lunedì 11 maggio 2009

Incontro interreligioso. Il Papa: le differenze non devono oscurare ciò che le religioni hanno in comune per arricchire e plasmare la cultura

“Mentre molti sono pronti a indicare le differenze tra le religioni facilmente rilevabili, come credenti o persone religiose noi siamo posti di fronte alla sfida di proclamare con chiarezza ciò che noi abbiamo in comune”. E’ la proposta che Papa Benedetto XVI ha fatto questo pomeriggio ai responsabili delle Organizzazioni per il dialogo interreligioso nell’atteso incontro che si è svolto a Gerusalemme presso il “Notre Dame Jerusalem Centre”. Il concetto di “un’unità che non dipende dall’uniformità” ha fatto da filo conduttore a tutto il discorso del Santo Padre. “Le differenze che analizziamo nel dialogo inter-religioso – ha detto il Papa - possono a volte apparire come barriere”, tuttavia – ha aggiunto - esse non devono “oscurare” ciò che le religioni hanno in comune e cioè il senso di “timore riverenziale e di rispetto per l'universale, per l'assoluto e per la verità che spinge le persone religiose innanzitutto a stabilire rapporti l’una con l’altra”. “In questo modo, non solo noi possiamo arricchire la cultura ma anche plasmarla”. “Insieme – ha proseguito il Papa - possiamo proclamare che Dio esiste e che può essere conosciuto, che la terra è sua creazione, che noi siamo sue creature, e che egli chiama ogni uomo e donna ad uno stile di vita che rispetti il suo disegno per il mondo”. Il Papa ha quindi invitato gli esponenti religiosi a “influire sulla vita civile”. “La verità – ha detto Papa - deve essere offerta a tutti; essa serve a tutti i membri della società. Essa getta luce sulla fondazione della moralità e dell’etica, e permea la ragione con la forza di andare oltre i suoi limiti per dare espressione alle nostre più profonde aspirazioni comuni. Lungi dal minacciare la tolleranza delle differenze o della pluralità culturale, la verità rende il consenso possibile e mantiene ragionevole, onesto e verificabile il pubblico dibattito e apre la strada alla pace”.
Il discorso si conclude con un accorato appello: “Qualcuno vorrebbe che noi crediamo che le nostre differenze sono necessariamente causa di divisione e pertanto al più da tollerarsi. Alcuni addirittura sostengono che le nostre voci devono semplicemente essere ridotte al silenzio. Ma noi sappiamo che le nostre differenze non devono mai essere mal rappresentate come un’inevitabile sorgente di frizione o di tensione sia tra noi stessi sia, più in largo, nella società. Al contrario, esse offrono una splendida opportunità per persone di diverse religioni di vivere insieme in profondo rispetto, stima e apprezzamento, incoraggiandosi reciprocamente nelle vie di Dio”. Infine un incoraggiamento a promuovere “tutto ciò che ci unisce come creature benedette dal desiderio di portare speranza alle nostre comunità e al mondo. Dio ci guidi su questa strada!”.
Un rappresentante musulmano ha preso la parola per una lunga intemerata in arabo contro Israele. Nell'imbarazzo generale, alcuni esponenti ebrei hanno lasciato la sala, un altro, convinto dagli organizzatori, è rimasto in sala scuotendo la testa. Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ha tentato di fermare, senza successo, il religioso islamico. Benedetto XVI - che aveva già tenuto il suo discorso - ha assistito alla scena con volto perplesso e - in assenza di traduzione dall'arabo - senza comprendere il senso dell'arringa. Papa Ratzinger si è consultato, con un sorriso, con il suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Alla fine il rappresentante musulmano ha concluso con "Shukran", grazie in arabo, e l'incontro è stato interrotto in anticipo.