lunedì 11 maggio 2009

Incontro interreligioso. Il Papa: le differenze non devono oscurare ciò che le religioni hanno in comune per arricchire e plasmare la cultura

“Mentre molti sono pronti a indicare le differenze tra le religioni facilmente rilevabili, come credenti o persone religiose noi siamo posti di fronte alla sfida di proclamare con chiarezza ciò che noi abbiamo in comune”. E’ la proposta che Papa Benedetto XVI ha fatto questo pomeriggio ai responsabili delle Organizzazioni per il dialogo interreligioso nell’atteso incontro che si è svolto a Gerusalemme presso il “Notre Dame Jerusalem Centre”. Il concetto di “un’unità che non dipende dall’uniformità” ha fatto da filo conduttore a tutto il discorso del Santo Padre. “Le differenze che analizziamo nel dialogo inter-religioso – ha detto il Papa - possono a volte apparire come barriere”, tuttavia – ha aggiunto - esse non devono “oscurare” ciò che le religioni hanno in comune e cioè il senso di “timore riverenziale e di rispetto per l'universale, per l'assoluto e per la verità che spinge le persone religiose innanzitutto a stabilire rapporti l’una con l’altra”. “In questo modo, non solo noi possiamo arricchire la cultura ma anche plasmarla”. “Insieme – ha proseguito il Papa - possiamo proclamare che Dio esiste e che può essere conosciuto, che la terra è sua creazione, che noi siamo sue creature, e che egli chiama ogni uomo e donna ad uno stile di vita che rispetti il suo disegno per il mondo”. Il Papa ha quindi invitato gli esponenti religiosi a “influire sulla vita civile”. “La verità – ha detto Papa - deve essere offerta a tutti; essa serve a tutti i membri della società. Essa getta luce sulla fondazione della moralità e dell’etica, e permea la ragione con la forza di andare oltre i suoi limiti per dare espressione alle nostre più profonde aspirazioni comuni. Lungi dal minacciare la tolleranza delle differenze o della pluralità culturale, la verità rende il consenso possibile e mantiene ragionevole, onesto e verificabile il pubblico dibattito e apre la strada alla pace”.
Il discorso si conclude con un accorato appello: “Qualcuno vorrebbe che noi crediamo che le nostre differenze sono necessariamente causa di divisione e pertanto al più da tollerarsi. Alcuni addirittura sostengono che le nostre voci devono semplicemente essere ridotte al silenzio. Ma noi sappiamo che le nostre differenze non devono mai essere mal rappresentate come un’inevitabile sorgente di frizione o di tensione sia tra noi stessi sia, più in largo, nella società. Al contrario, esse offrono una splendida opportunità per persone di diverse religioni di vivere insieme in profondo rispetto, stima e apprezzamento, incoraggiandosi reciprocamente nelle vie di Dio”. Infine un incoraggiamento a promuovere “tutto ciò che ci unisce come creature benedette dal desiderio di portare speranza alle nostre comunità e al mondo. Dio ci guidi su questa strada!”.
Un rappresentante musulmano ha preso la parola per una lunga intemerata in arabo contro Israele. Nell'imbarazzo generale, alcuni esponenti ebrei hanno lasciato la sala, un altro, convinto dagli organizzatori, è rimasto in sala scuotendo la testa. Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ha tentato di fermare, senza successo, il religioso islamico. Benedetto XVI - che aveva già tenuto il suo discorso - ha assistito alla scena con volto perplesso e - in assenza di traduzione dall'arabo - senza comprendere il senso dell'arringa. Papa Ratzinger si è consultato, con un sorriso, con il suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Alla fine il rappresentante musulmano ha concluso con "Shukran", grazie in arabo, e l'incontro è stato interrotto in anticipo.


Riccardo Di Segni: dal Papa espressioni sincere e positive di rispetto reciproco. Importante aver riaffermato i concetti sull'antisemitismo in Israele

Per il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, intervistato da Radio Vaticana, la visita del Papa in Israele è "cominciata bene, con espressioni di rispetto reciproco, sincere e positive". A proposito delle parole contro l'antisemitismo pronunciate da Benedetto XVI, Di Segni ha aggiunto: "E' importante che questi concetti - che peraltro sappiamo ben condivisi e non formali da parte di questo Papa - siano riaffermati; certamente, nel pensiero di questo Papa, la parola antisemitismo non significa soltanto ostilità razzistica antiebraica, ma l'ostilità profonda - anche teologica -. Questo Papa si è adoperato contro l'ostilità antigiudaica teologica, e quindi che lo dica adesso, in terra d'Israele, è una cosa ulteriormente importante". Il viaggio in Terra Santa potrà rinsaldare i rapporti fra le due religioni: "Credo sia una tappa necessaria e indispensabile, e per questo l'auspicio è appunto che tutto vada bene, perchè queste presenze, chiaramente più di ogni altra dichiarazione o documento o cerimonia, sono dati reali che fanno impressione sul grande pubblico e che per questo hanno un impatto positivo". Il caso-Williamson deve per Di Segni considerarsi chiuso: "Una volta che è stata chiarita la dimensione della cosa e che il Papa stesso con un gesto inconsueto ha chiesto praticamente scusa per quello che era successo - ha concluso -, mi pare che non ci debbano essere assolutamente equivoci".

Il direttore de 'L'Osservatore Romano': un viaggio di amicizia per contribuire a una pace autentica

"Un viaggio di amicizia per contribuire al raggiungimento di una autentica pace in una delle regioni più tormentate del mondo". Lo scrive L'Osservatore Romano in un editoriale a firma del direttore Gian Maria Vian, a commento della prima giornata di Benedetto XVI in Israele. "Benedetto XVI, come milioni di fedeli tra i quali i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II - prosegue il quotidiano vaticano - è venuto pellegrino in Terra Santa in un itinerario che ha un chiarissimo significato religioso, e insieme politico: la ricerca della pace voluta dall'unico Dio". Una "intenzione di pace" che, scrive il giornale della Santa Sede, "è apparsa evidente sin dall'arrivo in Israele di Benedetto XVI, accolto dal presidente e dal primo ministro che dal Papa hanno ascoltato una ulteriore inequivocabile condanna dell'antisemitismo".

Un ulivo secolare e il trono fabbricato da un musulmano per la Messa di Benedetto XVI a Nazareth

Un ulivo secolare sarà il dono per la visita del Papa Benedetto XVI nella città di Nazareth nell'Alta Galilea prevista per il 14 maggio. La tv satellitare al Arabiya riferisce del "dono" offerto dagli abitanti di Haifa e finanziato dal Fondo Nazionale Giudaico di un albero d'ulivo "di età stimata tra 500 e 800 anni. L'albero è stato già piantato sull'altura dove è prevista la celebrazione della Messa sul monte del Precipizio, monte "al Qafza", che si affaccia sulla chiesa dell'Annunciazione, che potrà ospitare "almeno 35mila persone". Il trono sul quale siederà Benedetto XVI è stato "fabbricato e donato" da un falegname palestinese di fede musulmana per "esprimere l'intesa, l'amore e la tolleranza tra noi musulmani e i nostri fratelli cristiani", come ha detto ad al Arabiya lo stesso falegname, Wahib Abu Kheira, abitante del villaggio Abu Snan nell'alta Galilea. Senza fare alcun cenno alla 'professione' di Giuseppe, il falegname palestinese che si dice fiero del "dono di un arabo e di un musulmano" descrive la sua opera: "è fatto di legno di tek intarsiato con pietre ed è alta 183 centimetri per una larghezza esterna di 90". La seduta è "di pelle bianca color zucchero", ha aggiunto il falegname.

Visita al memoriale dell'Olocausto. Il Papa: le vittime non perderanno mai i loro nomi. Le loro sofferenze non siano mai negate, sminuite, dimenticate

Il Papa ha visitato il memoriale della Shoah di Gerusalemme, lo Yad Vashem. Nel corso della cerimonia, il Papa ha alimentato la fiamma perpetua, ha depositato una corona di fiori e si è raccolto per qualche momento in preghiera, prima di pronunciare il discorso. Il Papa era accompagnato dal presidente israeliano Shimon Peres. Papa Ratzinger ha poi incontrato, per un breve saluto, sei sopravvissuti ebrei ai lager nazisti. Benedetto XVI si è soffermato alcuni secondi con ognuno di loro per scambiare alcune parole accompagnate da una stretta di mano. Il Papa ha anche incontrato il presidente dei 'giusti delle nazioni' di Israele, coloro che - non essendo ebrei - hanno però aiutato gli ebrei a sottrarsi all'Olocausto. "Non sono esaurite le sue misericordie". Questa frase del biblico "Libro delle Lamentazioni" è stata scritta di suo pugno da Benedetto XVI sul libro d'onore dello Yad Vashem.
“Io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome… darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato” (Is 56,5). Questo passo tratto dal Libro del profeta Isaia offre le due semplici parole che esprimono in modo solenne il significato profondo di questo luogo venerato: yad – “memoriale”; shem – “nome”. "Sono giunto qui - ha detto il Papa nel discorso - per soffermarmi in silenzio davanti a questo monumento, eretto per onorare la memoria dei milioni di ebrei uccisi nell’orrenda tragedia della Shoah. Essi persero la propria vita, ma non perderanno mai i loro nomi: questi sono stabilmente incisi nei cuori dei loro cari, dei loro compagni di prigionia, e di quanti sono decisi a non permettere mai più che un simile orrore possa disonorare ancora l’umanità. I loro nomi, in particolare e soprattutto, sono incisi in modo indelebile nella memoria di Dio Onnipotente. “Uno può derubare il vicino dei suoi possedimenti, delle occasioni favorevoli o della libertà. Si può intessere una insidiosa rete di bugie per convincere altri che certi gruppi non meritano rispetto. E tuttavia, per quanto ci si sforzi, non si può mai portar via il nome di un altro essere umano”. Il Papa prova a immaginare “la gioiosa aspettativa dei loro genitori, mentre attendevano con ansia la nascita dei loro bambini. Quale nome daremo a questo figlio? Che ne sarà di lui o di lei? Chi avrebbe potuto immaginare che sarebbero stati condannati ad un così lacrimevole destino”. Ma coloro che perirono nella Shoah “persero la propria vita, ma non perderanno mai i loro nomi” che “sono stabilmente incisi nei cuori dei loro cari, dei loro compagni di prigionia, e di quanti sono decisi a non permettere mai più che un simile orrore possa disonorare ancora l’umanità. I loro nomi, in particolare e soprattutto, sono incisi in modo indelebile nella memoria di Dio”.
Benedetto XVI ha ribadito anche l’impegno della Chiesa Cattolica “accanto a quanti oggi sono soggetti a persecuzioni per causa della razza, del colore, della condizione di vita o della religione” il suo impegno a “pregare e ad operare senza stancarsi per assicurare che l’odio non regni mai più nel cuore degli uomini”. Il Papa ha quindi auspicato: “Possano i nomi di queste vittime non perire mai! Possano le loro sofferenze non essere mai negate, sminuite o dimenticate! E possa ogni persona di buona volontà vigilare per sradicare dal cuore dell’uomo qualsiasi cosa capace di portare a tragedie simili a questa”. Nel silenzio davanti al memoriale “il loro grido echeggia ancora nei nostri cuori. È un grido che si leva contro ogni atto di ingiustizia e di violenza. È una perenne condanna contro lo spargimento di sangue innocente. È il grido di Abele che sale dalla terra verso l’Onnipotente”. "Nel professare la nostra incrollabile fiducia in Dio, diamo voce - ha chiesto - a quel grido con le parole del Libro delle Lamentazioni, cosi' cariche di significato sia per gli ebrei che per i cristiani: 'Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie; si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà". "Cari Amici - ha poi concluso Joseph Ratzinger - sono profondamente grato a Dio e a voi per l'opportunità che mi è stata data di sostare qui in silenzio: un silenzio per ricordare, un silenzio per sperare".

Visita al Memoriale di Yad Vashem (Gerusalemme, 11 maggio 2009) - il testo integrale del discorso del Papa

Firma del Santo Padre sul Libro d'Onore - Visita al Memoriale di Yad Vashem (Gerusalemme, 11 maggio 2009)

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Visita di cortesia al presidente Peres. Il Papa: necessaria una conversione dei cuori che ci faccia riconoscere nell'altro un fratello

In un clima cordiale con tocchi di informalità, Benedetto XVI ha reso visita al presidente israeliano Shimon Peres nel palazzo presidenziale di Gerusalemme, dove è stato accolto da un canto di benvenuto e ha incontrato anche i familiari del presidente, premio Nobel per la pace nel 1994 per gli sforzi di pace in Medio oriente culminati con gli accordi di Oslo. Al suo arrivo Benedetto XVI è stato accolto da tre ragazzi, un musulmano, un ebreo e un cristiano, che lo hanno salutato con grande cordialità e gli hanno consegnato una spiga di una nuova specie di frumento battezzato proprio ''Benedetto XVI'' in onore del suo viaggio. Tra i regali offerti dai bambini anche frutta e cereali: grano; orzo; uva; fichi; melograni; olive e datteri noti nell'ebraismo come le ''sette specie'' pronunciate anche nel Vecchio Testamento e prodotte in Terra Santa. Il presidente Peres e il Papa si sono serviti insieme e ne hanno mangiato uno. Benedetto XVI e Shimon Peres, entrambi anziani ma ancora vigorosi, hanno impugnato a turno una zappa per piantare un albero di ulivo: un gesto di pace molto significativo, che il Papa ha potuto compiere con evidente gioia. Prima di pronunciare il suo discorso, e al termine del colloquio privato con Peres, Papa Ratzinger ha firmato il registro degli ospiti. Nel giardino del palazzo presidenziale erano presenti circa 300 personalità politiche e religiose. Nel suo saluto Peres ha proclamato la volontà che Israele e Vaticano cooperino per la pace nel mondo.
''Il mio pellegrinaggio nei luoghi Santi - ha dichiarato il Papa - rappresenta una delle preghiere in favore del prezioso dono di unità e pace per il Medio Oriente e tutta l'umanità''. ''Prego ogni giorno perchè la pace e la giustizia possano tornare in Terra Santa e nell'intera regione, portando sicurezza e speranza rinnovata per tutti'', ha aggiunto. ''Gerusalemme, a lungo crocevia per popoli di diverse origini, è una città che offre a ebrei, musulmani e cristiani l'opportunità e il privilegio di essere testimoni di una pacifica coesistenza a lungo desiderata dai fedeli di un unico Dio'', ha sottolineato.
"Nel linguaggio ebraico, la parola sicurezza, che si dice 'batah', deriva da fiducia e non si riferisce soltanto all'assenza di minaccia ma anche al sentimento di calma e di confidenza", ha detto Benedetto XVI, che ha fatto cenno all'immagine biblica di "un giardino ricolmo di frutti, non segnato da blocchi e ostruzioni". La giustizia e la sicurezza, secondo Papa Ratzinger, sono concetti inseparabili per ''il disegno di Dio del mondo''. ''Nessun individuo, famiglia, comunità o nazione è esente dall'obbligo di vivere nella giustizia e nel lavorare per la pace'', ha detto. ''Il vero interesse di una nazione - ha poi sottolineato Benedetto XVI - viene sempre servito mediante il perseguimento della giustizia per tutti''. Il Pontefice ha poi rivolto una domanda: ''Come la politica può superare i conflitti e la violenza? Con la verità, l'educazione alla giustizia e all'integrità''. Nel discorso Benedetto XVI ha affermato che "i valori e i fini autentici di una società, che sempre tutelano la dignità umana, sono indivisibili, universali e interdipendenti. Non si possono pertanto realizzare - ha detto - quando cadono preda di interessi particolari o di politiche frammentarie". La società, ha proseguito, non può diventare "una comunità di nobili aspirazioni, dove a tutti di buon grado viene dato accesso all'educazione, alla dimora familiare, alla possibilità d'impiego, una società pronta ad edificare sulle fondamenta durevoli della speranza?". E ancora, in implicito riferimento alle vittime del terrorismo palestinese e degli attacchi militari israeliani: "Quali genitori vorrebbero mai violenza, insicurezza o divisione per il loro figlio o per la loro figlia? Quale umano obiettivo politico può mai essere servito attraverso conflitti e violenze?". Per Papa Ratzinger, in termini più spirituali, "sicurezza, integrità, giustizia e pace: nel disegno di Dio per il mondo esse sono inseparabili".
Citando poi il profeta Isaia, il Papa ha affermato: "Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre". A monte, per Benedetto XVI, è necessaria una "conversione dei cuori" che "obbliga a guardare l'altro negli occhi e a riconoscere il 'tu' come un mio simile, un mio fratello, una mia sorella". Per il Papa sono già in molti nei due popoli a invocare la pace e a lavorare concretamente per essa. “Odo il grido - ha detto - di quanti vivono in questo Paese che invocano giustizia, pace, rispetto per la loro dignità, stabile sicurezza, una vita quotidiana libera dalla paura di minacce esterne e di insensata violenza. So che un numero considerevole di uomini, donne e giovani stanno lavorando per la pace e la solidarietà attraverso programmi culturali e iniziative di sostegno pratico e compassionevole; umili abbastanza per perdonare, essi hanno il coraggio di tener stretto il sogno che è loro diritto”. “Signor presidente - ha poi concluso Papa Ratzinger rivolgendosi a Shimon Peres - la ringrazio per la cortesia dimostratami e le assicuro ancora una volta le mie preghiere per il Governo e per tutti i cittadini di questo Stato. Possa un’autentica conversione dei cuori di tutti condurre ad un sempre piu’ deciso impegno per la pace e la sicurezza attraverso la giustizia per ciascuno. Shalom!”.
Papa Benedetto XVI ha ricevuto una piccola Bibbia della grandezza di un chicco di sabbia; Shimon Peres ha presentato al Pontefice un Vecchio Testamento che gli scienziati locali hanno ridotto a un chip di silicone della grandezza di una capocchia di spillo. Il Papa ha invece regalato a Peres un dipinto di una Menorah, il tradizionale candelabro ebreo. Il Sindaco di Gerusalemme Nir Barkat ha infine consegnato al pontefice un'antica mappa della Terra Santa raffigurata al centro del mondo. Noam e Aviva Shalit, genitori del soldato Noam Shalit, prigioniero di Hamas a Gaza dal giugno 2006, si sono incontrati con il Papa nella residenza del presidente Shimon Peres. Noam Shalit ha chiesto l'aiuto del Papa per facilitare la liberazione del figlio e gli ha consegnato un messaggio.

Il gran mufti di Gerusalemme: una visita importante, il Papa viene con un messaggio di pace per questa terra. Farà progredire il dialogo con l'islam

Conferenza stampa improvvisata in strada davanti a una tenda questa mattina per il gran mufti di Gerusalemme, Muhammad Ahmad Husayn, che domani riceverà Papa Benedetto XVI sulla spianata delle moschee e lo accompagnerà nella visita della Cupola della Roccia, la moschea-memoriale famosa in tutto il mondo per la sua cupola d'oro. L'Autorità Nazionale Palestinese aveva organizzato questa mattina una conferenza stampa all'Hotel Ambassador di Gerusalemme Est, a cui avrebbero dovuto partecipare il gran mufti stesso e l'ex-patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, per illustrare la visita di Papa Ratzinger nei Territori e l'incontro interreligioso di domani. Il centro stampa è stato però chiuso a poche ore dall'orario previsto per l'incontro con i giornalisti dalla polizia israeliana, che non permette nessuna attività dell'Autorità Nazionale Palestinese nel territorio di Gerusalemme Est. La conferenza stampa è stato spostata allora in una tenda. ''Questo - ha detto la massima autorità religiosa islamica della Terra Santa - è territorio occupato''. Il Pontefice, ha proseguito, ''è benvenuto naturalmente a visitarci come pellegrino in Palestina, in Terra Santa, a Gerusalemme ma non deve dare nessuna accettazione all'annessione di Gerusalemme Est da parte degli israeliani''. ''Sappiamo - ha spiegato - che in Vaticano sanno tutto di questa annessione della città con il muro da parte israeliana. Conosciamo la posizione del Vaticano, che non accetta l'annessione di Gerusalemme Est, e accetta che questa è parte della Palestina''. Gerusalemme Est, che comprende anche la Città Vecchia con il Muro del Pianto, la spianata delle moschee e il Santo Sepolcro, è la parte di Gerusalemme al di là della linea verde che all'indomani della guerra arabo-israeliana del 1948 definì il confine tra Israele e Giordania. Venne quindi occupata da Israele con la guerra del 1967. Il suo status internazionale è ancora conteso e i palestinesi protestano contro l'annessione di fatto che, secondo loro, gli israeliani stanno conducendo con la costruzione del muro, che racchiude anche Gerusalemme Est e molti territori confinanti. I palestinesi vogliono che Gerusalemme Est sia la capitale del loro futuro Stato. Il gran mufti ha affermato che al Pontefice presenterà ''un messaggio di pace'', e chiederà ''una soluzione di due Stati, con una Palestina stabile e un Israele sicuro''. ''Questa - ha aggiunto ancora - è una visita importante e speciale e siamo sicuri che viene qui con un messaggio di pace per questa parte del mondo. Speriamo che il Papa spinga per la pace e la giustizia in questa regione cosicchè noi abbiamo pace e giustizia e ci sia pace in Palestina e in Terra Santa''. ''Sua Santità - ha detto il leader religioso islamico - ha sottolineato l'importanza del dialogo islamo-cristiano e il suo rispetto per la religione islamica e quindi crediamo che questo dialogo farà progredire il nostro dialogo''. Alla conferenza stampa improvvisata ha partecipato anche un prete del Patriarcato latino di Gerusalemme, padre Peter Madros, inviato dal Patriarca mons. Fouad Twal al posto di Sabbah. ''La posizione vaticana - ha detto - è che Gerusalemme Est non è Israele e anzi l'ambasciata vaticana presso l'Anp è a Gerusalemme mentre l'ambasciata presso Israele è a Giaffa, vicino Tel Aviv. Il Vaticano continua infatti a condannare l'occupazione di Israele''. Il viaggio papale, ha concluso, offrirà a cristiani, ebrei e musulmani l'occasione ''di incontrarsi, di stare assieme, di essere radunati sotto lo stesso tetto. Uno dei nostri vescovi, nell'omelia della Messa, dirà che nella valle di Josafat ci sono i cimiteri dei cristiani, dei musulmani e degli ebrei, uniti dalla morte e divisi dalla vita''.

Il parroco di Gaza: nessun visto è stato ancora rilasciato ai cristiani della Striscia per la Messa del Papa a Betlemme

Non è stato ancora rilasciato nessuno dei 250 visti per i cristiani di Gaza che dovrebbero partecipare all'incontro con il Papa di mercoledì prossimo a Betlemme. A denunciarlo è lo stesso parroco di Gaza, Jorge Hernandez, attraverso il periodici on line della Custodia francescana di Terra Santa, Terrasanta.net. ''Da stamattina - spiega padre Hernandez - siamo in fila al valico di Eretz per entrare in Israele. E finalmente, pochi minuti fa, sono riuscito a passare assieme a due suore di Madre Teresa con passaporto straniero. Stiamo andando a Betlemme, per la visita del Papa di mercoledì 13 maggio. Ma rischiamo di essere i soli cristiani di Gaza presenti. Finora non sono ancora stati concessi i 250 permessi che il governo israeliano ci aveva promesso''. In un primo tempo, quando era ancora parroco di Gaza padre Manuel Musallam, i cristiani di Gaza avevano chiesto di poter essere presenti alla Messa celebrata dal Papa a Gerusalemme. Questa eventualità è stata però negata per ragioni di sicurezza, invitando i fedeli della Striscia a recarsi nei Territori, a Betlemme. ''Ma ad oggi - sostiene padre Jorge - non abbiamo ancora avuto nessuna risposta. I nostri cristiani sono pronti a partire. Ma se i permessi non arrivano entro oggi, data la chiusura che da mercoledi' notte subiranno i Territori per ragioni di sicurezza, anche i cristiani della Striscia saranno inesorabilmente tagliati fuori''. ''L'amarezza dei cristiani di Gaza è palpabile - spiega l'organo della Custodia francescana - proprio mentre all'aeroporto il presidente Shimon Peres accoglie Benedetto XVI sul suolo d'Israele, e mentre sta enfatizzando il dialogo e la convivenza tra cristiani, ebrei e musulmani in un Paese che garantisce libertà di religione, alla già martoriata comunità cristiana di Gaza sta forse per essere inflitta l'ennesima sofferenza''.

Il Papa è giunto in Israele: vengo per pregare per la pace in Terra Santa. Combattere l'antisemitismo e cercare una soluzione giusta con i palestinesi

Papa Benedetto XVI ha lasciato la Giordania ed è giunto in Israele. Il Pontefice è stato accolto all'aeroporto di Tel Aviv dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benjamin Netanyahu, insieme con diversi ministri, diplomatici, autorità religiose e militari. La linea aerea Royal Jordanian, che ha portato il Papa da Amman a Tel Aviv, ha salutato Benedetto XVI all'atterraggio augurando "che il suo viaggio possa essere un messaggio di pace per tutti gli uomini". Dopo l'esecuzione degli inni di Israele e della Santa Sede e il saluto alle autorità, Peres e Papa Ratzinger hanno tenuto i discorso ufficiali.
“Vengo per pregare nei luoghi santi, a pregare in modo speciale per la pace – pace qui nella Terra Santa e pace in tutto il mondo”, ha affermato Benedetto XVI nel suo discorso. “La Santa Sede e lo Stato di Israele – ha aggiunto il Pontefice - condividono molti valori, primo fra tutti l’impegno di riservare alla religione il suo legittimo posto nella vita della società. Il giusto ordine delle relazioni sociali presuppone ed esige il rispetto per la libertà e la dignità di ogni essere umano…Quando la dimensione religiosa della persona umana viene negata o posta ai margini, viene messo in pericolo il fondamento stesso di una corretta comprensione dei diritti umani inalienabili”. Anche se il nome di Gerusalemme significa città della pace "è del tutto evidente che per decenni la pace ha tragicamente eluso gli abitanti di questa Terra Santa", secondo Papa Benedetto XVI.
"Le speranze di innumerevoli uomini, donne e bambini per un futuro più sicuro e più stabile - ha detto Benedetto XVI in un discorso ufficiale all'aeroporto di Tel Aviv - dipendono dall'esito dei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi. In unione con tutti gli uomini di buona volontà - ha detto Papa Ratzinger - supplico quanti sono investiti di responsabilità ad esplorare ogni possibile via per la ricerca di una soluzione giusta alle enormi difficoltà, così che ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all'interno di confini sicuri e internazionalmente riconosciuti". "Alle comunità cristiane della Terra Santa - ha detto ancora il Papa - dico: attraverso la vostra fedele testimonianza a Colui che predicò il perdono e la riconciliazione, attraverso il vostro impegno a difendere la sacralità di ogni vita umana, potrete recare un particolare contributo perchè terminino le ostilità che per tanto tempo hanno afflitto questa terra". Cristianesimo, ebraismo e islam hanno in comune "una speciale venerazione" per la "città santa di Gerusalemme". "E' mia fervida speranza che tutti i pellegrini ai luoghi santi abbiano la possibilità di accedervi liberamente e senza restrizioni, di prendere parte a cerimonie religiose e di promuovere il degno mantenimento degli edifici di culto posti nei sacri spazi". Benedetto XVI ha affrontato subito, nel suo discorso all'aeroporto di Tel Aviv, uno dei temi più delicati del suo viaggio in Israele: quello della Shoah. Il Papa ha affermato infatti che ''tragicamente, il popolo ebraico ha sperimentato le terribili conseguenze di ideologie che negano la fondamentale dignità di ogni persona umana''. ''E' giusto e conveniente che - ha aggiunto subito dopo - durante la mia permanenza in Israele, io abbia l'opportunità di onorare la memoria dei sei milioni di Ebrei vittime della Shoah, e di pregare affinchè l'umanità non abbia mai più ad essere testimone di un crimine di simile enormità''. ''Sfortunatamente - ha spiegato il Pontefice - l'antisemitismo continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo. Questo è totalmente inaccettabile. Ogni sforzo deve essere fatto per combattere l'antisemitismo dovunque si trovi, e per promuovere il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo''.
'Ave Benedicte, princeps fidelium qui hodie Terram Sannctam visitas': con queste parole, pronunciate in latino (Salve Benedetto, primo tra i fedeli, che oggi visiti la Terra Santa), il presidente israeliano, Shimon Peres, ha accolto Benedetto XVI. Peres ha inoltre rivolto al Papa una frase in ebraico conclusa con la tradizionale invocazione "shalom" (pace). Il presidente israeliano Shimon Peres ha dato il benvenuto a Papa Benedetto XVI rinnovando l'impegno del proprio Paese verso la ''pace'' e la ''speranza''. ''Il nostro Paese ha creato una società che va alla ricerca della giustizia: stiamo cercando di raggiungere una pace con i palestinesi, abbiamo raggiunto una pace regionale e speriamo in quella duratura'', ha dichiarato Peres aggiungendo che Israele è ''felice di accogliere i pellegrini di tutto il mondo in Terra Santa''.

Il Papa lascia la Giordania: gratitudine per la considerazione dei cristiani. Incoraggio tutti a costruire sulla tolleranza religiosa

Partendo da Amman alla volta di Gerusalemme, Benedetto XVI ha voluto ringraziare il Re Abdullah II per averlo invitato a visitare il Regno Ascemita, per la sua ospitalità e le sue gentili parole", e ricordare che il sovrano è "molto attivo nel promuovere il dialogo inter-religioso". "Desidero rilevare - ha detto - quanto il suo impegno a questo riguardo sia apprezzato. Prendo anche atto con gratitudine della particolare considerazione che egli dimostra verso la comunità cristiana in Giordania. Questo spirito di apertura non solo aiuta i membri delle diverse comunita' etniche in questo Paese a vivere insieme in pace e concordia, ma ha anche contribuito alle iniziative politiche lungimiranti della Giordania per costruire la pace in tutto il Medio Oriente". "Un giorno particolarmente luminoso" tra quelli che ha vissuto Benedetto XVI in Giordania è stato quello della sua visita alla Moschea al-Hussein bin-Talal", e l'incontro con i capi religiosi musulmani, i membri del corpo diplomatico e i rettori delle università. Anche se "è soprattutto come pellegrino e pastore" che si è recato in Giordania, il Papa, lasciando Amman per Israele, incoraggia cristiani e musulmani a "costruire sulle solide fondamenta della tolleranza religiosa che rende capaci i membri delle diverse comunità di vivere insieme in pace e mutuo rispetto". "Nel congedarmi da voi - ha poi concluso il Papa rivolgendosi ai dignitari e alla piccola folla presente all'aeroporto - desidero sappiate che io porto nel mio cuore il popolo del Regno Ascemita e tutti coloro che vivono in questa regione. Prego perchè abbiate la gioia della pace e della prosperità, adesso e per le generazioni future. Ancora una volta, grazie. E che Dio vi benedica tutti".
"Sua Santità, ho il privilegio, a nome di tutti i giordani, di porgerle i nostri ringraziamenti per l'onore che ha concesso al nostro Paese", ha detto dal canto suo re Abdallah II di Giordania al papa durante la breve cerimonia di saluto all'aeroporto di Amman. Il sovrano ha inoltre affermato che "è di importanza vitale continuare il dialogo di rispetto che abbiamo avviato ed impegnarci a tutti i livelli per difendere la comprensione, in particolare tra i giovani che sono la sorgente del nostro futuro". Allo stesso tempo il re ha affermato che "è fondamentale ottenere giustizia per coloro che soffrono oggi, per motivi di occupazione, povertà e mancanza di rispetto. I palestinesi in particolare hanno sofferto per l'occupazione e i suoi mali". Il sovrano hascemita ha affermato che "la soluzione dei due Stati gode del sostegno della comunità internazionale, poiché essa fornisce l'unica promessa di pace durevole. È necessario, tutti insieme - ha detto -, lavorare per questa pace".