martedì 4 settembre 2012

Aperto a Roma il 23° Congresso Mariologico Mariano Internazionale. Sabato l'incontro con il Papa. Card. Amato: la Chiesa è insieme petrina e mariana

E’ iniziato oggi, anche se sarà aperto al pubblico da domani mattina, il 23° Congresso Mariologico Mariano Internazionale, organizzato dalla Pontificia Accademia Mariana Internazionale (PAMI). Gli incontri si svolgono a Roma presso l’Auditorium Antonianum della Pontificia Università Antonianum, e procederanno con due relazioni mattutine e lavori di gruppo nel pomeriggio, fino a domenica 9 settembre. Il tema su cui si rifletterà è "La mariologia a partire dal Concilio Vaticano II. Ricezione, bilancio e prospettive". Il Santo Padre ha nominato presidente del 23° Congresso Mariologico Mariano Internazionale il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Benedetto XVI incontrerà i congressisti per un incontro di preghiera la mattina dell'8 settembre nella sua residenza estiva di Castelgandolfo. “Dopo circa cinquant’anni possiamo oggi valutare con serena oggettività la portata epocale del capitolo ottavo della 'Lumen Gentium', che, come il seme sparso sul terreno buono, ha dato sviluppo alla ricerca mariana trasformandola in pianta feconda di fiori e di frutti”, ha detto il card. Amato nella prolusione ai lavori presso la Basilica di Santa Maria Maggiore. Il suo intervento, di fronte ad alcune centinaia di studiosi, teologici e ricercatori in campo mariologico da ogni parte del mondo, ha avuto come titolo “Il perché di un innegabile protagonismo in ambito mariano” e ha spaziato dal Concilio Vaticano II alla mariologia dei giorni nostri. Anzitutto ha affermato che siamo di fronte, sia a livello di studiosi, sia di pietà popolare e spiritualità, ad una “innegabile primavera mariana postconciliare”. Ha quindi indicato tre cause per questo “rilancio” di una “mariologia scientifica di alta qualità teologica, che ha saputo riplasmare non solo il discorso dottrinale su Maria, ma anche la pietà del popolo cristiano e la sua spiritualità. Mi riferisco - ha affermato - al protagonismo del magistero pontificio, ad alcuni dinamici laboratori di studi mariani e, infine, a una salutare impostazione metodologica”. Riguardo al “protagonismo del magistero pontificio” ha citato anzitutto Paolo VI con le sue Encicliche mariane ed esortazioni apostoliche che hanno superato “il paradossale silenzio scientifico dell’immediato post-Concilio”. “Di eccezionale ricchezza - ha proseguito - è stato poi il contributo del magistero mariano di Giovanni Paolo II”. “Nei ventisette anni di Pontificato, Papa Wojtyla ha rivisitato tutto intero il mistero di Maria - ha sottolineato - non solo dal punto di vista dottrinale, ma anche da quello pastorale, catechetico, ecumenico e spirituale”. E - riferendosi all’attuale Pontefice - ha quindi rimarcato che “è poi tutto ancora da studiare il contributo mariologico del Santo Padre Benedetto XVI, prima e durante il suo Pontificato”. Secondo il card. Amato, i Pontefici più recenti hanno delineato con chiarezza il “reciproco orientamento” di Pietro e Maria, quali due figure che ha definito “princìpi” della “realtà della fede cattolica”. Il principio “petrino” e il principio “mariano” come parti essenziali e costitutive della Chiesa ed entrambi con funzioni di mediazione “tra l’umanità e Cristo”. “Nella realtà della Chiesa - ha concluso - i due princìpi non solo non sono contrapposti ma si compenetrano reciprocamente, per cui la Chiesa è contemporaneamente petrina e mariana”.
La PAMI, che organizza il Congresso, è un ente pontificio internazionale di collegamento tra tutti i cultori di mariologia, cattolici, ortodossi, protestanti e mussulmani. Giovanni XXIII, con la Lettera Apostolica "Maiora in Dies", ha definito che la PAMI ha lo scopo di promuovere e animare gli studi di mariologia attraverso i Congressi Mariologici Mariani Internazionali, qualsiasi altro tipo di incontri accademici e di curarne la pubblicazione degli studi. Inoltre la PAMI ha il compito di coordinare le altre Accademie e Società Mariane che esistono in tutto il mondo e di vegliare contro ogni eccesso o minimalismo mariologico. Per questo il Pontefice ha stabilito che nell’Accademia vi sia un Consiglio che garantisca l’organizzazione dei Congressi, il coordinamento delle Società mariologiche, dei cultori e dei docenti di Mariologia. La PAMI è membro del Pontificio Consiglio della Cultura. Il Presidente e il Segretario sono di nomina pontificia.Il 13 giugno 1998, rinnovando la Convenzione che la aggrega alla Pontificia Università Antonianum, la PAMI ha istituito la cattedra di studi mariologici “Beato Giovanni Duns Scoto” all’interno della Facoltà di Teologia. Su incoraggiamento del card. Paul Poupard, la Pontificia Accademia ha iniziato il progetto di un coordinamento dei docenti di mariologia. All’incontro partecipano i maggiori esperti mariologici del mondo.I lavori prevedono due relazioni mattutine e lavori di gruppo per lingua: inglese, spagnolo, portoghese, francese, tedesco, sloveno croato, polacco.

Zenit, SIR

L’ultima intervista del card. Martini con le parole sul 'ritardo di 200 anni' della Chiesa ha fatto scalpore. Ma diceva le stesse cose già nel 1993

Ha fatto scalpore e il giro del mondo l’ultima intervista del card. Carlo Maria Martini (nella foto con Benedetto XVI), un dialogo durato due ore, non preventivato, con il gesuita tedesco Georg Sporschill. Ha fatto il giro del mondo per le parole dette sulla Chiesa "in ritardo di duecento anni", oltre che per le parole sulla necessità di aperture in materia di etica sessuale, sacramenti ai divorziati risposati... Temi dei quali l’arcivescovo emerito di Milano aveva parlato con lo stesso padre Sporschill nel 2007, nel suo libro più venduto, "Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede". Comunque la si pensi, al cardinale gesuita scomparso la scorsa settimana va riconosciuto il coraggio delle proprie idee. Amico dell’allora arcivescovo di Westminster, il card. Basil Hume, dal quale aveva ereditato l’incarico di presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali europee, Martini era solito fargli visita nella capitale britannica. E in occasione di questi viaggi rilasciava alla stampa le sue dichiarazioni più discusse. Il 26 aprile 1993 il domenicale Sunday Times, supplemento dell’autorevole quotidiano britannico Times, pubblicava in copertina una grande foto a colori di Martini, accompagnata dal titolo: "The next Pope?" ("Il prossimo Papa?"). L’intervista era firmata da John Cornwell. Guardando alla situazione interna della Chiesa, Martini diceva: "Siamo nel 1993, ma alcuni cattolici sono ancora mentalmente al 1963, alcuni al 1940, ed altri persino al secolo scorso; è inevitabile che vi sarà uno scontro di mentalità". "Essi - aggiungeva Martini - non possono essere tutti nel giusto. Alcuni sono più vicini al Vangelo e altri lo sono meno - ciò rappresenta il vero pericolo". Nell’intervista al Sunday Times il cardinale affrontava il problema del controllo delle nascite. "La contraccezione è qualcosa di speciale - diceva - che ha a che fare con questioni particolari di insegnamento morale. C’è un contrasto di atteggiamento tra i paesi del Nord e quelli latini sulle questioni morali. In Italia, noi crediamo che l’ideale venga posto in alto, così da poter ottenere qualcosa. In altri paesi, si pensa che si debba veramente raggiungere l’ideale, ed essi si preoccupano se falliscono". "Io non so quale sarà lo sviluppo relativo alla contraccezione - aggiungeva l’arcivescovo di Milano - ma credo che l’insegnamento della Chiesa non sia stato espresso bene. Il fatto è che il problema della contraccezione è relativamente nuovo; fu realmente resa possibile, con nuove tecniche, negli ultimi quarant’anni, o giù di lì. La Chiesa d’altra parte, pensa molto lentamente, per cui io sono fiducioso che riusciremo a trovare qualche formula per esporre meglio le cose, affinché il problema sia meglio compreso e adattato meglio alla realtà. Devo ammettere che esiste un divario, e questo mi infastidisce, ma sono fiducioso che possa essere superato...". Qualche mese dopo, il 4 gennaio 1994, Martini riprenderà l’argomento contraccezione durante un’intervista concessa a due giornalisti con Le Monde. "Ciò che l’opinione pubblica non comprende, è in che cosa la contraccezione e l’uso di un preservativo per prevenire l’epidemia di Aids, siano degli attentati alla dignità dell’uomo. E questa questione è suscettibile di evoluzione?". Nell’intervista con il Sunday Times del 1993, l’arcivescovo di Milano aveva assunto una posizione possibilista anche per quanto riguarda una revisione della norma che prescrive il celibato dei preti. Che approfondiva con Le Monde: "La crisi delle vocazioni - spiegava - minaccia questa trasmissione del messaggio evangelico. La disciplina della Chiesa latina, che riserva il ministero sacerdotale ai soli uomini celibatari, è essa pure suscettibile di evoluzione? Non è possibile intravedere un’apertura agli uomini maritati?... Io non nego che ci possa essere una risposta possibile". Non soltanto le idee di Martini sono rimaste le stesse, ma il cardinale, l’11 aprile 2005, prendendo la parola in una delle riunioni dei cardinali che precedettero il conclave, le aveva ribadite. Aveva chiesto più collegialità e concertazione tra il Papa e i vescovi proprio sui temi legati alla famiglia e alla sessualità, per cercare un nuovo linguaggio, per parlare all’umanità di oggi. Un’agenda, la sua, che non si era imposta all’attenzione degli elettori.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

L'ultima intervista: la Chiesa è indietro di 200 anni

Benedetto e una sintesi purificatrice con i luterani, nella fede. Soprattutto da cardinale prefetto ha lavorato per la ricomposizione delle divisioni

Una cerniera, tra cattolici e protestanti, esiste e si chiama Martin Lutero. “Non è forse il monaco agostiniano di Erfurt a svolgere questa funzione tra le nostre chiese, poiché egli appartiene a entrambe?”, chiese un anno fa il presidente del consiglio della Chiesa evangelica tedesca, Nikolaus Schneider (foto), poche ore dopo che Benedetto XVI aveva partecipato nella città dove Lutero visse dal 1505 al 1511 a una celebrazione ecumenica. Il Papa non ebbe motivo di pensarci su troppo. Per lui era ed è così, e lo ha dimostrato poche ore fa, chiudendo a Castel Gandolfo l’edizione 2012 del “Ratzinger Schülerkreis”, il seminario coi suoi ex alunni dedicato quest’anno ai rapporti tra cattolici e protestanti a partire da un libro del card. Walter Kasper “Raccogliere i frutti”, una summa del rapporto tra le chiese cristiane. L’idea che il Papa ha messo in campo è una: purificare la memoria. Dice il religioso salvatoriano Stephan Horn, presidente del “Ratzinger Schülerkreis”: “A castello è stata sviluppata l’idea di un ‘mea culpa’ di ambo le parti. Il Papa ha sempre avuto l’idea che fosse necessaria questa purificazione. I fatti storici non possono essere cancellati, però la differenza sta nel come si guardano: cancellare il veleno di questi conflitti è un vero risanamento”. Già Kasper aveva meditato a lungo su questa idea. E così il suo successore in Curia romana, il cardinale svizzero di lingua tedesca Kurt Koch, che tuttavia non ha mancato di sottolineare che questa purificazione deve essere una “strada a doppio senso. Anche gli evangelici devono spiegare come vedono oggi la Riforma del Cinquecento, se con continuità rispetto a quell’epoca o con una rottura”. Ma intanto le tappe sono già programmate: nel 2017 ha luogo il cinquecentesimo anniversario della Riforma, un’occasione ghiotta per un doppio “mea culpa” preludio di una nuova età. Ha detto recentemente Schneider: “Forse non ci sarà una riabilitazione formale, ma una rivalutazione di fatto della figura di Lutero l’abbiamo sentita molto chiaramente dalla bocca del Papa a Erfurt. Sarebbe fantastico avere anche una rivalutazione della sua teologia”. Per Papa Ratzinger l’ecumenismo non è mai stato la ricerca del minimo comune denominatore, una sorta di “sincretismo all’insegna dell’uniformità” come lo ha stigmatizzato Kasper, quanto un ritorno all’essenziale, a “ciò che unisce”, ha detto a Erfurt, e cioè a quell’“interrogativo su Dio” che fu centrale anche nella vita di Lutero, la domanda su chi sia Dio e chi sia l’uomo innanzi a lui. Perché “in fondo”, dice lo storico Alberto Melloni, “l’agostiniano Ratzinger vive davanti a Dio lo stesso dramma che visse Lutero. E qui cattolici e luterani possono tornare a incontrarsi”. Joseph Ratzinger, soprattutto da cardinale prefetto, ha lavorato per la ricomposizione delle divisioni. Il suo atto più decisivo fu la spinta per la firma della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione del 31 ottobre 1999, nella quale Chiesa Cattolica e Federazione luterana concordarono su un punto: l’uomo dipende interamente per la sua salvezza dalla grazia salvifica di Dio. Una dichiarazione che limò le differenze e che, proprio per questo, fu molto criticata sia “da destra”, da chi l’ha ritenuta conciliante con i luterani, sia “da sinistra”, Hans Küng, che accusò il card. Ratzinger di aver trattato una resa con la parte di luteranesimo più conservatrice. Ma per Papa Ratzinger la radice tra le due Chiese è viva, occorre soltanto riconoscerla, appunto purificarla. E’ il concetto che espresse il card. Johannes Willebrands, ex presidente dell’Unità dei cristiani, nel 1980 in occasione dell’anniversario della "Confessio" augustana. E fa niente se, come ricordò lo stesso Ppa Ratzinger, “il card. Hermann Volk fece, umoristicamente e seriamente, questa domanda: ‘Vorrei sapere se nell’esempio di cui parla Willebrands si tratta della radice di una patata oppure di un melo. In altre parole: quello che è venuto fuori dalla radice sono tutte foglie oppure è proprio la cosa più importante, cioè l’albero?’”.

Paolo Rodari, Il Foglio

L'intervista a Paolo Gabriele di Nuzzi: il Papa vuole fare pulizia ma incontra difficoltà. Una ventina di persone che si riconoscono in questa volontà

“Il Papa vuole fare pulizia ma sta incontrando delle difficoltà”. ”Le persone che, come me, vogliono contribuire a fare chiarezza sono almeno una ventina”. Sono alcuni passi dell’intervista che Paolo Gabriele (foto), il maggiordomo di Benedetto XVI arrestato e rinviato a giudizio per il furto dei documenti riservati, ha rilasciato a Gianluigi Nuzzi. La versione integrale del colloquio è andata in onda ieri, nella prima puntata della nuova stagione de "L’Infedele" di Gad Lerner, su La 7. Sulla volontà di Benedetto XVI di fare pulizia nella Chiesa, Gabriele sottolinea che ”il Papa lo aveva preannunciato nella famosa Via Crucis”. Prima del suo arresto, Paolo Gabriele, disse profeticamente: “Essere testimoni della verità comporta poi essere disposti a pagarne il prezzo”. Gabriele traccia l’identikit di chi ha reso possibile la pubblicazione dei documenti: si tratta di persone, almeno una ventina dice il maggiordomo del Papa, non legate a cordate di potere ma che "si riconoscono nella volontà di pulizia della loro guida”, cioè del Pontefice. "Credo sia un gesto di rabbia, perché c’è una sorta di omertà a non far emergere le cose, non per lotte di potere ma per paura, timore. Il nostro è un paese dove si può entrare, fare una strage e andarsene indisturbati e dopo 24 ore nessuno può mettere bocca su quello che è successo”, dice Gabriele citando il caso di Alois Estermann, che portò alla morte di un comandante delle guardie svizzere, insieme alla moglie e a un suo subordinato, in un apparente omicidio-suicidio, all’interno del Vaticano. "Oppure – aggiunge – sparisce una ragazzina e per 30 anni non si trova qualcuno che dica qualcosa come è andata”. Secondo l’ex maggiordomo, ora agli arresti domiciliari, "da come stanno andando le cose, sembra che si sia un po’ creata una breccia. E’ una cosa impensabile quella che è successa… che non poteva essere immaginabile anni fa. Credo che questo lascerà il segno”. E di questi panni sporchi noi cittadini italiani quanti ne conosciamo? Chiede Nuzzi. "Premesso che sia dovuto conoscerli, penso pochi, perché finora è sempre sempre stato coperto tutto quello che si voleva coprire”, risponde Gabriele. "Il martirio è la più alta forma di testimonianza della verità, è difficile oggi in Italia venire uccisi perché cristiani ma c’è il martirio della pazienza”, dice Gabriele in altri passi dell’intervista. "Se ci fosse lo stesso zelo nel cercare le talpe quando escono i documenti anche per ricostruire la verità su alcune storie questo sarebbe lodevole”. Commenta il seguitissimo Il Blog degli Amici di Papa Ratzinger: "E dire che sono anni che nel nostro piccolo andiamo dicendo che il Papa vuole fare pulizia ma trova difficoltà o, meglio, trova qualcuno che gli mette costantemente e quotidianamente i bastoni fra le ruote in curia e nelle diocesi". E aggiunge: "Ci voleva proprio Gabriele perchè non l'avevamo capito! La verità è che il vero potere sta altrove e che il Papa della trasparenza e della pulizia sta sul 'gozzo' a molti. Non tutto il male viene per nuocere visto che, nel riportare le dichiarazioni di Gabriele, occorrerà anche riportare le due parole magiche: Papa e pulizia".

Blitz quotidiano, Vatican Insider

Il Papa in Libano. Leader di Hezbollah: pensiamo sia un viaggio storico, come tutti i cristiani e musulmani lo seguiremo in tutte le sue fasi

Il quotidiano libanese Daily Star riferisce alcune dichiarazioni di Sayyed Hasan Nasrallah, alla tv Almayadeen, con le quali il leader storico di Hezbollah, partito politico sciita del Libano fondato nel giugno 1982, dà il benvenuto a Papa Benedetto XVI. Nasrallah ha detto: "Abbiamo accolto con favore la storica visita di Papa Giovanni Paolo II e lo stesso pensiamo oggi di fronte alla prossima visita del Papa in Libano. E come tutti i cristiani e musulmani la seguiremo in tutte le sue fasi."

Il Sismografo

Concluso il 'Ratzinger Schülerkreis'. Adoukonou: confessare i nostri peccati per lasciare che la verità di Dio continui la sua opera di redenzione

È la visione profetica dell’ecumenismo quella che più è rimasta impressa nella mente degli ex allievi di Benedetto XVI, riuniti nel cosiddetto "Ratzinger Schülerkreis", che ieri hanno concluso il tradizionale seminario estivo nelC entro Mariapoli di Castel Gandolfo, dopo aver partecipato domenica mattina alla Messa presieduta dal Pontefice. Lo spiega a L'Osservatore Romano il vescovo Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, facendo un primo bilancio delle giornate di studio e di riflessione alle quali ha preso parte. Il presule sottolinea innanzitutto che nell’omelia, pronunciata a braccio, Benedetto XVI è andato al fulcro principale di quanto discusso durante l’incontro e ha lanciato unas orta di grido di allarme. Le parole del Papa sono state chiare quando ha detto che non abbiamo più il coraggio di credere o parlare di verità. Agli occhi di molti, oggi, affermare di avere la verità equivale aessere intolleranti. In effetti il Pontefice ha sottolineato, precisa il vescovo africano, che nessuno può dire di possedere la verità, perché essa è un dono di Dio e pertanto siamo noi che apparteniamo a essa e non noi ad averla. D’altronde, sottolinea mons. Adoukonou, anche nelle discussioni è stato più volte notato che il nostro tempo è intollerante. Riallacciandosi a quello che è stato uno dei temi portanti dell’incontro, quel ritorno a Dio tanto necessario, il presule spiega come "l’unica soluzione davanti alle critiche dell’illuminismo è tornare al nome di Dio rivelato a Mosè: 'Io sono Colui che sono'. L’assoluto del suo essere ha in sé la sorgente di tutto. Nel suo rivelarsi c’è la radicalità di Dio, del suo essere per noi". Dal dibattito è emerso come nella rivelazione del nome di Dio compiuta da Cristo, "Egli è misericordia, tenerezza, perdono. La forza del suo amore vince sempre sulla collera". Quanto al tema dell’ecumenismo, a cui è stato dedicato quest’anno l’incontro degli ex allievi di Joseph Ratzinger, esso "implica una lettura del peccato e della rottura dell’unità: tutti siamo colpevoli - afferma il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura riassumendo il senso della discussione - e pertanto dobbiamo tornare a confessare i nostri peccati per lasciare che la verità di Dio continui la sua opera di redenzione del mondo". Questa premessa, sottolinea il presule, "porta a concludere che fare teologia in ambito ecumenico non è un affare per pochi intellettuali, ma è un fatto che riguarda tutta la cristianità. Significa pentirsi insieme per ricominciare a credere in Dio. E il mondo crederà nella misura in cui sapremo riconoscere il nostro peccato davanti alla realtà di un Dio che in Cristo ha manifestato il suo amore". In questo ambito perciò, conclude mons. Adoukonou, "dobbiamo riconoscere che l’ecumeneè una grazia. Dio si rivela a noi per la nostra redenzione. A noi che con la rottura abbiamo peccato. Però, grazie al suo amore, possiamo insieme riconoscere il nostro peccato e celebrare la purificazione della memoria".

L'Osservatore Romano

Ricevute dalla Chiesa in Australia 1500 denunce di abusi sessuali, un terzo su minori. Grande maggioranza nella regione del Nuovo Galles del Sud

La Chiesa Cattolica in Australia ha ricevuto, solo quest'anno, almeno 1500 denunce di abusi sessuali commessi da parte di preti e religiosi, di cui circa un terzo su minori. Lo riferisce il quotidiano The Australian, precisando che il numero è quasi certamente una stima per difetto, poiché la Chiesa sostiene di non essere in grado di fornire una cifra nazionale accurata. Il numero delle denunce viene ricavato da dichiarazioni di questi mesi rilasciate dagli arcivescovi di Sydney e di Melbourne. Circa due terzi dei reclami sono stati presentati nel Nuovo Galles del Sud (la capitale della regione è Sydney) secondo la procedura chiamata "Towards Healing" ("Verso la riconciliazione"), stabilita nel 1996, oppure secondo il programma equivalente detto Melbourne Response. Molti di coloro che si sono sottoposti alle procedure dichiarano che l'esperienza li ha "nuovamente traumatizzati" o "ha rinnovato le sofferenze". Una delle vittime ha criticato la mancanza di indipendenza, poiché i reclamanti sono stati "reintrodotti allo stesso ambiente patito nell'infanzia". Tra i vari casi, c'è la testimonianza di una donna le cui due figlie subirono abusi da un prete. La madre descrive l'esperienza come "altamente ingiuriosa" e "un trauma che si poteva evitare". Un'altra donna, questa volta adulta, che è stata aggredita sessualmente dal suo parroco, ha riferito di essere stata "gravemente traumatizzata" dalla risposta della Chiesa. Un portavoce del card. George Pell, arcivescovo di Sydney e in precedenza di Melbourne, ha assicurato che "la gran maggioranza delle persone hanno accolto con favore l'approccio di Towards Healing".

Tgcom24