riescono. Vorrebbero conoscere il suo volto e magari vivono un’oscurità di fede. Costoro hanno un ruolo importante, che Benedetto XVI ha indicato nello scorso raduno di Assisi come mediatore e purificatore nello scenario odierno, religiosamente policromo da un lato, e fortemente individualistico dall’altro. Questi (nuovi) atei hanno la forza di togliere a chi è mosso da un’ideologia le sue false certezze, mentre dicono ai credenti di non considerare Dio come una proprietà privata. Questi atei possono aiutarci ad avvicinarci al vero Dio, a Colui che in fondo cercano nel loro sforzo sincero di apertura al trascendente. Ma Cresconio, grammatico donatista, avrebbe ancora obiettato ad Agostino "è impossibile che anche al di fuori della Chiesa si adori il medesimo, lo stesso, l’unico Dio o che si incontri anche presso coloro che sono al di fuori della Chiesa la stessa fede, che ci fa riconoscere nel Cristo il Figlio di Dio e per cui Pietro è stato chiamato beato". Sant’Agostino gli risponde: "Questo è ciò che mi resta da provare. Tu lo leggi nello stesso discorso del beato Paolo, che ho citato sopra dagli Atti degli Apostoli. Mentre parlava di Dio, poiché aveva trovato un altare con l’iscrizione Al Dio ignoto, disse loro: '“Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio'. Gli ha forse detto: 'Poiché lo adorate al di fuori della Chiesa, non è Dio colui che adorate'?". La Chiesa oggi, in un modo quanto mai attuale, è al servizio di questo annuncio di salvezza.

L'Osservatore Romano

Lombardi: tutti invitati a recarci spiritualmente con il Papa al carcere di Rebibbia. Non dimenticare le condizioni di chi è ai margini della società

"Siamo tutti invitati a recarci spiritualmente con il Papa al carcere di Rebibbia". Lo sottolinea il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per "Octava Dies", il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano, in merito alla visita che il Papa compirà domani nell'Istituto Penitenziario di Roma. "E' stato osservato che il carcere è lo specchio rovesciato di una società, lo spazio in cui emergono le contraddizioni e le sofferenze di una società malata", afferma Lombardi citando il card. Carlo Maria Martini: "Il travaglio dei detenuti e dei loro parenti, le sofferenze delle vittime e dei loro familiari, i problemi degli addetti al servizio carcerario, le difficoltà delle autorità e gli interrogativi dei legislatori che costatano come gran parte dei problemi che il carcere dovrebbe risolvere rimangono di fatto non risolti se non aggravati. Insomma, è vero che la condizione delle carceri è uno degli indicatori fondamentali della civiltà di un Paese". Per padre Lombardi "è naturale che la Chiesa sappia di dover essere presente nel carcere e che anche i Papi, a cominciare dalla storica visita di Giovanni XXIII a Regina Coeli il 26 dicembre 1958, bussino alla porta del carcere, per visitare i carcerati, stare un poco con loro e con chi ne condivide la sorte, ascoltarli e dir loro una parola di conforto". E "non è un caso che ciò avvenga nel tempo di Natale, quando abbiamo piu' bisogno di gesti forti di solidarietà e di amore". Ricordando che anche nel recente viaggio in Benin Benedetto XVI ha espresso la sua vicinanza ai detenuti dell'Africa, le cui condizioni sono particolarmente difficili, Lombardi raccomanda che "le preoccupazioni per la crisi economica" non divengano "una scusa per dimenticare le condizioni di chi è ai margini della società o per infierire su chi ha mancato: una società più giusta ed equa si costruisce - infatti - proprio ripartendo dagli ultimi e cercando di riconciliare e guarire le ferite più profonde". "E' vero - rileva il gesuita - che la condizione delle carceri è uno degli indicatori fondamentali della civiltà di un Paese", per questo occorre domandarsi, conclude, se il gesto di clemenza invocato da Giovanni Paolo II in occasione del Grande Giubileo del 2000 "c'è stato o dobbiamo ancora aspettarlo".

Agi, TMNews

Padre Lombardi: non dimenticare i carcerati

Nomine nella Curia romana, tra cui il segretario della Commissione Teologica Internazionale e il sotto-segretario del dicastero per la vita consacrata

Il Papa ha nominato segretario generale della Commissione Teologica Internazionale il padre domenicano Serge Thomas Bonino, docente di Filosofia presso l'Institut Catholique e di Teologia presso lo Studio Domenicano di Tolosa, in Francia. Benedetto XVI ha inoltre nominato sotto-segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica suor Nicoletta Vittoria Spezzati, delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, finora officiale nel medesimo dicastero. Ha nominato capo ufficio nel Pontificio Consiglio per i Laici mons. Antonio Grappone, del clero della diocesi di Roma, finora officiale nel medesimo dicastero e embro del Pontificio Consiglio "Cor Unum" mons. Giovanni Battista Gandolfo, del clero della diocesi di Albenga-Imperia, presidente del "Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo" e responsabile dell'omonimo Servizio della Conferenza Episcopale italiana. In Polonia, il Pontefice ha nominato membri del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti mons. Wojciech Polak, vescovo tit. di Monte di Numidia, ausiliare di Gniezno, e mons. Edward Janiak, vescovo tit. di Scilio, ausiliare di Wrocław. Infine il Papa ha nominato consultore del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma.

Radio Vaticana

RINUNCE E NOMINE

Lunedì Benedetto XVI incontrerà una delegazione di ragazzi dell'Azione Cattolica provenienti da 12 diocesi d'Italia accompagnati dai loro educatori.

Come è tradizione, anche quest’anno i ragazzi dell’Azione Cattolica ragazzi rivolgeranno gli auguri di Natale al Santo Padre. Lunedì 19 dicembre, infatti, Benedetto XVI accoglierà nella sua casa una delegazione di ragazzi provenienti da 12 diocesi di tutta Italia accompagnati dai loro educatori. È sicuramente un’occasione bella e unica per dimostrare l’affetto della grande famiglia dell’Azione cattolica al Papa ma anche per rivolgergli il grazie per quanto ogni giorno fa per il bene della Chiesa, per la sua passione per ogni uomo e per ogni donna del mondo, per il suo impegno generoso e costante con cui accompagna i passi di quanti cercano risposte ai loro desideri, di quanti cercano di dare un senso vero alla loro vita. È un tempo privilegiato per raccontargli la loro esperienza, il desiderio cioè di tutti i bambini e ragazzi dell’Acr che scelgono oggi di impegnarsi a conoscere sempre più il Signore, ad ascoltarlo, a parlare con Lui nella preghiera, ad incontrarlo e soprattutto ad amarlo. E sicuramente il cammino di gruppo li aiuta e li sostiene per crescere nell’amicizia con Gesù ed essere bambini e ragazzi felici. In particolare, il percorso che stanno compiendo quest’anno li porta a scoprire la bellezza di seguire il Signore Gesù nella libertà. Vogliono puntare in alto, desiderano rispondere con speranza all’invito del Maestro che li chiama a stare con Lui e a camminare con tutte le loro comunità parrocchiali per testimoniare il Vangelo in tutti i luoghi della nostra vita. Vogliono accogliere il dono della fede e, come Bartimeo, alzarsi e raccontare a tutti che il Signore li ama e dona loro la sua gioia. È un momento speciale, infine, per fargli conoscere il progetto di pace che l’Acr quest’anno ha scelto di realizzare. In particolare, nel mese di gennaio, tutti i bambini e i ragazzi si impegneranno a raccogliere fondi per la realizzazione di una biblioteca, di uno spazio di animazione e di un asilo nido all’interno del Centro pilota Qalauma nella località di El Alto in Bolivia per andare così diritti alla pace. Anche quest’anno l’udienza con il Santo Padre sarà per tutti i bambini e i ragazzi di Trivento, Locri-Gerace, Avellino, S. Marino-Montefeltro, Tivoli, Mantova, Pesaro, Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, Nicosia, Pisa, Adria-Rovigo e Susa un’esperienza indimenticabile che li aiuterà sempre più e meglio a comprendere, attraverso le parole che Benedetto XVI consegnerà nel suo messaggio, la bellezza di una Chiesa che è vicina, che sa accogliere e che sa parlare al cuore di ciascuno.

Azione Cattolica Italiana

Il Papa: la nuova evangelizzazione non un concetto astratto ma un autentico rinnovamento della vita cristiana basato sugli insegnamenti della Chiesa

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i vescovi delle Conferenze Episcopali del Pacifico e di Nuova Zelanda, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad limina Apostolorum".
La sfida della Chiesa in un Paese la cui popolazione di quattro milioni e mezzo di persone dichiara per un terzo di non credere a niente acquista un peso particolare in vista dell’Anno della fede. Fede che oggi vive nel mondo una "crisi profonda", ha notato il Papa all’inizio del suo discorso, parlando in francese, e che dunque deve poter nascere e rinascere dal lavoro della nuova evangelizzazione anche in zone come la Nuova Zelanda e nelle zone del Pacifico dove il secolarismo, ha constatato, “ha un impatto significativo sulla comprensione e la pratica della fede cattolica. Ciò è reso particolarmente visibile in un approccio sbagliato alla natura sacra del matrimonio cristiano e alla stabilità della famiglia”. Ma come va intesa la nuova evangelizzazione, assurta a priorità del Pontificato di Benedetto XVI? Essa, ha affermato, “non è un concetto astratto”, bensì “un autentico rinnovamento della vita cristiana basato sugli insegnamenti della Chiesa”. Perché dunque sia concreto, questo nuovo annuncio ha bisogno di visibilità, e “visibili” alla gente devono essere, per il Pontefice, quei “legami” di fede e carità che uniscono fra loro i vescovi neozelandesi e con il clero locale: “Vi esorto ad avere una cura speciale per i vostri sacerdoti. Come sapete, uno dei primi compiti pastorali riguarda i vostri sacerdoti e la loro santificazione, soprattutto quelli che sono in difficoltà e quelli che hanno poco contatto con i loro fratelli sacerdoti...Sappiamo che buoni sacerdoti, saggi e santi sono i migliori promotori delle vocazioni al sacerdozio”. E maggiore “assistenza” e “discernimento spirituale”, ha proseguito, devono essere offerte anche ai seminaristi e ai giovani, con tutto ciò che ne consegue in termini di crescita cristiana. Quindi, dai fondamenti della nuova evangelizzazione il Papa è passato a chi ne vive la responsabilità in prima linea, come i religiosi e i laici. Specie di questi ultimi, Benedetto XVI ha riconosciuto il ruolo “essenziale” nel “benessere della Chiesa”, che nell’area conta mezzo milione di battezzati: “Comprendo dai vostri rapporti che il compito di diffondere il Vangelo spesso dipende dall’aiuto di missionari laici e catechisti. Continuate a garantire loro l’offerta di una solida e costante formazione, in particolare nell’ambito delle loro associazioni”. Il pensiero finale, il Papa lo ha dedicato ancora all’Anno della fede. Che questo “tempo privilegiato” vi serva come “ispirazione”, ha concluso, perché anche se “voi siete sparsi fra molte isole e noi siamo separati da grandi distanze”, insieme professiamo ‘un solo Signore, una sola fede, un battesimo, un solo Dio e Padre di tutti’”.

Radio Vaticana

Al gruppo dei vescovi delle Conferenze Episcopali del Pacifico e di Nuova Zelanda, in Visita "ad Limina Apostolorum" (17 dicembre 2011) - il testo integrale del discorso del Papa

Il ministro della Giustizia: la visita del Papa a Rebibbia recherà conforto e darà segnale molto importante della presenza del problema delle carceri

Le nuove misure del cosiddetto pacchetto 'svuota-carceri' sono state prese proprio alla vigilia della storica visita del Papa a Rebibbia. Una felice coincidenza, afferma al microfono di Radio Vaticana il ministro della Giustizia Paola Severino. "Direi davvero felicissima! Il fatto che le più alte istituzioni dello Stato e quelle religiose si occupino così intensamente del tema della tutela dei diritti umani nel carcere - ha spiegato - mi sembra un segnale di grandissima importanza. Naturalmente, quando parlo dei vertici non parlo di me, ma parlo del presidente della Repubblica, parlo di Sua Santità e questa visita credo che non solo recherà conforto a coloro che la riceveranno, ma darà un segnale molto importante della presenza, nei nostri cuori, nel nostro spirito e nelle nostre menti, del problema del carcere come uno dei problemi fondamentali della nostra vita e del nostro assetto sociale". La visita di Benedetto XVI, spiega ancora il ministro della Giustizia, "è "di grande conforto. Ho constatato personalmente che ogni visita al carcere è un'avventura umana straordinaria, si incontra una profondità di sentimenti che non avrei mai immaginato. E naturalmente moltiplico queste sensazioni, dal punto di vista di chi è in carcere, alla vista del Papa, a questa presenza cristiana che è sempre molto forte nelle carceri. Questa è un'altra cosa che mi ha molto colpita: il sentimento della religione è un sentimento che dà grandissimo conforto ai carcerati e credo quindi che la visita del Papa arrecherà un grande sollievo a coloro che soffrono".

TMNews

La visita del Papa a Rebibbia. Il ministro Severino: un segnale importante, tutelare i diritti umani nelle carceri

Mons. Sebastiano Sanguinetti dovrebbe essere il nuovo arcivescovo di Cagliari, nei prossimi giorni l'annuncio della nomina da parte del Vaticano

Salvo sorprese, sempre possibili dentro il Vaticano, mons. Sebastiano Sanguinetti dovrebbe essere nominato arcivescovo di Cagliari (foto). La voce è corsa con insistenza giovedì insieme alla possibilità che l’annuncio ufficiale dovesse venire nella tarda mattinata. Ma il silenzio totale nell’altra curia direttamente interessata, quella di Tempio-Ampurias, ha fatto tornare la calma tra il clero di mezza Sardegna. Ambienti della Santa Sede, per altro, hanno confermato che giorno inizialmente fissato per ufficializzare il cambio della guardia al vertice della diocesi di Cagliari era proprio il 15 dicembre, spostato improvvisamente per ragioni note solamente dentro le mura vaticane. Sembra che dentro il Palazzo Apostolico non abbiano gradito che il nome di Sanguinetti sia stato fatto circolare con largo anticipo. Prossime date possibili: oggi, la settimana prossima o il 7 gennaio 2012. La Santa Sede sembra, dunque, aver deciso di riaffidare a un sardo la guida dell’episcopato isolano e della più grande diocesi della Sardegna, con 133 parrocchie e quasi 600mila abitanti. Non avveniva dal 2003, dopo il ritiro di mons. Ottorino Pietro Alberti. Era quello che chiedeva gran parte del clero regionale, in particolare quello cagliaritano. Fino allo scorso mese di settembre fonti autorevoli parlavano di mons. Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano, in pole position in questa “nomination” episcopale, immediatamente seguito dal vescovo di Tempio. Nelle ultime settimane la candidatura di mons. Sanguinetti ha rumorosamente preso consistenza e sembra, al momento, la più probabile. Anzi nella diocesi gallurese il trasferimento al sud del vescovo originario di Lula è dato per sicuro e già si ipotizza il nome del suo successore, un presule di prima nomina scelto tra tre-quattro, sempre isolani, monitorati per quest’incarico dalla Nunziatura apostolica. Si annunzia così particolarmente movimentato il 2012 per la Chiesa isolana: nuovo arcivescovo di Cagliari e nuovi vescovi a Tempio e a Lanusei, dove mons. Antioco Piseddu, superato il traguardo dei 75 anni, ha presentato le dimissioni al Papa per raggiunti limiti di età. Ruota intorno al successore di mons. Giuseppe Mani il futuro assetto della Chiesa sarda, compresi presidenza della Conferenza Episcopale sarda e programma di lavoro che i vescovi vorranno darsi per rispondere alla sfida di una secolarizzazione sempre più diffusa e a fatica contenuta dalle tradizioni religiose dell’isola ancora ben radicate. Tra i vescovi in servizio, mons. Sanguinetti è il più giovane, 66 anni compiuti il 29 marzo, con esperienze locali, per alcuni anni parroco di Orgosolo, e nazionali, assistente di uno dei settori più importanti dell’Azione Cattolica. Direttore del settimanale cattolico Ortobene, organo ufficiale della diocesi di Nuoro, il 27 marzo 1997 è stato eletto vescovo di Ozieri e consacrato il 17 maggio successivo. Il 22 aprile 2006 è stato chiamato alla guida della diocesi di Tempio-Ampurias.

La Nuova Sardegna

Natale 2011. Tutte le dirette televisive

Questo è il calendario completo delle dirette televisive del Tempo di Natale 2011-2012. Telepace (Digitale terrestre canale 73, SKY canale 850) trasmetterà tutti gli atti e gli eventi, grazie al Centro Televisivo Vaticano. Rai Uno trasmetterà le Celebrazioni principali. I siti www.vatican.va e www.radiovaticana.org trasmetteranno in streaming.

Sabato 24 dicembre
ore 21.55 SANTA MESSA DELLA NOTTE DI NATALE
Diretta anche su Rai Uno

Domenica 25 dicembre

ore 12.00 BENEDIZIONE URBI ET ORBI
Diretta su Rai Uno dalle 11.50

Lunedì 26 dicembre

ore 12.00 RECITA DELL'ANGELUS

Mercoledì 28 dicembre
ore 10.30 UDIENZA GENERALE

Sabato 31 dicembre
ore 17.00 PRIMI VESPRI E TE DEUM IN RINGRAZIAMENTO PER L’ANNO TRASCORSO E VISITA AL PRESEPE IN PIAZZA SAN PIETRO

Domenica 1° gennaio 2012
ore 9.30 SANTA MESSA NELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE E RECITA DELL'ANGELUS
Diretta su Rai Uno dalle 9.25

Mercoledì 4 gennaio

ore 10.30 UDIENZA GENERALE

Venerdì 6 gennaio
ore 9.30 SANTA MESSA CON ORDINAZIONI EPISCOPALI

ore 12.00 RECITA DELL'ANGELUS

Diretta anche su Rai Uno

Domenica 8 gennaio
ore 9.45 SANTA MESSA E BATTESIMO DI ALCUNI BAMBINI

ore 12.00 RECITA DELL'ANGELUS
Diretta anche su Rai Uno