mercoledì 7 ottobre 2009

Una delegazione dei Padri Sinodali ricevuti questa mattina in Campidoglio dal sindaco Alemanno

Una delegazione del Sinodo dei vescovi per l'Africa si è recata questa mattina in Campidoglio per un incontro con il sindaco di Roma, Gianni Alemanno (nella foto con Benedetto XVI). Al centro del confronto, i temi riguardanti lo sviluppo, la pace e l'immigrazione. Si è parlato anche della manifestazione organizzata dal Comune di Roma proprio sull'Africa in calendario per il prossimo 19 ottobre, nonche' di cooperazione allo sviluppo, Ogm, regolamentazione dei flussi migratori, accoglienza di rifugiati politici e del contributo della città di Roma in vista del vertice della Fao di novembre. Il gruppo di presuli, guidati dal segretario generale del Sinodo dei vescovi, mons. Nikola Eterovic, prima d'incontrare il sindaco, si è raccolto in preghiera nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli. Il gruppo è stato poi ricevuto nello studio privato del sindaco. ''Siamo grati - ha detto mons. Eterovic ai microfoni della Radio Vaticana - per l'invito che ha fatto alla presidenza della seconda Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi di visitare i suoi uffici e di scambiare i reciproci auguri. La città di Roma accoglie ogni anno milioni di pellegrini; molti di essi provengono dall'Africa e Roma fa tutto il possibile affinchè si sentano a casa. Questa è una vocazione universale di Roma''. ''D'altra parte - ha aggiunto -, i vescovi rappresentanti di 244 Padri Sinodali, tutti africani, hanno voluto ringraziare il sindaco e scambiare con lui alcuni pareri su dei temi che stanno molto a cuore: la collaborazione tra l'Africa e l'Europa, come migliorarla, i rifugiati politici, l'immigrazione ed anche il possibile ed auspicabile sviluppo della produzione agricola in Africa''. L'incontro è stato anche il preludio della grande manifestazione promossa dal Comune di Roma che si terrà il 19 ottobre prossimo sul tema ''Africa: quale partnership per la riconciliazione, la giustizia e la pace'?''. ''Abbiamo sottolineato - ha spiegato Alemanno - che la città di Roma segue con grande attenzione il Sinodo per l'Africa, perchè da questo Sinodo ci aspettiamo dei messaggi chiari per rilanciare la cooperazione e lo sviluppo fra l'Europa e l'Africa. Questo per due obiettivi: il primo è quello di fare in modo che ci sia uno sviluppo equilibrato di questo continente e che esso esca definitivamente fuori dal sottosviluppo. Il secondo riguarda la possibile regolazione dei flussi migratori, in maniera tale che ogni persona possa scegliere se vivere nel proprio Paese o emigrare in Europa secondo dei flussi legali e regolari che devono essere aiutati proprio in alternativa all'immigrazione irregolare''.

Asca

Gli altri temi e le proposte concrete dei vescovi africani durante la quarta Congregazione generale di ieri pomeriggio

È entrato nel vivo il secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, in corso in Vaticano sui temi della riconciliazione, della giustizia e della pace. Ieri pomeriggio i lavori del Sinodo sono proseguiti con la quarta Congregazione generale. Numerosi i temi emersi dall’Aula, come le violenze contro i cristiani, la necessità di una “conversione ecologica” dell’Africa e il problema delle migrazioni. Poi, il grande tema dei rapporti con le sètte: una sfida urgente da affrontare anche con autocritica, hanno ribadito i Padri Sinodali, cercando di capire cosa non è sufficiente nel lavoro pastorale. Auspicato anche un nuovo slancio nelle relazioni ecumeniche e una comprensione specifica delle espressioni culturali africane. Quindi, l’Aula del Sinodo ha lanciato un appello perché la Chiesa in Africa susciti una “conversione ecologica” attraverso l’educazione, così che il Paese non sia più vittima dello sfruttamento petrolifero, della deforestazione, dello smaltimento dei rifiuti tossici. Centrale anche la necessità di una formazione sacerdotale adeguata, che punti al passaggio dal “dialogo tra le culture” alla “cultura del dialogo”. E ancora, l’incoraggiamento ai laici, che possono fare da “interfaccia” evangelizzatrice tra la Chiesa e il mondo, e il sostegno ai Tribunali Penali Internazionali, affinché ristabiliscano giustizia e pace sulla base della verità. Perché, come diceva Giovanni Paolo II, “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”. Da segnalare, inoltre, l’auspicio che l’Unione Africana includa un rappresentante permanente della Santa Sede e un osservatore del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar.
“Un rappresentante permanente” presso l’Unione africana, che “partecipi a tutti gli incontri ogniqualvolta si svolgano e che possa mantenere un contatto personale con i membri cattolici di questa importante istituzione”. A fare la richiesta, durante la qQuarta Congregazione generale del Sinodo per l’Africa, è stato mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba e presidente della Conferenza episcopale etiopica. Durante la discussione libera di ieri sera, molti vescovi si sono dichiarati a favore della proposta, due o tre vescovi contrari, soprattutto del Maghreb. “Questo rappresentante speciale - ha spiegato il vescovo di Addis Abeba - dovrebbe possedere le stesse credenziali di un nunzio apostolico”. Tra le altre proposte giunte dai 23 interventi liberi di ieri sera, quelle di istituire un “cappellano” per la “presenza pubblica dei cattolici nei parlamenti di ogni Paese africano” e di inserire nel documento finale “un appello ufficiale per l’abolizione della pena di morte”. Mons. Simon Ntwamwana, arcivescovo di Gitega in Burundi, ha deplorato che “uomini politici si servano dei conflitti etnici per conquistare il potere e per mantenerlo”. Il vescovo di Kwito-Bié, in Angola,ha auspicato una testimonianza di “riconciliazione, giustizia e pace” da parte dei laici cattolici che militano in Parlamento.


Radio Vaticana, SIR

Il Papa in Portogallo. I vescovi: con Benedetto XVI la Chiesa si fa pellegrina a Fatima, dove è vivo e attuale il messaggio di Maria

"Gioia e giubilo" sono i sentimenti espressi dalla Conferenza Episcopale del Portogallo in una dichiarazione sul pellegrinaggio del Papa a Fatima nel maggio 2010. Un viaggio “da pellegrino”, scrivono i vescovi, che avviene in occasione del decimo anniversario della beatificazione dei pastorelli, Francesco e Giacinta, e in occasione delle celebrazioni per il centenario dalla nascita di Giacinta. Pellegrina si fa la Chiesa con Benedetto XVI per questo viaggio che riveste “un grande significato pastorale, dottrinale e spirituale”. Ricordando quanto detto da Giovanni Paolo II che parlava di Fatima come del luogo dal quale “si irradia un messaggio di conversione e speranza", i vescovi hanno definito il pellegrinaggio del Santo Padre “una sfida per tutti noi”. “Il Santuario di Fatima, dove diventa vivo e attuale il messaggio della Madonna, – si legge nella nota dell’episcopato portoghese – è un elemento importante per l’evangelizzazione e l’edificazione della Chiesa del nostro Paese”. “Maria, Stella dell’evangelizzazione” ma anche “Stella del Mare”, come l’ha definita il Papa, “che accompagna il viaggio di ciascuno di noi e di tutta la Chiesa – scrivono i presuli – nel mare della vita e della storia, con il suo amore vigile e attento di una madre che ama i propri figli e e desidera la loro felicità”. “Nel viaggio – aggiungono – indica la luce vera che è Gesù ”. Maria è pure “Stella della Speranza” perché indica continuamente la meta, “il porto sicuro e felice, in eterna comunione con Dio e con tutti gli uomini”. “La visita del Papa – concludono i vescovi – intende incoraggiare l’impegno costante e generoso nell’opera di evangelizzazione, per aiutarci a passare da una religiosità tradizionale ad una fede adulta e consapevole, capace di renderci testimoni in modo coraggioso nel pubblico e nel privato, e che sappia affrontare le sfide del secolarismo e del relativismo dottrinale ed etico, tipico del nostro tempo”.

Radio Vaticana

Il card. Kasper: fondamentale per la Chiesa in Africa impegnarsi nel dialogo con gli ortodossi. Sul successo delle sette dobbiamo fare autocritica

“Mentre la Chiesa Cattolica in Africa tradizionalmente ha mantenuto un dialogo costante con le tradizioni protestanti storiche e oggi anche con quelle più giovani, la recente rapida diffusione dell’ortodossia nel continente rende fondamentale, per la Chiesa Cattolica in Africa, impegnarsi in un dialogo e in rapporti positivi anche con i nostri fratelli e le nostre sorelle ortodossi”. Lo ha detto il card. Walter Kasper (foto), presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani, intervenendo ieri pomeriggio alla quarta Congregazione generale del Sinodo per l’Africa. La Chiesa Cattolica in Africa, per il porporato, “deve dare slancio alle Relazioni ecumeniche con i movimenti evangelici, carismatici e pentecostali nel continente africano, anche per la rilevanza delle loro espressioni indigene e della loro affinità con la visione del mondo culturale tradizionale africana”.L’impegno ecumenico, infatti, “esige una fedeltà ispirata ai principi della Chiesa sull’ecumenismo da una parte, e una comprensione specifica delle espressioni culturali africane, dall’altra. Il dialogo e la ricerca dell’unità devono pertanto tener conto del contesto delle radici culturali africane”. Il card. Kasper ha poi sostenuto che la Chiesa deve fare "autocritica" di fronte al successo delle sette in Africa. Il responsabile della Santa Sede per l'ecumenismo ha rilevato che in quel continente c'è una "frammentazione sempre più grande tra i cristiani", ed "è troppo facile ritenere che tali divisioni derivino dall'eredità del cristianesimo diviso che l'Africa ha ricevuto, poiché in Africa vi sono anche numerose nuove divisioni - basti pensare più di recente alle comunità carismatiche e pentecostali, alle chiese cosiddette indipendenti e alle sette". Il porporato tedesco ha poi messo in evidenza che "attualmente è in corso, ad un certo livello, un dialogo attraverso il Global Christian Forum, che si è di recente riunito a Nairobi. Ad altri livelli - ha però sottolineato Kasper - il dialogo con questi gruppi non è facile e spesso è del tutto impossibile a causa del loro comportamento aggressivo e - per non dire altro - per il loro basso standard teologico. Dobbiamo affrontare questa sfida urgente - ha detto il cardinale - con un atteggiamento di autocritica. Infatti, non basta dire che cosa è sbagliato in loro, dobbiamo domandarci che cosa è sbagliato o che cosa manca nel nostro lavoro pastorale. Perché tanti cristiani abbandonano la nostra Chiesa? Che cosa manca loro da noi e che cosa cercano altrove?".

Il vescovo di Bukavu in Congo lascia il Sinodo per far ritorno nella sua diocesi attaccata: la Chiesa unico sostegno del popolo

L'arcivescovo di Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo, mons. Francois Xavier Maroy Rusengo, è stato costretto a lasciare il Sinodo dei vescovi per l'Africa in corso in questi giorni in Vaticano e a tornare nella sua diocesi a causa dei ripetuti attacchi contro le comunità cristiane. E' stato lo stesso vescovo ad annunciarlo durante la discussione libera di ieri sera tra i Padri Sinodali: ''Io devo partire questa sera stessa, perchè un'altra comunità è stata disturbata: questo mi obbliga a tornare''. Nel pomeriggio, mons. Rusengo aveva raccontato: ''Mentre prendiamo la parola in queste riunioni, gli agenti pastorali nella nostra arcidiocesi vengono attaccati dai nemici della pace. Una delle nostre parrocchie è stata incendiata il 2 ottobre, i sacerdoti sono stati maltrattati, altri presi in ostaggio da uomini in uniforme che hanno preteso un grosso riscatto che siamo stati costretti a pagare per risparmiare la vita dei nostri sacerdoti che essi minacciavano di massacrare''. La Chiesa, aveva aggiunto, ''è rimasta l'unico sostegno di un popolo terrorizzato, umiliato, sfruttato, dominato, che si vorrebbe ridurre al silenzio''. L'assemblea sinodale gli aveva immediatamente espresso ''solidarietà'' e aveva proposto che nel Messaggio finale del Sinodo trovi spazio un ''messaggio particolare per tutte le Chiese che soffrono''.

Asca

Mons. Ugorij: lo sfruttamento sconsiderato dell'ambiente dalle multinazionali e dalla Cina minaccia le prospettive degli africani di vivere in pace

''Le multinazionali e la Cina sfruttano le risorse naturali in Africa in una misura che non ha precedenti nella storia''; uno ''sfruttamento sconsiderato dell'ambiente'', questo, che ''ha un impatto negativo sugli africani e minaccia le loro prospettive di vivere in pace''. A lanciare l'allarme, ieri sera durante la quarta Congregazione generale del Sinodo dei vescovi per l'Africa in corso in Vaticano, è stato mons. Lucius Iwejuru Ugorij, vescovo di Umuahia, in Nigeria. L'appello del presule non è rimasto isolato, ma anzi è stato ripreso da diversi 'interventi liberi' di altri suoi confratelli. Ai lavori del Sinodo era presente anche Papa Benedetto XVI. ''Aree intere vengono distrutte a causa della deforestazione, dell'estrazione di petrolio, come pure dello smaltimento dei rifiuti tossici, di contenitori di plastica e materiale in cellofan'', ha detto il vescovo nigeriano soffermandosi sul ''degrado ambientale'' in Africa, dove ''l'erosione causata dall'uomo porta via terreni agricoli, distrugge le strade e insabbia le sorgenti d'acqua'', impoverendo le comunità africane ''aumentando le tensioni e i conflitti''. In particolare, vari presuli hanno stigmatizzato lo ''stile di sfruttamento delle risorse in Africa'' da parte della Cina, auspicando una ''conversione ecologica'' e di ''nuovi standard e codici'' in questo ambito.

Asca

Il Papa affida alla Vergine del Rosario i lavori del Sinodo per l'Africa. Il saluto alle associazioni e agli istituti presenti in Piazza San Pietro

Al termine dell'Udienza generale in Piazza San Pietro, durante i saluti nelle diverse lingue, in polacco il Papa ha affidato alla Madonna del Rosario i lavori sinodali dei vescovi dell’Africa in corso in Vaticano, ribadendo poco dopo in lingua italiana “l'importanza” di questa preghiera mariana, “tanto cara - ha ricordato - anche ai miei venerati Predecessori”. Benedetto XVI ha esortato in particolare i giovani, i malati e i nuovi sposi a fare del Rosario il centro della loro vita cristiana. Benedetto XVI ha poi dato il suo incoraggiamento ai sacerdoti dell'Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, un movimento tradizionalista che ha la facoltà di celebrare la Santa Messa esclusivamente con il rito preconciliare in latino. Il Pontefice ha salutato circa 150 membri dell'Istituto, incoraggiandoli ''a proseguire nella loro adesione a Cristo e alla Chiesa''. Quindi, saluti del Pontefice sono giunti anche al card. Ivan Dias e ai collaboratori del Dicastero per l’Evangelizzazione dei Popoli, ai responsabili e agli studenti del Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide, ai partecipanti al pellegrinaggio promosso dall’Ordine della Madre di Dio, in occasione del quarto centenario della morte di San Giovanni Leonardi, ai rappresentanti dell'Associazione “Pianeta Down” e, tra gli altri, ai Cavalieri del Ringraziamento di Roio, in provincia de L’Aquila. “Alla Vergine Maria della Croce, venerata nel Santuario di Roio affido ancora una volta - ha concluso il Papa - le attese e le speranze delle popolazioni colpite dal recente terremoto”.

Radio Vaticana, Asca

Memoria della Beata Vergine del Rosario. Il Magistero di Benedetto XVI: il Rosario ‘arma’ spirituale contro il male, per la pace nei cuori e nel mondo

La Chiesa – come ha già ricordato il Papa all’Udienza generale - celebra oggi la memoria della Beata Vergine Maria del Rosario. Una ricorrenza istituita da San Pio V per commemorare la vittoria riportata dalle nazioni cristiane nel 1571 a Lepanto contro la flotta islamica. Il Rosario nasce nel 1200 con San Domenico di Guzmán: devotissimo della Madre di Dio, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, per aiutare i poveri a vivere la fede, insegna a meditare sui misteri dell’Incarnazione recitando l’Ave Maria.
Una preghiera per tutti, semplice ma profonda ha affermato Benedetto XVI: “Il Rosario è preghiera contemplativa accessibile a tutti: grandi e piccoli, laici e chierici, colti e poco istruiti. E’ vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù, per conformarsi a Lui, assimilarne i sentimenti e comportarsi come Lui si è comportato. Il Rosario è ‘arma’ spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo” (19 ottobre 2008: Santa Messa nella Piazza del Pontificio Santuario di Pompei).
Preghiera antica dunque, il Rosario – ha sottolineato il Papa – “non è una pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia”.
“Il Rosario sta invece conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria”. (Al termine della recita del Santo Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore (3 maggio 2008)).
C’è chi ha difficoltà a pregare il Rosario per la sua modalità ripetitiva, eppure è una preghiera potente che purifica i cuori “da tante forze negative” aprendoli “alla novità di Dio”.
“Il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria” (Al termine della recita del Santo Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore (3 maggio 2008)).
Il Papa invita ad affidarsi alla Beata Vergine del Rosario; quindi spiega perché Maria è Beata: "Per questo è Beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade” (Celebrazione a conclusione del mese mariano (31 maggio 2008))

Radio Vaticana

I vescovi della Bielorussia inviteranno ufficialmente il Papa nel Paese, possibile teatro dell'incontro con il Patriarca ortodosso russo

I vescovi bielorussi inviteranno ufficialmente Papa Benedetto XVI a compiere un viaggio nel loro Paese il prossimo anno. Lo faranno nel corso della loro visita 'ad limina apostolorum' in programma il prossimo 10 dicembre. Lo ha annunciato l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, metropolita di Minsk all’agenzia di stampa cattolica bielorussa catholic.by. “Benedetto XVI – ricorda l’arcivescovo – ha già ricevuto due inviti a visitare la Bielorussia dal presidente Alexander Lukashenko. L'anno scorso il presidente ha invitato il Pontefice attraverso il Segretario di Stato di Sua Santità il card. Tarcisio Bertone, e quest'anno lo ha fatto durante la sua visita” a Roma dal Papa nel mese di aprile. Secondo l’arcivescovo il momento più probabile del viaggio è la primavera o estate del 2010 e oltre a visitare la capitale della Bielorussia, il Papa avrebbe anche la possibilità di visitare il Santuario Nazionale della Madre di Dio a Budslau. Rispondendo alla domanda su un possibile incontro tra Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca Kirill, il metropolita Kondrusiewicz ha detto che questa eventualità “oggi è diventata davvero possibile” e che tale incontro potrebbe avvenire a Minsk. “Del resto – osserva l’arcivescovo -, molto si è parlato di un incontro tra il Papa e il Patriarca durante la visita in Vatican del capo del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, l’arcivescovo Hilarion”. “Il clima tra le nostre Chiese – conclude Kondrusiewicz - è davvero molto favorevole, e per questa ragione, la Bielorussia è davvero un buon posto per Benedetto XVI di incontrare il Patriarca Kirill. Ovviamente rimane il fatto che tutto dipende dal nostro Signore e dalle parti interessate a questo incontro".

SIR

Al Sinodo per l'Africa il dramma degli immigrati: la vita degli africani è sacra. Fuggono da guerra e povertà nella speranza di trovare sicurezza

Il Sinodo per l'Africa in corso in Vaticano affronta il tema degli immigrati. "Spero che questo Sinodo per l'Africa studi le cause che sono alla base del traffico di esseri umani, delle persone sfollate, dei lavoratori domestici sfruttati (specialmente le donne in Medio Oriente), dei rifugiati e dei migranti - ha detto ieri pomeriggio nel suo intervento durante la quarta Congregazione generale mons. Bernaneyesus Demerew Souraphiel, presidente della Conferenza Episcopale etiope - specialmente degli africani che giungono sui barconi e dei richiedenti asilo, e che sortisca posizioni e proposte concrete per mostrare al mondo che la vita degli africani è sacra e non priva di valore, come invece sembra essere presentata e vista da molti media". Il vicario apostolico di Tripoli Giovanni Innocenzo Martinelli, da parte sua, ha sottolineato che "vi sono migliaia di immigrati che entrano in Libia ogni anno, provenienti dai paesi dell'Africa sub-sahariana. La maggior parte di questi fugge dalla guerra e dalla povertà del proprio paese e arriva in Libia, dove cerca un lavoro per aiutare la famiglia oppure un modo per andare in Europa nella speranza di trovarvi una vita migliore e più sicura. Molti di loro si sono lasciati ingannare dalle promesse di un lavoro ben retribuito e si trovano costretti a svolgere lavori mal pagati e pericolosi oppure non ne trovano affatto". In Libia, "molte donne, fatte venire nel paese, sono costrette alla prostituzione e alla schiavitù. Tutti gli immigrati illegali rischiano il carcere, la deportazione o, peggio ancora, non hanno accesso nè all'assistenza legale nè ai servizi sanitari: vi sono diversi centri di raccolta di tutti i clandestini, ma tutti coloro che si rivolgono al Centro di Servizio Sociale della Chiesa sono originari dell'Eritrea e della Nigeria, etiopi, sudanesi e congolesi: chiedo ai loro Pastori di non dimenticarli in questo esodo forzato". Molti tra questi immigrati sono cattolici: ringraziamo il Signore - ha concluso mons. Martnelli - per la loro testimonianza cristiana. E' una comunità che soffre, che cerca, precaria ma piena di gioia nell'espressione della fede. E che in un contesto sociale e religioso musulmano rende la Chiesa credibile e vive il dialogo della vita con molti musulmani. Sono la nostra Chiesa in Libia, pellegrina e straniera, luce di Gesù e sale per la gente che ci circonda".

Apcom, Agi


ll Papa: l'umanità ha estremo bisogno di Cristo, la 'medicina' contro i mali del mondo. Ogni riforma va fatta dentro la Chiesa, mai contro

“O Cristo o niente”: questa la “ricetta per ogni tipo di riforma spirituale e sociale” secondo San Giovanni Leonardi, fondatore dell’Ordine religioso dei Chierici Regolari della Madre di Dio, patrono dei farmacisti e promotore di quella che sarebbe diventata il collegio di Propaganda Fide, l'attuale Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, di cui venerdì ricorrono i 400 anni dalla morte, al centro della catechesi del Papa all’Udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro. “Cristo innanzitutto”, “Cristo al centro del cuore, al centro della storia e del cosmo”, il motto di questa “luminosa figura di sacerdote”, additato come esempio a tutti i sacerdoti in questo Anno Sacerdotale. “Di Cristo – affermava San Giovanni “con forza” - l’umanità ha estremo bisogno, perché lui è la nostra misura”. “Non c’è ambiente – ha commentato Benedetto XVI - che non possa essere toccato dalla sua forza; non c’è male che non trovi in lui rimedio, non c’è problema che in lui non si risolva”. Di qui l’invito, rivolto ai sacerdoti “in primo luogo” ma a “tutti i cristiani”, a “tendere costantemente alla “misura alta della vita cristiana” che è la santità, ciascuno naturalmente secondo il proprio stato”, perché “soltanto dalla fedeltà a Cristo può scaturire l’autentico rinnovamento ecclesiale”. Un messaggio, questo, valido “in quegli anni, nel passaggio culturale e sociale tra il secolo XVI e il secolo XVII”, in cui “cominciarono a delinearsi le premesse della futura cultura contemporanea, caratterizzata da una indebita scissione tra fede e ragione, che ha prodotto tra i suoi effetti negativi la marginalizzazione di Dio, con l’illusione di una possibile e totale autonomia dell’uomo il quale sceglie di vivere come se Dio non ci fosse”. “E’ la crisi del pensiero moderno, che più volte ho avuto modo di evidenziare e che approda spesso in forme di relativismo”, ha affermato il Papa, e per la quale San Giovanni “intuì quale fosse la vera medicina”: Cristo. Giovanni Leonardi nacque nel 1541 a Decimo, vicino Lucca. A 17 anni il padre lo iscrisse a un corso di “speziaria”, ossia di farmacia a Lucca. “Per circa un decenio ne fu vigile frequentatore, ma quando acquisì il riconoscimento ufficiale che gli avrebbe permesso di aprire una sua spezieria, pensò se non fosse il momento di realizzare un progetto cha da sempre aveva nel cuore”. Così fu ordinato sacerdote e celebrò la sua prima Messa nel giorno dell’Epifania del 1572. Ma “non abbandonò la passione per la farmacopea, perché sentiva che gli avrebbe permesso di realizzare la vocazione di trasmettera agli uomini la medicina di Dio”. “Animato dalla convinzione che di tale medicina necessitano tutti gli esseri umani, cercò di farne la ragione essenziale della propria esistenza”. Fu il principio generatore della sua attività sacerdotale durante “il diffuso movimento di rinnovamento spirituale nella Chiesa del suo tempo, che ebbe santi come Carlo Borromeo, Filippo Neri, Ignazio di Loyola e Giuseppe Calasanzio, Camillo de Lellis, Giovanni Gonzaga”. Al gruppo di giovani per i quali nel 1574 fondo la congregazione dei Preti riformati della Beata Vergine, poi chiamata dei Chierici regolari della Madre di Dio, “raccomandava di avere avanti alla mente solo la gloria di Gesù crocefisso”. “Ogni riforma va fatta dentro la Chiesa e mai contro la Chiesa”. “Ogni riforma – ha proseguito Benedetto XVI - interessa certamente le strutture, ma in primo luogo deve incidere nel cuore dei credenti. Soltanto i santi, uomini e donne che si lasciano guidare dallo Spirito divino, pronti a compiere scelte radicali e coraggiose alla luce del Vangelo, rinnovano la Chiesa e contribuiscono, in maniera determinante, a costruire un mondo migliore”. “In più circostanze”, San Giovanni Leonardi ribadì che “l’incontro vivo con Cristo si realizza nella sua Chiesa, santa ma fragile, radicata nella storia e nel suo divenire a volte oscuro, dove grano e zizzania crescono insieme, ma sempre sacramento di salvezza”. Partendo dalla “lucida consapevolezza che la Chiesa è il campo di Dio”, San Giovanni “non si scandalizzò delle sue umane debolezze”, ma “per contrastar la zizzania scelse di essere buon grano: decise, cioè, di amare Cristo nella Chiesa e di contribuire a renderla sempre più segno trasparente di Lui. Non solo. Per amore di Cristo lavorò alacremente per purificarla, per renderla più bella e santa”. In questo, per il Papa, San Giovanni Leonardi “è stato veramente straordinario e attuale”. Secondo il Santo, “chi vuole operare una seria riforma religiosa e morale deve fare anzitutto, come un buon medico, un'attenta diagnosi dei mali che travagliano la Chiesa per poter così essere in grado di prescrivere per ciascuno di essi il rimedio più appropriato”. In un memoriale inviato nel maggio del 1605 a Papa Paolo V, appena eletto, il futuro patrono dei farmacisti osservava come sia “necessario”, per un “autentico rinnovamento nella Chiesa”, che “coloro che aspirano alla riforma dei costumi degli uomini cerchino specialmente, e per prima cosa, la gloria di Dio”, e aggiungeva che essi devono risplendere “per l'integrità della vita e l'eccellenza dei costumi, così, più che costringere, attireranno dolcemente alla riforma”. Per San Giovanni Leonardi, inoltre, “il rinnovamento della Chiesa deve verificarsi parimenti nei capi e nei dipendenti, in alto e in basso”, cioè “deve cominciare da chi comanda ed estendersi ai sudditi”. Fu per questo che, mentre sollecitava il Papa a promuovere una “riforma universale della Chiesa”, Giovanni Leonardi “si preoccupava della formazione cristiana del popolo e specialmente dei fanciulli”, da educare “fin dai primi anni nella purezza della fede cristiana e nei santi costumi”. In più di una crcostanza ebbe a ribadre che “l’incontro con Cristo si realizza nella Chiesa, santa, ma fragile, dove grano e zizzania crescono insieme, ma sempre sacramento di salvezza”. “Scelse di essere buon grano. Ha visto la Chiesa e la sua fragilità umana, che tuttavia è campo di Dio e strumento di salvezza per tutta l’umanità”. Capiva che “ogni riforma va fatta dentro la Chiesa, e mai contro la Chiesa. Il suo esempio – ha commentato il Papa - resta attuale anche oggi”. “Solo i santi rinnovano la Chiesa e contribuiscono in maniera determinante a costruire un mondo migliore”. “Conquistato da Cristo come San Paolo additò e continua ad additare l’ideale cristocentrico per il quale bisogna denudarsi di ogni proprio interesse.”. “Accanto al volto di Cristo fissò lo sguardo sul volto materno di Maria, che rese patrona del suo ordine”. “L’esempio di questo affascinante uomo di Dio – ha concluso – sia un modello, un richiamo a tutti i sacerdoti e a tutti i cristiani a vivere con entusiasmo la propria vocazione”.

SIR, AsiaNews

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Il dono del Papa ai partecipanti al Sinodo per l'Africa: la medaglia commemorativa del viaggio apostolico in Camerun e Angola

La medaglia commemorativa del viaggio apostolico in Camerun e Angola, dal 17 al 23 marzo 2009: questo il dono che Papa Benedetto XVI ha deciso di offrire a tutti i Padri Sinodali e agli altri partecipanti alla II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi. A comunicare la decisione del Pontefice è stato, ieri in chiusura della terza congregazione generale, mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi. La medaglia, informa la sala stampa vaticana, è stata realizzata dalla scultrice Eva Olah, per conto della Società “Johnson 1832” di Baranzate, provincia di Milano. Ha un diametro di 50 mm. Sul dritto è raffigurato il ritratto del Papa e viene riportata l’iscrizione commemorativa del viaggio apostolico: “Benedictus XVI P.M. * Cammarunia-Angolia * XVII-XXIII Martii MMIX”. Sul rovescio è riprodotta una candela accesa che illumina simbolicamente il continente africano, interpretazione del versetto di Matteo (5,14): “Vos estis lux mundi”, “Voi siete la luce del mondo”.

SIR

Sinodo dei vescovi per l'Africa. I missionari: coinvolgere i giovani nella riconciliazione. Suor Kidané: una Chiesa che resiste grazie alle donne

Coinvolgere i giovani nei processi di “giustizia restaurativa” messi in atto nella fase post-conflitto in alcuni Paesi africani, ad esempio in Sierra Leone. E’ il suggerimento di Padre Rocco Puoppolo, missionario che lavora a Washington alla rete “Giustizia e pace per l’Africa”, ma è stato molti anni in Sierra Leone con i bambini-soldato. Se ne è parlato ieri sera a Roma durante il primo incontro dell’”Osservatorio” sul II Sinodo dei vescovi per l’Africa promosso dalla Conferenza degli istituti missionari in Italia e dall’Ucsi (Unione cattolica stampa africana). “I Padri Sinodali – ha ricordato padre Ruoppolo - affronteranno il tema della ‘giustizia restaurativa’, menzionato nell’Instrumentum laboris. E’ un processo indigeno che nasce in Africa per riconciliare le etnie che si appoggia alle comunità. Io ho lavorato con i giovani in Sierra Leone, molti sono diventati bambini-soldato, centinaia sono stati uccisi. I giovani hanno la potenzialità per aprire i cuori a questo tipo di riconciliazione, ma sono emarginati, non contano. C’è bisogno di programmi per i giovani africani, perché diventino veramente riconciliatori in questo tipo di conflitti”. Aprendo l’incontro il missionario comboniano padre Alex Zanotelli ha spiegato “l’importanza di mettersi in rete e aiutare la stampa italiana, attraverso questi incontri, a trattare i problemi veri dell’africa, perché i mass media italiani soffrono di un provincialismo esagerato”. “Come donne africane sentiamo il bisogno di avere ciò che è nostro di diritto, e lo chiediamo con dolcezza, fermezza e resistenza. Non abbiamo paura di sperare”. Lo ha detto la missionaria comboniana suor Elisa Kidané, esperta al Sinodo. “Vorrei che i Padri Sinodali si rendano conto veramente che se c’è una Chiesa e un’Africa che ancora esiste e resiste è grazie alle donne, alle madri che hanno generato la vita e vogliono che sia custodita – ha affermato la missionaria -. Come donne vorremmo essere più considerate nella Chiesa. Le sacrestie ci stanno strette. Essere nei luoghi dove si elaborano le leggi potrebbe aiutare a fare scelte più consone alla vita”. Al Sinodo sono presenti 29 donne, di cui dieci fanno parte del gruppo degli esperti.

SIR