martedì 4 settembre 2012

L’ultima intervista del card. Martini con le parole sul 'ritardo di 200 anni' della Chiesa ha fatto scalpore. Ma diceva le stesse cose già nel 1993

Ha fatto scalpore e il giro del mondo l’ultima intervista del card. Carlo Maria Martini (nella foto con Benedetto XVI), un dialogo durato due ore, non preventivato, con il gesuita tedesco Georg Sporschill. Ha fatto il giro del mondo per le parole dette sulla Chiesa "in ritardo di duecento anni", oltre che per le parole sulla necessità di aperture in materia di etica sessuale, sacramenti ai divorziati risposati... Temi dei quali l’arcivescovo emerito di Milano aveva parlato con lo stesso padre Sporschill nel 2007, nel suo libro più venduto, "Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede". Comunque la si pensi, al cardinale gesuita scomparso la scorsa settimana va riconosciuto il coraggio delle proprie idee. Amico dell’allora arcivescovo di Westminster, il card. Basil Hume, dal quale aveva ereditato l’incarico di presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali europee, Martini era solito fargli visita nella capitale britannica. E in occasione di questi viaggi rilasciava alla stampa le sue dichiarazioni più discusse. Il 26 aprile 1993 il domenicale Sunday Times, supplemento dell’autorevole quotidiano britannico Times, pubblicava in copertina una grande foto a colori di Martini, accompagnata dal titolo: "The next Pope?" ("Il prossimo Papa?"). L’intervista era firmata da John Cornwell. Guardando alla situazione interna della Chiesa, Martini diceva: "Siamo nel 1993, ma alcuni cattolici sono ancora mentalmente al 1963, alcuni al 1940, ed altri persino al secolo scorso; è inevitabile che vi sarà uno scontro di mentalità". "Essi - aggiungeva Martini - non possono essere tutti nel giusto. Alcuni sono più vicini al Vangelo e altri lo sono meno - ciò rappresenta il vero pericolo". Nell’intervista al Sunday Times il cardinale affrontava il problema del controllo delle nascite. "La contraccezione è qualcosa di speciale - diceva - che ha a che fare con questioni particolari di insegnamento morale. C’è un contrasto di atteggiamento tra i paesi del Nord e quelli latini sulle questioni morali. In Italia, noi crediamo che l’ideale venga posto in alto, così da poter ottenere qualcosa. In altri paesi, si pensa che si debba veramente raggiungere l’ideale, ed essi si preoccupano se falliscono". "Io non so quale sarà lo sviluppo relativo alla contraccezione - aggiungeva l’arcivescovo di Milano - ma credo che l’insegnamento della Chiesa non sia stato espresso bene. Il fatto è che il problema della contraccezione è relativamente nuovo; fu realmente resa possibile, con nuove tecniche, negli ultimi quarant’anni, o giù di lì. La Chiesa d’altra parte, pensa molto lentamente, per cui io sono fiducioso che riusciremo a trovare qualche formula per esporre meglio le cose, affinché il problema sia meglio compreso e adattato meglio alla realtà. Devo ammettere che esiste un divario, e questo mi infastidisce, ma sono fiducioso che possa essere superato...". Qualche mese dopo, il 4 gennaio 1994, Martini riprenderà l’argomento contraccezione durante un’intervista concessa a due giornalisti con Le Monde. "Ciò che l’opinione pubblica non comprende, è in che cosa la contraccezione e l’uso di un preservativo per prevenire l’epidemia di Aids, siano degli attentati alla dignità dell’uomo. E questa questione è suscettibile di evoluzione?". Nell’intervista con il Sunday Times del 1993, l’arcivescovo di Milano aveva assunto una posizione possibilista anche per quanto riguarda una revisione della norma che prescrive il celibato dei preti. Che approfondiva con Le Monde: "La crisi delle vocazioni - spiegava - minaccia questa trasmissione del messaggio evangelico. La disciplina della Chiesa latina, che riserva il ministero sacerdotale ai soli uomini celibatari, è essa pure suscettibile di evoluzione? Non è possibile intravedere un’apertura agli uomini maritati?... Io non nego che ci possa essere una risposta possibile". Non soltanto le idee di Martini sono rimaste le stesse, ma il cardinale, l’11 aprile 2005, prendendo la parola in una delle riunioni dei cardinali che precedettero il conclave, le aveva ribadite. Aveva chiesto più collegialità e concertazione tra il Papa e i vescovi proprio sui temi legati alla famiglia e alla sessualità, per cercare un nuovo linguaggio, per parlare all’umanità di oggi. Un’agenda, la sua, che non si era imposta all’attenzione degli elettori.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

L'ultima intervista: la Chiesa è indietro di 200 anni