sabato 6 ottobre 2012

Sinodo dei vescovi 2012. Dall'annuncio di Benedetto XVI del tema alla pubblicazione dell''Instrumentum Laboris', un cammino condiviso iniziato due anni fa

È il 24 ottobre 2010 quando Benedetto XVI annuncia di voler dedicare alla sfida dell’annuncio la XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Nella Basilica vaticana, davanti ai pastori che concludono l’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, il Papa evoca "l’urgente bisogno" di comunicare il Vangelo nel mondo contemporaneo e rende noto il tema dell’assise che comincia domani mattina con la Messa presieduta dal Pontefice in Piazza San Pietro: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". La scelta del filo conduttore è preceduta da due iniziative. La prima è la consultazione dei 13 Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche "sui iuris", delle 113 Conferenze Episcopali mondiali, dei 25 dicasteri vaticani e dell’Unione dei superiori generali per segnalare gli argomenti da mettere al centro dell’appuntamento. E dalla maggioranza dei vescovi arriva la proposta di affrontare la questione della trasmissione della fede. Il secondo evento è l’istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione che viene eretto dal Papa il 21 settembre 2010. Con le parole di Benedetto XVI comincia il cammino di preparazione al Sinodo dei vescovi che avrà una tappa essenziale nella pubblicazione dei "Lineamenta". Il testo, che è un percorso di riflessione sul tema, viene diffuso il 2 febbraio 2011 in otto lingue. Attraverso i contributi e le risposte legate al documento che giungeranno alla Segreteria generale del Sinodo dei vescovi da tutto il mondo sarà elaborato l’"Instrumentum laboris", autentico ordine del giorno dell’assise. Tre i capitoli dei "Lineamenta" che si aprono ricordando come il Sinodo si situi nel "rinnovato impegno" all’evangelizzazione scaturito dal Concilio Vaticano II e che l’annuncio del Vangelo riguarda la capacità della Chiesa di configurarsi "come reale comunità" e "non come macchina o azienda". Il primo capitolo, dal titolo «t"empo di nuova evangelizzazione", sottolinea lo "sforzo" cui la Chiesa è chiamata per essere "all’altezza delle sfide che il contesto sociale e culturale odierno pone alla fede". Di fronte a scenari che vanno dalla secolarizzazione al fenomeno migratorio passando per la crisi economica e la ricerca scientifica, i cristiani devono "portare la domanda su Dio all’interno di essi". È la scommessa a "Proclamare il Vangelo di Gesù Cristo", spiega il titolo del secondo capitolo. Scrittura e tradizione sono i perni della trasmissione della fede, evidenzia il testo, e la Chiesa trova la sua massima espressione nell’Eucaristia. Non è un caso che le ultime due Assemblee ordinarie (del 2005 e del 2008) siano state dedicate proprio al Sacramento dell’altare e alla Parola di Dio e che i Lineamenta attingano dalle Esortazioni Apostoliche post-sinodali "Sacramentum Caritatis" (2007) e "Verbum Domini" (2010). L’ultimo capitolo, intitolato "Iniziare all’esperienza cristiana", si sofferma sui Sacramenti e anche sulla revisione della loro amministrazione. E indica come modelli di testimonianza alcune figure-chiave come San Paolo o Madre Teresa di Calcutta. Lo scorso 19 giugno viene presentato l’"Instrumentum laboris" che rappresenta il culmine dell’itinerario preparatorio. Nel documento due vocaboli ricorrono più volte: sono "rinnovamento" e "conversione". Bussole per la Chiesa invitata a vedere nella nuova evangelizzazione un’opportunità per "riscoprire la gioia di credere" e "ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede". Quattro i capitoli. Nel primo, su "Gesù Cristo, Vangelo di Dio per l’uomo", si ricorda che l’annuncio è un dovere della comunità ecclesiale. Il secondo riprende il tema della nuova evangelizzazione, mentre il terzo parla di "Trasmettere la fede" e riserva un ruolo di rilievo sia alla parrocchia, sia alla famiglia. Per "Ravvivare l’azione pastorale" (come suggerisce il titolo dell’ultimo capitolo) si esorta a uno stile più missionario, a far fronte all’emergenza educativa e a coltivare l’attenzione per le vocazioni. La scommessa, conclude il documento, è di "riaccendere lo slancio delle origini". Ed è l’impegno che da domani attende i Padri sinodali.

Giacomo Gambassi, Avvenire

Sinodo dei vescovi 2012. Le interviste di 'Radio Vaticana'

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La sfida del Vangelo in India: intervista con suor Rekha Chennattu
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Domani Benedetto XVI proclama San Giovanni D'Avila e Santa Ildegarda di Bingen 'Dottori della Chiesa'

Sinodo dei vescovi 2012. La voce della Chiese di Africa e Asia: nelle terre dove testimoniare la fede vuol dire rischiare la vita

Il Sinodo che si apre domani in Vaticano ha per tema la nuova evangelizzazione, che è un tema principalmente legato all'Occidente secolarizzato. E allora che contributo potranno portare, tra i 262 Padri sinodali, i ben 50 vescovi provenienti dall'Africa o i 39 dell'Asia? La domanda, molto meno banale di quanto sembri, è affrontata dall'"Instrumentum Laboris", il documento intorno a cui verterà la discussione del Sinodo, che vi si sofferma nei paragrafi dall'85 all'89. "Lo spazio geografico entro cui si sviluppa la nuova evangelizzazione, senza essere esclusivo, riguarda primariamente l'Occidente cristiano - viene spiegato chiaramente -. Così pure i destinatari della nuova evangelizzazione appaiono sufficientemente identificati: si tratta di quei battezzati delle nostre comunità che vivono una nuova situazione esistenziale e culturale, dentro la quale di fatto è compromessa la loro fede e la loro testimonianza. Una simile definizione tuttavia – prosegue il testo poco più avanti - ha valore di esemplarità, più che di esaustività. Serve per aiutarci a comprendere il compito profondo della nuova evangelizzazione, che non può essere ridotta ad un semplice esercizio di aggiornamento di alcune pratiche pastorali, ma al contrario richiede lo sviluppo di una comprensione molto seria e profonda delle cause che hanno portato l'Occidente cristiano a trovarsi in una simile situazione". La riflessione su queste ragioni, dunque, chiama in causa anche i cristiani del resto del mondo. Anche perché, in fondo, i loro contesti sono molto meno diversi rispetto a quanto appaia a prima vista. L'"Instrumentum laboris" cita in proposito alcune parole pronunciate da Benedetto XVI durante il viaggio in Benin: "La nuova evangelizzazione è un compito urgente per i cristiani in Africa - spiegava già allora il Papa - perché anch'essi devono rianimare il loro entusiasmo di appartenere alla Chiesa. Sotto l'ispirazione dello Spirito del Signore risorto, essi sono chiamati a vivere, a livello personale, familiare e sociale, la Buona Novella e ad annunciarla con rinnovato zelo alle persone vicine e lontane, impiegando per la sua diffusione i nuovi metodi che la Provvidenza divina mette a nostra disposizione". "Simili affermazioni - commenta l'"Instrumentum Laboris" - valgono, applicate secondo le situazioni particolari, per i cristiani in America, in Asia, in Europa e in Oceania". C'è, però, da essere certi che al Sinodo si parlerà anche di un volto della nuova evangelizzazione che chiama in causa in modo specifico il rapporto tra l'Occidente e le altre Chiese del mondo: la questione dei sacerdoti e delle suore che dall'Africa o dall'Asia (oggi ricchi di vocazioni) vengono in Europa per svolgere il loro ministero. Una questione molto delicata, perché è vero che si tratta della loro risposta al dono dei missionari ricevuti anni fa oppure impegnati tuttora nelle loro diocesi di origine; ma c'è comunque il rischio di un impoverimento, perché spesso a fermarsi in Occidente sono quei preti che erano stati inviati a studiare a Roma o in Francia. La rivista Mondo e Missione, nell'aprile scorso, metteva al centro questo tema pubblicando dei dati interessanti: in Italia oggi svolgono il loro ministero 3 mila preti di origine straniera su un totale di circa 46.500 tra sacerdoti diocesani e appartenenti a ordini religiosi. E di questi preti stranieri ben il 44 per cento viene dall'Africa. Se però si va a guardare l'Annuario statistico vaticano si scopre che in tutta l'Africa ci sono appena 35 mila sacerdoti per circa 165 milioni di fedeli (contro i 60 milioni di popolazione dell'Italia) e in Asia poco più di 50 mila per 120 milioni di cattolici. Il tutto in contesti in cui esistono ancora milioni di persone che non hanno mai sentito parlare di Gesù Cristo. La domanda, dunque, diventa come tenere insieme missione "ad gentes" e nuova evangelizzazione? Sarà probabilmente uno dei nodi di questo Sinodo.

Giorgio Bernardelli, Vatican Insider

Lombardi: l'eventualità della grazia del Papa a Paolo Gabriele è molto concreta. Nessuna pressione su giudici da autorità vaticane. Dopo ottobre il processo a Sciarpelletti

La "eventualità della grazia" concessa dal Papa all'ex maggiordomo, Paolo Gabriele, (nella foto con Benedetto XVI) è "molto concreta e verosimile". Così il il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, durante un briefing seguito alla lettura della sentenza di condanna, che ha precisato, però, di non poter dire "tempi e modi" del perdono papale. Il pm vaticano, il 'promotore di giustizia' Nicola Picardi, ha disposto per il maggiordomo del Papa Paolo Gabriele, condannato oggi a 18 mesi, gli arresti domiciliari. Lombardi ha spiegato che da oggi la difesa di Gabriele ha tre giorni di tempo per decidere se fare richiesta di appello, e eventualmente altri giorni per presentare le motivazioni. Solo dopo, dunque, la magistratura vaticana deciderà come far scontare la pena all'ex assistente di camera del Pontefice, se in un carcere italiano o se scatta una sospensiva a causa delle attenuanti. Il portavoce vaticano ha ribadito la ''piena e totale indipendenza della magistratura vaticana rispetto alle altre autorità dello Stato Città del Vaticano e il grandissimo rispetto mostrato dalle autorità della Segreteria di Stato che non hanno fatto alcun tipo di intervento o pressione che potessero condizionare andamento processo''. La sentenza, ha aggiunto, può essere considerata ''mite, segno di umanità e di attenzione alle persone, applicando questa legge di Paolo VI che prevede possibilità riduzione di pena''. Il secondo processo sulla fuga di documenti riservati della Santa Sede si svolgerà dopo ottobre, secondo padre Lombardi. Si tratta del processo stralcio a carico di Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della segreteria di Stato accusato di favoreggiamento del furto compiuto da Gabriele. Il procedimento si svolgerà "in un tempo non molto lungo", ha detto il gesuita, sottolineando che il mese di ottobre è "molto pieno", tra Sinodo e avvio dell'Anno della fede, "e dopo è prevedibile che i magistrati concludano il lavoro".

TMNews, Asca

Paolo Gabriele condannato a 18 mesi di reclusione: agito per esclusivo amore, viscerale, per la Chiesa di Cristo e per il Papa. L'accusa aveva chiesto tre anni

Un anno e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali: è questa la condanna comminata dal Tribunale vaticano nei confronti di Paolo Gabriele, l’ex assistente di camera del Papa riconosciuto colpevole di furto aggravato di documenti riservati. Le attenuanti concesse sono dovute all'assenza di precedenti penali, alle risultate del suo stato di servizio antecedente ai fatti in questione, alle motivazioni "seppure erronee, che lo hanno spinto ad agire per il bene della Chiesa e del Papa, l'ammissione di aver danneggiato il Santo Padre". L’udienza di questa mattina aveva visto la requisitoria del promotore di giustizia e l’arringa del difensore. Il presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Dalla Torre ha letto la sentenza, dopo due ore di camera di consiglio, "in nome di Sua Santità Benedetto XVI gloriosamente regnante, invocata la Santissima Trinità". “Una condanna equilibrata”, un eventuale ricorso in appello sarà valutato “in un secondo momento”. Ha commentato così l’avvocato di parte, Cristiana Arru, la pena inflitta dai giudici vaticani nei confronti del suo assistito. Paolo Gabriele, prima che i tre giudici si ritirassero per decidere la sentenza, ha fatto un’ultima dichiarazione. "Si sente colpevole o innocente?", gli ha chiesto Dalla Torre. E Gabriele, impassibile: "La cosa che sento forte dentro di me è la convinzione di aver agito per esclusivo amore, viscerale direi, per la Chiesa di Cristo e per il suo Capo visibile. Se lo devo ripetere non mi sento un ladro". In, precedenza, durante il suo intervento, il promotore di giustizia aveva escluso che l’ex aiutante di camera del Pontefice avesse complici o correi e aveva concluso la requisitoria chiedendo una condanna a tre anni di reclusione per furto aggravato, nonché l’interdizione perpetua ma parziale dell’imputato: ovvero la possibilità per lui di continuare a lavorare in Vaticano, ma non in uffici che comportino una diretta responsabilità. Picardi ha rivelato nella requisitoria pronunciata stamane i nomi di alcuni testimoni ascoltati nell'istruttoria, tra i quali c'è quello del prete cui Paolo Gabriele consegnò copia delle carte riservate della Santa Sede finite poi nel libro di Gianlugi Nuzzi 'Sua Santità'. Si tratta di "don Giovanni Luzi" ed era il padre spirituale del maggiordomo papale. Il sacerdote, ha precisato il pm, è stato presentato a Paolo Gabriele dal suo precedente padre spirituale, don Paolo Moracutti, anche lui sentito dagli inquirenti. Don Luzi ha dichiarato di aver bruciato i documenti ricevuti. L’avvocato di parte, Cristiana Arru, aveva invece chiesto la derubricazione del reato da furto aggravato ad appropriazione indebita, poiché, aveva sostenuto la Arru, l’atto di Gabriele è condannabile e illecito, ma mosso da “alti motivi morali per ciò che ha visto”. In subordine, il difensore di Gabriele aveva chiesto la riduzione al minimo della pena per il furto. L'avvocato di Paolo Gabriele nella sua requisitoria conclusiva, ha rilevato numerose ''falle nella procedure'' seguita nell'istruttoria giudiziaria vaticana contro l'ex-assistente di camera di Benedetto XVI. Arru ha ricordato come i gendarmi che hanno perquisito la casa di Gabriele non avessero i guanti e ''hanno toccato i documenti con le mani rendendo impossibile fare una perizia dattilografica'' sulla pepita presunta d'oro ritrovata nell'appartamento. Inoltre, non è stato fatto un inventario dei documenti ritrovati, lasciando spazio a ''mirabolanti descrizioni'' sulla quantità di materiale rinvenuto in casa di Gabriele, non sono state fatte foto durante la perquisizione e manca il verbale del ''ritrovamento dell'assegno da 100mila euro intestato al Papa e della pepita'' che sono stati fatti vedere al segretario del Papa, don Georg Gaenswein, senza autorizzazione del giudice. Da segnalare un dato importante: il fatto che in aula sia stato precisato che la perizia psichiatrica e psicologica condotta sull’imputato, sono state due, ma in realtà qui si fa riferimento a quella di parte chiesta al prof. Cantelmi che di fatto delinea Gabriele come un soggetto non sano di mente, è stata esclusa dalla stessa difesa e quindi la difesa non ha puntato assolutamente sull’infermità mentale. "Voglio solo riabbracciare mio marito", ha detto Manuela Citti, la moglie di Gabriele, a pochi minuti dalla sentenza. "Desidero soltanto stargli accanto", ha aggiunto.

Radio Vaticana, Asca, TMNews

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO NEL PROCESSO PENALE A CARICO DELL’IMPUTATO GABRIELE PAOLO
 

Il Papa nomina vescovo ausiliare di Malta Charles J. Scicluna, finora promotore di giustizia di Dottrina della Fede. Negli ultimi dieci anni a fianco di Joseph Ratzinger nella lotta contro la pedofilia del clero

 
Mons. Charles J. Scicluna (foto), il prelato che negli ultimi dieci anni è stato a fianco prima del card. Ratzinger e poi di Benedetto XVI nella lotta senza quartiere al triste fenomeno degli abusi sessuali commessi da esponenti del clero contro i minori, lascia il Vaticano. E' stata annunciata la sua nomina a vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Malta, suo Paese d’origine. Un trasferimento per Scicluna, che in questi anni ha ricoperto l’incarico di promotore di giustizia presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, era nell’aria. Meno prevedibile, il fatto che venga promosso fuori dalla curia romana. Scicluna ha incarnato la linea della tolleranza zero verso gli abusi sessuali ed ha sostenuto l’attività di Joseph Ratzinger che in questi anni ha cercato di cambiare non soltanto le norme canoniche e le leggi esistenti, ma anche e soprattutto la mentalità: ha riportato in primo piano la sofferenza delle vittime degli abusi ed ha di fatto promulgato delle leggi considerate “d’emergenza”. Non è un mistero che proprio la normativa particolare abbia provocato discussioni interne alla Santa sede. Nato a Toronto nel 1959 da genitori maltesi che erano emigrati lì, a diciannove anni, Sciclunam dopo aver iniziato a studiare giurisprudenza all’università, decide di entrare in seminario. Ordinato prete nel 1986, prosegue gli studi a Roma, dove ottiene la laurea in diritto canonico alla Gregoriana con il professor Navarrete (futuro cardinale), avendo come revisore della tesi il monsignore americano Leo Burke (anche lui futuro cardinale). I superiori lo notano subito. "Volevano che rimanessi a Roma, alla Segnatura apostolica, ma l’arcivescovo mi richiamò a Malta, dove per cinque anni ho insegnato all’università, ho fatto il 'difensore del vincolo' nelle cause per la nullità matrimoniale, ho lavorato in parrocchia", aveva affermato a Vatican Insider lo stesso Scicluna nel corso di una lunga intervista. Nel 1995 le richieste insistenti che giungono da Roma vincono ogni resistenza e Scicluna viene nominato "promotore di giustizia sostituto" della Segnatura Apostolica, il supremo tribunale del Papa. Nel 2001, dopo la pubblicazione del Motu Proprio con il quale Giovanni Paolo II avocava alla Santa Sede tutti i processi per gli abusi dei chierici sui minori, il card. Ratzinger doveva mettere in piedi il nuovo tribunale. Il monsignore maltese diventa uno dei più stretti collaboratori del futuro Papa e nel 2002 viene nominato "promotore di giustizia" dell’ex Sant’Uffizio. Grazie alle nuove norme, vengono riesumati tutti i fascicoli giacenti. Si riaprono indagini e finalmente due anni dopo, la Congregazione comincia a indagare anche sul fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel. Ora la nomina e il ritorno a Malta.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Anno della fede. Mons. Chomali: la Chiesa fiorirà nella misura in cui la nostra fede si realizzerà in opere concrete a favore del prossimo

In vista della imminente apertura dell’Anno della fede indetto da Papa Benedetto XVI, l’arcivescovo di Concepción, mons. Fernando Chomali, esorta l’intera popolazione cilena a viverlo nei diversi settori della vita sociale e pastorale. “Nessuna parrocchia, nessuna cappella, nessuna famiglia, nessun collegio o università, nè alcun campo pastorale, deve rimanere fuori da questo invito, che si presenta luminoso e pieno di speranza in mezzo a tanta oscurità e sfiducia” si legge in una nota inviata all’agenzia Fides dall’arcivescovo. “Non ci sono dubbi che questa esortazione ci rinnoverà tutti nel nostro impegno e ci illuminerà ancora di più nel nostro impegno di evangelizzazione che ci è stato affidato”. “La fede – continua mons. Chomali - dà un orizzonte totalmente nuovo alla nostra vita e al nostro lavoro. Si presenta come un dono ma anche come un compito che dobbiamo accettare e realizzare. L’invito del Papa ad approfondire la lettura della Bibbia e lo studio costante del Concilio Vaticano II, che celebra 50 anni, e del Catechismo della Chiesa Cattolica al suo 20° anniversario, è rivolto a tutti i cattolici, nel contesto della ‘Missione Giovane’. Infatti, i giovani sono all’instancabile ricerca di senso per le loro vite e questo senso è dato da Gesù. Da Lui germoglierà tutta la vita nuova.” “Partendo dalla fede, il Papa ci chiama ad impegnarci in una vita concentrata sugli altri. La Chiesa Cattolica fiorirà nella misura in cui la nostra fede si realizzerà in opere concrete a favore del nostro prossimo” evidenzia ancora l’Arcivescovo. “Raggiungere l’altro annunciando la Parola, annunciando Gesù Cristo, rivelando il suo insegnamento di salvezza e di comunione, e servendo gli altri, soprattutto bisognosi, ci mette sulle orme del Signore” conclude mons. Chomali.

Fides

Il Papa a Loreto. Nel percorso che attraversato tutta la piazza della Madonna per raggiungere il sagrato della Basilica della Santa Casa il tenero abbraccio di Benedetto XVI con sei bambini

Papa Benedetto XVI porge il suo tenero abbraccio a sei bambini scelti tra la folla: lacrime di commozione e tanta gioia a Loreto. Il Pontefice si trovava a bordo della papamobile quando giovedì mattina ha attraversato tutta la centralissima piazza della Madonna per raggiungere il sagrato della Basilica della Santa Casa di Loreto. Si è trattato di un tragitto breve ma intenso, accolto in un clima di sincero raccoglimento da parte di migliaia di fedeli giunti nella città mariana per udire le sue parole. Un percorso inframmezzato da sei soste, tanto piccole quanto significative soprattutto per quei sei bambini e le loro famiglie che in un attimo hanno visto splendere una nuova luce nei loro occhi: sono bastati pochi secondi infatti perché il primo dei bambini scelti tra le file più prossime alle transenne che delimitavano il percorso, fosse alzato al cospetto del Santo Padre per ricevere un grande abbraccio e una carezza di benedizione. Non un pianto né un fremito per la piccola anconetana Federica Lanari di appena nove mesi e mezzo, che è stata la prima a essere portata tra le braccia del Santo Padre dalla mamma Alice Canali, arrivata ieri mattina a Loreto con il gruppo “Fides vita”. Le lacrime di commozione della donna sono valse più di mille parole: Canali infatti, con un grande sorriso, ha dimostrato tutta la felicità di cui una madre può godere alla vista di un evento che interessa il proprio figlio e gode della più alta sacralità. Dopo altri quattro bambini che hanno beneficiato dell’abbraccio del Papa, ripercorrendo lo stesso tragitto sulla papamobile, appena terminato lo svolgimento della funzione religiosa, anche Miriam Zandri, una piccola loretana di appena due anni, ha salutato il pontefice facendo il suo breve e privilegiato ingresso all’interno della papamobile. Prima di essere accarezzata da Papa Benedetto XVI però, la piccola è scoppiata in un tenero pianto, forse impaurita dalla folla o dal gesto improvviso della mamma Raffaella Sbaffo che l’ha porta all’arcivescovo che sedeva accanto al pontefice. Un'esperienza del cui significato la piccola Miriam non è ancora conscia ma tra qualche anno potrà sicuramente ricordare il grande evento come uno dei più toccanti della sua vita.

Silvia Santini, Il Resto del Carlino

Tra luci e ombre si conclude oggi il processo per furto aggravato di documenti a Paolo Gabriele. Verso la condanna e la grazia del Papa, incertezza sul dopo, i complici e il movente

E' stato un processo 'pubblico', l'imputato aveva una difesa di fiducia, un 'pool' di giornalisti ha potuto accedere all'aula di tribunale alle spalle della Basilica di San Pietro e raccontare le udienze. Il procedimento-lampo a carico dell'ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele (nella foto con Benedetto XVI), si conclude oggi, ad appena una settimana dalla prima udienza sabato scorso, dopo tre sedute, l'audizione di otto testimoni, e la deposizione dello stesso Paolo Gabriele. Ora l'ex maggiordomo, quasi sicuramente, verrà condannato a quattro o sei anni. Il caso Vatileaks, la fuga di documenti riservati trafugati o fotocopiati dall'imputato, però, non sarà concluso. Restano in sospeso ancora molte questioni che il processo non ha chiarito. Sin dalla sentenza di rinvio a giudizio, innanzitutto, la magistratura vaticana ha precisato che il dibattimento si sarebbe concentrato sul solo reato di furto aggravato delle carte della Santa Sede. E' restato fuori, dunque, ogni altro possibile capo di imputazione, quale il delitto contro i poteri dello Stato, il vilipendio delle istituzioni dello Stato, la calunnia, la diffamazione, la violazione dei segreti. La posizione del secondo imputato, il tecnico informatico della segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti, e con lui i testimoni chiamati dalla difesa (tra gli altri, mons. Carlo Maria Polvani della Segreteria di Stato), è stata poi stralciata alla prima udienza. E il presidente del tribunale Giuseppe Dalla Torre ha spiegato nel corso del dibattimento che nello stralcio è finito anche l'accertamento del materiale informatico trovato a casa del maggiordomo. Sebbene la stessa requisitoria del 'promotore di giustizia' Nicola Picardi facesse intravedere il ruolo ambiguo svolto da altre persone, coperte da omissis nel dispositivo pubblicato ad agosto, il processo che si conclude oggi non ha riguardato i possibili complici di Paolo Gabriele, che è rimasto pertanto l'imputato unico del caso Vatileaks. Anche dalla deposizione dello stesso maggiordomo non è emerso un quadro nitido. Non è chiaro, cioè, in che modo, per usare un termine dell'imputato, egli si sia sentito "suggestionato" dalle sette persone che ha menzionato (tra di esse due cardinali, Sardi e Comastri, quest'ultimo giovedì ha pranzato a Loreto con il Papa). Né il presidente del tribunale ha voluto approfondire identità e ruolo di un personaggio-chiave quale il confessore di Paolo Gabriele, "padre Giovanni", al quale l'ex assistente di camera del Pontefice afferma di aver dato copia di tutti i documenti posseduti illecitamente. Resta poco chiaro, ancora, il destino di Paolo Gabriele. Dopo la condanna in Vaticano viene dato sostanzialmente per scontato che, di fronte al pentimento, il Papa conceda la grazia al suo ex assistente. Quando avverrebbe questa concessione sovrana dal Pontefice, però, non è dato di sapere. Ancora meno chiaro è quale sarebbe il destino di Paolo Gabriele una volta graziato. E' escluso un suo ritorno nell'appartamento pontificio. Sembra problematico che l'ex assistente di camera del Pontefice torni libero senza garanzie, capace di muoversi tra Italia e Vaticano, appetito da giornalisti e case editoriali. L'ipotesi di un cambio di personalità verso una destinazione nascosta e lontana viene data per fantasiosa nel Palazzo Apostolico. Meno improbabile un impiego in Vaticano, dove del resto vivono moglie e tre figli, o, comunque, in seno alla Chiesa Cattolica, da qualche parte in Italia. Il processo, intanto, ha fatto emergere alcune opacità. L'imputato, in risposta alle domande della sua avvocata, Cristiana Arru (unica rimasta a difenderlo dopo il forfait dato improvvisamente quest'estate dal legale titolare della difesa, il focolarino Carlo Fusco), ha denunciato maltrattamenti dai gendarmi durante la detenzione. Un tema, quello del rapporto con i gendarmi, che si riallaccia ad altre evidenze processuali. Alcuni dei documenti che Paolo Gabriele avrebbe recapitato al giornalista Gianluigi Nuzzi, autore di "Sua Santità", riguardano proprio sospetti in merito alle attività in Italia di alcuni membri del corpo guidato dal comandante Domenico Giani. I gendarmi, da parte loro, hanno posto una telecamera sul pianerottolo di casa Gabriele dopo il suo arresto, avvenuto il 23 maggio scorso. Soprattutto, non è ancora chiaro il movente di tutto il caso Vatileaks. Nel corso del processo sono emersi tratti sorprendenti della personalità del maggiordomo. Appassionato di intelligence, i gendarmi hanno riferito di avergli sequestrato, oltre a un migliaio di carte solo parzialmente pubblicate nel libro di Nuzzi, documenti frutto di sue ricerche personali su massoneria, esoterismo, intelligence, P2, P4, Bisignani, Berlusconi, joga, buddhismo. Lui si sentiva "infiltrato dello Spirito Santo" nella Chiesa. Intendeva aiutare il Papa, che riteneva manipolabile e poco informato su alcune malefatte che avvengono in Vaticano. Ha raccolto documenti riservati, originali e fotocopie, fin dal 2006. Eppure nessuno nell'appartamento pontiifcio lo ha accusato. Anzi, gestiva i regali al Papa, godeva della fiducia del segretario particolare del Papa, mons. Georg Gaenswein, la sua scrivania era nella sua stanza, faceva fotocopie in quella stessa stanza, a volte scriveva lettere in italiano per suo conto, gli riferiva delle sue scoperte sulla gendarmeria. Un personaggio dalla psiche complessa, tanto che due esperti hanno condotto durante l'istruttoria perizie psichiatriche, che aveva quotidianamente accesso al capo della Chiesa cattolica mondiale. E parlava notoriamente con uscieri, funzionari vaticani, monsignori, cardinali. Anche, Die Welt è tornato a raccontarlo giovedì puntando il dito contro Ingrid Stampa e la moglie di Paolo Gabriele, con quello che era l'entoruage di Joseph Ratzinger prima che divenisse Papa. E forse suggestionato e influenzato da chi intendeva criticare il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Tanto che l'arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois ha approfittato del caso Vatileaks per criticare il principale collaboratore del Papa. E tanto che lo stesso Benedetto XVI ha consultato diversi cardinali dopo l'arresto del maggiordomo, con un gesto che ha confermato il sospetto di chi intravedeva nel caso Vatileaks un problema di governance vaticana.

TMNews

Pronta la grazia per il Corvo, ma dovrà tenere la bocca cucita

Il Papa: sentimenti di sincera stima e di vivo apprezzamento, che quest’anno vogliono essere ancora più intensi ed affettuosi, a tutti i componenti della Gendarmeria dello Stato del Vaticano

"Spiritualmente presente alla Festa della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, desidero esprimere sentimenti di sincera stima e di vivo apprezzamento, che quest’anno vogliono essere ancora più intensi ed affettuosi, a tutti i componenti del Corpo, rinnovando a ciascuno la mia cordiale riconoscenza per la fedeltà, la passione e lo spirito di sacrificio con cui prestano il loro generoso servizio al successore di Pietro, assicurando inoltre la tutela dell’ordine pubblico e la sicurezza di quanti risiedono o giungono quotidianamente in Vaticano". Lo afferma il messaggio del Papa per la Festa della Gendarmeria che si è svolta ieri pomeriggio in Vaticano. Nel messaggio, letto da mons. Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, si incoraggia "il comandante, il cappellano, i dirigenti, i commissari, gli ispettori ed ogni singolo gendarme a proseguire con serenità e fiducia nel solco della lunga e benemerita tradizione segnata dall’esemplare diligenza di tanti vostri colleghi, che hanno dato testimonianza di adesione ai più alti ideali, in conformità allo spirito evangelico - continua il testo - Con tali voti, invoco la materna protezione della Vergine Santa e del Patrono San Michele Arcangelo e di cuore invio a Lei, Signor cardinale, a Lei, Signor comandante, e all’intera Gendarmeria con i rispettivi familiari, una speciale e paterna Benedizione Apostolica che volentieri estendo alle autorità ecclesiastiche, civili e militari, e ai presenti tutti alla solenne cerimonia".

Radio Vaticana