martedì 2 ottobre 2012

Domani la terza udienza del processo a Paolo Gabriele, con ultimi 4 testimoni. Mancano l'arringa difensiva della legale, la replica del pm Picardi, la camera di consiglio e la sentenza

Prosegue domani il processo a carico del maggiordomo del Papa, con una nuova udienza, la terza, nella quale verranno ascoltati gli ultimi quattro testimoni, i gendarmi vaticani Luca Cintia, Stefano de Santis, Silvano Carli e Luca Bassetti. Giovedì 4 ottobre, con ogni probabilità, non ci sarà udienza poiché il Papa si recherà a Loreto. Le ultime udienze dovrebbero svolgersi nei giorni seguenti, con l'arringa difensiva della legale di Paolo Gabriele, Cristiana Arru, la replica del 'pm' Nicola Picardi, la camera di consiglio e la sentenza. Oggi sono stati ascoltati lo stesso maggiordomo del Papa, e inoltre i testimoni mons. Georg Gaenswein, segretario particolare del Papa, Cristina Cernetti, una delle 'memores domini' che svolgono servizio presso l'appartamento pontificio, e i gendarmi Giuseppe Pesce, Gianluca Gauzzi Broccoletti, Costanzo Alessandrini.

TMNews

Il Papa a Loreto. Capovilla: la visita di Giovanni XXIII un'esperienza bellissima e assolutamente spontanea. Tonucci: Benedetto porta le sue preoccupazioni ai piedi di Maria

Giovedì Benedetto XVI sarà a Loreto nel cinquantesimo anniversario del pellegrinaggio in treno compiuto da Giovanni XXIII nella città marchigiana e ad Assisi alla vigilia dell'apertura del Concilio Vaticano II. Fu un fatto insolito per quei tempi vedere il Papa salire su un convoglio ferroviario, lasciare il Vaticano e attraversare un pezzo d’Italia lungo la via ferrata. Come visse Papa Roncalli quella giornata e come la vissero gli italiani? Lo ricorda in un'intervista al nostro giornale colui che fu il suo segretario particolare, l’arcivescovo Loris Capovilla, già prelato di Loreto, oggi novantasettenne, che di quel giorno, come del resto di tutto il periodo passato accanto a Giovanni XXIII, conserva una lucida memoria. “Fu – racconta tra l'altro – un’esperienza bellissima, una cosa assolutamente spontanea. La gente venne a conoscenza della notizia all’improvviso e tuttavia accorse numerosissima, con grande spontaneità. Lo amavano davvero tanto e non vollero perdere l’occasione di testimoniarglielo da vicino. Il viaggio subì notevoli ritardi sul programma. Erano previste piccole soste in alcune stazioni. Ma nessuno avrebbe mai immaginato cosa sarebbe veramente successo”. La dimensione mariana della visita di Benedetto XVI viene poi sottolineata dall'arcivescovo prelato di Loreto Giovanni Tonucci. Il Papa, scrive, “viene a Loreto per porre sotto la protezione della Vergine Santa l’Anno della fede e la celebrazione del Sinodo dei vescovi, dedicato alla nuova evangelizzazione. Il Pontefice guarda quindi in avanti, e chiede alla Chiesa una coscienza nuova, per affrontare due impegni che ci coinvolgono tutti. Il gesto di portare le preoccupazioni pastorali del Papa ai piedi di Maria colloca in un piano di fede e di devozione questo momento della nostra storia”.

L'Osservatore Romano
 

La deposizione di mons. Gänswein: documenti sequestrati a Paolo Gabriele in copia e in originale a partire dal 2006. Durante gli anni del suo servizio non ho avuto mai ragione di dubitare di lui

''Quando sono andato con i gendarmi a visionare i documenti sequestrati a Paolo Gabriele, c'erano sia documenti originali che fotocopie, i primi originali che ho visto risalivano all'inizio della presa di servizio di Paolo Gabriele, nel 2006. Ho visto documenti in copia e in originale del 2006, del 2007 e del 2008'': così il segretario personale del Papa, mons. Georg Gänswein, che ha deposto questa mattina per mezz'ora al processo sulla furto di documenti riservati della Santa Sede. "Durante gli anni del suo servizio non ho avuto mai ragione di dubitare di lui", ha detto il sacerdote tedesco, seduto a pochi metri da Paolo Gabriele. I due non si sono scambiati nessuno sguardo, sebbene l'ex assistente di camera di Papa Ratzinger si sia alzato ogni volta che Georg Gänswein è entrato nell'aula. Il segretario del Papa ha detto di aver dubitato per la prima volta di Paolo Gabriele quando ha visto nel libro di Gianluigi Nuzzi "Sua Santità" tre documenti che aveva solo lui: una lettera a lui indirizzata da Bruno Vespa, una seconda lettera di una banca milanese e un appunto del portavoce vaticano Federico Lombardi sul caso di Emanuela Orlandi. Il segretario personale del Papa ha spiegato ancora: ''Io sono una persona precisa e non ho mai riscontrato una mancanza di documenti proprio perché sono una persona molto precisa''. "Non mi sono accorto che gli originali mancavano", ha detto più in generale Gänswein, "ma erano riconoscibili perché avevano il timbro dell'ufficio". I gendarmi Giuseppe Pesce, Gianluca Gauzzi Broccoletti, Costanzo Alessandrini hanno dichiarato che tra le migliaia di pagine sequestrate nell'abitazione di Paolo Gabriele, "moltissime riguardavano la Massoneria e i servizi segreti". I gendarmi hanno spiegato che la grande quantità di materiale rinvenuta in casa di Gabriele durante la perquisizione dell’abitazione non ha permesso di vagliare il materiale in loco, e che quindi sono state sequestrate le ormai note 82 scatole piene di fogli e materiale informatico. Discrepanti infine le testimonianze di due gendarmi sul ritrovamento della presunta pepita d’oro e dell’assegno: secondo uno rinvenuti entrambi in una scatola delle scarpe nel soggiorno di Gabriele, secondo l’altro la sola pepita sarebbe stata trovata nella scatola, mentre l’assegno sarebbe emerso in un secondo momento durante il controllo degli atti in Gendarmeria.  

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Paolo Gabriele denuncia maltrattamenti durante la detenzione, Picardi apre un'inchiesta interna. Le smentite di Lombardi e il comunicato della Gendarmeria

L'ex il maggiordomo di Benedetto XVI Paolo Gabriele, durante l'interrogatorio della seconda udienza del processo a suo carico, ha dichiarato di aver subito pressioni psicologiche e di essere rimasto per svariati giorni ("meno di venti" per il pm) in una cella in cui non poteva neppure allargare le braccia, con luce accesa 24 ore su 24. Da qui una serie di disturbi alla vista che l'uomo accuserebbe. Presente alla deposizione, seduto tra il pubblico, c'era il comandante della Gendarmeria, Domenico Giani. In seguito alle dichiarazioni del difensore di Gabriele, Cristiana Arru, e su invito del presidente del collegio giudicante Giuseppe Dalla Torre, il Promotore di giustizia della Santa Sede, Nicola Picardi, ha aperto un fascicolo per "accertare se vi siano stati eventuali abusi nel corso della detenzione" del maggiordomo. Immediata la replica di padre Federico Lombardi: ''Tutte le celle del Vaticano anche le più piccole - ha detto il direttore della Sala stampa della Santa Sede, smentendo la denuncia di Gabriele - rispecchiano gli standard internazionali''. Il corpo della Gendarmeria vaticana, guidata dal comandante Domenico Giani, risponde, con un comunicato ufficiale, alle dichiarazioni rilasciate da Paolo Gabriele, affermando di aver sempre avuto il "massimo rispetto" della persona durante la detenzione e ricordando i rapporti di "pregressa amicizia e conoscenza" tra Gabriele e il personale della gendarmeria. "Nel caso dovessero risultare infondate" le sue accuse di maltrattamento "egli potrebbe essere passibile di una controdenuncia". La nota precisa che Gabriele è stato detenuto in una "cella di isolamento" che "segue gli standard di detenzione previsti anche per altri paesi" e "pur esistendo nello stesso immobile del corpo della Gendarmeria altra cella per lunga detenzione, ma essendo la stessa, unitamente ad altri locali, abbisognevoli di interventi restaurativi, ne era già stata programmata l'esecuzione dei lavori. In tale circostanza ed anche su impulso del promotore di giustizia si è accelerata tale opera edilizia, apportando numerose migliorie rispondenti ai requisiti richiesti dalla Convenzione sulla tortura, cui la Santa Sede ha aderito". Durante la detenzione, Paolo Gabriele "ha usufruito quotidianamente di pasti completi consumati in compagnia dei gendarmi che lo avevano in custodia, dell'ora d'aria, di momenti di relax e socializzazione". Dopo aver ricordato i contatti con la famiglia, le messe a cui ha potuto assitere e gli incontri con i legali, "tutto nel massimo rispetto della persona". "Più volte l'imputato ha richiesto di incontrare il Comandante del Corpo per una parola di conforto". A Gabriele "per i predetti motivi di legame preesistente", sono state concesse "una serie di particolari attenzioni per far sì che potesse trascorrere questo periodo nella maniera più serena possibile". Quanto alla presenza di luce nelle ventiquattro ore, "si rappresenta che la stessa è rimasta accesa per evitare eventuali atti autolesionistici dell'imputato e per esigenze di sicurezza. Lo stesso detenuto, nei giorni a venire, ha chiesto che la medesima luce rimanesse accesa durante la notte perché la riteneva di compagnia".
"A seguito delle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento nella mattinata odierna il Promotore di Giustizia ha aperto la procedura n. 53/12 al fine di verificare la verità o meno delle accuse mosse dal Gabriele. Nel caso esse dovessero risultare infondate - conclude la nota - egli potrebbe essere passibile di una controdenuncia".

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Comunicato del Corpo di Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano su trattamento denunciato da Paolo Gabriele

Seconda udienza del processo a Paolo Gabriele. L'interrogatorio: mi dichiaro innocente ma colpevole di aver tradito la fiducia del Papa. Nessun complice, volevo trovare una persona con cui condividere lo sconcerto

Questa mattina, intorno alle 9.15, è iniziata la seconda udienza del processo all'ex aiutante di camera di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, imputato per il reato di furto aggravato, mentre la posizione di Claudio Sciarpelletti, il tecnico informatico della Segreteria di Stato accusato di favoreggiamento, è stata stralciata e il processo a suo carico non ha ancora una data in calendario. Un’ora e dieci minuti, tanto è durato l’interrogatorio di Gabriele che ha ricostruito tutta la vicenda: ''Riguardo all'accusa di furto aggravato mi dichiaro innocente''. Quindi l'imputato ha aggiunto: ''Mi sento colpevole di aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre che sento di amare come un figlio ama il Padre''. L'ex maggiordomo ha proseguito: ''Non ho avuto complici nel modo più assoluto nell'azione che mi viene contestata''. Tuttavia Gabriele, rispondendo al presidente del tribunale Giuseppe Dalla Torre e al promotore di giustizia Nicola Picardi, ha ricordato che nel corso degli interrogatori cui è stato sottoposto durante la fase istruttoria aveva ''aveva fatto il nome di altre persone con cui era entrato in contatto''. Si tratta, ha aggiunto, ''di un numero di persone enorme''. Il maggiordomo del Papa parlò al segretario del Papa delle informazioni riservate che aveva raccolto sui gendarmi vaticani. Dopo aver riferito delle preoccupazioni che a suo avviso albergavano tra i gendarmi vaticani quando, nel 2010, fu allontanato il cappellano militare del corpo, Paolo Gabriele ha spiegato di aver raccolto informazioni da due persone, il dottor Vincenzo Mauriello, minutante della Segreteria di Stato, e Luca Catano, della confraternita di San Pietro e Paolo. Sarebbe quest'ultimo che avrebbe consegnato a Gabriele il testo ''Napoleone in Vaticano'', in seguito diventato un capitolo del libro di Gianluigi Nuzzi con lo stesso titolo. "A quel punto ho cominciato a sentire la responsabilità di come gestire le informazioni che raccoglievo, tanto che fu il segretario particolare del Papa a chiedermi cosa sapevo della Gendarmeria. Io ho risposto aprendogli il mio cuore, offrendogli la possibilità di fargli conoscere chi mi aveva fatto queste confidenze". Ciò, ha spiegato Gabriele, perché già "a inizio del mio incarico chiesi a don Giorgio come comportarmi quando raccoglievo informazioni, cosa che accedeva poiché lavoro in Vaticano dal 1997 sono conosciuto e avevo la fiducia di tantissime persone". L'ex assistente di camera del pontefice ha raccontato anche che quando andava o tornava da lavoro a casa veniva fermato in continuazione da persone che gli chiedevano consigli o aiuti, "e io non sapevo dire di no". Per evitare questi incontri, però, si recava a volte in macchina a lavoro. Contatti poi vi furono, senza che questi vadano considerati complici, secondo quanto è emerso dal dibattimento in aula, con il card. Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano e arciprete della Basilica di San Pietro, con Francesco Cavina, attuale vescovo di Carpi e fino al 2011 officiale della Segreteria di Stato presso la sezione dei rapporti con gli Stati, quindi con Ingrid Stampa, ex governante di Benedetto XVI, infine con il card. Paolo Sardi. Il promotore di giustizia ha chiesto conto a Gabriele di quanto detto nell'interrogatorio sul fatto di essersi sentito "suggestionato" dalla "situazione ambientale", parlando di vicende che costituivano "scandalo per la fede", e delle "confidenze che scambiava - è stato ricordato - con il card. Comastri, mons. Cavina, il card. Sardi, che aveva definito "una specie di guida spirituale", e Ingrid Stampa. Il magistrato gli ha anche chiesto se c'era solo "suggestione" e anche "collaborazione". Gabriele ha però risposto di non riconoscersi in tale “ricostruzione”, frutto di una “estrema sintesi di un discorso molto più ampio" su quanto l'aveva spinto a fare quello che ha fatto. Ha ricordato che i suoi rapporti con prelati partivano dai primi tempi del suo lavoro in Vaticano, in particolare alla Segreteria di Stato, dove quello con Sardi era stato un “primo approccio” con una persona poi da lui individuata come “un punto di riferimento”. “Poi negli anni - ha aggiunto le cose sono cambiate e ora ritengo di non poterlo più definire come una guida spirituale”. L'ex maggiordomo ha contestato si potesse usare la parola “suggestione” in relazione alle persone citate, e tanto meno si potesse parlare di “collaborazione”. Dalla seconda udienza del processo è poi emerso che si chiama padre Giovanni il confessore cui l'ex maggiordomo ha consegnato i documenti riservati, fotocopiati nell'appartamento del Papa. ''Quando la situazione è degenerata - ha detto Gabriele nell'udienza - ho capito ancora più fortemente che dovevo consegnarmi alla giustizia, ma non sapevo come''. ''Il primo passo - ha aggiunto - è stato spirituale. Sono andato da un confessore a spiegare cosa avevo combinato''. Quindi Gabriele ha portato al confessore la seconda copia dei documenti fotocopiati (l'ex maggiordomo ha detto di aver fatto in tutto due copie dei documenti, una da consegnare all'esterno e l'altra da conservare affinché rimanesse prova di quello che effettivamente riguarda le sue azioni). ''Il confessore - ha detto poi Gabriele - si chiama padre Giovanni''. Non è stato detto il cognome. "La fase clou della raccolta dei documenti riservati è cominciata nel 2010'', cioè quando ''è emerso il caso di mons. Carlo Maria Viganò'' ha detto l'ex maggiordomo del Papa. Ancora Gabriele ha spiegato che la ''raccolta di documenti è andata avanti dal 2010-2011: a volte raggruppavo le carte, seguivo il mio istinto''. Si tratta di documenti che sono stati, secondo Gabriele, ''solamente fotocopiati''. Nel tempo "ho maturato la convinzione che è facile manipolare la persona che ha un potere decisionale così importante". "A volte - ha detto -, quando sedevamo a tavola, il Papa faceva domande su cose di cui doveva essere informato". "Non ero così illuso da non sapere di doverne pagare le conseguenze - ha detto ancora Gabriele - ma non mi ritengo l'unico ad aver dato nel corso degli anni documenti riservati alla stampa". L'ex assistente di camera del Papa ha spiegato: "Cercavo una persona di fiducia con cui sfogare il mio stato d'animo di sconcerto per la situazione divenuta insopportabile, uno sconcerto che in Vaticano era ad ampio raggio". Gabriele ha negato di aver ricevuto ''soldi o altri benefici'', per sè' o per altri, in cambio dei documenti riservati pubblicati da Nuzzi. ''Questa era la condizione iniziale e essenziale nell'intessere relazione con questa persona che non era intenzionata a darne e io a riceverne. Ho avuto solo effetti distruttivi'', ha dichiarato Gabriele, che ha sottolineato di non aver voluto nemmeno ''favorire'' altre persone con la pubblicazione dei documenti nel libro ''Sua Santità'': ''Il libro non è certo stato voluto da me'', ha spiegato. Ha ribadito che non ha mai preso soldi, mai avuto una pepita d’oro e mai visto l’assegno da 100 mila euro, rinvenuti, secondo le carte processuali, in casa sua, in Vaticano dopo essere stati sottratti dall’appartamento papale insieme a una copia rara dell’Eneide. Il libro, di cui ignoravo il valore – ha comunque precisato l’ex aiutante di camera – mi è stato dato da mons. Gaenswein, segretario del Papa, per i miei figli. “Non escludo, ma non è un’assunzione di colpevolezza – ha comunque aggiunto – che l’assegno sia potuto finire nelle carte che avevo fotocopiato”.

Adnkronos, TMNews, Asca, Radio Vaticana

Fonti vaticane: entro gennaio 2013 l'Enciclica del Papa sulla fede. Con il suo linguaggio semplice riesce a raggiungere una diffusione oltre ogni immaginazione

E' praticamente pronta ed è incentrata sul tema della fede la prossima Enciclica di Papa Benedetto XVI. "Il Papa - spiega un alto prelato di Curia - ha finito di scriverla quest’estate a Castelgandolfo ed uscirà entro gennaio 2013". La pubblicazione della nuova Enciclica sarà uno dei momenti caratterizzanti l’Anno della fede che si apre il prossimo 11 ottobre. Tra i motivi per i quali il testo, pur ultimato da Benedetto XVI, vedrà la pubblicazione all’inizio dell’anno prossimo, anche l’opportunità di non sovrapporre l’uscita dell’Enciclica a quella del terzo volume su Gesù di Nazaret, prevista per Natale. "Il testo del Papa - commenta l’alto prelato di Curia che lo ha potuto leggere le bozze - è bellissimo. Benedetto XVI con il suo linguaggio semplice nel dover esprimere anche delle verità complesse e molto profonde riesce a raggiungere una diffusione oltre ogni immaginazione". L’argomento della fede completa il trittico delle virtù teologali già trattate da Papa Ratzinger con le precedenti encicliche sulla carità, "Deus Caritas est" del 2006, e sulla speranza, "Spe Salvi" del 2007.

Vatican Insider

'Radio Vaticana' offre da oggi la sua nuova App per iPhone, come per la precedente lanciata ai primi di settembre per la piattaforma Android

La Radio Vaticana offre da oggi la sua nuova App per iPhone. Come per la precedente, lanciata ai primi di settembre per la piattaforma Android, la nuova App ha una forte impronta multimediale. Ascolto in diretta su cinque canali di tutti i programmi della Radio in 40 lingue diverse, dirette video, pagine web, servizi giornalistici, racchiusi in un unico strumento, che permette di conoscere e seguire gli appuntamenti quotidiani del Papa. L’App, interamente gratuita, è scaricabile da iTunes, all’indirizzo rv.va/iphone. L’applicazione si apre sull’agenda degli appuntamenti pubblici del Papa (disponibili, in questa prima versione, in italiano, inglese, francese, spagnolo e cinese). Grazie a un sistema ideato e prodotto dalla Radio Vaticana, il "Vatican TIC", a ogni singolo appuntamento sono collegati tutti gli articoli e i contenuti audio prodotti in quella lingua, e anche dalle altre 39 redazioni linguistiche dell'emittente pontificia. Inoltre, l’Agenda è costantemente aggiornata sulle trasmissioni in diretta audio e video delle celebrazioni del Papa, prodotte in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano. L’App per iPhone offre inoltre un servizio di news, con le ultime notizie prodotte dai notiziari della Radio Vaticana sui principali avvenimenti di attualità nel mondo e nella Chiesa (disponibili, in questa prima versione, in italiano e inglese). E una sezione Radio con 5 canali audio, che corrispondono alle reti di diffusione degli oltre settanta programmi quotidiani nelle 40 lingue diverse della Radio Vaticana. L’offerta di App da parte della Radio Vaticana prevede, oltre alle piattaforme iPhone e Android, a breve anche una per Windows Phone.

Radio Vaticana

Anno della fede. La missione è la 'sfida' dei cattolici del Vietnam: raggiungere il 90% di vietnamiti che non lo sono. Incontri, iniziative pastorali e programmi promossi da ciascuna diocesi

Attraverso incontri, iniziative pastorali e programmi rivolti alla missione, con particolare attenzione al contributo dei laici, la Chiesa cattolica vietnamita si prepara a celebrare l'Anno della fede, proclamato da Benedetto XVI con il Motu Proprio "Porta fidei" dell'11 ottobre 2011. Sarà la "sfida missionaria", in un Paese segnato da decenni di ateismo imposto dall'ideologia comunista, l'elemento su cui puntare nei prossimi anni "per raggiungere quel 90% di vietnamiti che non sono cattolici". Nei giorni scorsi l'Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Conferenza Episcopale vietnamita ha organizzato il proprio incontro annuale, incentrato proprio sull'Anno della fede. Nella due giorni di discussione, tenuta il 27 e 28 settembre, i 21 capi commissione e i 26 rappresentanti di ciascuna diocesi del Paese hanno proposto attività rivolte alla famiglia e iniziative pastorali per il 2012-2013. I membri della diocesi di Long Xuyen, sud-ovest del Vietnam, hanno dedicato molta attenzione alle attività missionarie per genitori e figli. Il vescovo, i religiosi e i fedeli della diocesi di Phu Cuong, invece, hanno espresso interesse per il tema del matrimonio tra cattolici e non cattolici, sviluppando problematiche e difficoltà che emergono dalle unioni miste. Assieme ai catechisti era presente anche un nutrito gruppo di catecumeni. Diverse le iniziative dell'arcidiocesi di Saigon attraverso il proprio Centro per la pastorale, che ha approfondito oltre 150 tematiche fra cui classi di catechismo e seminari per la formazione dei parrocchiani. In una lettera ai fedeli mons. Vo Duc Minh, della diocesi di Nha Trang, invita "ciascun membro della famiglia" a impegnarsi con "determinazione" per gli altri; il prelato chiede anche partecipazione alla Messa, l'accostamento all'Eucaristia e la recita del Rosario in ogni famiglia. La "sfida" più grande ai cattolici vietnamiti viene lanciata da padre Mark Bui Quan Duc, Redentorista di Ho Chi Minh City, che ricorda il compito missionario affidato a ciascun cristiano. In una nazione in cui cresce il desiderio di fede, spiega il sacerdote, in cui "l'85% delle persone segue una religione" è necessario chiedersi "come possiamo raggiungere il 90% della popolazione vietnamita che non è cattolica". E per vincere questa sfida, conclude, è fondamentale il contributo dei laici.

J.B. Vu, AsiaNews

Presentato il Convegno internazionale di studi 'Il Concilio Ecumenico Vaticano II alla luce degli archivi dei Padri Conciliari': arrivare ad una comprensione più equilibrata e condivisa dell’evento e delle sue decisioni

“Il Concilio Ecumenico Vaticano II alla luce degli archivi dei Padri Conciliari”: è il tema di un Convegno internazionale nel 50° dell’apertura del Concilio, che si terrà in Vaticano, da domani al 5 ottobre prossimo. L’evento è stato presentato, questa mattina nella Sala Stampa vaticana, da padre Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze storiche, e dal prof. Philippe Chenaux, direttore del Centro studi e ricerche “Concilio Vaticano” II della Lateranense, enti organizzatori del convegno.  Una vasta inchiesta su tutti i continenti per una “più profonda comprensione del Concilio Vaticano II”. E’ questo l’originale e ambizioso intento che si prefiggono il Pontificio Comitato di Scienze Storiche e l’Università Lateranense che ha, tra i suoi punti forti, la ricerca sugli archivi privati dei Padri conciliari. Uno sforzo che avrà come “primo passo” un Convegno internazionale che si terrà in Vaticano, in questi giorni. Evento, ha sottolineato padre Bernard Ardura, che alla luce del Magistero del Papa vuole promuovere una rilettura del Concilio aliena da ispirazioni ideologiche. Nell’occasione, padre Ardura ha anche annunciato un’importante iniziativa: la realizzazione di un primo Repertorio degli archivi dei Padri conciliari che verrà pubblicato, in un database on-line, sul sito web del Pontificio Comitato, con accesso gratuito: “I risultati del primo censimento saranno, perciò a disposizione del vasto pubblico degli studiosi e fungeranno da stimolo permanente alla prosecuzione della ricerca nei più diversi ambiti di studio”. Dal canto suo, il prof. Philippe Chenaux si è soffermato sulle due diverse ermeneutiche, che hanno letto il Concilio l’una come “evento”, l’altra come “rottura”. Quest’ultima interpretazione, portata avanti dalla “scuola di Bologna”, è stata l’osservazione dello storico, “non è quella indicata” dal Magistero della Chiesa sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e, del resto, “non è priva di presupposti ideologici”. Si tratta, prosegue il suo intervento, di un’interpretazione che “sta alla base dei progetti e delle attese di quanti continuano a far riferimento allo ‘spirito’ del Concilio più che alla ‘lettera’ dei documenti conciliari”. Di qui, lo storico della Lateranense ha indicato l’obiettivo del Convegno in Vaticano e della ricerca sugli archivi: “La posta in gioco fondamentale che si pone agli storici del Concilio è dunque: come riconciliare queste due letture contrapposte dell’evento conciliare e delle sue decisioni? Non si tratta di scrivere una 'contro-storia' del Concilio Vaticano II, quanto piuttosto, più modestamente, di riprendere l’indagine storica sulla base di una documentazione la più larga possibile e senza a priori di tipo ideologico...per arrivare ad una comprensione più equilibrata e più condivisa dell’evento e delle sue decisioni”. “Ripartire dagli archivi”, ha concluso il prof. Chenaux: questa è “la scommessa che sta alla base del grande progetto di ricerca” a cinquant’anni dall’apertura del grande evento conciliare. Il Convegno, è stato sottolineato in Sala Stampa, sarà anche un'occasione per ricostruire come i Padri conciliari guardavano allo sviluppo del Concilio e alle differenze tra i lavori sotto Papa Roncalli e sotto Papa Montini.

Radio Vaticana

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI "IL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II ALLA LUCE DEGLI ARCHIVI DEI PADRI CONCILIARI - NEL 50° ANNIVERSARIO DELL’APERTURA DEL CONCILIO VATICANO II (1962-2012)"

Superiore lefebvriani tedeschi: diremo alla Santa Sede che le sue richieste dovranno essere abbandonate se si vuole arrivare a una normalizzazione. Lettera del Papa risposta a una nostra domanda

Franz Schmidberger, superiore del distretto tedesco della Fraternità San Pio X e primo successore di mons. Lefebvre alla guida dei lefebvriani, in un'intervista dello scorso 18 settembre, ha fatto il punto della situazione dei rapporti con la Santa Sede rivelando nuovi particolari sulla lettera inviata da Benedetto XVI al vescovo Bernard Fellay lo scorso giugno. Schmidberger ribadisce le richieste formulate dalla Fraternità per arrivare alla "normalizzazione" dei rapporti con Roma: "Innanzitutto, che ci sia permesso di continuare a denunciare certi errori del Concilio Vaticano II, vale a dire di parlare apertamente. In secondo luogo, che ci sia accordato di non utilizzare i libri liturgici del 1962, in particolare il messale. In terzo luogo, che ci sia sempre un vescovo nei ranghi della Fraternità, scelto al suo interno". Il superiore del distretto tedesco, notoriamente vicino a Fellay e rappresentante dell’anima più dialogante della Fraternità, nell’intervista parla di un "cambiamento" avvenuto il 13 giugno, in occasione dell’ultimo incontro tra lo stesso Fellay e il card. William Levada, all’epoca Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. "Ci ha presentato un nuovo documento dottrinale che, da una parte, accetta il testo proposto da mons. Fellay, ma da un’altra, contiene dei cambiamenti significativi ce ci pongono un vero problema: questo ha creato una situazione nuova". Franz Schmidberger conferma che la lettera di Benedetto XVI a Fellay è "una risposta a una domanda che abbiamo fatto al Papa". E per la prima volta rivela il contenuto di questa domanda: "Volevamo sapere se questi nuovi requisiti sono stati effettivamente aggiunti con la sua approvazione, se venissero davvero da lui o invece da alcuni dei suoi collaboratori". Dunque i lefebvriani avevano chiesto un’udienza a Papa Ratzinger e chiedevano se davvero il nuovo preambolo dottrinale fosse stato voluto dal Pontefice. Il Papa "ci ha assicurato che era la sua volontà che noi accettassimo queste nuove esigenze". Il superiore del distretto tedesco sintetizza così il contenuto del preambolo: "In particolare, ci viene domandato di riconoscere la 'liceità' della nuova liturgia. Io credo che si intenda la 'legittimità' della nuova liturgia". Si afferma poi che "è possibile proseguire le discussioni su alcune sfumature del Concilio, ma dobbiamo essere disposti ad accettarne semplicemente la continuità, vale a dire considerare il Vaticano II nella linea ininterrotta degli altri Concili e insegnamenti della Chiesa. E questo fa problema. Ci sono delle incoerenze nel Concilio Vaticano II che non possono essere negate. Noi non siamo in grado riconoscere questa ermeneutica della continuità". "Penso che diremo alle autorità romane che noi difficilmente possiamo accettare queste richieste e che queste dovranno essere abbandonate se si vuole arrivare a una normalizzazione. Durante i colloqui che ci sono stati tra l’ottobre 2009 e l’aprile 2011, è apparso evidente che ci sono punti di vista molto diversi sul Concilio, su certi testi del Vaticano II e del magistero postconciliare». Schmidberger nell’intervista critica il nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, definendolo "ostile" alla Fraternità. Esprime apprezzamento per il vicepresidente della commissione Ecclesia Dei, l’arcivescovo Augustine Di Noia, con il quale la Fraternità è in contatto. E attacca il nuovo segretario della Congregazione per il Culto Divino, mons. Arthur Roche, definendolo un oppositore del Motu Proprio che ha liberalizzato la Messa antica. Aggiunge anche di non credere possibile una nuova scomunica, nel caso la Fraternità San Pio X risponda negativamente ai due punti – la liceità della nuova messa e la continuità della dottrina – richiesti dal preambolo: "Il Papa nel 2009 ha lui stesso tolto la scomunica che pesava sui quattro vescovi della Fraternità", una nuova scomunica "sarebbe una mancanza di coerenza fra il suo pensiero e i suoi atti… Siccome la Fraternità è, in qualche modo, la colonna vertebrale, il punto di riferimento per tutti coloro che sostengono tradizione nella Chiesa", la nuova scomunica "sarebbe un disastro. Non tanto per la Fraternità ma per la Chiesa".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Il Papa a Loreto. Mons. Tonucci: Benedetto guarda alla nuova evangelizzazione, alla riflessione proposta da tutta la Chiesa sul Concilio di 50 anni fa, e chiede la protezione di Maria su questo nuovo cammino

Benedetto XVI a Loreto (foto) sulle orme del Papa buono, 50 anni dopo. Giovedì infatti il Pontefice, a mezzo secolo dalla visita del Beato Giovanni XXIII, si recherà a Loreto (Ancona), atteso da tutta la regione marchigiana. In particolare andrà al Santuario della Santa Casa per affidare alla Madonna la celebrazione dell’Anno della fede, indetto per ricordare il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. E l’avvenimento di Loreto avverrà a pochi giorni dal Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Ha parlato di tutto questo a Radio Vaticana il vescovo prelato di Loreto e delegato pontificio del Santuario della Santa Casa, mons. Giovanni Tonucci: "Il Papa ha saputo partire da quella che poteva essere semplicemente una rievocazione storica, per proporre invece nuovi ideali e nuove finalità - ha affermato -. Papa Giovanni era venuto per raccomandare l’inizio del Concilio, e porre questa grande impresa della Chiesa sotto la protezione di Maria. E ora, Papa Benedetto guarda alla nuova evangelizzazione, alla riflessione proposta da tutta la Chiesa sul Concilio di 50 anni fa, e chiede la protezione di Maria su questo nuovo cammino. Quindi – ha dichiarato - il Papa ci propone non uno sguardo indietro, ma un guardare avanti per capire e cogliere meglio il messaggio di questo grande evento, la cui forza non ha ancora spento la propria energia, ma che ha ancora tantissimo da dirci»" Mons. Tonucci si è poi soffermato sul concetto di nuova evangelizzazione che "diventa particolarmente difficile, laddove si direbbe che il Vangelo è stato ormai ascoltato e poi rifiutato, oppure messo nel dimenticatoio. Questo rende il lavoro della testimonianza ecclesiale più difficile, perché si presenta come qualcosa di già visto. Il rischio è che qualcuno dica: 'Io queste cose già le conosco, quindi non ho nulla di nuovo da apprendere'. Per cui c’è una difficoltà particolare, ma - direi - è una difficoltà che va affrontata perché è l’imperativo del momento". Tornando all’avvenimento di Loreto, il Presule assicura che il Papa verrà accolto "con tutto l’affetto di una città che ha ricevuto i Papi tante volte. Noi non dimentichiamo che la storia di questi ultimi secoli, ci parla di una frequenza di visita del Vescovo di Roma a Loreto. Basti pensare che l’ultimo viaggio che ha fatto Pio IX prima della fine dello Stato pontificio è stato a Loreto. Il primo viaggio di un Papa fuori Roma, fuori dal Lazio, è stato a Loreto. Giovanni XXIII ha aperto in questo modo la stagione dei 'viaggi dei Papi'. Non dimentichiamo – ha continuato - che Papa Giovanni Paolo II è stato cinque volte a Loreto, mentre Benedetto XVI è già stato nel 2007 a Loreto come Papa, e come Cardinale, era venuto sette volte". "Vorremmo – ha aggiunto - che la decorazione della città fosse fatta nel modo più tradizionale, semplice e allegro possibile, quindi come nell’antica tradizione del mettere le belle coperte alle finestre e far sentire il calore di una presenza. La piazza della Madonna sarà allestita per la Celebrazione eucaristica adoperando le cose belle e semplici che abbiamo nel Santuario, con una copertura davanti al sagrato, che non tolga nulla alla bellezza della facciata della basilica, ma che renda sicura la presenza del Papa". "Calcoliamo quattromila, quattromilacinquecento persone tra posti a sedere e posti in piedi – ha proseguito - Le richieste sono tantissime, e noi speriamo che non solo la piazza sia piena, ma anche le strade che il Papa percorrerà; speriamo possano essere piene di gente che faccia sentire al Pontefice il calore della nostra accoglienza. Qualcuno ha detto: 'Vorremmo che il Papa tornasse in Vaticano contento di quello che ha visto e che ha sentito'".

Domenico Agasso jr, Vatican Insider
 

Cambi eccellenti in Vaticano: al centro dei nuovi incarichi e trasferimenti gli Stati Uniti, uno dei 'fronti' principali di confronto con la secolarizzazione

Si preparano alcuni cambi eccellenti in Vaticano, secondo voci di una certa affidabilità. E a quanto pare queste nuove nomine andrebbero a dimostrare ulteriormente che Benedetto XVI e i suoi principali collaboratori vedono negli Stati Uniti sia uno dei “fronti” principali di confronto con la secolarizzazione, sia la fonte da cui attingere energie per la soluzione dei problemi. Dovrebbe, e come sempre, quando si tratta di decisioni di questo genere il condizionale è obbligatorio, perché né Benedetto XVI né il suo segretario di Stato sembrano napoleonici in questo campo, tornare negli Stati Uniti l’attuale segretario della Congregazione che si occupa di vita religiosa, Joseph William Tobin. Probabilmente in una diocesi importante, forse Indianapolis. Una promozione? Forse, ma a quanto sembra il suo “richiamo” è stato voluto e chiesto dalla Chiesa americana, che non ha apprezzato il ruolo di Tobin nel chiarimento in corso con le suore “ribelli”. In particolare le dichiarazioni concilianti, e un atteggiamento che ai vescovi americani impegnati in un problema difficile non sembrava di grande appoggio. Anzi. E che era in rottura con la posizione assunta dal prefetto precedente, Franc Rodé, preoccupato per la deriva “new age” di molte religiose Usa. Il nome del possibile successore di Tobin non è noto; è possibile che sia un religioso, dal momento che il prefetto della Congregazione non lo è. Il cambio più importante mediaticamente, se sono vere le voci, potrebbe riguardare la Sala Stampa della Santa Sede. Padre Federico Lombardi, il gesuita che ha ereditato il non semplice compito di portavoce del Papa ha compiuto 70 anni nell’agosto scorso; è direttore dei Radio Vaticana, e ha la responsabilità del Centro Televisivo Vaticano. Insomma, sembra che si sia prendendo in considerazione l’ipotesi di una sostituzione. Sempre secondo le voci, potrebbe essere un laico, questa volta; come Greg Burke, il “consulente” della Segreteria di Stato per il settore informazione. Non dovrebbe essere un italiano, a quanto si dice; perché l’interesse e il focus della sua attività dovrebbero essere i media esteri e anglofoni in particolare. E’ probabile un americano, o comunque qualcuno esperto del mondo mediatico di lingua inglese. E per finire, c’è da sostituire il vuoto lasciato dall’arcivescovo Jean-Louis Bruguès alla Congregazione per l’Educazione cattolica. Brugués è stato nominato Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Il prefetto della Congregazione, il cardinale polacco Grocholewski, non è alieno da una soluzione “interna”, con la nomina di mons. Vincenzo Zani, ora sottosegretario. Ma non si esclude, anzi, pare sia questo l’orientamento prevalente, l’arrivo di un segretario dall’estero. E – guarda caso – dagli Stati Uniti. America uber alles...

Marco Tosatti, Vatican Insider

I dubbi sul processo a Claudio Sciarpelletti: l’informatico della Segreteria di Stato non era in possesso di documenti riservati ma di un 'libello' contro il capo della Gendarmeria vaticana

Con la celebrazione di un processo pubblico all’aiutante di camera Paolo Gabriele, reo confesso di aver riprodotto un’ingente mole di documenti provenienti dalla segreteria papale e di averli consegnati al giornalista Gianluigi Nuzzi, il Vaticano ha dato prova di voler procedere nella linea della trasparenza, nonostante la delicatezza di un procedimento che si preannuncia breve ma che vedrà salire sul banco dei testimoni anche il segretario particolare del Papa e che dunque tratterà della vita e dei rapporti esistenti all’interno dell’appartamento pontificio. Il Tribunale vaticano ha stabilito di stralciare il processo per favoreggiamento che vede imputato il tecnico informatico della Segreteria di Stato, Claudio Sciarpelletti. Il suo legale, sabato scorso, in aula, si è chiesto "come mai" il suo assistito fosse sotto processo, contestando anche l’esistenza del favoreggiamento. Sciarpelletti, che aveva accesso di tanto in tanto all’appartamento papale per occuparsi i computer, conosceva Paolo Gabriele, era stato arrestato la notte del 25 maggio e poi rilasciato, perché trovato in possesso di una busta con alcuni documenti "non riservati", come ha precisato in aula suo legale. Si tratta di una "corrispondenza email" e di quello che il promotore di giustizia Nicola Picardi ha definito un "libello inqualificabile", cioè "una relazione dal titolo 'Napoleone in Vaticano' riprodotta da Nuzzi nel volume 'Sua Santità'", nella quale si parla di alcune attività della Gendarmeria. Nel plico non c’erano dunque documenti riservati, né carte trafugate dalla scrivania papale. Ed è per questo che fin dai primi giorni la posizione del tecnico informatico si è molto alleggerita. Secondo quanto ricostruito dal promotore di giustizia, in un primo momento Sciarpelletti aveva affermato che la busta (con timbro a secco sul retro della Segreteria di Stato, Ufficio Informazioni e documentazioni) gli era stata consegnata da Paolo Gabriele. Ma poi ha rettificato le sue affermazioni, dicendo che gli era invece stata consegnata da un monsignore, nella sentenza ordinanza di rinvio a giudizio coperto per omissis dalla lettera W, per Paolo Gabriele. Questo monsignore, che comparirà come testimone al processo di Sciarpelletti, è Carlo Polvani, responsabile dei rapporti tra la Segreteria di Stato e i media della Santa Sede nonché nipote dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, l’ex segretario generale del Governatorato allontanato dal Vaticano (con promozione a nunzio negli USA) dopo aver denunciato presunti episodi di malaffare. L’avvocato di Sciarpelletti, che aveva mantenuto la busta nel cassetto e dunque non l’aveva consegnata, ha fatto notare come la seconda versione del suo assistito (busta data dal monsignore perché fosse consegnata a Gabriele) non favorisce affatto l’ex maggiordomo pontificio, destinatario finale della consegna. Nel libro di Nuzzi il capitolo dedicato alla Gendarmeria vaticana ("007 vaticani, missione in Italia") occupa le pagine 131-154. Vi si sostiene che gli uomini comandati dal generale Domenico Giani (nella foto con Benedetto XVI) hanno compiuto operazioni di polizia e pedinamenti in territorio italiano, attività che non è prevista dai trattati e dai regolamenti. Il paragrafo denominato "Napoleone in Vaticano" dopo aver descritto la carriera del capo dei gendarmi, parla di alcune società che si occupano di bonifiche ambientali e sicurezza e hanno come soci dei gendarmi. Il 5 febbraio 2011 su Il Giornale, appariva un articolo anonimo nel quale si accennava alla volontà dell’arcivescovo Viganò, allora ancora segretario generale del Governatorato, di sostituire il servizio di intelligence vaticana "interno" affidato ad "una persona perbene", cioè allo stesso generale Giani, con un servizio affidato ad un’azienda esterna. L’anonimo articolista non spiegava le motivazioni. "Si teme per la sicurezza, per la riservatezza – continuava l’articolo su Il Giornale – non piacciono le iniziative di chi è interessato a cambiare un sistema che per anni ha funzionato e servito con fedeltà coloro a cui, in via esclusiva, deve rispondere. L’intelligence vaticana è curata da un uomo perbene, che ha ben chiaro quali sono i suoi superiori, tuttavia la pressione esercitata da un arcivescovo per sostituire al lavoro interno, una centrale di sicurezza fornita da una società esterna, sta diventando insostenibile. Chi è questo arcivescovo dallo sguardo arcigno, che mette in fermento il santo condominio?". L’anonimo concludeva prefigurando in qualche modo uno stop alle attività di Viganò. Come poi è effettivamente avvenuto. Perché qualcuno dalla Segreteria di Stato voleva far arrivare al maggiordomo del Papa il "libello inqualificabile" contro Giani? Sciarpelletti il 26 maggio, interrogato dal promotore di giustizia Picardi a proposito del plico, ha affermato: "La busta mi è stata consegnata circa due anni fa ed è rimasta sempre chiusa e nella mia scrivania. Francamente io me ne ero dimenticato in quanto nessuno me l’aveva chiesta". "Due anni fa" significa 2010. Cioè molto tempo prima dell’inizio di Vatileaks e del contatto tra Paolo Gabriele e il giornalista Nuzzi. Forse quella documentazione "inqualificabile", che nel maggio 2012 sarebbe finita nel libro "Sua Santità", doveva essere portata da Gabriele direttamente all’attenzione di qualcuno nell’appartamento pontificio? In ogni caso, nonostante la busta sia rimasta nel cassetto della scrivania di Sciarpelletti, è evidente che per altre vie la stessa documentazione è arrivata a Nuzzi, che l’ha pubblicata. Il processo stralciato contro il tecnico informatico dovrebbe chiarire meglio queste circostanze. L’entrata in scena, anche se soltanto in qualità di testimone, di mons. Polvani riporta nuovamente l’attenzione sul caso Viganò come episodio centrale all’origine dei vatileaks.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Presentata la fiaccolata dell'Azione Cattolica da Castel Sant’Angelo a Piazza San Pietro per i 50 anni dell'apertura del Concilio: occasione per rinnovare l'impegno nella missione evangelizzatrice della Chiesa

A cinquant’anni dalla giornata inaugurale del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962), che si concluse con una fiaccolata da via della Conciliazione sino a Piazza San Pietro, dove Giovanni XXIII salutò i partecipanti dalla finestra del suo appartamento pronunciando il famoso "discorso alla luna", l’Azione Cattolica italiana ha organizzato "un momento di festosa presenza e di preghiera" con Benedetto XVI, nella stessa data e nello stesso luogo. L’iniziativa, promossa in collaborazione con la diocesi di Roma, è stata presentata ieri mattina nella sede dell’associazione, in via della Conciliazione, alla presenza, tra gli altri, del presidente nazionale Franco Miano e dell’assistente ecclesiastico generale, il vescovo Domenico Sigalini. "Un’occasione propizia - è stata definita - offerta a tutto il popolo di Dio, alle varie associazioni, movimenti e gruppi di tutta Italia, all’apertura dell’Anno della fede, per rinnovare il nostro impegno nella missione evangelizzatrice della Chiesa per il mondo e per fare memoria viva del Concilio". L’appuntamento è alle 18.30 di giovedì 11 ottobre, nello stesso giorno in cui al mattino si aprirà solennemente l’Anno della fede, a Castel Sant’Angelo, da dove un’ora dopo si snoderà la processione verso il sagrato della Basilica Vaticana. Verrà ritrasmesso il “discorso alla luna” di Papa Roncalli e le chiese del centro di Roma saranno aperte per la preghiera e l’adorazione eucaristica. "Vogliamo dedicare questo Anno della fede - spiegano gli organizzatori - a dichiararci credenti, a essere testimoni di luce e di speranza affinché il concilio continui a essere attuato. Riscoprendo e riaffermando la nostra vocazione di laici nella Chiesa e per il mondo, oggi come allora, vogliamo rivivere la promessa del Concilio, in questo nostro tempo e a misura del nostro tempo. Mettendo insieme fede e vita, unendo l’annuncio con la testimonianza diretta, disinteressata, coraggiosa, e sapendo che prima di tutto dobbiamo essere vicini a coloro che soffrono, ai poveri". Oltre al cardinale vicario Agostino Vallini sono stati invitati tutti i vescovi che dal 7 al 28 ottobre parteciperanno al Sinodo. "Ma è impossibile prevedere il numero totale dei partecipanti - annuncia Miano – anche se certamente sarà presente una nostra delegazione da ogni diocesi d’Italia. Il cuore di questo momento e il senso della fiaccolata è l’annuncio del Vangelo che cambia la vita, un momento di luce nella notte". La preghiera in Piazza San Pietro sarà guidata da mons. Sigalini: "Vorremmo che fosse coinvolto soprattutto il popolo, la gente comune, non solo gli operatori pastorali. La fiaccolata intende celebrare la gioia di una Chiesa che si vuole rinnovare e lanciare la speranza che Dio non abbandona mai il suo popolo". Per celebrare l’anniversario, la rivista dell’Ac Dialoghi ha dedicato due numeri al Concilio Vaticano II. "Non dovremmo dividerci – ha detto Piergiorgio Grassi, direttore del trimestrale - nell’ermeneutica del Concilio tra conservazione ed innovazione. Dobbiamo piuttosto stare attenti all’atto enunciativo del testo e ristabilire un contatto con ciò che è avvenuto cinquant’anni fa. I vescovi si sono messi in ascolto della Parola e della condizione umana. Il Concilio ha invitato a una conversione dell’agire. E proprio oggi che un nichilismo gaio soppianta gli orizzonti delle grandi religioni Benedetto XVI ci invita a ripartire dal Concilio e a intenderlo come inizio della nuova evangelizzazione". Cinquant’anni fa, gli occhi del mondo puntati su Piazza San Pietro si specchiavano in quelli di Raniero La Valle, allora direttore dell’Avvenire d’Italia, cui la Rai aveva affidato la produzione di un documentario sul Concilio, da trasmettere in esclusiva in tutto il mondo. "Il 'discorso alla luna' di Giovanni XXIII – racconta il giornalista - fu un fuori programma cui non eravamo preparati. Le telecamere erano tutte puntate sulla piazza. Eppure in quel discorso c’era già tutto il Concilio. L’osservazione dei 'segni dei tempi' raccomandata da Gesù, il guardare alla luna. L’anticipazione dei tempi messianici dove si perde la distinzione tra padre e figlio. Il Papa infatti parlò da fratello ai fedeli, dicendo 'la mia persona non conta niente', e con ciò rimise la figura del Papa dentro la Chiesa. Come infine il Concilio non era destinato agli addetti al culto, ma ai discepoli, Papa Giovanni XXIII trattò i fedeli da discepoli, dandogli un compito: 'Date una carezza ai vostri bambini'". "Quelle poche parole mi cambiarono la vita – ammette Gian Franco Svidercoschi, allora vaticanista per l’agenzia Ansa – poiché il Papa usava un linguaggio che la Chiesa non usava più: carezza, lacrime, bambini, papà. Con quelle parole stava per iniziare qualcosa che nemmeno Papa Giovanni XXII poteva prevedere".

L'Osservatore Romano, RomaSette
 

Anno della fede. Don Cesena: l’autentico cammino della fede ha la sua conseguenza nell’annuncio o nella testimonianza, la missione svela che essa è vera

“Il 50° anniversario dell’apertura del Concilio - 11 ottobre 1962 - ricorre nel cuore dell’ottobre missionario. L’Anno della fede, che in tale circostanza il Papa inaugura, è riferimento prezioso anche per chi si occupa di missione. Il rinnovamento della coscienza missionaria che il Concilio ha promosso nelle Chiese locali e nel cuore di ogni battezzato, s’intreccia con la fede, dono che caratterizza il percorso di ogni cristiano e ne costituisce l’identità profonda”. Con queste parole don Gianni Cesena, direttore nazionale di Missio, presenta l’“ottobre missionario” al cui interno, il 21 ottobre, verrà celebrata la Giornata Missionaria Mondiale 2012. Un ottobre denso di eventi per la Chiesa, a partire dal ricordo dei 50 anni del Concilio e dal seguente avvio dell’Anno della fede, che s’intrecceranno con il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Ecco perché don Cesena sottolinea come questi appuntamenti ecclesiali abbiano tutti uno spiccato contenuto missionario. “L’intreccio di fede e missione – afferma - richiama un unico modo di vivere: chi accoglie in sé la relazione costitutiva con Cristo, non può che comunicarla. L’autentico cammino della fede non si esaurisce in vicende individuali o in solitarie vette di spiritualità, ma ha la sua conseguenza nell’annuncio o nella testimonianza: la missione svela che la fede è vera”. Missio propone alla Chiesa italiana l’“ottobre missionario” e la Giornata Mondiale ricordando che non solo “la fede si rafforza donandola”, ma anche che “ci spinge a essere missionari”, al punto che “la perdita di vitalità nella spinta missionaria è sintomo di una crisi di fede”, secondo le parole del Beato Giovanni Paolo II. Don Cesena aggiunge che “nella testimonianza della fede, missionari e missionarie, da un lato, e comunità di invio, dall’altro, possono reciprocamente sostenersi e, nello stesso tempo, assicurare che la ‘Buona Notizia’ venga divulgata”. Tra gli strumenti di questo annuncio missionario negli ultimi decenni si è registrato un singolare sviluppo dei preti “fidei donum”. In proposito il direttore di Missio afferma: “Si tratta di un dono, quello del prete, che si riceve con gratitudine e che si distribuisce con gratuità”. Richiama anche un passaggio del messaggio del Papa per la Giornata 2012, in cui Benedetto XVI afferma: “Abbiamo bisogno quindi di riprendere lo stesso slancio apostolico delle prime comunità cristiane, che, piccole e indifese, furono capaci, con l’annuncio e la testimonianza, di diffondere il Vangelo in tutto il mondo allora conosciuto”. Il Papa aggiunge che “non meraviglia che il Concilio Vaticano II e il successivo Magistero della Chiesa insistano in modo speciale sul mandato missionario che Cristo ha affidato ai suoi discepoli e che deve essere impegno dell’intero Popolo di Dio, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici”. Per l’“ottobre missionario” sono stati preparati appositi sussidi e itinerari di preghiera e formazione, che si possono anche ritrovare sul sito www.missioitalia.it. Per le cinque settimane del mese sono previsti altrettanti programmi particolari (“contemplazione” 1ª settimana, “vocazione” 2ª, “responsabilità” 3ª, “carità” 4ª, “ringraziamento” 5ª). Itinerari particolari sono previsti per le fasce d’età dei ragazzi, dei giovani, degli adulti, dei consacrati e consacrate. La Giornata mMssionaria avrà come slogan le parole di San Paolo ai Corinzi: “Ho creduto perciò ho parlato”. La realtà dei missionari e missionarie italiane è oggi costituita da circa 10 mila laici, “fidei donum”, religiosi, suore, oltre a membri di Congregazioni missionarie, presenti nelle lontane terre d’Asia, America Latina, Africa, Oceania e nella vicina Europa dell’est. Il Cimi (Conferenza degli istituti missionari) parla di circa 2.100 membri italiani d’Istituti maschili e femminili (tra di loro Pime, Società delle missioni africane, Comboniani, padri Bianchi, Verbiti, Saveriani, Consolata, Nostra Signora degli Apostoli, Francescane missionarie di Maria e altri). Circa i laici presenti in terra di missione per lo più sono giovani sotto i 40 anni, per il 55,7% donne e oltre il 60% coniugati.

SIR