mercoledì 14 ottobre 2009

Iniziato il dibattito nei circoli minori prendendo spunto dalla Relazione dopo la discussione. I problemi dell'Africa al vaglio dei Padri Sinodali

Un documento di carattere religioso ed ecclesiale che evidenzia la figura di "Cristo nostra riconciliazione, nostra pace e nostra giustizia". Così mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ha definito la relazione nella quale il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, relatore generale, ha raccolto le indicazioni dei Padri Sinodali in queste prime giornate di lavoro. Ed è un bene, ha detto ancora l'arcivescovo Eterovic, che a prevalere sia proprio questa dimensione religiosa piuttosto che quella politica, perché "il Sinodo dei vescovi non è un'agenzia delle Nazioni Unite". Con la "Relatio post disceptationem" si è conclusa la prima parte dei lavori del Sinodo. Questa mattina è iniziato il confronto nei circoli minori. Moderatori e relatori si sono incontrati già nella serata di martedì per mettere a punto la metodologia dei lavori. Primo spunto per suscitare il dibattito saranno le venticinque domande che il relatore generale ha posto al termine della sua relazione come linee-guida. Alla 14° Congregazione, svoltasi alla presenza del Papa, hanno partecipato 218 Padri Sinodali. Presidente delegato di turno il card. Arinze. Tredici gli interventi nella discussione libera seguita alla lettura della relazione. Tra i principali temi affrontati - che ora saranno certamente approfonditi nei circoli minori "con una discussione animata" come ha detto il card. Arinze - il dramma dei migranti "che mettono a rischio la loro vita nella speranza di trovare un avvenire migliore dall'altra parte del Mediterraneo". In particolare è stato proposto di concordare "con i nostri fratelli europei il modo di accogliere queste persone e come aprire le porte anche a chi è già arrivato". È stata suggerita anche un'analisi più precisa del ruolo dei sacerdoti, dei catechisti e dei diaconi permanenti così come secondo gli intervenuti meritano una riflessione accurata i rapporti tra Paesi del nord e del sud del Sahara, con l'accresciuta esigenza di presbiteri Fidei donum e il confronto con i musulmani, in particolare con il fondamentalismo islamico. Nel dibattito i Padri hanno poi chiesto al Sinodo che vengano affrontati nei circoli minori anche i gravi squilibri di povertà tra un Paese e l'altro; la mancanza di sicurezza in troppe parti dell'Africa; le politiche spregiudicate delle multinazionali e dei loro "complici locali"; il controverso contributo del New partnership for Africa's development (Nepad); il ruolo delle commissioni giustizia e pace nelle varie Conferenze episcopali; la ricchezza della dottrina sociale della Chiesa come stimolo per la classe politica continentale.

L'Osservatore Romano

Conferenza stampa sui lavori del Sinodo per l'Africa. Tra i temi la Chiesa nella lotta all'Aids, la sacralità della vita, gli aiuti internazionali

Si è tenuta questa mattina nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede la seconda Conferenza Stampa sui lavori sinodali. Sono interventi il card. Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban in Sudafrica, Presidente Delegato del Sinodo; il card. Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, Primo Vice Presidente del Simposio di Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (S.E.C.A.M.), Presidente Delegato; il card. John Njue, arcivescovo di Nairobi, Presidente della Conferenza Episcopale del Kenya, Presidente della Commissione per l’Informazione; mons. Manuel António Mendes Dos Santos, vescovo di São Tomé e Príncipe, Membro della Commissione per l’Informazione.
I lavori del Sinodo. “Nei vescovi c’è grande unità: stiamo procedendo all’unisono”. A tracciare un bilancio sui primi dieci giorni della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi è stato il card. Wilfrid Fox Napier. “Il Sinodo – ha detto il card. Napier – è un grande evento che sta esaminando la situazione del continente e come la Chiesa sta operando”. Il cardinale si è soffermato sulla presenza di padri sinodali provenienti dagli altri continenti. All’assise sinodale, ha detto, è presente “tutta la Chiesa Cattolica. Tutti i continenti sono rappresentati”. Questa presenza, ha aggiunto, è “ben sintetizzata dall’immagine della Chiesa-famiglia di Dio”. Il card. Sarr, ha sottolineato la linea di continuità tra il primo Sinodo del 1994 e quello in corso di svolgimento. “Ritroviamo continuità tra i due Sinodi – ha affermato – proprio attorno ai temi della riconciliazione, della giustizia e della pace, che sono già stati affrontati ma sui quali bisogna ritornare in maniera più fruttuosa”. Il card. John Njue ha posto l’accento sul tema della riconciliazione. “Mi ha colpito molto – ha affermato – il tema del Sinodo (“La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14)”). La riconciliazione – ha proseguito il card. Njue – è una sfida molto forte” per tutto il continente. Durante i lavori sinodali, ha riferito l’arcivescovo di Nairobi, “abbiamo discusso anche sul modo in cui noi, vescovi, cerchiamo d’insegnare alla nostra gente come vivere concretamente il battesimo”. Mons. Manuel António Mendes dos Santos ha ricordato che i Padri Sinodali hanno parlato dello “sforzo concreto” della Chiesa per “costruire società riconciliate” nei vari Paesi del continente. Per mons. dos Santos, “un tema d’importanza fondamentale è rappresentato dalla famiglia: quando questa è minacciata da diverse situazioni di pericolo, ci sono conseguenze anche nelle società”. Dal vescovo, infine, l’invito a “non vedere solo le ombre ma anche gli aspetti positivi” dei Paesi africani.
La lotta all'Aids. “Non è facile per noi capire perché la Chiesa viene vista come parte del problema e non come parte della soluzione”. È quanto ha affermato il card. Napier, sottolineando “il contributo della Chiesa” nella lotta all’Aids e nell’assistenza ai malati. Napier ha ricordato che “il Sudafrica è noto, in particolare, per due cose: la sorprendente transizione dall’apartheid alla democrazia e l’alto tasso di malati di Aids”. Proprio sul problema dell’Aids, il cardinale ha ricordato l’impegno della Chiesa dando “informazioni precise sulla malattia”, cercando di “far capire in che modo evitare il contagio”, dando “sostegno fattivo” su molti fronti. Come Chiesa, ha detto il card. Napier, “cerchiamo di fare il nostro meglio”. Il card. Napier ha evidenziato l’esigenza di “guardare più attentamente alla causa della diffusione del virus”. In “linea generale”, ha detto, “la diffusione è dovuta a comportamenti sessuali irresponsabili. Se questa è la causa”, occorre “sradicarla”. A tal proposito, l’arcivescovo di Durban ha ricordato “due principi: fedeli al partner se sposati e astenersi da pratiche irresponsabili se non sposati”. È importante, ha detto, “far passare questi principi con tutte le modalità possibili”. Al riguardo, il cardinale ha portato l’esempio della sua diocesi, impegnata nel progetto “Il dono della vita”. Si tratta, ha spiegato, di un progetto che mira a far capire agli adolescenti “l’importanza del dono della vita che avviene attraverso la sessualità”. Per il cardinale, è importante far capire che “l’attività sessuale deve portare alla procreazione; far capire che il rapporto sessuale è momento della creazione della vita umana”.
La pratica dell'aborto. “L’aborto non è una pratica da incentivare”. È quanto ha ribadito il card. Sarr. Rispondendo alla domanda di un giornalista sui dati di un rapporto del “Guttmacher Institute” (New York), secondo cui la metà dei decessi (38 mila su 70 mila) a causa di aborti eseguiti in modo dannoso avviene nell'Africa Sub-Sahariana, il cardinale ha detto che “il tema dell’aborto, anche se fondamentale, non è stato affrontato” durante i lavori sinodali. Comunque sia, ha proseguito, “noi, come Chiesa ma anche come africani, abbiamo un grande rispetto per la vita”. Il card. Sarr ha evidenziato la necessità di “superare le difficoltà non con l’aborto” e ha ricordato l’impegno della Chiesa che cerca di “sostenere” le persone dando “sempre una via d’uscita”. Come africani, ha aggiunto, “abbiamo ereditato il rispetto della vita. Dobbiamo fare riferimento alla saggezza dei nostri padri per costruire oggi la cultura della vita”. Anche per il card. Napier c’è “grande difficoltà” nel “capire la mentalità” secondo cui “il diritto alla vita non è un diritto supremo”.
Cooperazione nel rispetto della dignità della persona. Sì alla cooperazione internazionale ma nel rispetto della dignità della persona. È quanto ha affermato il card. John Njue. Rispondendo alla domanda di un giornalista sul tema dell’“imperialismo culturale occidentale”, Njue ha affermato che “in Africa persiste una situazione difficile dal punto di vista dei conflitti e delle calamità. C’è la necessità della cooperazione ma bisogna che l’indipendenza delle popolazioni africane venga rispettata”. Ciò che “viene da fuori – ha continuato – deve essere nel rispetto della cultura e della dignità della persona umana”, portando ad esempio il settore commerciale, dove, ha detto “chi soffre alla fine è il produttore”. Anche relativamente alla questione delle ideologie che vengono importate nel continente africano dagli occidentali, secondo il card. Njue, “bisognerebbe sempre chiedersi: qual è la cultura delle popolazioni locali?”. Sulla stessa scia si è espresso anche il card. Napier: “L’Africa ha enormi potenzialità, lo sviluppo deve essere aiutato ma vogliamo un partenariato su un piano di parità”. Il problema della conflittualità, delle guerre intestine e della riconciliazione da riconquistare è stato affrontato, durante la conferenza stampa, anche in relazione alla difficile situazione etnica e tribale presente nel continente africano. Rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva spiegazioni in merito alla proliferazione di sette o gruppi che agiscono anche per ridurre il numero dei cattolici, il card. Sarr ha messo l’accento sulla “preoccupante situazione della proliferazione di sette dall’interno e dall’esterno” del continente. “Il loro successo – ha continuato – è dovuto all’utilizzo di un linguaggio diverso. Questi gruppi parlano di guarigioni miracolose per esempio, facendo presa sulle aspettative delle popolazioni africane. Il nostro compito, come Chiesa e come cattolici, è rispondere con giustizia e verità, aiutando le comunità nei loro bisogni più immediati. Il nostro compito è trovare un linguaggio che risponda alla verità e che permetta di migliorare le condizioni di vita. A questo proposito vogliamo che la Chiesa faccia di più anche nel campo della formazione tecnica e professionale”.


SIR

Padre Gargano: la visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma veicola un messaggio di fraternità e disponibilità all’altro

Un “gesto di fraternità” che “conferma il clima nuovo che si è determinato” nel dialogo tra la Chiesa cattolica e la comunità ebraica. Così padre Innocenzo Gargano, priore del Monastero di San Gregorio al Celio e grande conoscitore del mondo ebraico, commenta la notizia della visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma il 17 gennaio 2010. “Il Papa che va in Sinagoga – aggiunge - significa che da entrambe le parti c’è una disponibilità straordinaria. Anche perché questi eventi danno un messaggio importante per l’immagine che veicolano. Probabilmente i contenuti resteranno nei termini che abbiamo conosciuto negli ultimi mesi. Però l’immagine che la visita del Papa dà, è importantissima. Veicola un messaggio di fraternità e disponibilità all’altro. E’ il messaggio che da qui in poi per quanto possiamo non essere d’accordo sul piano dei contenuti di fede – è chiaro che ciascuno rimane secondo la propria convinzione profonda – su queste divergenze possiamo parlare da amici e addirittura da fratelli e quindi con delicatezza, calore umano e anche con molta convinzione”. Gargano ricorda quanto il Concilio Vaticano II sia stato da questo punto di vista “importantissimo” proprio perché “ha stemperato il clima” contribuendo a “far cadere il muro della separazione, della contrapposizione e soprattutto della paura dell’altro”.

SIR

Sinodo dei vescovi per l'Africa. Domenica a Roma una celebrazione e una festa popolare in piazza per il continente promosse dalla Comunità Sant'Egidio

Una liturgia e una festa di Piazza per l’Africa: a promuovere, domenica prossima, l’iniziativa - alla quale parteciperanno diversi vescovi presenti in questi giorni a Roma per la II Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi per l’Africa - è la Comunità di Sant’Egidio. Il Sinodo, si legge in una nota di quest’ultima, rappresenta “una grande occasione di riflessione e vicinanza al continente africano, alle sue sfide, alle sue difficoltà e alle sue ricchezze”. “L’Africa e la sua Chiesa sono nel cuore della Comunità di Sant’Egidio” – prosegue il comunicato – che è oggi “una realtà ecclesiale profondamente radicata nella vita di molti Paesi africani e nelle loro Chiese”. “L’impegno nella preghiera e nella vita spirituale, nella comunicazione del Vangelo, nel servizio ai poveri, nella cura dei malati di Aids, nell’umanizzazione delle carceri, nell’educazione alla pace dei bambini – prosegue la nota – caratterizza la presenza delle Comunità di Sant’Egidio che, là dove sono presenti, si mettono a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. La celebrazione di domenica è prevista per le ore 18 nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, e sarà seguita da una “Festa popolare di amicizia con l’Africa”, cui parteciperanno numerosi immigrati africani presenti a Roma.

SIR

Il Papa: in un tempo di intolleranze e divisioni, i cristiani non si stanchino di riannodare rapporti di fraternità e riconciliazione

L’ideale di vita per ogni cristiano è “aderire tenacemente a Cristo” ed avere uno “stile” fatto di “laboriosità, di capacità di perdono e di pace”, a “non stancarci nel riannodare rapporti di fraternità e di riconciliazione”, qualità tanto più necessarie nel nostro tempo segnato da un “ritmo di vita frenetico, episodi di intolleranza e di incomunicabilità, le divisioni e i conflitti dove l’intolleranza e le divisioni non sono rare”. E’ l’insegnamento che discende dalla vita e dall’opera di San Pietro il venerabile, l’abate di Cluny del XII secolo, del quale Bendetto XVI ha illustrato questa mattina la figura nella catechesi dell’Udienza generale in Piazza San Pietro, in una girnata fredda e luminosa. Nato nel 1094 in Alvernia, in Francia, Pietro il venerabile divenne monaco e nel 1122 abate di Cluny, ove morì nl Natale del 1156, “come egli aveva desiderato”. Egli “ci riconduce alla celebre abbazia di Cluny, al suo decoro, al suo splendore” espresso soprattutto nella “bellezza della liturgia per giungere a Dio”. “A Cluny non ci fu un solo abate che non sia stato un santo affermava Papa Gregorio VII”, anche se quando Pietro ne divenne abate, Cluny “inizia a sentire quallche sintomo di crisi”. E Pietro “si trovo a guidare Cluny in anni non molto tranquili per ragioni esterne e interne” e “pur dovendosi destreggiare tra poteri e signorie riuscì a conservare una abituale tranquillità”. “Quanti lo conobbero – ha detto Benedetto XVI – ne esaltarono la rettitudine, la lealtà, la signorilità, la speciale attitudine a mediare”. “Asceta rigoroso con se stesso e comprensivo con gli altri”, diceva di avere “attitudine a perdonare, sono assuefatto a sopportare e perdonare”, sosteneva che “dall'uomo si potrà ottenere di più tollerandolo che non irritandolo con le lamentele” e aggiungeva “con quelli che odiano dovremmo sempre essere pacifici”. “Di indile sensibile e affettuosa” aveva “amore per il Signore e tenerezza verso i familiari, specialmente la madre”. Fu “cultore dell’amizia con i suoi monaci”, “secondo le tesimonianze non disprezzava e non respingeva nessuno”. Seppe guidare l’abazia “con rigore e con profonda umanità”. “Potremmo dire - ha sottolineato il Papa - che questo santo abate costituisce un esempio anche per i monaci e i cristiani di questo nostro tempo, segnato da un ritmo di vita frenetico, dove non rari sono gli episodi di intolleranza e di incomunicabilità, le divisioni e i conflitti. La sua testimonianza ci invita a saper unire l'amore a Dio con l'amore al prossimo, e a non stancarci nel riannodare rapporti di fraternità e di riconciliazione”. Una attitudine che mostrava “anche per chi era al di fuori della Chiesa, in particolare per gli ebrei e i musulmani: per favorire la conoscenza di questi ultimi provvide a far tradurre il Corano". “In mezzo alla intransigenza degli uomini del Medio Evo, anche queli notevoli, fu esempio sublime della delicatezze cui conduce la vita cristiana”. La sua teologia, ha prosegito il Papa, “affonda le sue radici nella preghiera”. “Tra i misteri di Cristo predilegeva quello della Trasfigurazione” e “fu proprio lui a introdirre a Cluny la festa della contemplazione del volto di Cristo”. Questo “grande esempio di santità monastica alimentata alle sorgenti della tradizone benedettina” ha lasciato anche “scritti illuminati su Maria e la sua collaborazione nella Redenzione”. Il suo, ha concluso Benedetto XVI, indefintiva fu “uno stile di vita che, unito al lavoro quotidiano, costituisce l'ideale del monaco, ma anche di ogni cristiano che vuole diventare autentico discepolo di Cristo, con umiltà, laboriosità e capacità di perdono e di pace''. Al termine delle catechesi in sintesi, oggi in dieci lingue, il Papa ha rivolto come di consueto saluti ai vari gruppi presenti in Piazza San Pietro, tra i quali quello dei Consoli di Milano e della Lombardia, esortati “ad operare con rinnovato impegno in favore dell’uomo e della sua dignità”, e quello dei delegati internazionali dell’emittente Radio Maria: “Li incoraggio a proseguire la loro importante opera a servizio della diffusione del Vangelo”.

AsiaNews, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

La nuova 'Liturgia delle Ore' per l'Africa donata dal Papa ai partecipanti al Sinodo per il continente

La nuova “Liturgia delle Ore” per l’Africa: è il dono che Benedetto XVI ha voluto offrire ai Padri Sinodali e ai partecipanti di lingua inglese alla II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi. Il testo liturgico, informa la sala stampa vaticana, è stato reso disponibile in occasione del Sinodo e dell’Anno Sacerdotale. “La sua preparazione – spiega ancora la sala stampa – è cominciata quattro anni fa, dopo la richiesta dei vescovi dell’Associazione dei membri delle Conferenze episcopali in Africa Orientale (Amecea). La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti ha incoraggiato il progetto e ha chiesto alla Conferenza Episcopale del Kenya di approvare i nuovi testi liturgici e proporli alla stessa Congregazione per la "confirmatio", giunta nel febbraio di quest’anno”. Diverse le novità della nuova edizione, tra cui le Memorie dei Santi che negli ultimi anni sono entrate a far parte del Calendario generale romano (Il Santissimo Nome di Gesù, Santa Josephine Bakhita, San Pio da Pietrelcina, ecc.) e un Calendario proprio per il Kenya. L’edizione completa – conclude la sala stampa – si compone di quattro volumi, e segue l’impostazione e lo stile dell’edizione latina. È stata approntata anche una versione ridotta in due volumi. L’edizione è curata dalla “Paulines Publications Africa”.

Il Papa a Brescia. L'abbraccio dei dodicimila in Piazza Paolo VI, 2000 i volontari. Gli ultimi dettagli sulla visita di Benedetto XVI

Dodicimila bresciani in Piazza Paolo VI per la Messa papale dell'8 novembre. Molti di più, probabilmente, lungo le tappe del tracciato: all'uscita dalla base di Ghedi, durante l'attraversamento di Rezzato, la sosta a Botticino, gli spostamenti in città, la visita a Concesio. Non meno di duemila volontari, ragazzi degli oratori e dell'Agesci, ma anche personale della Protezione civile ed alpini dell'Ana, saranno mobilitati per vigilare sul percorso del corteo papale: Benedetto XVI lo coprirà, avendo al fianco il vescovo di Brescia mons. Luciano Monari, a bordo della Papamobile bianca. Prende corpo il programma della visita di Papa Ratzinger a Brescia il prossimo 8 novembre per rendere omaggio a Paolo VI. Manca ancora il visto della Prefettura pontificia, atteso a giorni, ma ieri un briefing di don Adriano Bianchi, direttore dell'Ufficio comunicazioni sociali della diocesi, con la stampa locale ha chiarito numerosi aspetti. Una messe di notizie è peraltro offerta dal sito internet della diocesi www.diocesi.brescia.it. L'attenzione mediatica sull'evento è alta. La Rai ha garantito la diretta tv della Messa e dell'Angelus papale, le troupe locali e nazionali sono mobilitate. La sala stampa sarà allestita nella saletta Sant'Agostino in Broletto. L'arrivo all'aerobase militare di Ghedi è considerata "sosta tecnica": il Papa saluterà alcuni rappresentanti della base ma non ci saranno cerimonie pubbliche. Poi di corsa a Botticino dove il Papa sosterà in preghiera nella parrocchiale-santuario di Sera e venererà il corpo di San Arcangelo Tadini. A seguire, sempre con un occhio al cronometro, la corsa attraverso Sant'Eufemia verso il centro della città. Il corteo papale entrerà in città lungo via San Faustino. La papamobile sfilerà in Piazza Loggia: una sosta al monumento che ricorda le vittime della strage in questo momento non è prevista, ma non si escludono decisioni diverse. In Piazza Paolo VI ci sarà tempo solo per due brevi saluti di accoglienza pronunciati dal vescovo, mons. Luciano Monari, e dal sindaco di Brescia Adriano Paroli. Il Papa poi entrerà in Duomo dal portale di sinistra rispetto all'entrata principale, sfilerà davanti al monumento a Paolo VI, sosterà in preghiera davanti al Santissimo, incontrerà i seminaristi e una delegazione di ammalati, fra cui alcuni piccolissimi pazienti oncologici. Poi il corteo liturgico uscirà su via Querini per entrare in piazza Paolo VI. Durante la cerimonia e la recita dell'Angelus faranno ala al Pontefice 400 sacerdoti bresciani. In Piazza ci saranno posti a sedere e in piedi. I pass di ingresso sono distribuiti dalle zone pastorali e dai movimenti ecclesiali. Un settore nella zona sud della Piazza sarà riservato a 2.600 giovani, un altro di fronte al sagrato alle autorità. Il governo dovrebbe essere rappresentato dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta ma nessuno, in questo momento, si sente di escludere un blitz dell'ultima ora del premier in persona. Chi non riuscirà ad entrare in Piazza potrà "consolarsi" con i maxischermi sistemati in Piazza Loggia, Largo Formentone, Corso Zanardelli angolo corso Palestro e Piazzetta S. Luca (ex cinema Crociera). Dopo la Messa il Papa si recherà al centro Paolo VI dove pranzerà, riposerà, incontrerà privatamente alcune persone. Alle 16.15 la partenza alla volta di Concesio: lì visiterà la casa natale di Papa Montini e la nuova sede dell'Istituto Paolo VI dove visiterà la biblioteca e la collezione Arte e spiritualità. Nell'auditorium da 300 posti il Papa presenzierà alla consegna del premio Paolo VI, quest'anno dedicato a un'istituzione formativa. Pare che la scelta sia caduta sull'Istituto delle fonti cristiane "Sources Chrétiennes", collana inaugurata dai futuri cardinali Henri de Lubac e Jean Daniélou e giunta a 530 volumi, tutti dedicati a testi di padri della Chiesa e autori cristiani dal I al XV secolo. Una realtà culturale amatissima dal teologo Joseph Ratzinger. Dopo la cerimonia il Papa sosterà per una breve preghiera nella parrocchiale di Concesio infine, alle 18.15, la partenza verso la base di Ghedi. Stavolta su un'auto civile, per concludere le 11 ore trascorse in terra bresciana.

Massimo Tedeschi, Bresciaoggi.it

Gli strumenti di 400 anni di osservazioni astronomiche in mostra nei Musei Vaticani. Mons. Ravasi: scienza e fede indipendenti ma devono dialogare

A quattro secoli di distanza dal processo a Galileo Galilei il Vaticano espone i telescopi e gli scritti astronomici dello scienziato pisano costretto ad abiurare di fronte al tribunale dell'Inquisizione. Quelli di Galileo sono tra gli oggetti presenti nella mostra "Astrum 2009. Astronomia e strumenti: il patrimonio storico italiano quattrocento anni dopo Galileo" (foto), che i Musei Vaticani ospiteranno dal prossimo 16 ottobre al 16 gennaio 2010. Si tratta di "un evento eccezionale che precede le cerimonie conclusive dell'anno internazionale dell'astronomia" indetto per il 2009 dalle Nazioni Unite, si legge in una nota di presentazione. Da Galileo allo sbarco dei primi astronauti sulla Luna, la mostra espone, per la prima volta, le raccolte storiche conservate presso i musei degli osservatori astronomici italiani, a partire dalla Specola vaticana. Si tratta di circa 130 tra strumenti, mappe, modelli di sistema tolemaico o copernicano, manoscritti, quadri, fotografie, codici. Tra gli oggetti più preziosi, una replica del telescopio di Galileo del 1610. "E' giusto tornare a considerare il tribunale della storia e gli eventuali errori compiuti da una parte e dall'altra come parte del dialogo tra scienza e fede", ha detto ieri nella conferenza stampa di presentazione in Vaticano mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura. "Ma ormai è necessario guardare al futuro. Abbiamo la possibilità di condurre un dialogo tra scienza e fede su due binari distinti ma non separati". ''In questi anni, pur senza per questo cancellare la teoria dei due livelli, ci si sta orientando verso una teoria del dialogo tra scienza e teologia, i cui statuti sono indipendenti ma non è possibile camminare su uno senza sentire la voce dell'altro''. ''Una grande conquista degli ultimi decenni - ha spiegato Ravasi - e' stata l'affermazione che scienza e teologia sono due magisteri non sovrapponibili, ma paralleli, con i loro statuti e la loro epistemologia. Si devono ascoltare ma sono indipendenti, non conflittuali''. Due esempi tipici di ''dialogo'' tra scienza e fede, scienza e filosofia, sono per Ravasi le categorie di tempo e di spazio, per le quali ''sempre più in ambito scientifico si tiene conto del contributo di riflessioni di tipo metafisico''. Rispondendo alla domanda di un giornalista sulla ''ripresa di interesse'' in Vaticano per Galileo, Ravasi ha specificato che si tratta di una ''ripresa'' a due livelli: quello ''filologico'', che riguarda ''la documentazione dell'evento'' ed è ''un percorso da fare con molta serenita' e oggettività'', e quello che rientra nel ''dialogo tra fede e scienza''.

Apcom, Asca