domenica 12 dicembre 2010

La benedizione dei Bambinelli per i presepi. Benedetto XVI: giovani amici, quando lo metterete nella grotta o nella capanna dite una preghiera per me

Tradizionale appuntamento questa mattina in Piazza San Pietro tra Benedetto XVI e circa 2000 bambini, coordinati dal Centro Oratori Romani, per la benedizione dei "Bambinelli", le statuine di Gesù Bambino che i ragazzi metteranno nei presepi delle famiglie, delle scuole e delle parrocchie. "Il primo saluto", ha detto il Papa dopo la preghiera dell'Angelus, "va oggi ai bambini e ai ragazzi di Roma, venuti per la tradizionale benedizione dei 'Bambinelli' per i Presepi. "Cari giovani amici - ha chiesto loro Joseph Ratzinger - quando metterete il Bambinello nella grotta o nella capanna, dite una preghiera per il Papa e per le sue intenzioni". Il Pontefice ha voluto salutare "anche i genitori, insegnanti e catechisti". "Ringrazio - ha aggiunto - il Centro Oratori Romani per l’iniziativa, come pure gli amici del Dispensario Pediatrico Santa Marta". Benedetto XVI ha poi ricordato anche che nel pomeriggio di giovedì un appuntamento in programma: "Il prossimo, 16 dicembre, nella Basilica di San Pietro, celebrerò la Liturgia dei Vespri con gli universitari degli Atenei romani, in preparazione al Santo Natale". Nei saluti ai fedeli di lingua spagnola, il Papa ha infine ricordato l’odierna festa della Vergine di Guadalupe, tanto cara al popolo messicano e a tutta l’America Latina. Con l’aiuto di Maria, ha detto, possiate vivere questo tempo di gioia e speranza, impegnandovi nell’esercizio della carità verso i più bisognosi.

Agi, Radio Vaticana

Il Papa: non disperare nell’attesa di un bene che tarda a venire, ma aspettarlo e prepararne la venuta con fiducia operosa. La Parola di Dio l'aiuto

In un mondo che esalta il cambiamento, l’Avvento ci invita ad aspettare il Signore con costanza e pazienza: è quanto sottolineato da Benedetto XVI alla recita dell’Angelus, in Piazza San Pietro. Siate costanti, fino alla venuta del Signore: il Papa ha ripreso un passo della Lettera di San Giacomo, proposta dalla Liturgia domenicale, per mettere l’accento sul valore della pazienza. “L’Avvento – è stata la riflessione del Pontefice – ci chiama a potenziare quella tenacia interiore, quella resistenza dell’animo che ci permettono di non disperare nell’attesa di un bene che tarda a venire”. Piuttosto, ha proseguito, dobbiamo aspettare questo bene, anzi “prepararne la venuta con fiducia operosa”. “Mi sembra quanto mai importante, ai nostri giorni, sottolineare il valore della costanza e della pazienza, una virtù che appartenevano al bagaglio normale dei nostri padri, ma che oggi sono meno popolari, in un mondo che esalta, piuttosto, il cambiamento e la capacità di adattarsi a sempre nuove e diverse situazioni”. Il Papa ha, così, ripreso l’esempio dell’agricoltore, indicato da San Giacomo, che aspetta con costanza il prezioso frutto della terra. Un paragone, ha detto, “molto espressivo”: “L’agricoltore non è un fatalista, ma è modello di una mentalità che unisce in modo equilibrato la fede e la ragione, perché, da una parte, conosce le leggi della natura e compie bene il suo lavoro, e, dall’altra, confida nella Provvidenza, perché alcune cose fondamentali non sono nelle sue mani, ma nelle mani di Dio”. “La pazienza e la costanza – ha osservato – sono proprio sintesi tra l’impegno umano e l’affidamento a Dio”. Si è così soffermato sull’esortazione a rinfrancare in nostri cuori che troviamo nella Scrittura. “Come possiamo fare questo?”, si chiede il Papa, “Come possiamo rendere più forti i nostri cuori, già di per sé piuttosto fragili, e resi ancora più instabili dalla cultura in cui siamo immersi?”. “L’aiuto non ci manca: è la Parola di Dio. Infatti, mentre tutto passa e muta, la Parola del Signore non passa. Se le vicende della vita ci fanno sentire smarriti e ogni certezza sembra crollare, abbiamo una bussola per trovare l’orientamento, abbiamo un’ancora per non andare alla deriva”. Il modello che ci viene offerto, ha affermato il Papa, “è quello dei profeti, cioè di quelle persone che Dio ha chiamato perché parlino in suo nome”. “Il profeta trova la sua gioia e la sua forza nella Parola del Signore, e, mentre gli uomini cercano spesso la felicità per strade che si rivelano sbagliate, egli annuncia la vera speranza, quella che non delude perché è fondata sulla fedeltà di Dio”. Ed ha concluso la sua riflessione ricordando che ogni cristiano, in forza del Battesimo, “ha ricevuto la dignità profetica” ed auspicando che ciascuno possa “riscoprirla e alimentarla”, con un "assiduo ascolto" della Parola divina.

Il Papa: non sono le grandi promesse che cambiano il mondo ma la silenziosa luce della verità, della bontà di Dio, il segno della Sua presenza e amore

Papa Benedetto XVI si è recato questa mattina in visita pastorale nella parrocchia di San Massimiliano Kolbe, dove ha celebrato la Messa della terza domenica di Avvento, chiamata Gaudete per lo speciale invito alla gioia che emerge dalle letture. Il Pontefice è stato accolto da una folla di fedeli al grido di "Viva il Papa", dal card. Agostino Vallini, vicario della diocesi di Roma e dal parroco della chiesa don Slawomir Skwierzynski. La parrocchia è intitolata al francescano polacco martire ad Auschwitz ed è stata eretta nel 1984 e inaugurata ufficialmente nell'aprile del 2009 dal card. Vallini. Quella di oggi è la decima visita ad una parrocchia romana di Benedetto XVI. Per l'occasione la chiesa è stata addobbata con drappi e bandiere bianchi e gialli, colori del Vaticano.
Nell'omelia, il Papa ha sottolineato che c’è un interrogativo che in questa domenica interpella il cristiano, è quello di Giovanni Battista che manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. La domanda del Battista, perplesso per non aver visto nessun cambiamento nel mondo, è quella che in tanti, ha osservato Benedetto XVI, si sono posti nel corso dei millenni: "’Ma realmente sei tu? O il mondo deve essere cambiato in modo più radicale? Tu non lo fai?’. E sono venuti tanti profeti, ideologi e dittatori che hanno detto: ‘Non è lui! Non ha cambiato il mondo! Siamo noi!’. Ed hanno creato i loro imperi, le loro dittature, il loro totalitarismo che avrebbe cambiato il mondo. E lo ha cambiato, ma in modo distruttivo. E oggi sappiamo che di queste grandi promesse non è rimasto che un grande vuoto e grande distruzione. Non erano loro".
All’interrogativo che ancora oggi riecheggia, ha detto il Papa, così sembra rispondere il Cristo: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni”. Questa luce sono gli innumerevoli testimoni di fede che hanno rischiarato secoli di storia. Il Pontefice ne ha enumerati alcuni, cominciando proprio dal patrono della parrocchia che lo ha ospitato: San Massimiliano Kolbe, offertosi alla morte per salvare un padre di famiglia, “luce” che “ha incoraggiato altri a donarsi, essere vicini ai sofferenti, agli oppressi”; “Damiano de Veuster, che ha vissuto ed è morto con e per i lebbrosi”; Madre Teresa di Calcutta, che tanta luce ha dato a persone dalla vita buia, ma morte con un sorriso sulle labbra perché “toccate dalla luce dell’amore di Dio”. La risposta è dunque che non sono violente rivoluzioni, “non sono le grandi promesse che cambiano il mondo, ma...la silenziosa luce della verità, della bontà di Dio”. È questo “il segno della Sua presenza”, “la certezza che siamo amati fino in fondo e che non siamo dimenticati, non siamo un prodotto del caso, ma di una volontà di amore”. Ed è attraverso tale certezza, ha assicurato Benedetto XVI, che “possiamo sentire la vicinanza di Dio”. “Dio è vicino ma noi siamo spesso lontani. Avviciniamoci, andiamo alla presenza della Sua luce, preghiamo il Signore e nel contatto della preghiera diventiamo noi stessi luce per gli altri”. E luce da portare al mondo il Pontefice ha chiesto di essere ai parrocchiani di San Massimiliano Kolbe, esortandoli a vivere l’Avvento nella quotidianità, nella vita ordinaria delle famiglie, indicandolo come “forte invito...a lasciare entrare sempre di più Dio” nelle case e nei quartieri, “per avere una luce in mezzo alle tante ombre, alle tante fatiche di ogni giorno”.
Quindi ha invitato la comunità parrocchiale a non isolarsi dal contesto diocesano e ad essere "espressione della bellezza della Chiesa" che, sotto la guida del vescovo "cammina in comunione verso il Regno di Dio”. Augurando poi alle famiglie di realizzare pienamente “la propria vocazione all’amore con generosità e perseveranza”, Benedetto XVI ha aggiunto: “Anche quando dovessero presentarsi difficoltà nella vita coniugale e nel rapporto con i figli, gli sposi non cessino mai di rimanere fedeli a quel fondamentale “sì” che hanno pronunciato davanti a Dio e vicendevolmente nel giorno del matrimonio, ricordando che la fedeltà alla propria vocazione esige coraggio, generosità e sacrificio”. Con lo sguardo alla parrocchia che accoglie nuclei familiari di diverse origini e nazionalità, il Papa ha poi sottolineato la necessità di “crescere...nella comunione”, “creare occasioni di dialogo e favorire la reciproca comprensione tra persone provenienti da culture, modelli di vita e condizioni sociali differenti”. E ancora di pensare “una pastorale attenta ai reali bisogni di ciascuno”, di “partire dai ‘vicini’ per giungere fino ai ‘lontani’”. Infine il Pontefice ha parlato ai giovani: “La Chiesa si aspetta molto da voi, dal vostro entusiasmo, dalla vostra capacità di guardare avanti e dal vostro desiderio di radicalità nelle scelte di vita. Sentitevi veri protagonisti nella parrocchia, mettendo le vostre fresche energie e tutta la vostra vita a servizio di Dio e dei fratelli”. E con lo sguardo al Natale ha sollecitato i fedeli ad “essere costanti e pazienti nell’attesa del Signore che viene, e ad esserlo insieme, come comunità, evitando lamentele e giudizi”.

Radio Vaticana, Il Giornale.it