martedì 27 gennaio 2009

Il metropolita Kirill è il nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. E' l'alfiere del dialogo con Roma. Padre Lombardi: il Papa lo stima

E' il nuovo capo della Chiesa Ortodossa russa e potrebbe diventare il Patriarca dell'incontro con il Papa: il metropolita Kirill (nella foto con Benedetto XVI) di Smolensk e Kaliningrad è stato scelto dal Conclave riunito oggi a Mosca, nella Cattedrale di Cristo Salvatore, battendo in 'rush finale' Kliment di Kaluga e Borovsk. Si è aggiudicato 508 voti. Per essere eletto doveva ottenere oltre il 50% dei consensi, ossia almeno 352 schede a favore, su un totale di 702 votanti. Salirà al Soglio domenica prossima Kirill, al secolo Vladimir Gundiaiev, in una cerimonia solenne indicata in russo con la parola 'Intronisazia'. Già da qualche settimana aveva assunto la guida 'ad interim' della Chiesa Ortodossa russa e 'locum tenens' della sede patriarcale di Mosca, rimasta vacante dopo la morte del Patriarca Alessio II. Paladino del dialogo con Roma, il 16° Patriarca di Mosca e di tutte le Russie è nato il 20 novembre 1946 a Leningrado, come il capo di stato Dmitri Medvedev, il premier Vladimir Putin e il suo predecessore Alessio II. Ha 62 anni. In precedenza ricopriva il ruolo di ministro degli Esteri della Chiesa Ortodossa russa. E' particolarmente noto nel Paese come telepredicatore e il suo volto è familiare al pubblico grazie a una serie di apparizioni nei programmi tv. E' stato lui ad officiare i funerali del defunto Alessio II, lo scorso dicembre, nonchè del primo presidente russo Boris Eltsin (all'epoca Alessio era già malato). Da sottolineare: nel dicembre 2007 Kirill ha guidato uno dei rari incontri di una delegazione ortodossa russa da Benedetto XVI in Vaticano. "In questo momento ci sono tutte le condizioni per la soluzione dei problemi che non abbiamo affrontato negli ultimi anni", disse dopo l'incontro a Roma con il Pontefice, aggiungendo che "Benedetto XVI è disposto a fare il possibile per arrivare alla soluzione dei problemi nel più breve tempo possibile ed evitare che ne nascano altri". Secondo gli esperti l'elezione di Kirill spianerà quindi la strada all'agognato viaggio del Papa in Russia, che dovrà essere preceduto da un invito formale del Patriarca. E' noto il suo ottimismo crescente per un miglioramento delle relazioni con Roma. Nonchè la sua posizione ferma sui temi come l'eutanasia: di recente ha scritto una lettera al Granduca Henri di Lussemburgo che il primo dicembre si è rifiutato di firmare una legge sulla 'dolce morte', che è stata comunque adottata dal Parlamento lussemburghese. "Sono convinto che la fedeltà ai valori tradizionali dei popoli del continente europeo ci aiuterà a preservare le fondamenta stesse della nostra casa comune", ha specificato nella missiva Kirill. E questo potrebbe essere anche uno dei punti forti del dialogo con Roma. Kirill, come del resto il Papa, ha sempre sostenuto che le due Chiese debbano collaborare per difendere i valori cristiani in Europa davanti all'espansione delle altre religioni, come l'Islam e questo non gli ha risparmiato critiche da parte dell'ala più conservatrice della Chiesa Ortodossa. Il nuovo Patriarca guiderà una Chiesa che conta almeno 165 milioni di fedeli in tutto il mondo. Il suo ruolo sarà particolarmente strategico nei rapporti con la Chiesa Cattolica. Il tanto agognato incontro tra Alessio II e il Papa infatti, non si è mai tenuto e ora la cristianità torna a guardare a un evento epocale.
"Il nuovo Patriarca di Mosca Kirill è persona ben conosciuta e stimata da Benedetto XVI". Lo sottolinea il direttore della Sal Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, commentando l'elezione all'agenzia Agi. "Il nostro auugurio - ha detto il portavoce di Papa Ratzinger - è che il nuovo Patriarca possa svolgere un servizio fruttuoso e continuare ad approfondire un cammino di reciproca conoscenza e collaborazione per il bene dell'umanita'". Per Lombardi, infatti, "il Pontefice - che è stato subito informato dell'elezione avvenuta - guarda con fiducia alla prosecuzione dei rapporti tra ortodossi e cattolici ed auspica che Kirill possa svolgere al meglio il suo importantissimo ministero".

I lefebvriani chiedono scusa al Papa per mons. Williamson: le sue idee non ci rappresentano. Non interverrà su questioni che non riguardano la fede

I lefebvriani chiedono "perdono" al Papa per le affermazioni negazionistiche di un loro vescovo, mons. Richard Williamson. Opinioni, scrive il superiore Fellay, "che non riflettono in nessun caso la posizione della nostra Fraternità". "Abbiamo avuto conoscenza di un'intervista rilasciata da mons. Richard Williamson, membro della nostra Fraternità San Pio X, alla televisione svedese", afferma il superiore, mons. Bernard Fellay, in un comunicato rilanciato dalla sala stampa della Santa Sede. "In questa intervista, egli si esprime su questioni storiche, in particolare sulla questione del genocidio degli ebrei da parte dei nazionalsocialisti. E' evidente che un vescovo cattolico non può parlare con autorità ecclesiastica che su questioni che riguardano la fede e la morale. La nostra Fraternità non rivendica alcuna autorità sulle altre questioni. La sua missione è la propagazione e la restaurazione della dottrina cattolica autentica, esposta nei dogmi della fede. E' per questo motivo che siamo conosciuti, accettati e apprezzati nel mondo intero". "E' con grande dolore - prosegue Fellay - che costatiamo quanto la trasgressione di questo mandato può far torto alla nostra missione. Le affermazioni di Mons. Williamson non riflettono in nessun caso la posizione della nostra Fraternità. Perciò - spiega il successore di Lefebvre - io gli ho proibito, fino a nuovo ordine, ogni presa di posizione pubblica su questioni politiche o storiche. Noi - sottolinea - domandiamo perdono al Sommo Pontefice e a tutti gli uomini di buona volontà, per le conseguenze drammatiche di tale atto. Benché noi riconosciamo l'inopportunità di queste dichiarazioni, noi non possiamo che costatare con tristezza che esse hanno colpito direttamente la nostra Fraternità discreditandone la missione. Questo non possiamo ammetterlo - conclude Fellay - e dichiariamo che continueremo a predicare la dottrina cattolica e di amministrare i sacramenti della grazia di Nostro Signore Gesù Cristo".

Il card. Canizares in partenza per Roma: la Chiesa in Spagna non deve contrattaccare, ma presentare all'uomo la tradizione ereditata

“Il ruolo che in questo momento deve svolgere la Chiesa in Spagna è fondamentale. Ciò non significa che la Chiesa spagnola debba contrattaccare, o reagire con paura; deve semplicemente presentare all’uomo del nostro tempo la Tradizione ereditata, che non è una tradizione morta, ma un motore per portare a termine le grandi gesta umane che ci hanno costituito come spagnoli”. Lo afferma il card. Antonio Canizares (nella foto con Benedetto XVI), in procinto di lasciare la sede primaziale di Toledo perchè trasferito a Roma dal Papa come Prefetto della Congregazione per il Culto. “Credo - spiega L’Osservatore Romano - che la Spagna, con connotazioni che ci sono proprie, è immersa nella cultura che oggi domina in Occidente, plasmata in nuove disposizioni giuridiche che cercano di rimodellare il significato originario della natura umana, della famiglia, dei diritti umani, e così via. Senza pretendere che la Spagna sia al centro di tutto, è evidente che il suo significato è centrale nel contesto attuale del cristianesimo. Deve esserne consapevole e deve proporre senza alcun timore la sua ricchezza”. Per il card. Canizares, “la Chiesa in Spagna deve realizzare il compito chiaramente definito di affermare la verità di Gesù Cristo, un’affermazione che non va contro nessuno, bensi’ a favore di tutti. Questa verita’ si esprime e si realizza nell’amore; per questo nessuna forza politica, nè sociale, o di altro tipo, deve temere la Chiesa. Stiamo semplicemente offrendo un futuro all’umanità, apertura alla speranza. La Chiesa in Spagna, in questa circostanza storica, deve dire - conclude il porporato noto come il 'piccolo Ratzinger' per la bassa statura e la sua somiglianza non solo fisica con il Papa - con forza sì all’uomo, sì alla vita, sì al matrimonio fra un uomo e una donna, sì alla famiglia, sì ai diritti umani fondamentali, sì a una solidarietà reale ed effettiva fra gli uomini, sì a una nuova economia, sì a un nuovo ordine che si riconosca in Dio, che si affermi in Dio, in quel Dio che si è rivelato a noi con il volto umano di Gesù”.

Sabato udienza di Benedetto XVI alla Cisl. Il segretario Bonanni: importanti le parole del Pontefice per affrontare la crisi

Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni (foto), insieme ai componenti del Consiglio Generale e ai Segretari territoriali della Cisl, parteciperanno sabato 31 gennaio all'Udienza pontificia speciale concessa alla Cisl dal Santo Padre Benedetto XVI. L'incontro è previsto per le ore 12.00 presso la Sala Clementina del Palazzo Apostolico. "Siamo molto grati al Santo Padre per aver concesso questa udienza speciale alla Cisl che quest'anno celebra il suo sedicesimo congresso, alla vigilia del suo sessantesimo anno dalla fondazione", ha dichiarato oggi il Segretario Generale della Cisl, Raffaele Bonanni. "A fronte della crisi economica ed internazionale, che sta mettendo a dura prova le famiglie italiane, il Santo Padre ha più volte sottolineato l'esigenza e l'importanza di idonee politiche da parte dei Governi ed una responsabile partecipazione delle parti sociali. La firma dell'accordo quadro sulla riforma del modello contrattuale s'inserisce in questo contesto in cui tutti siamo chiamati al comune senso di responsabilità e di coerenza che ha come unico obiettivo la ricostruzione dell'economia e la ripresa del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, sulla base dei valori della partecipazione e della dignità del lavoro".

Il rabbino Di Segni: la visita del Papa alla sinagoga di Roma sarebbe un segno di distensione

Una visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma "sarebbe, senza ombra di dubbio, un chiaro ed inequivocabile segno di distensione": così il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni (nella foto con Benedetto XVI), dopo le polemiche sul vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson. Il rabbino racconta al sito Petrus di aver inoltrato "più di un invito" in Vaticano. "Ma non ho mai ricevuto nessuna risposta, né positiva né negativa. Ma, chissà, magari questa è la volta buona". "Le parole di Bagnasco sono un inizio, forse un po' timido, che va comunque nella direzione che auspichiamo": Riccardo Di Segni ha commentato così le parole del Presidente della CEI. "Sono un inizio che va seguito da gesti e prese di posizione concrete ed efficaci. Siamo veramente preoccupati per quello che sta succedendo" sottolinea Di Segni, a margine di un convegno sulla Giornata della Memoria, a cui hanno preso parte il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita mons. Rino Fisichella, il ministro degli Esteri Franco Frattini e l'ambasciatore israeliano Gideon Meir. "Non ci rendiamo conto - aggiunge - del significato di quel che succede, chiediamo spiegazioni e pensiamo di avere il diritto di essere allarmati. Quindi speriamo che vengano prese delle posizioni molto decise e molto radicali per frenare dei fenomeni preoccupanti che non devono avere assolutamente alcuna dignità". Il rabbino capo di Roma si augura che "ci sia un intervento chiaro per emarginare e condannare posizioni che non sono soltanto quelle del negazionismo. C'è anche tutta una teologia antica, superata dal Concilio che ha promosso la riappacificazione sulla base del rispetto e che adesso rischia di essere polverizzata. Quindi - conclude Di Segni - su questo bisogna vigilare".

Mons. Fisichella e i vescovi svizzeri su Williamson e le dichiarazioni deliranti sulla Shoah: rimane un vescovo scismatico

"Nessuno pensi che la Chiesa Cattolica possa mai condividere la tesi assurda, quanto mai gratuita e aberrante di mons. Richard Williamson" dichiara mons. Rino Fisichella (foto), Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a margine di un convegno alla Camera sulla Giornata della Memoria a cui hanno preso parte, fra gli altri, il ministro degli Esteri Franco Frattini e l'ambasciatore israeliano Gideon Meir. "Con tutto il dialogo intercorso tra Chiesa Cattolica e popolo ebraico - ha aggiunto - con le visite di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI alle sinagoghe e con tutti gli scambi avvenuti tra comunità ebraica e associazioni cattoliche, non credo proprio che la Chiesa Cattolica possa assumere forme compromissorie con queste posizioni". Quanto al diffondersi di nuove forme di antisemitismo, ha osservato Fisichella, è "una situazione che riguarda il mondo intero e non solo alcuni uomini della Chiesa Cattolica". Parlando poi del vescovo lefebvriano Williamson, fra i quattro vescovi ai quali Papa Ratzinger ha revocato la scomunica, Fisichella ha sottolineato che "rimane uno scismatico".
Anche i vescovi svizzeri scendono in campo: in una nota ufficiale a firma del loro presidente, mons. Kurt Koch, la Conferenza Episcopale Elvetica definisce "intollerabile" la negazione della Shoah e chiede ai lefebvriani di riconoscere esplicitamente il Concilio Vaticano II e la dichiarazione conciliare "Nostra aetate" sui rapporti con l'ebraismo. I vescovi svizzeri sono particolarmente sensibili alla 'questione lefebvriana' anche perché il 'quartier generale' dei seguaci di mons. Lefebvre si trova proprio in Svizzera, ad Econe. "Con un decreto firmato dal Prefetto per la Congregazione per i vescovi, il card. Giovanni Battista Re, il Papa Benedetto XVI ha revocato il 21 gennaio la pena della scomunica contro i quattro vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X. Questo decreto è l'espressione della volontà del Papa di riassorbire lo scisma con una comunità che conta nel mondo alcune centinaia di migliaia di fedeli e 493 preti. Si è tuttavia prestata poca attenzione - sottolinea il presidente dei vescovi svizzeri - al fatto che questi quattro vescovi rimangono 'sospesi a divinis'. Non è loro permesso, pertanto, di esercitare il loro ministero episcopale". "Diverse reazioni - prosegue Koch - hanno manifestato una grande preoccupazione di fronte a questa decisione del Papa che tende la mano per la riconciliazione. Qui bisogna evitare equivoci: secondo il diritto della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione o la riabilitazione, ma l'apertura della strada verso la riconciliazione. Questo atto non è, dunque, la fine, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle questioni controverse. Di fronte a queste profonde divergenze, questo cammino potrà essere lungo".
"L'intervista concessa da uno di questi vescovi alla televisione svedese poco prima della pubblicazione della revoca della scomunica - prosegue il presidente dei vescovi svizzeri - ha aggravato le preoccupazioni. Mons. Richard Williamson vi affermava che non 'è evidenza storica dell'esistenza delle camere a gas e che solo due-trecentomila ebrei sono stati uccisi dai nazisti e non sei milioni. La Chiesa cattolica - sottolinea il presule - non può in alcun modo accettare questa negazione dell'Olocausto. Il portavoce vaticano ha preso posizione al momento della pubblicazione del decreto su queste affermazioni assurde e le ha definite 'totalmente inaccetabili'. Noi, vescovi svizzeri, facciamo nostra questa condanna e preghiamo i membri delle comunità ebraiche svizzere di scusare le irritazioni di questi ultimi giorni. Coloro che conoscono Benedetto XVI e il suo atteggiamento positivo nei confronti dell'ebraismo sanno che non può tollerare gli sbandamenti indifendibili di mons. Williamson". "I vescovi svizzeri - conclude Koch - hanno inoltre appreso che mons. Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X, ha preso le distanze dalle dichiarazioni di mons. Williamson. Nel passato, tuttavia, i quattro vescovi hanno più volte dichiarato che, insieme alla Fraternità, non accettavano la dichiarazione del Concilio Vaticano II "Nostra aetate" sulle relazioni con l'ebraismo e le religioni non cristiane. Noi, vescovi svizzeri, attendiamo che nel corso delle discussioni condizionali al ristabilimento della comunione e alla revoca della sospensione, i quattro vescovi della Fraternità dichiarino in modo credibile che accettano il Concilio Vaticano II e, in particolare, la dichiarazione "Nostra aetate" e che adottino un atteggiamento positivo verso l'ebraismo".

Giornata della Memoria. 'Radio Vaticana' ricorda le parole del Papa: mai più l'orrore dell'antisemitismo

''Mai più l'orrore dell'antisemitismo: Benedetto XVI ha più volte condannato, con parole ferme ed inequivocabili, la furia nazista contro il popolo ebreo''. Lo sottolinea la Radio Vaticana in un servizio che ricorda la Shoah nel Giorno della Memoria. L'emittente vaticana ricorda, poi, i vari interventi di Papa Ratzinger e la sua visita (definita ''toccante'') e la sua preghiera al campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau, definito dallo stesso Pontefice - si ricorda - un ''luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia''. ''Di fronte a chi ancora oggi nega la volonta' di sterminio da parte della Germania hitleriana e l'enormita' della tragedia, il Papa tedesco ha parole definitive'', aggiunge la Radio Vaticana; un papa si ricorda, che con parole chiare, ha affermato pubblicamente che ''i potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità; eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra''. ''In fondo, quei criminali violenti, con l'annientamento di questo popolo - cita ancora le parole del Papa la Radio Vaticana - intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno''.

Giornata della Memoria. Il Magistero di Benedetto XVI sull'Olocausto e contro l'antisemitismo

'Radio Vaticana' ricorda le parole del Papa: mai più l'orrore dell'antisemitismo

La 'Radio Vaticana' ripercorre la Shoah nel Magistero del Papa: Benedetto XVI, amico degli ebrei, l'ha condannata

Entra nel vivo l'elezione del Patriarca della Chiesa Ortodossa russa. Si guarda anche ai rapporti con i cattolici e all'incontro con il Papa

I vescovi sono entrati lentamente dalla porta sul retro della Cattedrale di Cristo Salvatore, mentre Mosca era immersa nel grigiore di una delle tante mattine invernali. Quella di ieri è stata una giornata di pausa e attesa per i lavori del Concilio destinato a eleggere il nuovo Capo della Chiesa Ortodossa russa. Le gerarchie ortodosse russe domenica hanno nominato i tre 'front liner' per la successione di Alessio II, il Patriarca deceduto lo scorso 5 dicembre. Figura simbolo per l'ortodossia e guida per il cristianesimo orientale dalla Caduta del Muro sino alla Russia del nuovo millennio. Giornata di calma apparente quella di ieri. Secondo quanto apprende l'agenzia Apcom il "rush finale" è cominciato oggi all'alba. "Ieri (domenica) hanno tenuto la prima cerimonia solenne per la scelta dei nomi. Domani (oggi) sarà un'altra giornata intensa" ha spiegato una fonte. Saranno le 8 di oggi a Mosca, le 6 del mattino in Italia, quando gli alti prelati metteranno mano alle candidature per scegliere il nome del successore. Inizia dunque da oggi il "rush finale" di una settimana, che vedrà domenica l'"intronisazia", ossia la salita al soglio. L’elezione del Patriarca ha poco a che vedere con il Conclave vaticano, somiglia piuttosto a una grande convention americana. A partire dai partecipanti, veri e propri delegati del complicato e diffuso mondo dell’ortodossia moscovita presente in 64 paesi. In tutto 711 persone in rappresentanza di 157 diocesi. Ogni delegazione è composta da un sacerdote, un monaco e un laico. E a queste bisogna aggiungere le rappresentanze dei seminari e dei monasteri femminili, ergo: ci saranno anche delle donne a votare il nuovo Patriarca. A rendere singolare l’elezione del nuovo capo della chiesa di Mosca c’è poi il procedimento scelto: un ballottaggio con voto segreto, preferito per “garantire che ogni persona scelga secondo coscienza”. Gli eleggibili sono stati indicati da una specie di primarie tenute dal Consiglio degli arcivescovi il 25 gennaio. Dei tre, favoritissimo il metropolita Kirill (nella foto con Benedetto XVI) di Smolensk e Kaliningrad. L'attuale capo 'ad interim' della Chiesa Ortodossa russa si è aggiudicato 97 dei 197 voti della assemblea episcopale. Meno 'papabile' il metropolita Kliment di Kaluga e di Borovsk, appoggiato da 32 vescovi. Mentre l'outsider Filaret di Minsk e Slutsk, esarca di tutta la Bielorussia, ha avuto soltanto 16 voti a sostegno. Ma non sono escluse sorprese in corso d'opera. Fa pensare in effetti l'esclusione dalla prima rosa di candidati di Illarionov, considerato tra i più favoriti. E comunque il Consiglio Locale del 27-29 gennaio, potrà aggiungere altri candidati e portare a termine il suo lavoro di elezione di un nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il nuovo Patriarca guiderà una Chiesa che conta almeno 165 milioni di fedeli in tutto il mondo. Il suo ruolo sarà particolarmente strategico nei rapporti con la Chiesa Cattolica. Il tanto agognato incontro tra Alessio II e Benedetto XVI infatti, non si è mai tenuto e ora la cristianità guarda proprio al Patriarca per un evento epocale, molto atteso. Kirill ha 62 anni e in precedenza ricopriva il ruolo di ministro degli esteri della Chiesa Ortodossa russa. E' particolarmente noto come predicatore e il suo volto è familiare al pubblico televisivo grazie a una serie di apparizioni nei programmi tv. Da notare inoltre che nel dicembre 2007 Kirill ha guidato uno dei rari incontri di una delegazione ortodossa russa da Benedetto XVI in Vaticano. Ed è noto il suo ottimismo crescente per un miglioramento delle relazioni con Roma. Il metropolita di Smolensk e Kaliningard potrebbe anche inaugurare un corso più indipendente dal Cremlino, secondo alcuni osservatori. Tuttavia l'interesse dei vertici russi per lo sviluppo della chiesa è ben noto e crescente. Un segnale chiaro è stato il commiato da Alessio II del presidente Dmitri Medvedev e del premier Vladimir Putin: entrambi ai funerali si sono inchinati davanti alla salma e hanno baciato le mani del patriarca. Noto è inoltre che Alessio II aveva fortemente sostenuto Medvedev e i suoi programmi sociali per lo sviluppo della società civile in Russia. Kliment ha 59 anni ed è una figura di spicco della gerarchia, tesoriere della Chiesa e considerato più vicino al governo. Nato a Mosca, ha servito nell'Armata rossa per due anni e successivamente ha vissuto negli Stati Uniti e in Canada guidando la comunità religiosa russa locale. Mentre la nomina di Filaret ha fatto ovviamente piacere al presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, che si è immediatamente congratulato con lui. Di fatto la sua comparsa nel ventaglio, testimonia la volontà di continuare una collaborazione religiosa da parte di Mosca con l'ex repubblica sovietica. Alla quale ha già dato grande impulso la facoltà di teologia presso l'Università di Stato di Minsk e con il Centro di formazione cristiana, strutture sotto la diretta supervisione dello stesso esarca. E proprio là, nel mese di maggio 2007, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani è stato a sua volta invitato a partecipare con un suo rappresentante alla festa dei santi Cirillo e Metodio, ai quali è dedicato il Centro di formazione cristiana. Di certo il ruolo del nuovo capo della Chiesa Ortodossa russa non sarà di poco rilievo. Per una questione non solo religiosa, ma anche di puro potere. E il mondo della politica ha già allungato una mano nel sistema di elezione. La stampa locale ha già sottolineato che Russia Unita - il partito di Vladimir Putin - si è già attivata e farà pesare la sua presenza durante il Concilio. E dunque non è così chiaro chi alla fine salirà al soglio. Di fatto Alessio II era considerato particolarmente in sintonia con il presidente Medvedev e la consorte Svetlana. E persino la residenza del patriarca si trovava nella stessa via, dove vivono anche il capo di stato e la moglie, fuori Mosca. Ora resta da vedere dove prenderà domicilio il successore.
E intanto a Mosca è toto-patriarca. Un sondaggio del Centro russo di studi della pubblica opinione (VTsIOM) dà eletto Kirill al 28%. Tuttavia, il 71% dei russi fatica a prevedere qualcosa e nessuno a quanto pare nomina per ora un altro 'papabilissimo'. Allo stesso tempo, secondo i russi, il patriarca deve essere colto, educato, intelligente (14%), cordiale, gentile, emotivo, sensibile, compassionevole (12%). Soltanto un decimo ritiene che il Patriarca dovrebbe essere, soprattutto, onesto. E ancora un altro 8% - nella Russia della crisi economica - vorrebbe al Soglio 'un top manager'.

Alla vigilia dell'elezione del Patriarca di Mosca i vescovi russi in visita "ad limina apostolorum" da Benedetto XVI

Alla vigilia dell'inizio del 'conclave', a Mosca, della Chiesa Ortodossa russa per l'elezione del Patriarca successore di Alessio II, il Papa riceve in visita "ad limina apostolorum" i vescovi cattolici russi, guidati dall'arcivescovo di Mosca, mons. Paolo Pezzi (nella foto con Benedetto XI). "C'è una crescente preoccupazione comune perché il cristianesimo non si allontani dalla società civile - dice Pezzi alla Radio Vaticana - ma tenda a permeare sempre di più il tessuto sociale. La preoccupazione perché i valori evangelici siano fortemente ancorati all'annuncio Cristo ci vede attenti l'uno verso l'altro, perché questa testimonianza - soprattutto nell'ambito culturale e sociale - possa dare anche frutti comuni. Non dimentichiamo che la Russia è un Paese nel quale, nonostante tanti anni di ateismo e di aperto contrasto alla Chiesa - prosegue l'arcivescovo - il cristianesimo è comunque molto radicato nel popolo. Certo, è un cristianesimo che deve essere rivissuto coscientemente come esperienza di fede. Inoltre, ritengo che l'intensificarsi dei colloqui e degli incontri tra esponenti e personalità della Chiesa Cattolica e della Chiesa Ortodossa - ribadisce il vescovo - sia anche questo un dato significativo".

Intervista con mons. Paolo Pezzi