sabato 17 dicembre 2011

Lombardi: tutti invitati a recarci spiritualmente con il Papa al carcere di Rebibbia. Non dimenticare le condizioni di chi è ai margini della società

"Siamo tutti invitati a recarci spiritualmente con il Papa al carcere di Rebibbia". Lo sottolinea il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per "Octava Dies", il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano, in merito alla visita che il Papa compirà domani nell'Istituto Penitenziario di Roma. "E' stato osservato che il carcere è lo specchio rovesciato di una società, lo spazio in cui emergono le contraddizioni e le sofferenze di una società malata", afferma Lombardi citando il card. Carlo Maria Martini: "Il travaglio dei detenuti e dei loro parenti, le sofferenze delle vittime e dei loro familiari, i problemi degli addetti al servizio carcerario, le difficoltà delle autorità e gli interrogativi dei legislatori che costatano come gran parte dei problemi che il carcere dovrebbe risolvere rimangono di fatto non risolti se non aggravati. Insomma, è vero che la condizione delle carceri è uno degli indicatori fondamentali della civiltà di un Paese". Per padre Lombardi "è naturale che la Chiesa sappia di dover essere presente nel carcere e che anche i Papi, a cominciare dalla storica visita di Giovanni XXIII a Regina Coeli il 26 dicembre 1958, bussino alla porta del carcere, per visitare i carcerati, stare un poco con loro e con chi ne condivide la sorte, ascoltarli e dir loro una parola di conforto". E "non è un caso che ciò avvenga nel tempo di Natale, quando abbiamo piu' bisogno di gesti forti di solidarietà e di amore". Ricordando che anche nel recente viaggio in Benin Benedetto XVI ha espresso la sua vicinanza ai detenuti dell'Africa, le cui condizioni sono particolarmente difficili, Lombardi raccomanda che "le preoccupazioni per la crisi economica" non divengano "una scusa per dimenticare le condizioni di chi è ai margini della società o per infierire su chi ha mancato: una società più giusta ed equa si costruisce - infatti - proprio ripartendo dagli ultimi e cercando di riconciliare e guarire le ferite più profonde". "E' vero - rileva il gesuita - che la condizione delle carceri è uno degli indicatori fondamentali della civiltà di un Paese", per questo occorre domandarsi, conclude, se il gesto di clemenza invocato da Giovanni Paolo II in occasione del Grande Giubileo del 2000 "c'è stato o dobbiamo ancora aspettarlo".

Agi, TMNews

Padre Lombardi: non dimenticare i carcerati