domenica 4 ottobre 2009

Sinodo dei vescovi per l'Africa. Riconciliazione, inculturazione, ruolo della donna, lotta alla povertà: le attese dei religiosi italiani

"Per questo Sino­do ci aspettia­mo che la Chiesa in Africa abbia il co­raggio di darsi un volto afri­cano, inventarsi un futuro africano, incontrare un Cri­sto fatto carne nella realtà africana. Trovi insomma il proprio modo di porsi nel­la storia. Che sarà splendi­do, ne sono certa, ma non sappiamo dirvi quale, per­ché tocca agli africani im­maginarlo...". Teologa in un’università del Ghana, re­sponsabile diocesana dei gruppi biblici, suor Nicolet­ta Gatti riassume le attese degli altri ottanta missiona­ri convocati da 29 diversi Paesi – un piccolo 'Sinodo d’Africa' in riva all’Adige – nella settimana voluta dal­la Provincia autonoma di Trento e dal Centro missio­nario diocesano e culmina­ta ieri nella veglia nella Cat­tedrale di Trento. Nei loro pensieri, le ferite e le attese dei poveri, in car­tella le parole-chiave del­l’Instrumentum laboris al­l’attenzione dei vescovi. "La più importante è certa­mente la prima: riconcilia­zione – risponde decisa suor Dores Villotti, superiora ge­nerale delle Suore della Provvidenza in Togo – per­ché questa parola in Africa è stata ormai svuotata dalla prassi dei governi. Sentia­mo il bisogno di una rilet­tura del concetto di ricon­ciliazione, che va sempre coniugato con giustizia e pace". Quest’esigenza, tutt’altro che astratta, è stampata sul viso del comboniano padre Mario Benedetti, scampato lo scorso anno in Congo al­l’agguato alla sua missione e l’incendio di 250 capanne. "Senza riconciliazione fra i gruppi etnici non ci si capi­sce più, è la base – afferma mentre gli brillano gli occhi che hanno visto a pochi centimetri il fucile dei com­battenti ugandesi –; senza l’intesa fra loro non si può costruire nulla". Per i mis­sionari non bastano le con­ferenze di pace: "Hanno tut­te un doppio senso – avvisa suor Bruna Menghini, pre­senza silenziosa nella Libia musulmana – la riconcilia­zione non si fa con un de­creto. Ci vogliono anni, ma nel documento dei vescovi peraltro, questa progettua­lità c’è". Padre Bruno Gilli insegna da 40 anni antropologia in To­go: "Mi auguro che i Padri Sinodali – questa la sua idea di riconciliazione – si pie­ghino anche sul problema ancora irrisolto della vera inculturazione; dopo tanti anni – esemplifica – non sia­no ancora arrivati ad avere una traduzione della Bibbia nella lingua locale evhè". Sfruttamento delle risorse, della salute (attenzione ai falsi farmaci"), degli aiuti ("favoriamo i piccoli pro­getti di cooperazione de­centrata") sono alcune e­mergenze indicate dai mis­sionari in Africa nella prima edizione del ritrovo Sulle rotte del mondo (il prossimo anno toccherà ai missiona­ri in Asia), al quale hanno invitato anche un vescovo etiope, Abune Musiè Ghe­breghiorgis: "È importante in Europa un cambiamen­to di mentalità verso l’Afri­ca – è la sua attesa sinodale – per aiutare i nostri gover­nanti a operare per la po­polazione, non di un grup­po etnico". "Il tema della ri­conciliazione – ragiona un medico impegnato sul fron­te dell’Aids, suor Maria Mar­tinelli – s’impone alla base di qualsiasi sviluppo, anche umano. Dal Sinodo dovreb­bero venire messaggi netti perché le comunità cristia­ne diventino operatrici di pace". Un esempio? "La condizione della donna, che è ancora discriminata nonostante la sua capacità di gioiosa accoglienza della vita, il suo grande senso di responsabilità ed il suo co­raggio". Proposte? "Favori­re i percorsi personali per u­scire dallo sfruttamento del­le donne, dare fiducia alle università africane per lo scambio fra studentesse". Il 'tanzaniano' padre Remo Villa vorrebbe che a Roma non prevalesse una visione europea sull’Africa ("maga­ri anche il Sinodo un giorno si tenesse laggiù...") e au­spica "una Chiesa non trionfalistica ma animata dalla carità e da una spiri­tualità specificatamente a­fricana, incarnata". Un Si­nodo da proiettare nel futu­ro: "Che significa in molti Paesi contare già sulla col­laborazione di preti locali e animatori laici di comunità. Anche noi missionari – ag­giunge padre Oscar Girardi, francescano in Tanzania – dobbiamo interrogarci sul domani, sulla necessità di affidare gradualmente le strutture e l’animazione pa­storale alle forze locali".

Diego Andreatta, Avvenire

Sinodo dei vescovi per l'Africa. Dagli episcopati del continente l'impegno della Chiesa africana nell’annuncio, nella cultura e nella società

Due dichiarazioni sulla pace e sullo sviluppo. Sembra ieri e, invece, era quarant’anni fa. È con queste attenzioni e priorità che il Sim­posio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Secam/Sceam) è nato nel 1969, mettendo l’accento proprio su sviluppo e pace. C’è una continuità di preoccupazioni e di interven­ti nella storia di questo organismo voluto da Paolo VI e che riunisce tutte le Conferenze Episcopali del continente africano. Una continuità sottolineata an­che dal documento pubblicato alla vigilia della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, che si è aperta oggi in Vaticano. Riunitisi a Roma proprio nei giorni scorsi, i membri del Secam hanno tenuto a sottolineare l’impegno e le molte iniziative portate avanti dalla Chiesa Catto­lica in Africa non solo in termini di evangelizzazio­ne, ma anche sul piano sociale e culturale. "Un ra­pido esame – si legge nel documento – degli sforzi effettuati dal Secam per la riconci­liazione, la giustizia e la pace, nei suoi quarant’anni di esistenza, rive­la che fin dal momento dell’inaugu­razione del Simposio, nel luglio 1969, i vescovi del continente si erano im­pegnati a sostenere Papa Paolo VI nella sua missione di pace in Africa, con la pubblicazione di due dichia­razioni sulla pace e lo sviluppo al ter­mine dell’Assemblea inaugurale". Temi come riconciliazione, promo­zione umana, giustizia, pace, risolu­zione dei conflitti sono stati al cen­tro dei diversi simposi organizzati dall’organismo panafricano. Sino al documento pubblicato dopo la XII Assem­blea plenaria tenutasi a Roma nel 2000, che antici­pa i temi del Sinodo: "Cristo nostra pace ( Ef 2,14): Come la Chiesa-Famiglia di Dio può essere un sa­cramento della Riconciliazione in Africa", cui è se­guita, nell’ottobre del 2001, una lettera pastorale che è ancora oggi di grande attualità, molto vicina alla tematiche che saranno al centro dei lavori sinodali. Ma anche individualmente le varie Conferenze Episcopali si sono avvicinate a questo grande evento della Chiesa africana, elaborando documenti e ri­flessioni. Come i vescovi dell’Amecea, Association of Member Episcopal Conferences of Eastern Africa, che comprende Eritrea, Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan, Tanzania, Uganda, Zambia, che con lucidità e lun­gimiranza analizzano i cambiamenti che si sono ve­rificati nei quindici anni intercorsi tra il primo e il se­condo Sinodo e mettono in evidenza le speranze e le sfide che si impongono oggi. Alla vigilia dell’apertura dell’assise, hanno proposto dunque alcune considerazioni, auspicando che il Sinodo non si riduca a un evento, ma che possa es­sere "un processo che continua in tutte le attività della Chiesa". Per questo, chiedono che le "conclu­sioni e le raccomandazioni siano molto concrete e realizzabili", accompagnate da un preciso piano stra­tegico per la loro messa in pratica. "Ci rechiamo al Sinodo accompagnati dalle preghiere e dalle preoc­cupazioni di milioni di fedeli cristiani – scrivono –. La nostra speranza è autentica perché è fondata sul­la promessa di Gesù che sarà sempre con noi". Nella loro analisi i vescovi dell’Amecea sottolinea­no, innanzitutto, l’impatto nefasto della crisi eco­nomica mondiale sul continente africano, che ren­de ancora più utopistico il raggiungimento degli O­biettivi del Millennio previsto per il 2015. Al con­tempo, sottolineano le conseguenze catastrofiche dei cambiamenti climatici, che hanno provocato nei Paesi dell’Amecea "disastri ecologici", siccità e i­nondazioni, crisi alimentari e spostamenti di popo­lazione. Questi stessi Paesi conti­nuano a essere interessati da guer­re e instabilità. Il caso più dramma­tico è quello della Somalia, ma non si possono dimenticare le difficili si­tuazioni di Sudan, Etiopia, Eritrea, Uganda, o le tensioni e le violenze post-elettorali del Kenya e dei vicini Sudafrica e Zimbabwe. Proprio dallo Zimbabwe arriva un coraggioso documento dei vescovi del Paese che, alla vigilia del Sinodo, si interrogano su Guarigione nazio­nale e riconciliazione . "Siamo tutti colpevoli – scrivono i presuli nella loro lettera pastorale –, coloro che sono stati vittime una volta, sono diventati aggres­sori la volta successiva, mentre molti altri non han­no fatto nulla di fronte alle atrocità perpetrate sotto i loro occhi. Oggi, tutti abbiamo bisogno di guarire da queste ferite e dal nostro senso di colpa. Questa guarigione faciliti la riconciliazione tra di noi e con il nostro Creatore. Con la guarigione e la riconcilia­zione, la nostra nazione potrà riprendersi e proce­dere allo sviluppo politico, sociale, culturale ed e­conomico". Quelli che verranno affrontati dai Padri Sinodali sono dunque temi che interpellano quotidianamente e a fondo tutte le Chiese locali d’Africa, con situazioni – come quella dello Zimbabwe – dove le questioni di giustizia, pace e riconciliazione sono oggi quan­to mai urgenti e vitali per ricostruire il futuro del Pae­se. "Abbiamo fatto degli errori – scrivono i vescovi –. Abbiamo ignorato quelli che erano sconvolti fisi­camente e psicologicamente dalla povertà, dalla di­scriminazione e dall’oppressione". Per questo, og­gi, in vista del II Sinodo per l’Africa, i vescovi dello Zimbabwe ribadiscono il loro rinnovato im­pegno a promuovere la riconciliazione nazionale: "Come il tema del secondo Sinodo africano ci esor­ta, ci impegniamo ad essere una Chiesa al servizio della riconciliazione, della guarigione, della giusti­zia e della pace. Ed esortiamo il governo a mostrare la volontà politica, creando un ambiente favorevo­le per la guarigione e la riconciliazione nazionale".

Anna Pozzi, Avvenire

Il Sinodo per l'Africa, la situazione in Guinea, la preghiera per le vittime delle calamità naturali di Messina e dell'Asia: l'Angelus del Papa

L'Africa "è una terra feconda di vita umana, ma questa vita è segnata purtroppo da tante povertà e patisce talora pesanti ingiustizie": così ha detto il Papa prima della recita dell'Angelus, dopo aver presieduto la Santa Messa di apertura della II Assemblea speciale per il continente africano del Sinodo dei vescoi. Il Papa ha ricordato che il Sinodo "costituisce sempre un'intensa esperienza ecclesiale, un'esperienza di responsabilità pastorale collegiale", ma "non si tratta di un convegno di studio, né di un'assemblea programmatica", bensì "si ascoltano relazioni ed interventi in aula, ci si confronta nei gruppi, ma tutti sappiamo bene che i protagonisti non siamo noi: è il Signore, il suo Santo Spirito, che guida la Chiesa". Al Papa "spetta convocare e guidare le Assemblee sinodali, raccogliere quanto emerso dai lavori ed offrire poi le opportune indicazioni pastorali". "Al termine della preghiera dell'Angelus di questa particolare domenica, in cui ho aperto la Seconda Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, non posso dimenticare i conflitti che, attualmente, mettono a rischio la pace e la sicurezza dei Popoli del Continente africano", ha detto Benedetto XVI affacciato dalla finestra del suo studio. "In questi giorni - ha aggiunto il Papa - ho seguito con apprensione i gravi episodi di violenza che hanno scosso popolazione della Guinea. Esprimo le mie condoglianze alle famiglie delle vittime, invito le parti al dialogo, alla riconciliazione e sono certo che non si risparmieranno gli sforzi per raggiungere un'equa e giusta soluzione". "Nel pomeriggio di sabato prossimo 10 ottobre - ha poi annunciato - insieme con i Padri sinodali, guiderò nell'Aula Paolo VI una speciale recita del Santo Rosario 'con l'Africa e per l'Africa', animata dai giovani universitari di Roma. Si uniranno alla preghiera, in collegamento via satellite, gli studenti di alcuni Paesi africani". "Cari giovani universitari - ha detto ancora il Papa - vi attendo numerosi, per affidare a Maria Sedes Sapientiae il cammino della Chiesa e della societa' nel Continente africano".
A conclusione della preghiera mariana, Benedetto XVI ha accomunato nella preghiera la popolazione siciliana con quella dei paesi asiatici colpita da tifoni, tsunami e terremoti. "Il mio pensiero - ha detto Benedetto XVI - va, in questo momento, alle popolazioni del Pacifico e del Sud Est asiatico, colpite negli ultimi giorni da violente calamità naturali: lo tsunami nelle Isole Samoa e Tonga; il tifone nelle Filippine, che successivamente ha riguardato anche Vietnam, Laos e Cambogia; il devastante terremoto in Indonesia. Queste catastrofi hanno causato gravi perdite in vite umane, numerosi dispersi e senzatetto e ingenti danni materiali. Penso, inoltre - ha aggiunto Papa Ratzinger - a quanti soffrono a causa delle inondazioni in Sicilia, specialmente nella zona di Messina. Invito tutti ad unirsi a me nella preghiera per le vittime e i loro cari. Sono spiritualmente vicino agli sfollati e a tutte le persone provate - ha poi detto il Papa - implorando da Dio sollievo nella loro pena. Faccio appello perché non manchi a questi fratelli e sorelle la nostra solidarietà e il sostegno della Comunità Internazionale".
Il sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, ha espresso il ringraziamento più profondo della città per la preghiera del Santo Padre per le vittime dell'alluvione e per l'incoraggiamento e l'esortazione che ha voluto rivolgere agli sfollati.

Apcom, Agi


Il Papa apre il Sinodo per l'Africa: 'polmone' spirituale dell'umanità in crisi, guidata dal Risorto contribuirà a un mondo più giusto e fraterno

L’Africa, il continente che fa notizia solo per le risorse materiali, le guerre, la povertà, la fame, i conflitti etnici, oggi viene alla ribalta per le sue “risorse spirituali e culturali”, tanto da essere definita “un immenso ‘polmone’ spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza”. Queste risorse rischiano di essere inquinate dal “materialismo pratico” e dal”fondamentalismo religioso” e per questo necessitano di un nuovo impegno missionario della Chiesa. Questo sguardo positivo e realista è la nota fondamentale espressa da Benedetto XVI nella sua omelia per l’apertura della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sul tema: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. ‘Voi siete il sale della terra...Voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13.14)”. Alla Santa Messa nella Basilica di San Pietro hanno partecipato, oltre a migliaia di fedeli da tutto il mondo, anche i 244 Padri Sinodali e 55 sacerdoti collaboratori del Sinodo. Alla celebrazione ha partecipato anche un coro congolese che con il coro della Cappella Sistina ha eseguito i canti della liturgia. Il Papa, che ha compiuto un viaggio apostolico in Camerun e Angola lo scorso marzo, ha ricordato anzitutto l’unità ideale fra questo sinodo e quello aperto 15 anni prima da Giovanni Paolo II, in preparazione al Giubileo del 2000 e ha messo subito in luce “uno dei tratti salienti e unificanti della cultura africana” che è “il riconoscimento della signoria assoluta di Dio”. I “tesori dell’Africa”, ha detto il Pontefice, sono certo le “risorse di cui è ricco il suo territorio e che purtroppo sono diventate e talora continuano ad essere motivo di sfruttamento, di conflitti e di corruzione”, ma sono soprattutto il patrimonio “spirituale e culturale, di cui l’umanità ha bisogno ancor più che delle materie prime”.
Ma questo “polmone spirituale” che l’Africa è per l’umanità “in crisi di fede e di speranza”, rischia di “ammalarsi” di “due pericolose patologie”: “anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista”. “Il cosiddetto ‘primo’ mondo – ha spiegato Benedetto XVI - talora ha esportato e sta esportando tossici rifiuti spirituali, che contagiano le popolazioni di altri continenti, tra cui in particolare quelle africane. In questo senso il colonialismo, finito sul piano politico, non è mai del tutto terminato”. Il secondo “virus” è “il fondamentalismo religioso, mischiato con interessi politici ed economici. Gruppi che si rifanno a diverse appartenenze religiose si stanno diffondendo nel continente africano; lo fanno nel nome di Dio, ma secondo una logica opposta a quella divina, cioè insegnando e praticando non l’amore e il rispetto della libertà, ma l’intolleranza e la violenza”. Oltre che su questo tema del “primato di Dio”, per il Papa il lavoro del Sinodo deve concentrarsi su altri due temi: quello del matrimonio e quello dei bambini. Di fronte ai modi molteplici in cui viene vissuto il matrimonio nelle culture africane, segnato spesso dalla poligamia e dall’umiliazione della figura della donna, Benedetto XVI afferma che “il matrimonio, così come la Bibbia ce lo presenta, non esiste al di fuori della relazione con Dio”. Questa sottolineatura viene prima di ogni “ogni riflessione e indicazione di tipo morale”. “La vita coniugale tra l’uomo e la donna, e quindi della famiglia che ne deriva, è inscritta nella comunione con Dio e, alla luce del Nuovo Testamento, diventa icona dell’Amore trinitario e sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Nella misura in cui custodisce e sviluppa la sua fede, l’Africa potrà trovare risorse immense da donare a vantaggio della famiglia fondata sul matrimonio”. Il terzo aspetto a cui il Sinodo dovrebbe essere attento è “la realtà dell’infanzia, che costituisce una parte grande e purtroppo sofferente della popolazione africana”. La Chiesa africana, ha sottolineato il Pontefice, “manifesta la propria maternità soprattutto nei confronti dei più piccoli, anche quando non sono ancora nati. Come il Signore Gesù, la Chiesa non vede in essi primariamente dei destinatari di assistenza, meno che mai di pietismo o di strumentalizzazione, ma delle persone a pieno titolo”. Per il Papa, di fronte a queste sfide, la Chiesa africana deve attuare una “nuova evangelizzazione che tenga conto dei rapidi mutamenti sociali di questa nostra epoca e del fenomeno della globalizzazione mondiale”, diventando “luce del mondo e sale della terra”, come suggerisce il tema dell'assise. L’impegno della Chiesa in Africa è fra le più fruttuose. Per Benedetto XVI, oltre ai numeri, “occorre puntare sempre più alla ‘misura alta’ della vita cristiana, cioè alla santità. Ad essere santi sono chiamati i Pastori e tutti i membri della comunità ecclesiale; i fedeli laici sono chiamati a diffondere il profumo della santità nella famiglia, nei luoghi di lavoro, nella scuola e in ogni altro ambito sociale e politico. Possa la Chiesa in Africa essere sempre una famiglia di autentici discepoli di Cristo, dove la differenza fra etnie diventi motivo e stimolo per un reciproco arricchimento umano e spirituale”. Con la sua opera di "evangelizzazione e promozione umana", la Chiesa Cattolica "può certamente dare in Africa un grande contributo a tutta la società, che purtroppo conosce in vari Paesi povertà, ingiustizie, violenze e guerre". “La vocazione della Chiesa – ha continuato - comunità di persone riconciliate con Dio e tra di loro, è quella di essere profezia e fermento di riconciliazione tra i vari gruppi etnici, linguistici ed anche religiosi, all’interno delle singole nazioni e in tutto il continente. La riconciliazione, dono di Dio che gli uomini devono implorare ed accogliere, è fondamento stabile su cui costruire la pace, condizione indispensabile per l’autentico progresso degli uomini e della società, secondo il progetto di giustizia voluto da Dio. Aperta alla grazia redentrice del Signore risorto, l’Africa sarà così illuminata sempre più dalla sua luce e, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, diventerà una benedizione per la Chiesa universale, apportando un contributo proprio e qualificato all’edificazione di un mondo più giusto e fraterno”. Per diventare “luce del mondo e sale della terra” tutti, religiosi e laici, devono puntare alla alla santità, così che la Chiesa in Africa possa essere sempre una famiglia di discepoli autentici di Cristo, dove “la differenza tra etnie diventi motivo e stimolo per un arricchimento umano e spirituale reciproco”. A conclusione dell’omelia, Benedetto XVI ha chiesto ai “monasteri di clausura e alle comunità religiose diffuse in Africa e in ogni parte del mondo, alle parrocchie e ai movimenti, agli ammalati e ai sofferenti” di accompagnare con la preghiera il lavoro dei Padri Sinodali “perché il Signore renda fruttuosa questa seconda Assemblea Speciale”.

AsiaNews, Radio Vaticana