giovedì 13 settembre 2012

Sulla scrivania del Papa il corposo dossier della commissione cardinalizia sulla fuga di documenti. A Benedetto XVI la decisione di renderlo pubblico

Un corposo dossier, costituito in gran parte delle trascrizioni testuali delle audizioni, in forma di domande e risposte, quasi da verbale della polizia. E da cui, attraverso le testimonianze acquisite, emerge un esame accuratissimo sulla gestione dei documenti nella segreteria particolare del Pontefice e sulle comunicazioni da e per la Segreteria di Stato vaticana. Si compone così, secondo fonti ben informate vicine al Vaticano, la relazione consegnata a Benedetto XVI dai tre cardinali Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, incaricati dal Pontefice, parallelamente all’inchiesta penale, di fare luce sul caso Vatileaks. La relazione giace ormai da settimane sulla scrivania di Papa Ratzinger e in molti, fuori e dentro le Sacre stanze, si interrogano sul suo contenuto, che rimane top secret. Con le indagini ancora in corso sulla fuga dei documenti, i contraccolpi dell’affaire Vatileaks che ha dato l’immagine di una Curia-colabrodo e l’attesa per il processo in autunno all’ex maggiordomo papale Paolo Gabriele, Oltretevere è d’obbligo la massima riservatezza, mentre lo stesso Pontefice non ha ancora ritenuto giunto il momento di svelare le conclusioni delle "indagini parallele" effettuate dai tre porporati. Particolari sulla struttura del dossier cardinalizio, tuttavia, cominciano a trapelare. Fonti attendibili spiegano che quello consegnato al Papa dai tre cardinali è un documento corposo, composto da dettagliati verbali, resoconto di oltre un centinaio di "colloqui" condotti a tappeto. Su ognuno dei verbali si leggono nome, cognome, incarico della persona interrogata e, a seguire, la trascrizione precisa delle domande poste e delle risposte ricevute. Un lavoro minuzioso, trasposto nella forma più oggettiva possibile, la cui impostazione riflette chiaramente il procedere schematico e lineare dell’esperto giurista Herranz, ex presidente del Pontificio Consiglio dei Testi legislativi e mente sopraffina dell’Opus Dei che il Papa ha voluto come coordinatore della commissione cardinalizia. Le domande rivolte dai tre porporati nei colloqui svolti sia con laici, sia con religiosi degli uffici vaticani da maggio a luglio hanno avuto soprattutto lo scopo di ricostruire i meccanismi di funzionamento della Curia. Tracciare in modo chiaro i percorsi dei documenti con particolare attenzione al tragitto che va dalla Segreteria di Stato alla segreteria particolare del Pontefice. Proprio la segreteria particolare, poi, è stata oggetto di una approfondita indagine per far emergere con chiarezza in che modo vengano gestite la comunicazione verso il Pontefice e le modalità di accesso al Papa. Quello che è stato sottoposto a Benedetto XVI, si spiega, è un lavoro che anche al di là del caso Vatileaks, dà modo a Papa Ratzinger di rendersi conto di molti aspetti che riguardano l’ambiente della Curia, i suoi rapporti interni, i passaggi di documenti e informazioni. I tre cardinali, inoltre, si sarebbero detti favorevoli anche alla pubblicazione del documento, pubblicazione che non comporterebbe loro alcuna "difficoltà". Com’è noto, però, la decisione spetta al Papa, che sarebbe propenso ad aspettare quanto meno la conclusione del processo a Gabriele.

Vatican Insider

Il Papa in Libano. Card. Sandri: atteso dall’intera nazione. Avvenimento volto a confermare il Paese come esempio di convivenza rispettosa e solidale

“La visita in Libano è attesa dall’intera nazione”. È quanto scrive il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, alla vigilia della partenza di Benedetto XVI per il Libano. In un articolo su L’Osservatore Romano di oggi, il porporato fa notare come il 24° viaggio del Papa fuori dall’Italia si preannuncia come un avvenimento volto a confermare il Paese in quella “missione” che gli ha affidato Giovanni Paolo II, quando lo definì un esempio di “convivenza rispettosa e solidale”. Secondo il card. Sandri, il Papa riconoscerà al Libano tale esemplarità “a dispetto delle smentite del passato e nonostante il delicato equilibrio del presente”, poiché “componenti religiose e tradizioni culturali dai caratteri storici talora nettamente e volutamente diversificati hanno saputo avvicinarsi e rimanere vicine grazie a una plurisecolare frequentazione”. “Tra le più alterne e a volte dolorose vicende”, infatti, il Libano ha saputo credere nella “intesa possibile”, mai cedendo alla “fragilità dei risultati”. “Ma anche per questo viaggio la dimensione dell’incertezza non manca”, conclude il cardinale, secondo il quale “non possiamo negare l’apprensione forte e la pena per l’inarrestabile violenza che affligge la Siria fino a lambire il Libano e a riversare sulla regione un flusso di profughi alla ricerca disperata di sicurezza e futuro”.

SIR

La via della comunione

Il Papa in Libano. Patriarca Raï: chiederà la fine della violenza in Siria e a coloro che finanziano o armano gli uni e gli altri di smettere di farlo

Papa Benedetto XVI, atteso domani in Libano, chiederà che cessino i rifornimenti di armi ai belligeranti in Siria: lo ha detto stamani il patriarca cattolico-maronita Béchara Boutros Raï, parlando dalla sede patriarcale di Bkerke a nord di Beirut. Citato dall'agenzia nazionale libanese Nna, Raï ha affermato che il Papa "invocherà la cessazione della spirale di violenza e dell'odio" in Siria e "chiederà a coloro che finanziano o armano gli uni e gli altri di smettere di farlo". In un Libano che per 29 anni è stato sotto la tutela militare e politica siriana e che tenta di non esser influenzato negativamente dal conflitto nel vicino Paese arabo, c'è grande attesa per le parole che il Santo Padre pronuncerà riguardo alla questione siriana e alla sorte delle numerose comunità cristiane della Siria. Nei giorni scorsi il patriarca, capo della Chiesa Cattolica d'Oriente che conta il maggior numero di fedeli, aveva affermato che i cristiani in Siria sono con lo Stato e non sostengono il regime del presidente Bashar al Assad in quanto tale. "Tutti i popoli dei paesi arabi e di altre regioni hanno il diritto di invocare le riforme e noi li sosteniamo in questo", ha aggiunto oggi Raï. "La guerra non è condotta in nome dell'islam o del cristianesimo ma dagli Stati, da parti interessate o da mercenari", ha detto il patriarca, secondo cui "cristiani e musulmani devono unirsi attorno a dei valori per gettare le basi di una vera Primavera araba". Un anno fa, quando le proteste pacifiche in Siria represse nel sangue si stavano trasformando gradualmente in rivolta armata, il patriarca aveva affermato a Parigi che bisognava "dare più tempo ad Assad per fare le riforme politiche".Difendendo il ruolo riformatore del presidente siriano, Raï aveva inoltre affermato che "in Siria il presidente non è l'unico a decidere... c'è un grande partito Baath che governa.Lui (Assad) come persona è aperto, ha studiato in Europa, è formato alla maniera occidentale... ma non può fare miracoli poverino".

Ansamed

Il Papa domani in Libano. Il patriarca Raï: porterà una primavera cristiana in Medio Oriente

Per vivere insieme nella città dell’uomo

Il Papa in Libano. ​Ampio spazio nella stampa del Paese al viaggio: la figura di Benedetto XVI e i suoi richiami a giustizia e partecipazione

Ampio spazio viene dedicato dalla stampa libanese all’imminente viaggio del Papa, con schede sulla figura di Benedetto XVI e i temi religiosi e sociali a lui cari. Il quotidiano ad-Diyar, ad esempio, pubblica a puntate la traduzione araba dell’Enciclica "Deus caritas est", sottolineando la frase in cui il Papa afferma che "la giustizia è lo scopo e quindi anche la misura intrinseca di ogni politica". Ieri, tra i commenti politici messi in risalto da tutti i quotidiani di Beirut uno proveniva proprio dal presidente della Repubblica libanese. Nella dichiarazione rilasciata all’agenzia stampa nazionale Michel Suleiman sottolinea che "il Papa viene in Libano per affermare il ruolo dei cristiani orientali, il che va incontro al ruolo del Libano come centro di dialogo interreligioso e interculturale". "Il Papa, ha aggiunto Suleiman, incoraggia i cristiani a partecipare (alla vita politica, ndr) e a rimanere radicati nella terra". In un editoriale uscito ieri sul prestigioso quotidiano An-Nahar, le visite pastorali compiute nelle ultime settimane dal patriarca maronita Bechara Rai nella regione a maggioranza sunnita di Akkar e in quella a maggioranza drusa dello Chouf vengono messe in relazione con la visita di Benedetto XVI in Libano, per affermare "l’importanza che le comunità non cristiane conferiscono alla visita del Papa, e ciò attraverso una rimessa in evidenza del radicamento della presenza cristiana e del ruolo dei cristiani in Libano nelle attuali circostanze regionali, oltre a contribuire a smentire le voci che vorrebbero legare il destino dei cristiani della regione alla vita del regime siriano". "Puntando i riflettori sui cristiani e sul Libano – si legge ancora nell’editoriale – la visita del Papa offre un’immunità sia ai cristiani sia al Libano, grazie anche all’attaccamento al pluralismo espresso da più parti libanesi". Sul quotidiano As-Safir, accanto a una dettagliata scheda sui precedenti viaggi all’estero di Benedetto XVI, un articolo tenta con un anonimo "esperto" del Sinodo sul Medio Oriente una "lettura anticipata" dell’esortazione apostolica che il Papa firmerà in Libano e degli "ultimi ritocchi" che essa potrebbe subire alla luce degli avvenimenti nella regione. "L’Esortazione post-sinodale – scrive Grazia Bitar – potrebbe non citare esplicitamente la Primavera araba, ma non ne ignorerà le ripercussioni. Il documento che il Papa ha scelto di firmare in Libano contiene infatti tutte le preoccupazioni e i 'capovolgimenti' del Medio Oriente. Un grido limpido che attraversa il testo invita cristiani, musulmani ed ebrei al rispetto della dignità umana. Un valore, questo, che trascende il concetto di maggioranza e minoranza". Il testo, si legge ancora, rappresenta "un’espressione di fede in una pressa di coscienza araba in grado di provocare un cambiamento e una riforma sociali al servizio della dignità umana che potrebbe aver subito delle violazioni sotto i precedenti regimi". "Il Papa – conclude l’editorialista – non pretende certo di cambiare la situazione premendo un pulsante, ma creerà comunque una dinamica. La riforma necessita una conversione e la conversione è una strada lunga e tortuosa in cui il cambiamento delle mentalità è forse la tappa meno difficile".

Camille Eid, Avvenire

Il Papa in Libano. Padre Dall'Oglio: prego che non vinca il silenzio diplomatico. Con le sue parole la testimonianza della verità sarebbe più chiara

“Io prego, io prego per questo viaggio del Papa in Libano”. Il cuore di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita siriano che nel giugno scorso, dopo trent’anni di permanenza, ha dovuto lasciare la Siria, è rimasto là, in Medio Oriente. È rimasto con i suoi confratelli del monastero di Deir Mar Musa, è rimasto con i cristiani, minoranza tra le minoranze, in Siria, in Iraq, in Libano. Ma per il viaggio di Benedetto XVI nella terra dei cedri non ha soltanto pregato con il cuore e con le parole, ma anche con il corpo: padre Paolo ha infatti appena terminato una settimana di digiuno e di sensibilizzazione a sostegno del popolo siriano e come suo contributo personale alla preparazione del viaggio papale. Un viaggio importante, per i cristiani innanzitutto, ma non solo. In una nazione così lacerata da contrapposizioni di potere e da infiniti conflitti, ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio potranno diventare una pietra di costruzione di una nuova società o essere strumentalmente utilizzati per rinfocolare odii atavici e conflitti religiosi. Benedetto XVI, all’Udienza generale di ieri, ha chiesto a tutti di accompagnarlo con la preghiera. Un saluto, quello del Papa, in cui l’equilibrio delle parole fa risaltare la delicatezza del viaggio, sia sul versante ecclesiale che su quello politico, un equilibrio che colpisce il cuore di padre Paolo. "Siamo nel prudente silenzio diplomatico", scandisce al telefono. E, alla richiesta di essere più esplicito, ribadisce, cadenzando le parole: "Siamo nel prudente silenzio diplomatico". Quasi un amaro “no comment”, ma il fuoco arde e il gesuita si sbilancia. "Non c’è la parola 'diritti umani', non c’è 'democrazia', non c’è 'emancipazione', non ci sono le 'legittime aspettative'. A Pasqua queste parole c’erano…". Il viaggio è delicato e taluni sottolineano che la prudenza non è mai troppa, che l’allerta è al massimo. Il silenzio diplomatico potrebbe continuare anche a Beirut, ad Harissa, a Baadba, a Bzommar, a Bkerké, a Charfet. "Lo temo - toglie ogni dubbio il sacerdote -. Certo, il viaggio è pericoloso ma con le parole di Benedetto XVI la testimonianza della verità sarebbe più chiara. E queste parole aiuterebbero le parti più sensibili alla posizione della Chiesa a prendere le decisioni necessarie". Il pensiero di Dall’Oglio corre ai cristiani di Siria, d’Iraq, del Libano. "Lo scriva: io prego per questo viaggio del Papa".

Daniela Romanello, Il Sussidiario.net

Il Papa in Libano. Il premier Miqati: viaggio storico, farà del bene e sarà l'inizio di una vera collaborazione tra i popoli dei Paesi mediorientali

"Una visita storica" quella di Papa Benedetto XVI in Libano. E' così che il primo ministro libanese, Najib Miqati (foto), definisce il prossimo viaggio del Pontefice nel Paese dei cedri, dove si tratterrà per tre giorni per consegnare l'Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente." "Sua Santità ha scelto il nostro Paese per annunciare la sua Esortazione Apostolica poiché è convinto del ruolo del Libano nella regione in cui si trova e nel resto del mondo", afferma Miqati, in esclusiva ad Aki-Adnkronos International. Il Libano, continua il premier, "ha una sua esperienza unica" e, in questo senso sottolinea, Benedetto XVI "rinnova un atto di fede verso questo Paese, che è stato e resterà un punto di incontro e di interazione tra le civiltà e le culture e un modello luminoso di convivenza tra musulmani e cristiani". Il viaggio di Benedetto XVI "anche se geograficamente si svolge in Libano", è una sorta di "viaggio di ricognizione" che coinvolge anche quei "Paesi del Medio Oriente in cui la popolazione soffre grandi tormenti a causa degli eventi cui si assiste e che hanno portato all'emigrazione di alcune loro componenti", spiega Miqati. "Questo - afferma - implica la necessità di fare passi urgenti per frenare questa emorragia umana, che preoccupa la Santa Sede". Benedetto XVI, sottolinea il premier libanese, "viene per dire alle genti di questa regione del mondo che non devono avere paura e per infondere nei loro animi la speranza". "Tutti i libanesi cristiani e musulmani attendono l'arrivo del Papa venerdì, fiduciosi che questa visita farà del bene e sarà l'inizio di una vera collaborazione tra i popoli di tutti i Paesi mediorientali ai quali Benedetto XVI indirizza la sua esortazione, che darà loro speranza in un futuro migliore". "Solo una pace giusta, duratura e totale è la via per la stabilità e la sicurezza", sottolinea Miqati, mettendo in evidenza che "chi conosce le posizioni del Papa sa che questi principi sono sempre stati al centro delle sue preghiere per la pace in Medio Oriente e nel mondo". Il premier ricorda quindi l'incontro avvenuto con il Pontefice in Vaticano, sottolineando di aver "percepito in Sua Santità un grande desiderio di consolidare la presenza crsitiana in Libano e nella regione". "Abbiamo affrontato molte questioni relative agli sforzi che bisognerebbe prodigare in tal senso e il Papa si è mostrato preoccupato del ruolo rinnovato che le Chiese d'Oriente devono svolgere nel portare una testimonianza incisiva nelle società arabe che si concentri sull'importanza dell'unità e della solidarietà con tutti i figli di queste nazioni", afferma il premier, il quale è convinto del fatto che quella del Pontefice sia "la visita di un messaggero di pace che sa quanto soffre questa regione".

Adnkronos/Aki

Il Papa in Libano. Karam: con il magistero semplice e essenziale mostra che dialogo è sempre possibile, leader politici cristiani ne facciano tesoro

“Tutti i capi politici sembrano aver concordato una tacita sospensione dei loro conflitti permanenti, per lasciare spazio all’arrivo del Papa e ascoltare quello che Lui ci dirà”. Questa l’impressione che confida all’agenzia Fides padre Paul Karam, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Libano. Secondo il giovane sacerdote, “si tratta di una pausa di riflessione salutare, e tutti ne abbiamo bisogno: occorre aprire spazi a una prassi politica che sia davvero sollecitudine per il bene comune del popolo, e non solo lotta tra fazioni per prevalere sugli altri”. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, ha ripetuto che Benedetto XVI non si reca in Libano “come un potente capo politico”. Ma proprio per questo il suo viaggio può mostrare cammini nuovi anche alla convivenza civile: “Con il suo magistero semplice e essenziale - spiega padre Karam – Papa Benedetto XVI mostra a tutti che il dialogo è sempre possibile”. La posizione geopolitica pone il Libano al centro di tensioni laceranti. Riconosce Karam: “Ci troviamo in mezzo tra Siria e Israele. Potremmo essere un Paese di pace, e invece paghiamo sempre i disegni politici e militari decisi altrove. I grandi giochi del mondo si accaniscono sul nostro piccolo territorio. Ma anche per questo, come disse Giovanni Paolo II, il Libano è un messaggio: può mostrare a tutti che proprio qui il dialogo rende possibile la convivenza tra gruppi e interessi differenti”. Padre Karam si augura che soprattutto i leader politici cristiani ascoltino e facciano tesoro delle parole del Papa. “La loro vocazione è semplicemente quella di dare testimonianza del proprio battesimo nelle loro iniziative, comportandosi da figli di Dio e seguendo sempre quello che ci ha insegnato Gesù rispetto alle istituzioni politiche e civili: occorre dare a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”. Negli scenari laceranti del Medio Oriente, la missione che il Papa affiderà ai cristiani è quella di essere un segno di riconciliazione. “Per questo - sottolinea padre Karam - la Chiesa non può mai presentarsi come un partito. La Chiesa è per tutti e vuole il bene di tutti. La propria appartenenza ecclesiale, anche per i leader politici cristiani, non può mai farsi manipolare e essere presentata come appartenenza a un blocco politico in lotta con le altre fazioni. Chi fa questo, vende il nome stesso di Cristo e della Chiesa per i propri miseri traffici di potere”. La fedeltà a questa vocazione, secondo p.Karam, può rendere realisti e lungimiranti anche davanti agli scontri di potere che agitano il Medio Oriente. “In Siria - nota padre Karam - c’era un regime dittatoriale. Ma finora la scelta del conflitto armato ha prodotto solo morti, profughi, case distrutte, tanta sofferenza. La pace si fonda sulla giustizia. Fino a quando manca la giustizia, in Medio Oriente non ci sarà la pace. E si continuerà a rimanere in bilico tra regimi autoritari e teocrazie”.

Fides

Lombardi: la più ferma condanna della Santa Sede al gravissimo attentato contro il consolato Usa in Libia, nulla può giustificare la violenza omicida

“Il gravissimo attentato organizzato contro la rappresentanza diplomatica statunitense in Libia, con l’uccisione dello stesso Ambasciatore e di altri funzionari, merita la più ferma condanna da parte della Santa Sede”. E’ la dichiarazione rilasciata oggi da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, a proposito dell’attentato contro il consolato Usa a Bengasi, che ha provocato la morte di quattro persone. “Nulla può infatti giustificare l’attività delle organizzazioni terroristiche e la violenza omicida - sottolinea padre Lombardi -. Insieme al dolore, alla partecipazione e alla preghiera per le vittime, si rinnova l’auspicio che nonostante questo nuovo tragico evento la comunità internazionale riesca a trovare le vie migliori per continuare il suo impegno per favorire la pace in Libia e nell’intero Medio Oriente”.

SIR

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, PADRE FEDERICO LOMBARDI

Il Papa in Libano. Bertone: tensioni hanno reso più urgente il desiderio di andare nel Paese. Sulla Siria non ha risparmiato sforzi per una soluzione

L’annullamento del viaggio papale in Libano "non è mai stato preso in considerazione" e "le tensioni crescenti nella zona, lungi dallo scoraggiare Benedetto XVI, hanno reso ancora più urgente il suo desiderio di visitare il Paese, per promuovere la pace ed esprimere la sua profonda solidarietà a tutti". È quanto afferma il Segretario di Stato Tarcisio Bertone alla vigilia della trasferta papale in Medio Oriente. Il cardinale ha concesso una lunga intervista a Le Figaro, che sarà pubblicata sull’edizione di oggi ma anticipata ieri sul sito web del quotidiano francese. Il principale collaboratore del Papa ha parlato della crisi in Siria: "La drammatica situazione in cui vive il popolo siriano è seguita con grande preoccupazione dal Santo Padre. Da oltre un anno, il Papa ha moltiplicato i suoi appelli pubblici per la pace, la riconciliazione, l’unità del popolo siriano. Non ha risparmiato i suoi sforzi per una soluzione diplomatica". Il cardinale ha quindi lanciato un messaggio rassicurante sul viaggio in Libano: "Le informazioni che riceviamo ci assicurano che c’è una forte attesa per la visita del Papa da parte di tutti i libanesi e di tutte le comunità". Bertone ha anche detto che non sono state chieste misure speciali di sicurezza. Il cardinale ha poi risposto all’obiezione di quanti ritengono che la Santa Sede sia stata troppo prudente nei suoi pronunciamenti sulla Siria: "All’inizio di questa crisi, il Papa ha condannato tutta la sua forza la violenza e le perdite di vite umane. Con la stessa forza Benedetto XVI ha affermato le legittime aspirazioni del popolo siriano. Ha ripetutamente invitato tutti i leader ad astenersi dalla violenza e ad impegnarsi nella via del dialogo e della riconciliazione". Bertone ha spiegato che la "la posizione della Chiesa non è neutrale, ma semplicemente chiara: la violenza porta solo altra violenza! La violenza porta morte" lasciando "profonde cicatrici" nel "cuore della nazione siriana che si faranno sentire per molti anni". Per questo, ha spiegato il Segretario di Stato, "la Santa Sede chiede l’immediata cessazione di ogni violenza, per far prevalere il dialogo ed evitare ulteriori sofferenze alla popolazione". Il cardinale ha parlato anche dell’Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente", che Joseph Ratzinger firmerà in Libano: "Il Papa non è un commentatore politico! Aspettarsi dall’Esortazione una sorta di interpretazione socio-politica della 'primavera araba', o anche un programma politico specifico per i cristiani significa fraintendere l’insegnamento del Santo Padre. L’Esortazione sarà piuttosto un messaggio di speranza e di incoraggiamento a tutti i cattolici del Medio Oriente perché possano offrire il loro prezioso contributo nelle diverse società in cui vivono". Alla domanda se il documento, frutto del Sinodo dell’ottobre di due anni fa, non rischi di essere sorpassato dagli eventi, Bertone ha risposto: "Nell’autunno 2010 sono state poste pubblicamente questioni molto specifiche - a volte inquietanti - sulla libertà, la democrazia, la giustizia, lo stato di diritto", elementi che, a detta del cardinale, "hanno in qualche modo anticipato le aspirazioni della primavera araba del 2011". "Benedetto XVI – ha aggiunto il Segretario di Stato – ha seguito con grande attenzione l’evoluzione della primavera araba. Il Papa è molto informato sulla situazione. Quando capi di Stato e primi ministri vanno in udienza da lui, sono sempre sorpresi dal suo livello di conoscenza delle questioni. Per il Papa promuovere la dignità umana e i diritti umani è la strategia più efficace per costruire il bene comune, base della convivenza sociale". Bertone ha anche aggiunto che Benedetto XVI ritiene che la democrazia "porterà un maggior rispetto dei diritti umani e un migliore sviluppo della società a tutti i livelli. Ma insiste anche nel dire che la religione e i suoi valori sono una elemento importante del tessuto sociale. La religione è anche un diritto umano fondamentale ed è inconcepibile per il Papa che dei credenti si privino di una parte di se stessi - la loro fede - per essere cittadini attivi". Il cardinale nell’intervista a Le Figaro ha parlato anche dell’islam, affermando che la scelte definitive "per la libertà di coscienza, la libertà religiosa, il rispetto e il dialogo" presenti nei rapporti di vertici devono essere trasferite a livello popolare, alle persone che "a volte sono sotto l’influenza di gruppi fondamentalisti". Ma Bertone ha respinto con forza l’ipotesi dello scontro di civiltà con l’islam: "Siamo contrari!". Quanto all’esodo dei cristiani dai Paesi del Medio Oriente, il Segretario di Stato invita a guardare alle singole situazioni senza generalizzare: "Non bisogna dimenticare che la prima motivazione è spesso economica e sociale", ed è "legata all’instabilità" provocata dalle guerre. Mentre al contrario, "quando il contesto sociale e culturale è favorevole", i cristiani si mobilitano anche nei paesi musulmani per "costruire una società in cui ognuno abbia il suo posto, indipendentemente dalla religione di appartenenza". A questo proposito Bertone ricorda anche che il cristianesimo è nato in quella regione: "I cristiani in Medio Oriente non sono missionari" arrivati ​​dall’Occidente sulla scia degli imperi coloniali. "Il Medio Oriente di oggi deve molto alla presenza cristiana, che ha plasmato il volto della società. Un esempio è la rinascita araba nel secolo scorso, che ha visto la partecipazione di importanti personalità cristiane". Infine, rispondendo a una domanda sull’instabilità diffusa nell’area mediorientale, il Segretario di Stato ha voluto citare "la questione palestinese" che "per decenni non ha trovato una vera soluzione. In effetti, gli accordi parziali anche se sono positivi non possono garantire una pace duratura se altri problemi non vengono risolti". La sfida più grande è di trovare una soluzione condivisa da tutti "con l’aiuto della comunità internazionale".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Intervista del cardinale segretario di Stato a Le Figaro sul viaggio di Benedetto XVI in Libano: messaggero di pace

In tre fasi la prossima visita 'ad limina Apostolorum' dei vescovi della Francia. Le iniziative della Chiesa d'oltralpe per l'Anno della fede

Si svolgerà in tre fasi la prossima visita "ad limina Apostolorum" dei vescovi francesi: i primi a recarsi a Roma, dal 20 al 29 settembre, saranno quelli delle province ecclesiastiche di Rouen, Rennes, Poitiers, Tours e Bordeaux, seguiti, dal 12 al 22 novembre, dai presuli delle province di Lille, Reims, Parigi, Besancon e Dijon, delle diocesi di Strasbourg e Metz, assieme all’Ordinariato militare e all’Ordinariato dei cattolici delle Chiese orientali residenti in Francia; dal 23 novembre al 3 dicembre sara quindi la volta delle province ecclesiastiche di Clermont, Lyon, Marseille, Montpellier e Toulouse. Erano più di otto anni che i vescovi francesi non si recavano insieme in Vaticano; la precedente visita si era infatti svolta dal 24 novembre 2003 al 28 febbraio 2004. Un “ritardo” spiegabile, si legge sul sito in rete della Conferenza Episcopale, con la morte di Giovanni Paolo II e il viaggio di Benedetto XVI in Francia nel 2008. Com'è noto, infatti, le visite "ad limina" hanno luogo in genere ogni cinque anni e rappresentano per i vescovi un momento di grande valore spirituale, reso intenso dal pellegrinaggio sulle tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, che permette di rafforzare i legami con la Santa Sede e le stesse diocesi, attraverso un’esperienza di comunione. Il 15 dicembre 2011 Benedetto XVI aveva ricevuto in udienza l’arcivescovo di Parigi, card. Andre Vingt-Trois, presidente della Conferenza Episcopale, con il quale si era soffermato sui temi di piu stretta attualità in Francia, anche in prospettiva della visita "ad limina". I presuli hanno preparato l’incontro con il Papa redigendo ciascuno un rapporto riguardante la propria diocesi, poi inviato alla Santa Sede e il cui contenuto e suddiviso a seconda dei differenti dicasteri della Curia, in funzione delle tematiche affrontate. Sarà poi la Congregazione per i vescovi, più esattamente l’Ufficio di coordinamento delle visite "ad limina", in Vaticano, a farsi carico delle questioni concernenti il programma della visita, comprese le celebrazioni nelle Basiliche di San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore. Il primo gruppo (20-29 settembre) sarà guidato dal card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux et Bazas, il secondo (12-22 novembre) dal card. Vingt-Trois (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Parigi, il terzo (23 novembre-3 dicembre) dal card. Philippe Barbarin, arcivescovo di Lyon. In occasione delle visite "ad limina Apostolorum" e dell’Anno della fede voluto da Benedetto XVI per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, i tre porporati saranno ospiti fra l’altro dell’Institut Francais Centre Saint Louis, a Roma, per riflettere sulla posizione e sul ruolo della religione nella Francia di oggi e di domani: giovedì 27 settembre il card. Ricard parlera della laicità; lunedì 12 novembre il card. Vingt-Trois approfondirà il tema della famiglia; lunedi 26 novembre sarà la volta del card. Barbarin affrontare le questioni del pluralismo religioso e del secolarismo. Tutte le diocesi francesi stanno dando molto spazio alla celebrazione del Concilio Vaticano II e il significato dell’Anno della fede verrà sviscerato in ogni aspetto attraverso molteplici iniziative. A Parigi, in particolare, per accompagnare l’evento è stato realizzato un libretto destinato alle parrocchie, ai gruppi e ai movimenti: propone nove temi per approfondimenti e riflessioni. Nella capitale, l’Anno della fede “debutterà” domenica 30 settembre, alle 16.00, con un grande raduno a Notre-Dame (il 12 dicembre si aprirà fra l’altro il giubileo per gli 850 anni della cattedrale). Di grande spessore la proposta culturale del Collège des Bernardins: l’École Cathédrale, diretta dal vescovo ausiliare Jérôme Beau, organizzerà specifiche lezioni dedicate ai principali documenti del Vaticano II.

L'Osservatore Romano