venerdì 25 marzo 2011

Il Papa: credenti e non liberi, eguali nei loro diritti a vivere la vita personale e comunitaria fedeli alle proprie convinzioni, fratelli tra loro

Si è chiusto questa sera a Parigi la due giorni sul tema "Illuminismo, religione, ragione comune", primo evento ufficiale dell’iniziativa del Pontificio Consiglio della Cultura denominata "Cortile dei Gentili", una struttura permanente d’incontro e di dialogo fra credenti e non credenti. La manifestazione conclusiva dell’inaugurazione del "Cortile dei Gentili" è stata dedicata ai giovani, sul sagrato della Cattedrale di Notre-Dame de Paris. Nel corso dell’evento dal titolo "Sul sagrato dello Sconosciuto", con momenti di musica, spettacolo, testimonianze, suoni e luci, e che si svolge contemporaneamente ad una veglia di preghiera animata dalla Comunità di Taizé all’interno della Cattedrale, è stato trasmesso su schermi giganti il messaggio di Papa Benedetto XVI, indirizzato in particolare ai giovani.
"Al giorno d’oggi, molti riconoscono di non appartenere ad alcuna religione, ma desiderano un mondo nuovo e più libero, più giusto e più solidale, più pacifico e più felice". "Nel rivolgermi a voi – ha affermato il Papa -, prendo in considerazione tutto ciò che avete da dirvi: voi non credenti, volete interpellare i credenti, esigendo da loro, in particolare, la testimonianza di una vita che sia coerente con ciò che essi professano e rifiutando qualsiasi deviazione della religione che la renda disumana. Voi credenti, volete dire ai vostri amici che questo tesoro racchiuso in voi merita una condivisione, un interrogativo, una riflessione". "La questione di Dio – ha sottolineato il Pontefice - non è un pericolo per la società, essa non mette in pericolo la vita umana! La questione di Dio non deve essere assente dai grandi interrogativi del nostro tempo". Di qui l’invito "a costruire dei ponti" tra credenti e non credenti. "Sappiate cogliere l’opportunità che vi si presenta – ha aggiunto Benedetto XVI - per trovare, nel profondo delle vostre coscienze, in una riflessione solida e ragionata, le vie di un dialogo precursore e profondo. Avete tanto da dirvi gli uni agli altri. Non chiudete la vostra coscienza di fronte alle sfide e ai problemi che avete davanti". "Credo profondamente – ha aggiunto il Papa - che l’incontro tra la realtà della fede e quella della ragione permetta all’uomo di trovare se stesso. Ma troppo spesso la ragione si piega alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscere quest’ultima come criterio ultimo. La ricerca della verità non è facile. E se ciascuno è chiamato a decidersi, con coraggio, a favore della verità, è perché non esistono scorciatoie verso la felicità e la bellezza di una vita compiuta. Gesù lo dice nel Vangelo: ‘La verità vi renderà liberi’". "Spetta a voi – ha sostenuto rivolgendosi ai giovani -, far sì che, nel vostro Paese e in Europa, credenti e non credenti ritrovino la via del dialogo. Le religioni non possono aver paura di una laicità giusta, di una laicità aperta che permette a ciascuno di vivere ciò che crede, secondo la propria coscienza". Secondo Benedetto XVI, "se si tratta di costruire un mondo di libertà, di uguaglianza e di fraternità, credenti e non credenti devono sentirsi liberi di essere tali, eguali nei loro diritti a vivere la propria vita personale e comunitaria restando fedeli alla proprie convinzioni, e devono essere fratelli tra loro". Il Papa ha quindi spiegato che "una delle ragion d’essere di questo Cortile dei Gentili è quella di operare a favore di questa fraternità al di là delle convinzioni, ma senza negarne le differenze. E, ancor più profondamente, riconoscendo che solo Dio, in Cristo, ci libera interiormente e ci dona la possibilità di incontrarci davvero come fratelli". Il primo degli atteggiamenti da assumere o delle azioni da compiere insieme, ha suggerito il Pontefice, "è rispettare, aiutare ed amare ogni essere umano, poiché esso è una creatura di Dio e in un certo modo la strada che conduce a Lui. Portando avanti ciò che vivete questa sera, contribuite ad abbattere le barriere della paura dell’altro, dello straniero, di colui che non vi assomiglia, paura che spesso nasce dall’ignoranza reciproca, dallo scetticismo o dall’indifferenza". "Siate attenti a rafforzare i legami con tutti i giovani senza distinzioni, vale a dire non dimenticando coloro che vivono in povertà o in solitudine - ha concluso -, coloro che soffrono per la disoccupazione, che attraversano la malattia o che si sentono ai margini della società".

SIR

VIDEO-MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI NELLA SERATA CONCLUSIVA DEL "CORTILE DEI GENTILI" A PARIGI (24-25 MARZO 2011)

Il Papa concede la comunione ecclesiastica al patriarca di Antiochia dei Maroniti e conferma l'elezione dell'arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč

ll Papa ha concesso la Ecclesiastica Communio richiestagli, in conformità al can. 76 § 2 del CCEO, da Sua Beatitudine Béchara Boutros Raï, canonicamente eletto Patriarca di Antiochia dei Maroniti il 15 marzo 2011 nel Sinodo ei Vescovi della Chiesa Maronita riunitosi a Bkerké (Libano). Benedetto XVI ha concesso anche la conferma, richiestagli in conformità al canone 153, da mons. Sviatoslav Schevchuk, che il 23 marzo 2011 è stato eletto canonicamente arcivescovo maggiore di Kyiv-Halych nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, riunitosi a Lviv (Ucraina). Infine, monsignor Vincenzo Bertolone, finora vescovo di Cassano all’Jonio, è stato nominato dal Papa arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace. Mons. Bertolone sostituisce mons. Antonio Ciliberti, di cui il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale presentata in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Lunedì Benedetto XVI riceve il primate della Chiesa Ortodossa di Cipro Chrysostomos II. Incontrerà anche i principali cardinali della Curia romana

Il prossimo 28 marzo Benedetto XVI riceverà in udienza Sua Beatitudine Chrysostomos II (foto), arcivescovo di Nea Giustiniana e tutta Cipro, primate della Chiesa ortodossa di Cipro: è quanto riporta un comunicato della Sala stampa della Santa Sede. "Sua Beatitudine Chrysostomos II - si legge nella nota - era già venuto in visita al Santo Padre e alla Chiesa di Roma dal 12 al 19 giugno 2007. Benedetto XVI e l’arcivescovo Chrysostomos II si erano poi rincontrati in diverse occasioni durante il viaggio apostolico del Santo Padre a Cipro dal 4 al 6 giugno 2010. In occasione della sua permanenza a Roma, Sua Beatitudine Chrysostomos II si incontrerà anche con il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. L’arcivescovo e il suo seguito avranno colloqui con il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Prima della partenza da Roma - conclude il comunicato -, che avverrà il 30 marzo, l’arcivescovo Chrysostomos incontrerà il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso".

Radio Vaticana

Pasqua 2011. Benedetto XVI affida le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo alla suora agostiniana Maria Rita Piccione

Per la prima volta nel pontificato di Benedetto XVI i testi delle meditazioni della Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo sono state affidate ad una donna. A comporre quest'anno i testi, rende noto la sala stampa vaticana, sarà madre Maria Rita Piccione, preside della Federazione delle monache agostiniane, residente nel monastero dei Santi Quattro Coronati a Roma. "Lo schema della Via Crucis - si legge nel comunicato - sarà quello con le 14 Stazioni tradizionali. Le immagini che accompagneranno le diverse stazioni, sul libretto (che sarà pubblicato a suo tempo) e nella trasmissione televisiva, saranno disegni realizzati da suor Elena Manganelli, anch'essa monaca agostiniana, del Monastero di Lecceto (Siena)". La Sala stampa vaticana, che aveva inizialmente confermato che le meditazioni della suora agostiniana Maria Rita Piccione saranno le prime in assoluto ad essere affidate ad una donna, ha poi precisato che con Papa Wojtyla era già accaduto due volte: nel 1993 i testi furono composti da madre Anna Maria Canopi, abbadessa dell'abbazia benedettina Mater ecclesiae e nel 1995 le meditazioni furono affidate addirittura ad una monaca protestante, la svizzera Minke de Vries.

Il Papa: il sacramento della Penitenza ha un valore pedagogico per il sacerdote, in ordine alla sua fede, alla verità e povertà della sua persona

Questa mattina, nell’Aula delle Benedizioni, Papa Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti al Corso sul Foro Interno, promosso dalla Penitenzieria Apostolica.
La missione sacerdotale è “un punto di osservazione unico e privilegiato, dal quale, quotidianamente, è dato di contemplare lo splendore della Misericordia divina”: nel suo discorso il Papa ha invitato a guardare al confessionale come “reale ‘luogo’ di santificazione”: qui si può “contemplare l’azione di Dio misericordioso nella storia, toccare con mano gli effetti salvifici della Croce e della Risurrezione di Cristo, in ogni tempo e per ogni uomo”. “Non raramente siamo posti davanti a veri e propri drammi esistenziali e spirituali, che non trovano risposta nelle parole degli uomini, ma sono abbracciati ed assunti dall’Amore divino, che perdona e trasforma: ‘Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve’. Conoscere e, in certo modo, visitare l’abisso del cuore umano, anche negli aspetti oscuri, se da un lato mette alla prova l’umanità e la fede dello stesso sacerdote, dall’altro alimenta in lui la certezza che l’ultima parola sul male dell’uomo e della storia è di Dio, è della sua Misericordia, capace di far nuove tutte le cose”. La confessione sacramentale educa la fede sia del ministro che del penitente. I sacerdoti possono ricevere dai fedeli “profonde lezioni di umiltà e di fede”, per la “loro vita spirituale, la serietà con cui conducono l’esame di coscienza, per la trasparenza nel riconoscere il proprio peccato e per la docilità verso l’insegnamento della Chiesa e le indicazioni del confessore”, nonostante la “povertà della sua persona”. “Mai, unicamente in forza della nostra umanità, potremmo ascoltare le confessioni dei fratelli! Se essi si accostano a noi, è solo perché siamo sacerdoti, configurati a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, e resi capaci di agire nel suo Nome e nella sua Persona, di rendere realmente presente Dio che perdona, rinnova e trasforma. La celebrazione del sacramento della penitenza - ha detto ancora il Papa - ha un valore pedagogico per il sacerdote, in ordine alla sua fede, alla verità e povertà della sua persona, e alimenta in lui la consapevolezza dell'identità sacramentale". In “un’epoca di relativismo” e di crisi della Confessione, la pratica di questo Sacramento, ha affermato il Papa, aiuta inoltre i fedeli ad una sempre maggiore consapevolezza di sé: “L’esame di coscienza ha un importante valore pedagogico: esso educa a guardare con sincerità alla propria esistenza, a confrontarla con la verità del Vangelo e a valutarla con parametri non soltanto umani, ma mutuati dalla divina Rivelazione. Il confronto con i Comandamenti, con le Beatitudini e, soprattutto, con il Precetto dell’amore, costituisce la prima grande ‘scuola penitenziale’. Nel nostro tempo caratterizzato dal rumore, dalla distrazione e dalla solitudine, il colloquio del penitente con il confessore può rappresentare una delle poche, se non l’unica occasione per essere ascoltati davvero e in profondità”. Benedetto XVI ha invitato i sacerdoti a non trascurate l’esercizio del ministero della Penitenza nel confessionale nella fiducia che “la Grazia divina può trasformare la vita”: “Non dimentichiamo quante conversioni e quante esistenze realmente sante sono iniziate in un confessionale! L’accoglienza della penitenza e l’ascolto delle parole ‘Io ti assolvo dai tuoi peccati’ rappresentano, infine, una vera scuola di amore e di speranza, che guida alla piena confidenza nel Dio Amore rivelato in Gesù Cristo, alla responsabilità e all’impegno della continua conversione”.

Radio Vaticana

UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CORSO SUL FORO INTERNO PROMOSSO DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa: il cristianesimo ha dato un contributo importante alla cultura e alla società indiana e alle sue espressioni spirituali e religiose

L’importanza della formazione alla fede anche nella realtà indiana è stata evidenziata questa mattina da Benedetto XVI che, ricevendo il gruppo dei vescovi della Chiesa Siro-Malankarese in occasione della loro quinquennale visita “ad Limina Apostolorum”, ha rivendicato il contributo che il cristianesimo ha dato allo sviluppo della cultura dell’India. Il Papa ha innanzi tutto sottolineato il valore che ha il pluralismo dei riti, vissuto in unione con la Chiesa universale. “Tutti i vescovi cattolici condividono la cura per i fedeli in Gesù Cristo e sono desiderosi di quella unità che Egli volle per i suoi discepoli, pur preservando le loro legittime diversità”. “Grazie alle sue antiche radici e alla sua insigne storia - ha detto - il cristianesimo ha dato il suo contributo alla cultura e alla società indiana e alle sue espressioni religiose e spirituali. E’ attraverso la determinazione di vivere il Vangelo, ‘potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede’, che coloro che voi servite possono dare un più concreto contributo all’interno corpo di Cristo e alla società indiana, a beneficio di tutti”. Benedetto XVI ha poi sottolineato l’importanza dell’educazione alla fede “attraverso programmi di catechesi” e ha espresso il proprio compiacimento per “la varietà e il numero di programmi” messi in opera dai vescovi. “Insieme con la celebrazione dei sacramenti, questi programmi aiuteranno ad assicurare che coloro che sono nella vostra cura siano sempre capaci di dare conto della grande speranza che hanno in Cristo. La catechesi e lo sviluppo spirituale sono tra le sfide più importanti alle quali i pastori di anime debbono fare fronte e vi incoraggio a proseguire lungo la strada che avete scelto per formare il vostro popolo a una più profonda conoscenza e amore per la fede”. Un’ultima notazione Benedetto XVI l’ha avuta per le piccole comunità. “Mi rendo conto - ha detto - delle sfide che devono affrontare molte delle vostre parrocchie” specialmente quelle dove non è sempre presente un sacerdote. E tuttavia, ha soggiunto, tenendo a mente la realtà sociale in cui i cristiani si trovano nel più ampio contesto culturale, le piccole parrocchie presentano anche le loro opportunità per un’autentica edificazione fraterna. Del resto, “le piccole comunità cristiane hanno spesso offerto delle testimonianze straordinarie nella vita della Chiesa”.

Cantalamessa: l’amore soffre di una nefasta separazione nella mentalità del mondo secolarizzato, tra i credenti e in particolare le anime consacrate

Questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza di Papa Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa (foto), ha tenuto la prima Predica di Quaresima. Tema della meditazione è stato “Le due facce dell’amore: eros e agape”. "L’amore soffre di una nefasta separazione non solo nella mentalità del mondo secolarizzato, ma anche, dal versante opposto, tra i credenti e in particolare tra le anime consacrate. Semplificando al massimo, potremmo formulare così la situazione: nel mondo troviamo un eros senza agape; tra i credenti troviamo spesso una agape senza eros”. Nella sua meditazione, il religioso ha affermato che “l’eros senza agape è un amore romantico, più spesso passionale, fino alla violenza. Un amore di conquista che riduce fatalmente l’altro a oggetto del proprio piacere e ignora ogni dimensione di sacrificio, di fedeltà e di donazione di sé. Non occorre insistere nella descrizione di questo amore perché si tratta di una realtà che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, propagandata com’è in maniera martellante da romanzi, film, fiction televisive, internet, riviste cosiddette ‘rosa’. È quello che il linguaggio comune intende, ormai, con la parola ‘amore’”. “Più utile per noi è capire cosa si intende per agape senza eros – ha poi affermato Cantalamessa -…Stando a questa distinzione, l’agape senza eros ci appare come un ‘amore freddo’, un amare ‘con la cima dei capelli’, più per imposizione della volontà che per intimo slancio del cuore; un calarsi dentro uno stampo precostituito, anziché crearsene uno proprio irripetibile, come irripetibile è ogni essere umano davanti a Dio”. Ha poi spiegato che “gli atti di amore rivolti a Dio somigliano a quelli di certi innamorati sprovveduti che scrivono all’amata lettere copiate da un prontuario. Se l’amore mondano è un corpo senz’anima, l’amore religioso così praticato è un’anima senza corpo. L’essere umano non è un angelo, cioè un puro spirito; è anima e corpo sostanzialmente uniti. Tutto quello che fa, compreso amare, deve riflettere questa sua struttura. Se la componente legata al tempo e alla corporeità, viene sistematicamente negata o repressa, l’esito sarà duplice: o si tira avanti stancamente, per senso del dovere e per difesa della propria immagine, oppure si cercano compensazioni più o meno lecite, fino ai dolorosissimi casi che ben conosciamo. Al fondo di molte deviazioni morali di anime consacrate, non lo si può ignorare, c’è una distorta e contorta concezione dell’amore”. Per questo, ha aggiunto, il riscatto dell'eros “aiuta anzitutto gli innamorati umani e gli sposi cristiani, mostrando la bellezza e la dignità dell’amore che li unisce. Aiuta i giovani a sperimentare il fascino dell’altro sesso non come qualcosa di torbido, da vivere al riparo da Dio, ma al contrario come un dono del Creatore per la loro gioia, se vissuto nell’ordine da lui voluto”. Aiuta però anche i consacrati, uomini e donne, ad evitare “un amore freddo, che non scende dalla mente al cuore. Un sole invernale che illumina ma non riscalda”. La chiave, ha spiegato, è l'innamoramento personale di Cristo. “La bellezza e la pienezza della vita consacrata dipende dalla qualità del nostro amore per Cristo. Solo esso è capace di difendere dagli sbandamenti del cuore. Gesù è l’uomo perfetto; in lui si trovano, a un grado infinitamente superiore, tutte quelle qualità e attenzioni che un uomo cerca in una donna e una donna nell’uomo”. “Il suo amore non ci sottrae necessariamente al richiamo delle creature e in particolare all’attrazione dell’altro sesso (questa fa parte della nostra natura che egli ha creato e non vuole distruggere); ci da però la forza di vincere queste attrazioni con una attrazione più forte. 'Casto – scrive san Giovanni Climaco – è colui che scaccia l’eros con l’Eros'”, ha concluso padre Cantalamessa.

A tre anni dalla morte di Chiara Lubich. La fondatrice dei Focolarini, Benedetto XVI, le donne nella Chiesa e la sfida della nuova evangelizzazione

Chiara Lubich "ha anticipato quello che la cultura cattolica avrebbe poi scoperto: l'ingresso nel linguaggio spirituale della parola amore, fino a quel momento riservata più che altro ai discorsi mondani". E accanto a quest'idea che Benedetto XVI ha sviluppato nella sua prima Enciclica, la "Deus caritas est", c'è anche quella "della spiritualità dell'unità, che si trasforma in una appassionata forma di dialogo tra le religioni e in una risposta alla 'notte culturale' dell'umanità. Senza mai preoccuparsi che fosse ricordato il suo ruolo precorritore". A tre anni dalla morte della fondatrice del Movimento dei Focolari è così che L'Osservatore Romano la ricorda in sua prima pagina. L’articolo, a firma Lucetta Scaraffia, ricorda anche che la proposta di una nuova evangelizzazione, che è così centrale nel Pontificato di Joseph Ratzinger, per Lubich "non significa soltanto che il mondo secolarizzato ne ha bisogno, ma anche che l'evangelizzazione va fatta in maniera nuova". "Chiara che parla alle assemblee dei vescovi, è ascoltata dai Papi, viene accolta con gli onori di un capo di Stato nei Paesi che visita - sottolineaScaraffia - realizza quello che i tempi richiedono anche alla Chiesa: riconoscere l'importanza del ruolo delle donne" e ciò "senza rivendicare diritti, senza nessuna asprezza". "Lo ottiene – prosegue la storica – dimostrando di sapersi meritare quell'autorità che le viene riconosciuta, come è stato per le grandi sante nella storia della Chiesa. La sua importanza nel cattolicesimo del Novecento - conclude l'articolo - è anche la prova di una rivoluzione femminile compiuta nel silenzio e nella modestia. Rimane il compito di prenderne atto".

A Voce Alta