martedì 17 luglio 2012

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. La preghiera ufficiale: i giovani siano gli evangelizzatori di cui la Chiesa ha bisogno nel Terzo Millennio

Una preghiera a Dio Padre affinché aiuti i giovani ad essere “gli evangelizzatori di cui la Chiesa ha bisogno nel Terzo Millennio”, “i discepoli missionari della nuova evangelizzazione”, “grandi costruttori della cultura della vita e della pace e protagonisti di un mondo nuovo”: è questa l’orazione ufficiale della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio 2013. La preghiera è stata presentata nei giorni scorsi da mons. Orani João Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro e presidente del Comitato organizzatore dell’evento. Il presule ne ha dato lettura al termine di una Santa Messa, distribuendone poi copia ai tanti giovani presenti all’evento. La preghiera è stata stampata su un volantino che riporta anche, sul retro, le immagini dei cinque patroni della GMG, ovvero la Vergine di Aparecida, San Sebastiano, Sant'Antonio di Santana Galvão, Santa Teresa del Bambino Gesù e il Beato Giovanni Paolo II. Ad essere raffigurati anche i tredici intercessori del grande evento dedicato ai giovani: si tratta dei Santi Rosa da Lima,Teresa delle Ande, San Giorgio e i Santi André Kim e compagni, e dei Beati Laura Vicuna, José de Anchieta, Albertina Berkenbrock, Chiara Luce Badano, Suor Dulce, Adilio Daronch, Pier Giorgio Frassati, Isidoro Bakanja e Federico Ozanam. Domenica 22 luglio invece verrà reso noto l’Inno ufficiale della GMG: il canto è stato selezionato dal Comitato organizzatore in base ad un concorso che ha preso il via a novembre 2011. Requisito fondamentale dell’Inno è l’adesione al tema della Giornata, scelto da Benedetto XVI, "Andate e ammaestrate tutte le nazioni "(Mt 28,19).

Radio Vaticana

Anno della fede. In un volume di padre Sapienza le catechesi di Paolo VI nell'Anno indetto per il XIX centenario del martirio dei Santi Pietro e Paolo

L’apertura dell’Anno della fede si sta approssimando e si moltiplicano le iniziative per aiutare i fedeli a vivere l’importante appuntamento ecclesiale indetto da Benedetto XVI. Per meglio vivere questo tempo dedicato alla riflessione, alla riscoperta e all’approfondimento della virtù teologale, padre Leonardo Sapienza, addetto al protocollo della Prefettura della Casa Pontificia, propone un interessante volume che raccoglie le catechesi di Paolo VI per l’Anno della fede da lui indetto con l’Esortazione Apostolica "Petrum et Paulum Apostolos" del 22 febbraio 1967 e alcuni manoscritti inediti, che dimostrano come il tema della fede sia stato fondamentale nel Magistero di Papa Montini. Nel volume dal titolo "Paolo VI. L’Anno della fede" (foto), (Monopoli, Edizioni Viverein, 2012, pagine 236, euro 17,50), padre Sapienza sottolinea come Papa Montini indisse quell’Anno, era il XIX centenario del martirio dei Santi Pietro e Paolo, con due obiettivi: onorare i due Apostoli che hanno trasmesso la fede e rafforzare l’adesione alla comune vocazione cristiana. Nell’introduzione, padre Sapienza ricorda le grandi iniziative che caratterizzarono il 1967 per il risveglio della fede, a cominciare dalla prima Assemblea del Sinodo dei vescovi, all’incontro a Roma con il Patriarca ecumenico Athenagoras I, all’indizione della Giornata Mondiale della Pace, al pellegrinaggio a Fatima, al viaggio in Turchia, alla visita pastorale alla diocesi di Roma. Senza dimenticare che al termine dell’Anno della fede Paolo VI pronuncia il Credo del popolo di Dio, una professione di fede che riafferma il Credo millenario della Chiesa. Il Papa non riprova e non condanna, direttamente, alcun errore, alcuna deviazione. Egli afferma, insegna, ribadisce il valore e il significato del Credo della Chiesa, quale fu definito nella sua sostanza dai padri di Nicea. Parlando ai fedeli, Paolo VI afferma che il "Credo del popolo di Dio non è, ne vuol essere un punto di arrivo, ma di partenza". Il punto fondamentale che Paolo VI vuole evidenziare con il Credo del popolo di Dio è che "si tratta di comprendere che nella religione cristiana vi sono verita perenni, immutabili che i tempi devono penetrare ed esprimere nell’idioma che a ognuno di essi è proprio, rispettando il contenuto che a tutti appartiene".

Nicola Gori, L'Osservatore Romano

Le non smentite ragioni della cacciata di mons. Bezák: selezione di sacerdoti con un passato in chiaroscuro e dichiarazioni irrispettose verso il Papa

Anche se la Santa Sede ha finora rifiutato di rivelare i veri motivi del licenziamento di Robert Bezák dalla carica di arcivescovo di Trnava, la tv slovacca TA3 ha pubblicato quelle che presubilmente sono le copie della corrispondenza tra lo stesso Bezák e il Vaticano che hanno preceduto il suo richiamo. TA3 ha pubblicato il carteggio sul suo sito il 14 luglio. Tra le undici accuse rivolte a Bezák dalla Santa, secondo i documenti, ci sarebbero la sua selezione di sacerdoti con un passato in chiaroscuro (alcuni sono accusati di aver avuto figli illegittimi) ed in più la sua decisione di vestire, occasionalmente, in jeans o con pantaloni della tuta. Inoltre, Bezák avrebbe rilasciato alcune dichiarazioni irrispettose verso la figura di Papa Benedetto XVI e altri sacerdoti. Il portavoce della Conferenza Episcopale slovacca, Ján Kovacik ha rifiutato di commentare “la corrispondenza parziale tra mons. Bezák e la Congregazione, anche se potrebbe rivelarsi autentica”, ha riferito al quotidiano Sme. Anche il portavoce vaticano Federico Lombardi ha dichiarato al quotidiano che non aveva nulla da aggiungere alle dichiarazioni che erano già state pubblicate.

La Voce della Slovacchia

Gianluigi Nuzzi: alcuni documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti. Tutti i nomi e le lettere che compaiono nel libro 'Sua Santità'

"Alcuni documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti". Intervenendo domenica sera nella trasmissione "Top Secret" di Claudio Brachino, su Tgcom24, Gianluigi Nuzzi ha proposto questa inedita confidenza a riguardo del contenuto del libro "Sua Santità", nel quale sono pubblicati numerosi documenti riservati della Santa Sede. Nel contempo, alla richiesta di un commento sulle vicende di Paolo Gabriele, il maggiordomo pontificio che è attualmente l’unico sotto inchiesta, il giornalista ha allusivamente affermato che sarebbero numerose le persone dalle quali ha ricevuto quelle che nel sottotitolo del volume sono definite "le carte segrete di Benedetto XVI". Una frase che sembra cozzare con quanto sostenuto nel retrocopertina del medesimo libro, dove si dice che, dietro il nome in codice "Maria", "si nasconde la fonte principale anonima e segreta, interna al Vaticano, che ha fornito le centinaia di documenti alla base di questo libro". La vicenda dei Vatileaks, cioè la pubblicazione di testi trafugati in particolare dalla scrivania di Benedetto XVI e del suo segretario particolare mons. Georg Gänswein, vede dunque un ulteriore tassello, nella settimana in cui la Commissione di indagine presieduta dal card. Julian Herranz porterà al Pontefice un rapporto di sintesi su quanto è emerso dagli interrogatori di una trentina di testimoni. Se rispondesse a verità l’affermazione di Gianluigi Nuzzi, "alcuni documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti", il livello di complicità interno al Vaticano risulterebbe decisamente alto, al punto da lasciare stupefatti. Nel libro "Sua Santità" i documenti riservati vengono infatti presentati con due diverse modalità: una ventina, presumibilmente ritenuti dall’autore i più interessanti, appaiono nell’appendice fotografica; gli altri sono semplicemente trascritti all’interno dei nove capitoli nei quali il testo è suddiviso. I documenti fotografati sono sottoscritti dall’ex direttore di Avvenire Dino Boffo (alcune lettere), dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò(lettera), da Gianni Letta (biglietto di raccomandazione), da Bruno Vespa e Giovanni Bazoli (offerte per il Papa), dall’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi (diversi promemoria), da mons. Georg Gänswein (alcuni appunti), dai cardinali Tarcisio Bertone e Dionigi Tettamanzi (scambio di lettere), da mons. Giampiero Gloder e dall’arcivescovo Dominique Mamberti (osservazioni dalla Segreteria di Stato), dal comandante della Gendarmeria Domenico Giani (relazioni di servizio), dal responsabile di Comunione e liberazione Julian Carron (lettera) e dal preposito dei Gesuiti Adolfo Nicolas (lettera). Sarebbe davvero sorprendente che qualcuno di loro avesse fatto da passacarte verso l’esterno, mettendo in grave difficoltà la Santa Sede e provocando una ricaduta mediatica che non si può certo considerare utile allo scopo espressamente indicato dall’anonima fonte di Nuzzi come motivo ispiratore: "Se queste carte diverranno pubbliche, l’azione di riforma avviata da Ratzinger avrà una sua inevitabile accelerazione". Ma anche i firmatari dei documenti presentati soltanto in trascrizione farebbero sobbalzare chiunque sulla sedia, se si trattasse delle “manine infedeli”. A parte lo stesso Benedetto XVI, che ha siglato diversi appunti proposti, i testi sono sottoscritti dai cardinali Paolo Sardi, Angelo Scola, Velasio De Paolis, Zen Zekiun e dall’arcivescovo Ante Jozic. Nessun altro nome: a restar fuori ci sono unicamente le scarne relazioni di agenti della Gendarmeria vaticana e una lettera di un anonimo monsignore del Governatorato. Troppo marginali per poter assurgere al ruolo di “corvi”.

Saverio Gaeta, Famiglia Cristiana.it

Fellay: lungi da noi l’idea di costituire una Chiesa parallela. A Econe discussione franca che ha chiarito i dubbi e dissipato le incomprensioni

"Non siamo mai noi che rompiamo con Roma eterna, maestra di saggezza e verità", ma sarebbe "poco realista negare l’influenza modernista e liberale presente nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II e le riforme che ne sono scaturite". Lo dice il vescovo Bernard Fellay (nella foto con Benedetto XVI), nell’intervista pubblicata sul bollettino della Fraternità San Pio X, DICI.org, a conclusione del capitolo generale dei lefebvriano che si è tenuto a Econe nei giorni scorsi. Fellay non parla del contenuto della risposta che sta per inviare a Roma sull’ultima versione del preambolo dottrinale, anche se nelle scorse settimane aveva fatto intendere di non poter firmare la stesura presentatagli dal card. William Levada lo scorso 13 giugno. Fellay spiega innanzitutto che la Fraternità ha ritrovato l’unità dopo le recenti polemiche interne e dice di aver presentato al Capitolo l’insieme dei testi che il superiore ha scambiato con la Santa Sede negli ultimi mesi. "Questa esposizione ha permesso una discussione franca che ha chiarito i dubbi e dissipato le incomprensioni", e ha favorito "l’unità dei cuori". "Noi faremo arrivare a Roma la posizione del Capitolo che ci ha dato la possibilità di precisare la nostra rotta", insistendo nella "conservazione della nostra identità, il solo mezzo efficace per aiutare la Chiesa a restaurare la Cristianità". Fellay ha aggiunto: "Noi non possiamo conservare il silenzio di fronte alla perdita generalizzata della fede, né davanti alla caduta vertiginosa delle vocazioni e della pratica religiosa. Non possiamo tacere di fronte all’'apostasia silenziosa' e alle sue cause". Il superiore lefebvriano spiega poi come la Fraternità intenda ispirarsi a mons. Lefebvre non soltanto per ciò che riguarda la sua "fermezza dottrinale", ma anche per la sua "carità pastorale". "La Chiesa ha sempre considerato che la migliore testimonianza per la verità è stata donata dall’unione dei primi cristiani nella preghiera e nella carità". Fellay prende "con forza" le distanze da "tutti quelli che hanno voluto approfittare della situazione per seminare la zizzania, nell’opporre gli uni agli altri i membri della Fraternità". "Noi siamo cattolici – assicura il superiore lefebvriano – riconosciamo il Papa e i vescovi, ma dobbiamo innanzitutto conservare inalterata la fede… Ciò comporta la conseguenza di evitare tutto ciò che la potrebbe mettere in pericolo". Ma senza volersi sostituire alla "Chiesa Cattolica, apostolica e romana". "Lungi da noi l’idea di costituire una Chiesa parallela, esercitando un magistero parallelo". "Noi difendiamo la fede nel primato del Pontefice romano – continua Fellay – e nella Chiesa fondata da Pietro, però rifiutiamo tutto ciò che contribuisce all’'autodistruzione della Chiesa' riconosciuta dallo stesso Paolo VI nel 1968". Nell’intervista Fellay dedica parole taglienti al nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il vescovo Gerhard Müller. "Dopo che Benedetto XVI ha compiuto l’atto coraggioso in nostro favore nel 2009", Müller "non è sembrato voler collaborare nello stesso senso, e ci ha trattati come dei paria! È lui ad aver dichiarato che i nostri seminari dovrebbero essere chiusi… e che i quattro vescovi della Fraternità dovevano dare le dimissioni (Zeitonline, 8 maggio 2009)". Il superiore lefebvriano definisce poi "più importante e inquietante" il ruolo che Müller deve assumere in difesa della fede, combattendo "gli errori dottrinali e le eresie". Fellay cita gli ormai noti passi delle opere del nuovo Prefetto sulla transustanziazione, sulla verginità di Maria e sull’ecumenismo definendoli "più che discutibili" e affermando che in altri tempi lo stesso Müller "senza alcun dubbio sarebbe stato oggetto di un intervento del Sant’Uffizio". L’intervista va letta in filigrana: Fellay ha ricompattato la Fraternità, e ha isolato Williamson. Non dice nulla in proposito, ma si sa che considera non sottoscrivibile l’ultima versione del preambolo dottrinale, che lo ha sorpreso non poco in quanto non sono state accolte le sue proposte e le richieste di modifica che aveva avanzato dopo aver ottenuto, sembra di capire, qualche avallo ufficioso anche nelle stanze romane. Ma la risposta che sta per inviare a Roma non è da intendersi come la chiusura definitiva del dialogo e più di un passaggio dell’intervista sottolinea il riconoscimento dell’autorità del Papa come pure la volontà di non far nascere una Chiesa parallela.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Ssnta Sede e F.S.S.P.X: intervista a mons. Fellay

Anno della fede. Mons. Machado: se ognuno di noi vive con integrità il messaggio della fede cristiana, in modo inevitabile attrarrà altre persone

"'Porta Fidei', la Lettera Apostolica di Benedetto XVI sull'Anno della fede interessa in modo diretto l'India e la sua crisi di fede che io vedo attorno a me": è quanto afferma mons. Felix Machado, vescovo di Nashik in un'intervista ad AsiaNews che definisce "il dono dell'Anno della fede come una risposta al clima di mancanza di fede e un impeto per il dialogo interreligioso". Mons. Machado spiega che "ogni famiglia della mia diocesi riceverà fra breve due libretti: il Credo di Paolo VI e la Lettera 'Porta Fidei'. In essa il Papa indica nella crisi di fede l'origine di ogni problema e perciò rimane vitale per noi ritornare alle radici della fede". "Intorno a me - aggiunge il prelato - vedo segni di crisi perché la gente vive solo secondo le apparenze. Sono d'accordo nell'assicurare i beni materiali per la propria vita, ma enfatizzarli come l'unica preoccupazione crea tensioni e lotte e la vita diventa un peso enorme". "Il significato delle nostre vite dovrebbe essere basato non solo su ciò che appare e su ciò che vediamo. In tal modo la gente è divenuta più materialista. Il materialismo ha portato le persone a dimenticare che esiste anche una realtà al di là degli elementi fisici. E questa è la crisi di fede". "Questo Anno della fede - aggiunge - è un dono del Cielo per rivitalizzare la nostra fede. Per questo ho radunato tutti i sacerdoti della mia diocesi e presentato loro il messaggio contenuto nella Lettera 'Porta Fidei'. La Lettera è stata tradotta in Marathi e viene distribuita a tutti i fedeli della diocesi". Mons. Machado è anche il presidente della Sezione Ecumenismo e dialogo interreligioso per la Conferenza Episcopale indiana. A questo proposito, egli afferma che nella "Porta Fidei" vi sono importanti indicazioni anche per il dialogo interreligioso. "L'Anno della fede rafforzerà il dialogo e l'ecumenismo. Se ognuno di noi vive con integrità il messaggio della fede cristiana, in modo inevitabile attrarrà altre persone a questa fede". "Come cristiani dobbiamo permettere alla luce di Cristo di risplendere: tutti siamo chiamati ad accendere la nostra lampada della fede". "Madre Teresa ha dato una profonda impronta al dialogo interreligioso attraverso il suo essere testimone di Cristo. Madre Teresa è stata amata e rispettata da gente di ogni religione e perfino dagli atei. Ella è sempre stata una viva testimonianza della fede e ha di continuo sottolineato che il suo servizio ai poveri era motivato dal proprio amore a Gesù. In 'Porta Fidei' il Santo Padre cita Madre Teresa. Questa donna non ha mai annacquato la sua fede e attraverso le sue opere di amore, ha radunato insieme gente di ogni provenienza. Perfino alla sua morte, ai suoi funerali si sono uniti persone di tutte le religioni, in numero enormemente superiore ai cristiani presenti". "Questo Anno della Fede - conclude il vescovo - è il tempo opportuno per una riconferma e un rafforzamento della nostra fede, per dare alla vita un nuovo orizzonte e un preciso orientamento".

Nirmala Carvalho, AsiaNews