sabato 7 aprile 2012

Il Papa: Gesù ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della Risurrezione e vince ogni forma di buio, è il nuovo giorno di Dio che vale per tutti

Il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la solenne Veglia nella Notte Santa di Pasqua. Il Rito ha avuto inizio nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. Alla processione verso l’Altare con il cero pasquale acceso e il canto dell’'Exsultet', hanno fatto seguito la Liturgia della Parola, la Liturgia Battesimale e la Liturgia Eucaristica, concelebrata con i cardinali. Nel corso della Veglia pasquale il Papa ha amministrato i Sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima e Prima Comunione) a 8 neofiti, provenienti da Italia, Albania, Slovacchia, Germania, Turkmenistan, Camerun e Stati Uniti d’America. Al termine della celebrazione si è cantata l’antifona mariana Regina Coeli, che per il periodo di Pasqua sostituisce la preghiera dell’Angelus. La Basilica è stata impreziosita dai fiori offerti dal Consorzio Campano del Florovivaismo, tutti esclusivamente di origine campana, prodotti dai circa 1.000 soci delle sette Cooperative floricole dell'area compresa tra la fascia Costiera Vesuviana, l'area Pompeiano, Stabiese e l'agro Nocerino, Sarnese, fino agli inizi della Piana del Sele.
“Pasqua è la festa della nuova creazione. Gesù è risorto e non muore più. Ha sfondato la porta verso una nuova vita che non conosce più né malattia né morte. Ha assunto l’uomo in Dio stesso”, ha detto Benedetto XVI nell’omelia. “Si è aperta una nuova dimensione per l’uomo. La creazione è diventata più grande e più vasta. La Pasqua - ha chiarito il Papa - è il giorno di una nuova creazione, ma proprio per questo la Chiesa comincia in tale giorno la liturgia con l’antica creazione, affinché impariamo a capire bene quella nuova”. "La creazione - ha continuato - viene presentata come una totalità della quale fa parte il fenomeno del tempo. I sette giorni sono un’immagine di una totalità che si sviluppa nel tempo. Sono ordinati in vista del settimo giorno, il giorno della libertà di tutte le creature per Dio e delle une per le altre”. La creazione è “orientata verso la comunione tra Dio e creatura; essa esiste affinché ci sia uno spazio di risposta alla grande gloria di Dio, un incontro di amore e di libertà”. Il Pontefice ha poi ricordato che “il racconto della creazione, in modo simbolico, inizia con la creazione della luce. Il sole e la luna vengono creati solo nel quarto giorno. Il racconto della creazione li chiama fonti di luce, che Dio ha posto nel firmamento del cielo. Con ciò toglie consapevolmente ad esse il carattere divino che le grandi religioni avevano loro attribuito. No, non sono affatto dei. Sono corpi luminosi, creati dall’unico Dio. Sono però preceduti dalla luce, mediante la quale la gloria di Dio si riflette nella natura dell’essere che è creato”. La luce, ha spiegato il Santo Padre, “rende possibile la vita”, “l’incontro”, “la comunicazione”, “la conoscenza, l’accesso alla realtà, alla verità”. E così “rende possibile la libertà e il progresso. Il male si nasconde. La luce pertanto è anche espressione del bene che è luminosità e crea luminosità. È giorno in cui possiamo operare. Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima del mondo è buona, l’essere stesso è buono”. E il male “non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste in virtù della negazione. È il ‘no’”. A Pasqua, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce!”. Dopo “la notte del Monte degli Ulivi, l’eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro”, “è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova”. “Gesù – ha sostenuto Benedetto XVI - risorge dal sepolcro. La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L’amore è più forte dell’odio. La verità è più forte della menzogna. Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio”. Questo, però, “non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi”. Ma come può avvenire questo? “Mediante il sacramento del battesimo e la professione della fede, il Signore ha costruito un ponte verso di noi, attraverso il quale il nuovo giorno viene a noi”. Per questo, la Chiesa antica ha chiamato il battesimo “photismos”, illuminazione. “Il buio veramente minaccioso per l’uomo – ha osservato il Papa - è il fatto che egli, in verità, è capace di vedere ed indagare le cose tangibili, materiali, ma non vede dove vada il mondo e da dove venga. Dove vada la stessa nostra vita. Che cosa sia il bene e che cosa sia il male. Il buio su Dio e il buio sui valori sono la vera minaccia per la nostra esistenza e per il mondo in generale”. In realtà, “se Dio e i valori, la differenza tra il bene e il male restano nel buio, allora tutte le altre illuminazioni, che ci danno un potere così incredibile, non sono solo progressi, ma al contempo sono anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo”. Oggi “possiamo illuminare le nostre città in modo così abbagliante che le stelle del cielo non sono più visibili. Non è questa – si è chiesto il Pontefice - forse un’immagine della problematica del nostro essere illuminati? Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare”. Per questo “è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera illuminazione, essa è un’irruzione della luce di Dio nel nostro mondo, un’apertura dei nostri occhi per la vera luce”. "Nella Veglia pasquale, la notte della nuova creazione, la Chiesa presenta il mistero della luce con un simbolo del tutto particolare e molto umile: con il cero pasquale", "una luce che vive in virtù del sacrificio. La candela illumina consumando se stessa. Dà luce dando se stessa. Così rappresenta in modo meraviglioso il mistero pasquale di Cristo che dona se stesso e così dona la grande luce. Non solo: “La luce della candela è fuoco. Il fuoco è forza che plasma il mondo, potere che trasforma. E il fuoco dona calore. Anche qui si rende nuovamente visibile il mistero di Cristo. Cristo, la luce, è fuoco, è fiamma che brucia il male trasformando così il mondo e noi stessi”. E questo fuoco è “al tempo stesso calore, non una luce fredda, ma una luce in cui ci vengono incontro il calore e la bontà di Dio”. “Il grande inno dell’'Exsultet', che il diacono canta all’inizio della liturgia pasquale – ha proseguito il Papa - ci fa notare in modo molto sommesso un altro aspetto ancora. Richiama alla memoria che questo prodotto, il cero, è dovuto in primo luogo al lavoro delle api. Così entra in gioco l’intera creazione. Nel cero, la creazione diventa portatrice di luce. Ma, secondo il pensiero dei Padri, c’è anche un implicito accenno alla Chiesa. La cooperazione della comunità viva dei fedeli nella Chiesa è quasi come l’operare delle api. Costruisce la comunità della luce. Possiamo così vedere nel cero anche un richiamo a noi stessi e alla nostra comunione nella comunità della Chiesa, che esiste affinché la luce di Cristo possa illuminare il mondo”. Benedetto XVI ha concluso: “Preghiamo il Signore in quest’ora di farci sperimentare la gioia della sua luce, e preghiamoLo, affinché noi stessi diventiamo portatori della sua luce, affinché attraverso la Chiesa lo splendore del volto di Cristo entri nel mondo”.

Tgcom24, Korazym.org, SIR

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA DI PASQUA - il testo integrale dell'omelia del Papa

Sabato Santo. Benedetto XVI: in questa 'terra di nessuno' è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo

Nel “silenzio” spirituale del Sabato Santo, la Chiesa si predispone in tutto il mondo a celebrare le ore che portano alla Pasqua. Questa sera, a partire dalle 21.00, Benedetto XVI presiederà la Veglia Pasquale nella Notte Santa, nella Basilica Vaticana, con il rito della benedizione del fuoco cui seguirà la processione in Basilica con il cero pasquale, la celebrazione della Liturgia della Parola e di quella battesimale. Saranno otto i catecumeni, di quattro continenti, che riceveranno i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Tra le diverse circostanze in cui Benedetto XVI si è soffermato sul senso del Sabato Santo, memorabile resta la meditazione che egli fece nel 2010 a Torino, davanti alla Sindone. Il giorno dopo, Gerusalemme vive il suo riposo. Lo shabbat impone la sospensione di ogni attività. Anche così, probabilmente si commentano i fatti del giorno prima, l’esecuzione avvenuta sul Golgota, dove forse restano ancora tre patiboli macchiati di sangue a ricordare l’accaduto, dopo che i corpi dei tre giustiziati sono stati portati via e sepolti di fretta perché la Pasqua incombe. Tutto è fermo, intorno. Ma è altrove che la storia umana sta cambiando, che una realtà sta prendendo corpo proprio dove ciò che è corpo può solo corrompersi. Gesù di Nazaret, spiega Benedetto XVI, è entrato in quel “tempo-oltre-il-tempo” per l’atto finale della sua missione. Sconfiggere la morte: “Il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il Sabato Santo è la 'terra di nessuno' tra la morte e la risurrezione, ma in questa 'terra di nessuno' è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo”.
Una presenza di vita divina nel regno che non ha vita alcuna. Qui, dove luci e suoni semplicemente non sono, quella presenza è dirompente e sovversiva: “Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato ‘negli inferi’...L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita”.
È una battaglia immane e nascosta che nessuno può percepire, al di là della grande pietra che ostruisce il sepolcro di Gesù di Nazaret, in quella Pasqua apparentemente “ferma” di duemila anni fa. “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello”. L’esito sarà conosciuto di lì a poche ore: “Gesù rimase nel sepolcro fino all’alba del giorno dopo il sabato, e la Sindone di Torino ci offre l’immagine di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato...Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione”.

Radio Vaticana

Venerazione della Santa Sindone nel Duomo di Torino - Meditazione del Santo Padre (2 maggio 2010)