giovedì 19 gennaio 2012

Segreteria di Stato: il Papa auspica che ogni mancanza di rispetto verso Dio incontri la reazione ferma e composta dei cristiani guidata dai pastori

Il Papa "auspica che ogni mancanza di rispetto verso Dio, i Santi e i simboli religiosi incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana, illuminata e guidata dai suoi pastori". Lo scrive la Segreteria di Stato in una lettera indirizzata al domenicano padre Giovanni Cavalcoli, del convento bolognese di San Domenico, che l’8 gennaio aveva inviato al Pontefice una missiva parlando dello spettacolo di Romeo Castellucci, in programma al Teatro Parenti di Milano la prossima settimana. La lettera vaticana, datata 16 gennaio, è firmata dall’assessore della Segreteria di Stato, lo statunitense Brian B. Wells. Padre Calavalcoli, nella lettera inviata a Benedetto XVI, scriveva a nome di un gruppo di fedeli definendo "indegno e blasfemo" lo spettacolo, un’opera "gravemente offensiva della persona del nostro Divin Salvatore Gesù Cristo". "Ci addolora inoltre in modo particolare – continuava il teologo domenicano – la consapevolezza che questo inqualificabile atto di empietà colpisca pure, benché indirettamente, la venerabile e da noi amata persona di vostra Santità", in quanto Vicario di Cristo. Padre Cavalcoli osservava che l’avvenimento non rappresenta "un fenomeno casuale, isolato e senza radici", ma si inserisce in "una crescente ostilità nei confronti del cristianesimo che si sta diffondendo nel mondo, nonché di un sintomo ed effetto di un disagio e di una crisi spirituali profondi e diffusi ormai da decenni anche in Italia, in parte anche per una mancata o malintesa applicazione del Concilio Vaticano II". Dopo aver citato le forze che dentro la Chiesa "remano contro" il Papa, Cavalcoli afferma che episodi come quello del controverso spettacolo di Castellucci "sono resi possibili non solo dagli attacchi della cosiddetta 'cristianofobia', ma anche da gravi vuoti e carenze dottrinali ed educative non dovutamente eliminati da parte di chi di dovere. Pensiamo in modo particolare – scrive il domenicano, riferendosi ai casi di pedofilia del clero – allo scandalo subito dai bambini, nei confronti del quale il Signore ha parole di estrema severità". "Siamo preoccupati – conclude Cavalcoli – per coloro che, come il Castellucci, cercano di trarre vantaggio da una situazione nella quale si fa desiderare una maggiore vigilanza da parte delle autorità civili ed ecclesiastiche". Otto giorni dopo l’invio, dunque a stretto giro di posta, ecco la risposta della Segreteria di Stato, nella quale, citando la lettera del frate domenicano, si parla dell’opera teatrale "che risulta offensiva nei confronti del Signore Nostro Gesù Cristo e dei cristiani". "Sua Santità – continua la missiva vaticana firmata dall’assessore Wells – ringrazia vivamente per questo segno di spirituale vicinanza e, mentre auspica che ogni mancanza di rispetto verso Dio, i santi e i simboli religiosi incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana, illuminata e guidata dai suoi pastori, le augura ogni bene per il ministero e invia di cuore l’implorata benedizione apostolica".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

La risposta della Segreteria di Stato

Lettera di padre Giovanni Cavalcoli a Benedetto XVI

Benedetto XVI convoca in Vaticano i membri del Collegio cardinalizio il 17 febbraio, per una giornata di riflessione alla vigilia del Concistoro

Papa Benedetto XVI ha convocato in Vaticano i cardinali di tutto il mondo per una giornata di riflessione il prossimo 17 febbraio, alla vigilia del Concistoro nel quale creerà 22 nuovi porporati. Fra probabili i temi all'ordine del giorno, scrive l'agenzia stampa francese I.Media, i negoziati fra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, il prossimo Anno della fede e il 50° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II. Sarà la quarta volta nel corso del suo Pontificato che Papa Ratzinger riunisce i 'principi' della Chiesa in questo modo: è già successo il 23 marzo 2006, il 23 novembre 2007 e il 18 novembre 2010, sempre alla vigilia di un nuovo Concistoro.

TMNews, Asca

Dal 23 al 26 gennaio i lavori del Consiglio Episcopale permanente della CEI, al centro l'impegno educativo. Tutte le tematiche che verranno affrontate

Al cuore dei lavori del Consiglio Episcopale permanente, che si riunirà a Roma dal 23 al 26 gennaio, rimane “l’impegno educativo”, con la scelta del tema principale dell’Assemblea generale della CEI del prossimo maggio, nonché della data e della sede del Convegno Ecclesiale di metà decennio. Lo si apprende dal comunicato diffuso oggi dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI. Attorno a questa linea, “ci si soffermerà sulle indicazioni pastorali circa l’Anno della fede, sul prossimo Congresso Eucaristico Nazionale, sulle Linee guida per i casi di abusi sessuali compiuti da parte di chierici nei confronti di minori. All’ordine del giorno anche la nuova configurazione della Fondazione Migrantes, l’attribuzione delle nuove competenze sulla pastorale della navigazione aerea e marittima e l’esame dei materiali complementari della terza edizione italiana del Messale Romano”. Infine, saranno approvate “alcune indicazioni didattiche per l’insegnamento della religione cattolica nel secondo ciclo di istruzione e formazione, e verranno esaminate alcune problematiche concernenti l’ingresso a pagamento nelle chiese e i nuovi parametri per l’edilizia di culto”. Aprirà i lavori, dopo l’adorazione eucaristica prevista per le 17.00, la prolusione del card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI, che offrirà un’ampia lettura della situazione della Chiesa e del Paese. La conferenza stampa per la presentazione del comunicato finale alla quale parteciperà mons. Mariano Crociata, segretario generale della CEI, si terrà venerdì 27 gennaio alle 12.00 a Roma, nella Sala Marconi della Radio Vaticana.

SIR

23-26 gennaio, Consiglio Permanente

Costituita dal Papa una fondazione dedicata al dialogo tra scienza, teologia e filosofia, promossa dal dicastero della Cultura e da Atenei pontifici

E' nata lo scorso 10 gennaio in Vaticano la ''Fondazione Scienza e Fede - STOQ'', dedicata al dialogo tra la scienza, la teologia e la filosofia, promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura e da alcune Pontificie Università romane. La creazione della nuova realtà, decretata da Papa Benedetto XVI, risponde alla richiesta del card. Gianfranco Ravasi (foto) che ha fatto propri i desideri di alcuni Atenei pontifici (Lateranense, Gregoriana, Regina Apostolorum, Salesiana, Santa Croce, Urbaniana), di dare continuità e stabilità al Progetto STOQ - Scienze, Theology and the Ontological Quest. Questo, a sua volta, era nato sulla scia della Commissione di Studio del Caso Galilei, istituita da Giovanni Paolo II. Dal 2003 il progetto STOQ ha promosso il dialogo tra la teologia, la filosofia e le scienze naturali attraverso iniziative di studio, ricerca e divulgazione culturale, anche col supporto di istituzioni come la John Templeton Foundation. La Fondazione, la prima nel suo genere in Vaticano, rimarrà legata al dicastero della Cultura attraverso il suo presidente, ma ''godrà di ampia autonomia per realizzare progetti di vasta portata'', si legge in una nota, anche attraverso le Università collegate. Tra i progetti già attivati, e che avranno quindi la necessaria stabilità, vi sono programmi di studio e corsi accademici (specializzazioni, master e dottorato), attività di ricerca (seminari, workshop, convegni) e di divulgazione, conferenze e corsi di aggiornamento, mostre sui temi più rilevanti che riguardano i rapporti tra le scienze naturali e la filosofia e la teologia. ''La Fondazione - spiega il Pontificio Consiglio della Cultura - diventerà così un solido centro di riferimento presso la Santa Sede per una 'nuova evangelizzazione' degli ambienti scientifici''.

Asca

Il Papa: un’attesa paziente e fiduciosa ci trasforma e ci prepara per l'unità visibile, non come abbiamo deciso di fare ma come Dio la concede

Questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza una delegazione ecumenica della Chiesa Luterana di Finlandia in occasione dell’annuale pellegrinaggio ecumenico a Roma, per celebrare la festa di Sant’Enrico, patrono del Paese. La visita annuale, ha esordito il Papa, "testimonia la crescita della comunione tra le tradizioni cristiane rappresentate nel vostro Paese. È mia profonda speranza che questa comunione può continuare a crescere, dando i suoi frutti ricchi tra i cattolici, luterani e tutti gli altri cristiani nella vostra amata Patria". “La nostra profonda amicizia e la comune testimonianza a Gesù Cristo – ha proseguito il Santo Padre – specialmente di fronte al mondo di oggi dove così spesso manca una vera direzione e desidera ascoltare il messaggio della salvezza, devono accelerare il progresso verso la risoluzione delle differenze che permangono, anzi di tutte le questioni sui cui i cristiani sono divisi”. Ed ha aggiunto: “In tempi recenti, le questioni etiche sono diventate uno dei punti di differenza tra i cristiani, soprattutto per quanto riguarda la corretta comprensione della natura umana e della sua dignità”. “Vi è la necessità – ha detto - per i cristiani di arrivare ad un accordo profondo sulle questioni dell’antropologia, che possono aiutare la società e i politici a prendere le decisioni giuste e sagge su questioni importanti nel campo della vita umana, della famiglia e della sessualità”. Benedetto XVI ha quindi fatto riferimento nel suo discorso al recente documento ecumenico redatto nell’ambito del dialogo bilaterale e scandinavo tra cattolici e luterani: “Confidiamo nel potere dello Spirito Santo – ha detto il Santo Padre – affinché renda possibile ciò che può ancora sembrare fuori della nostra portata: un rinnovamento diffuso di santità e di pratica pubblica di virtù cristiane, sull'esempio dei grandi testimoni che ci hanno preceduto”. Riguardo poi alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Benedetto XVI ha detto: “La consapevolezza che Dio interviene con amore nella nostra storia ci insegna a non confidare eccessivamente in quello che possiamo realizzare attraverso i nostri sforzi. L'aspirazione verso l’unità piena e visibile dei cristiani richiede un’attesa paziente e fiduciosa, non in uno spirito di impotenza o di passività, ma con profonda fiducia che l'unità di tutti i cristiani in una Chiesa una è veramente un dono di Dio e non una nostra conquista. Tale paziente attesa, nella speranza orante, ci trasforma e ci prepara per l'unità visibile non come abbiamo deciso di fare, ma come Dio la concede”.

SIR

Alla delegazione ecumenica della Chiesa Luterana di Finlandia, in occasione della festa di Sant'Enrico - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa: mobilitare le risorse intellettuali e morali per l'evangelizzazione della cultura americana e la costruzione della civiltà dell'amore

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i presuli delle regioni IV-VI della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti d’America, ricevuti in questi giorni, in separate udienze in occasione della Visita "ad limina Apostolorum". Nel suo discorso, richiamando il viaggio apostolico nel Paese dell'aprile 2008, il Papa ha osservato che il “consenso sulla natura della realtà e del bene morale”, sancito “nei documenti fondanti” della nazione americana e “incarnato in una visione del mondo forgiata non solo dalla fede, ma dall’impegno verso alcuni principi etici derivanti dalla natura e dalla natura di Dio”, oggi è stato eroso “in maniera significativa” da “nuove e potenti” correnti culturali “sempre più ostili al cristianesimo come tale”. “Nella misura in cui alcune tendenze culturali attuali - ha detto il Papa - contengono elementi che potrebbero ridurre la proclamazione di queste verità, costringendole entro i limiti di una razionalità puramente scientifica o sopprimendole in nome del potere politico o di un principio di maggioranza", esse “rappresentano una minaccia non solo per la fede cristiana, ma anche per la stessa umanità, per la profonda verità del nostro essere e della vocazione ultima, il nostro rapporto con Dio”. Di qui il monito del Pontefice: “Quando una cultura tenta di sopprimere la dimensione del mistero ultimo e di chiudere le porte alla verità trascendente” cade preda di letture riduzioniste “della persona umana e della natura della società”. La nostra tradizione, ha spiegato Benedetto XVI, “non parla di fede cieca” ma si rifà ad un punto di vista razionale, che si collega al nostro “impegno di costruire una società autenticamente giusta, umana e prospera per la nostra sicurezza definitiva”. “La difesa della Chiesa” di un ragionamento morale basato sulla legge naturale, ha spiegato il Papa, si fonda sulla sua convinzione che questa legge “non è una minaccia alla nostra libertà, ma piuttosto un ‘linguaggio’ che ci permette di comprendere noi stessi e la verità del nostro essere, così da formare un mondo più giusto e umano”. Propone quindi il suo insegnamento morale come un messaggio “non di costrizione, ma di liberazione, e come base per costruire un futuro sicuro”. La testimonianza della Chiesa è quindi di sua natura “pubblica”. Per il Papa “la legittima separazione tra Chiesa e Stato non può essere intesa nel senso che la Chiesa deve tacere su determinate questioni, né che lo Stato può scegliere di non tenere conto delle voci dei credenti impegnati nel determinare i valori che daranno forma al futuro della nazione”. "È imperativo che l’intera comunità cattolica degli Stati Uniti si renda conto che la pubblica testimonianza morale della Chiesa è gravemente minacciata da un secolarismo radicale che trova sempre più espressione nelle sfere politica e culturale”. La “gravità” di queste minacce va quindi chiaramente affrontata ad ogni livello della vita ecclesiale. Da tener presenti, poi, “alcuni tentativi compiuti per limitare la più cara delle libertà americane, la libertà di religione”, ha ricordato Benedetto XVI. “Molti di voi - ha affermato - hanno sottolineato che sono stati fatti sforzi concertati per negare il diritto all'obiezione di coscienza da parte di individui e istituzioni cattoliche riguardo alla cooperazione in pratiche intrinsecamente cattive”. Altri, ha soggiunto, “hanno parlato con me di una preoccupante tendenza a ridurre la libertà religiosa alla semplice libertà di culto, senza garanzie di rispetto della libertà di coscienza”. Di qui la “necessità” di un “impegnato, articolato e ben formato” laicato cattolico, “dotato di un forte senso critico nei confronti della cultura dominante e con il coraggio di contrastare una laicità riduttiva che delegittima la partecipazione della Chiesa nel dibattito pubblico sui problemi che stanno determinando il futuro della società americana”. “La preparazione di leader laici impegnati e la presentazione di una convincente articolazione della visione cristiana dell'uomo e della società - ha rammentato ai vescovi - rimane un compito primario della Chiesa nel vostro Paese”. Quindi l’invito ai presuli a “mantenere i contatti con i cattolici impegnati nella vita politica” aiutandoli a “comprendere la loro responsabilità personale nell’offrire testimonianza pubblica della propria fede, soprattutto sulle grandi questioni morali del nostro tempo: il rispetto per il dono di Dio della vita, la tutela della dignità umana e la promozione dei diritti umani autentici”. Il Pontefice ha ribadito che “una testimonianza più coerente da parte dei cattolici americani alle loro più profonde convinzioni sarebbe un importante contributo al rinnovamento della società nel suo insieme”. Non si possono quindi “ignorare le reali difficoltà che la Chiesa incontra nel momento attuale”, ha notato il Santo Padre: necessario perciò “preservare un ordine civile ben radicato nella tradizione giudaico-cristiana”, tenendo presente la “promessa offerta da una nuova generazione di cattolici” le cui esperienza e convinzioni avranno un ruolo decisivo “nel rinnovare la presenza della Chiesa e la testimonianza nella società americana”. L’auspicio finale del Pontefice è stato quello a “rinnovare i nostri sforzi per mobilitare le risorse intellettuali e morali di tutta la comunità cattolica al servizio dell'evangelizzazione della cultura americana e la costruzione della civiltà dell'amore”.

Radio Vaticana, SIR

Al gruppo dei presuli della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti d’America, in Visita “ad Limina Apostolorum” - il testo integrale del discorso del Papa

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Il 7 febbraio il lancio del logo ufficiale. Prosegue la peregrinazione della Croce e dell’Icona mariana

Il logo ufficiale del Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro 2013 sarà lanciato il 1 ° febbraio. La notizia è stato dato in prima persona dal coordinatore del settore giovanile nell'arcidiocesi di Rio Renato Martins, durante una Messa che ha aperto la Veglia dei Giovani Adoratori la sera del 13 gennaio. Intanto, prosegue in Brasile la peregrinazione della Croce e dell’Icona mariana della GMG iniziata lo scorso 18 settembre. In 23 mesi i due simboli religiosi attraverseranno oltre duecento diocesi, molte più città, coinvolgendo migliaia di giovani e oltre 200 milioni di persone potranno iniziare la loro preparazione al grande evento di Rio de Janeiro nel luglio 2013. La peregrinazione, all’insegna dello slogan “Esprimi la tua Fede”, attraverserà i 26 stati brasiliani e un Distretto Federale per poi proseguire in Argentina, Uruguay, Cile e Paraguay. Dopo aver percorso dal 1° dicembre 2011 al 10 gennaio 2012 gli Stati di Bahia e Sergipe, i due simboli della GMG stanno iniziando la peregrinazione negli Stati di Alagoas, Pernambuco, Paraíba e Rio Grande del Nord.

ACI digital, Radio Vaticana

Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani (1). Il Papa: l'amore vero non annulla le legittime differenze ma le armonizza in una superiore unità

"Dio è amore. Su questa solida roccia poggia tutta intera la fede della Chiesa. In particolare, si basa su di essa la paziente ricerca della piena comunione tra tutti i discepoli di Cristo: fissando lo sguardo su questa verità, culmine della divina rivelazione, le divisioni, pur mantenendo la loro dolorosa gravità, appaiono superabili e non ci scoraggiano. Il Signore Gesù, che con il sangue della sua Passione ha abbattuto "il muro di separazione" dell'"inimicizia" (Ef 2, 14), non mancherà di concedere a quanti lo invocano con fede la forza per rimarginare ogni lacerazione. Ma occorre sempre ripartire da qui: Deus caritas est. (...) L'amore vero non annulla le legittime differenze, ma le armonizza in una superiore unità, che non viene imposta dall'esterno, ma che dall'interno dà forma, per così dire, all'insieme. È il mistero della comunione, che come unisce l'uomo e la donna in quella comunità d'amore e di vita che è il matrimonio, così forma la Chiesa quale comunità d'amore, componendo in unità una multiforme ricchezza di doni, di tradizioni".

Benedetto XVI, 25 gennaio 2006

Il Simposio 'Verso la guarigione e il rinnovamento' aperto dal card. Levada, vescovi da 110 episcopati. Prevista testimonianza di una vittima di abusi

“Verso la guarigione e il rinnovamento” è il titolo del Simposio che vedrà riuniti dal 6 al 9 febbraio presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma vescovi e superiori degli ordini religiosi di tutto il mondo per rilanciare l’impegno della Chiesa per la protezione dei bambini e delle persone vulnerabili dagli abusi sessuali. Il convegno sarà un’occasione per scambiare informazioni sulle risorse disponibili a livello globale per reagire al fenomeno nella Chiesa e nella società traendo spunto dalla Circolare diffusa nel maggio scorso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha richiesto a tutte le diocesi nel mondo di mettere a punto entro l’anno "procedure adeguate per fornire assistenza alle vittime di tali abusi, come pure per educare la comunità ecclesiastica sul tema della protezione dei minori". Nel corso del Simposio esperti in diversi campi quali la psicologia, il diritto canonico, la teologia e la pastorale condivideranno con i partecipanti le proprie conoscenze pratiche con l’obiettivo di sviluppare una risposta coerente e globale da parte della Chiesa nella direzione di una migliore tutela dei più vulnerabili. Ad aprire i lavori, sarà il card. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. All’incontro parteciperanno vescovi di 110 Conferenze Episcopali e superiori generali di oltre trenta ordini religiosi. Nel programma figura anche una testimonianza di una vittima di abusi che parlerà ai delegati della necessità di ascoltare le vittime e dei cambiamenti necessari per affrontare meglio il problema. Il Simposio, precisa l’agenzia dei vescovi inglesi e gallesi CCN, sarà preceduto da una conferenza stampa, il 3 febbraio, presso l’ateneo pontificio. Interverranno, tra gli altri, mons. Charles Scicluna, promotore di Giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, padre François-Xavier Dumortier, rettore della Pontificia Università Gregoriana e padre Federico Lombardi, direttore della Radio Vaticana e della Sala Stampa della Santa Sede. Al termine del Simposio è prevista una seconda conferenza stampa, il 9 febbraio, a cui parteciperanno, oltre a padre Federico Federico Lombardi, il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, il prof. Jörg Fegert, direttore del Reparto di Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza della Clinica universitaria di Ulm, in Germania, il prof. Hubert Liebhardt, direttore del Centro per la Protezione dei bambini dell’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana, Cornelia Quennet-Thielen, sottosegretario di Stato presso il Ministero dell'istruzione e della ricerca della Repubblica Federale di Germania.

Radio Vaticana

www.thr.unigre.it

Quegli ecclesiastici in carriera con l’hobby dello sgambetto a mezzo stampa, che negano la realtà per non cambiare gli occhiali con cui la osservano

All’ombra delle grandi querce, si dice, non cresce l’erba. Se la quercia però è un Papa, anche i proverbi possono traballare: è stato il card. Ratzinger a crescere all’ombra di Papa Wojtyla oppure, per i ventiquattro su ventisette anni del suo Pontificato, Giovanni Paolo II è potuto crescere liberamente grazie "all’umile lavoratore", come Benedetto XVI si è definito il giorno della sua elezione, che zappettava tutto intorno alle sue radici? Di "fallimento Ratzinger", si è iniziato a parlare già dal tardo pomeriggio del 10 settembre del 2006, quando le informazioni sull’omelia della Messa celebrata al mattino dal Papa alla Neue Messe Stadt vennero reinterpretate in senso polemico, da una penna italiana in vena di favori. La stupida trovata, uscita dall’ambito paracattolico, coincideva con il debutto di padre Federico Lombardi come direttore della Sala Stampa vaticana: qualcuno pensava di doverlo gratificare con uno sgambetto. E a sfogliare i ritagli che hanno accompagnato le nomine apicali operate da Benedetto XVI, risulta come il giochino sia continuano senza interruzioni. Così, negli archivi dei giornalisti materiale e titoli si sono depositati tanto da far parlare di "fine", "discredito", "fallimento" della Chiesa, del Vaticano, del Papa e dell’intero mondo cattolico. Persino le recenti nomine cardinalizie sono entrate nella cronaca nostrana, con il solito provincialismo “de noantri”, quello che fa finta di riferirsi a fonti oggettive (virgolettando anonimamente "un cardinale", "i sacri palazzi", "un monsignore di curia") per riversare sulle pagine di quotidiani importanti le pene del cuore del solito malato (la definizione è di Paolo VI) di "porporite" cronica. Se il card. Angelo Sodano ci mise una decina d’anni a guadagnarsi il titolo (su L’Espresso) di "peggior Segretario di Stato vaticano dell’ultimo secolo", il Segretario di Stato di Benedetto XVI, il card. Tarcisio Bertone, lo ha ottenuto in meno di due anni, dalla sua visita a Cuba nel febbraio del 2008, quando venne ampiamente sbeffeggiato per la sua velleità di far accompagnare dalla Chiesa la transizione cubana che, soprattutto allora, si presentava ricca di incognite. Che poi questa velleità si sia trasformata nel lento, faticoso ma pacifico percorso che il mondo sta osservando, pare non interessare molto le gazzette nostrane. Così come insignificante viene considerato il disegno tracciato dagli uomini scelti da Papa Ratzinger che sull’orizzonte di un’Europa piena di nubi ha invece dotato i cattolici che vogliono dedicarsi alla politica di una piattaforma riformista, mediamente espressa con un linguaggio più radicale di quello caro alla sinistra borghesizzante del nostro Continente. Una piattaforma che, se e quando le democrazie parlamentari europee ritroveranno stimoli e ideali, aiuterà a riportare il dialogo sociale sulle grandi parole vilipese dal capitalismo finanziario moderno: lavoro, coraggio imprenditoriale, fantasia politica, compattezza sociale. Senza parlare, poi, dell’importanza che sul lungo termine avrà, nella riscrittura delle regole che stanno cambiando l'Europa e la sua moneta unica, la visita di Stato di settembre del Papa al Bundestag. E non è certo un “fallimento” quello di Joseph Ratzinger e dei suoi, in un campo che Emma Fattorini, chiosando il discorso del 9 gennaio al Corpo diplomatico, ha visto Benedetto XVI esprimere una piattaforma politica e sociale che vede, "nei Paesi più oppressi, quelli nei quali le religioni sono causa principale della soppressione dei diritti, sono proprio le donne a convertirsi in maggior numero al cristianesimo perche trovano li, nel suo senso di eguaglianza e di giustizia, una superiore occasione di affrancamento e di liberazione". Questo seme di "evangelizzazione del femminile tramite il femminile", è stato un sogno che lo stesso Giovanni Paolo II con la forza dei suoi gesti ha inseguito, ma non conseguito. Anche se non direttamente riferito alle vicende ecclesiali, l’ultimo libro di Ilvo Diamanti ("Gramsci, Manzoni e mia suocera", Il Mulino) dovrebbe in Vaticano, essere indicato come utile lettura per gli ecclesiastici in carriera, quelli con l’hobby dello sgambetto a mezzo stampa, abituati dalla nomina di Benedetto XVI in poi, per usare una metafora di Diamanti, "a negare la realtà per non cambiare gli occhiali con cui la osserviamo. Dall'alto e di lontano". Ne consegue, come ulteriore motivo di apprezzamento per questo momento della Chiesa, la enorme capacità degli uomini scelti da Papa Benedetto di non reagire alle infinite contumelie. "Come ha fatto il cattolicesimo a scegliere come Papa un cristiano", si chiedeva Hannah Arendt al momento dell’elezione di Giovani XXIII. Qualcuno si chiederà: come ha fatto Joseph Ratzinger, in una generazione di chierici così combinata, a scegliere come collaboratori preti così bravi?

Filippo Di Giacomo, L'Unità

Il tema del primato al centro del dialogo teologico tra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa: non per galateo ma per obbedienza all’unico Signore

Il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa prosegue il suo cammino nel contesto di una fitta trama di rapporti personali e istituzionali, che, nell’anno da poco trascorso, hanno conosciuto un ulteriore sviluppo e una nuova profondità. Si tratta del dialogo della vita che comprende visite fraterne, come, a esempio, quella dell’arcivescovo di Nea Giustiniana e tutta Cipro Chrysostomos II a Papa Benedetto XVI che ha avuto luogo lo scorso marzo, ma anche scambi di delegazioni, collaborazioni in diversi campi, contatti epistolari. Tutto ciò, lungi dall’essere espressione di un semplice “galateo” ecumenico, contribuisce in maniera efficace alla formazione di una più matura interiorità dei singoli, ma anche delle stesse Chiese, in quanto si superano le antiche barriere e i vecchi pregiudizi. Un momento di particolare visibilità del progresso di queste relazioni fraterne è stato la Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, celebrata ad Assisi il 27 ottobre scorso. La presenza di numerosi rappresentanti provenienti da altre Chiese e comunità ecclesiali, tra i quali, per quanto riguarda le Chiese Ortodosse, vi erano il Patriarca ecumenico Bartolomeo (nella foto con Benedetto XVI), l’arcivescovo di Tirana e tutta l’Albania, e delegati dei Patriarcati di Alessandria, Antiochia, Mosca, Serbia, Romania e delle Chiese Ortodosse di Cipro e Polonia, ha manifestato in maniera visibile la comune preoccupazione per le sorti dell’umanità. Il potere testimoniare insieme il proprio anelito per la pace e la giustizia nel mondo, in questi tempi difficili nei quali per molti aspetti regnano la frammentazione e l’individualismo, rappresenta una conquista del movimento ecumenico, che nella sua espressione più profonda è obbedienza all’unico Signore. In questo contesto, il dialogo teologico, condotto dalla Commissione mista internazionale, ha ripreso il suo lavoro attraverso le strutture di cui tradizionalmente si avvale, quali le sottocommissioni e il comitato di coordinamento, con l’intento di superare gli ostacoli emersi nel corso della sessione plenaria di Vienna. La sessione plenaria di Vienna (2010) era stata dedicata allo studio, già avviato nel precedente incontro di Cipro (2009), della questione del ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio, sulla base di un testo elaborato dal Comitato misto di coordinamento nel 2008. Con questo testo si intendeva proseguire la riflessione sul tema del primato nella Chiesa universale, inaugurata con la sessione plenaria di Ravenna (2007). In quella sede, la Commissione aveva approvato e pubblicato un documento dal titolo "Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa. Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità", nel quale cattolici e ortodossi affermavano insieme, per la prima volta, la necessità di un primato al livello di Chiesa universale e concordavano sul fatto che questo primato spettava alla sede di Roma e al suo vescovo, mentre riconoscevano ancora aperta la questione relativa al modo di comprendere e all’esercizio di questo primato, nonché ai fondamenti scritturistici e teologici. Sulla base di quanto affermato nel documento di Ravenna, la Commissione aveva elaborato un progetto di lavoro, secondo il quale l’attenzione si sarebbe concentrata innanzitutto sul primo millennio quando i cristiani di Oriente e Occidente erano uniti. Il Comitato misto di coordinamento aveva quindi redatto una bozza di documento, che, seguendo una metodologia prevalentemente storica, prendeva in considerazione una serie d’eventi e di fonti patristiche e canoniche che mostravano che, nel periodo in oggetto, la Chiesa di Roma aveva un posto distinto tra le Chiese e aveva esercitato una particolare influenza in materia dottrinale, disciplinare e liturgica. Tuttavia, al termine della sessione plenaria di Vienna, malgrado l’impegno profuso, non era stato possibile trovare un accordo per la pubblicazione di un documento comune. Alcuni membri ortodossi consideravano il testo in esame sbilanciato verso la posizione cattolica in quanto privo di riferimenti alle altri grandi sedi ecclesiastiche della Chiesa antica e al loro ruolo nei Concili ecumenici. Altri esprimevano la loro perplessità di fronte alla possibilità di approvare un testo di carattere essenzialmente storico da parte di una commissione teologica. Dopo una lunga discussione, la delegazione cattolica accettò la proposta di considerare il testo come uno strumento di lavoro da utilizzare per le successive tappe del dialogo. Animati dalla ferma volontà di continuare il dialogo sulla strada aperta dal documento di Ravenna, i membri della Commissione decidevano di affidare a una sottocommissione il compito di preparare la bozza di un nuovo documento da sottoporre in seguito allo studio del Comitato di coordinamento, in vista di una futura sessione plenaria da convocare appena possibile. In particolare, si stabiliva che il nuovo testo dovesse prendere in considerazione il tema del primato nel contesto della sinodalità da una prospettiva più marcatamente teologica. Facendo seguito a queste decisioni, una sottocommissione mista si è riunita dal 13 al 17 giugno 2011 a Rethymno (Creta, Grecia) su invito del metropolita ortodosso del luogo, Eugenios. Alla riunione, presieduta dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e dal metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), del Patriarcato ecumenico, erano presenti sei rappresentanti cattolici e quattro ortodossi provenienti da diverse Chiese autocefale (Patriarcato ecumenico, Patriarcato di Mosca, Patriarcato di Serbia, Chiesa di Cipro). All’inizio dell’incontro, un cattolico e un ortodosso hanno presentato testi che esprimevano il loro rispettivo punto di vista sul tema del rapporto teologico ed ecclesiologico tra primato e sinodalità. Di fatto, però, i due testi seguivano una differente metodologia: quello cattolico, facendo ampio riferimento alla storia della teologia, presentava la dottrina cattolica del primato nel quadro dell’ecclesiologia eucaristica; quello ortodosso, partendo da un approccio sistematico-speculativo del mistero trinitario, cristologico ed eucaristico, si proponeva di spiegare la necessità di un primato a livello universale da esercitare nel contesto della sinodalità. Si rivelava, pertanto, particolarmente ardua l’impresa di preparare un testo comune condiviso. Per evitare che la riunione si concludesse senza portare a termine il compito affidato, la sottocommissione decideva di utilizzare come base della discussione il testo proposto dagli ortodossi, proponendo degli emendamenti per ampliarne la prospettiva. Si riusciva in tal modo a produrre un testo da sottoporre allo studio del Comitato misto di coordinamento. La riunione del Comitato misto di coordinamento ha avuto luogo a Roma dal 21 al 26 novembre 2011. Tale organismo era composto da nove membri cattolici e da nove ortodossi (Patriarcato ecumenico, Patriarcato di Alessandria, Patriarcato di Mosca, Patriarcato di Serbia, Patriarcato di Romania, Chiesa di Cipro, Chiesa di Grecia) sotto la presidenza del card. Koch e del metropolita Ioannis. Nel corso della riunione i lavori sono proceduti molto lentamente. L’impostazione sistematico-speculativa della bozza del documento, ereditata dal testo preparatorio proposto dalla parte ortodossa, suscitava non poche riserve in alcuni membri cattolici. A questo si aggiungeva il fatto che non tutti i membri ortodossi si riconoscevano in ciò che nel documento in esame veniva presentato come la posizione ortodossa sul primato al livello della Chiesa universale, rendendo complicato per i cattolici comprendere il punto di vista ortodosso. A motivo di queste difficoltà, il Comitato di coordinamento non ha potuto completare lo studio della bozza di documento, ma ha fissato un nuovo incontro per il prossimo anno al fine di proseguire la revisione del documento, chiedendo nel frattempo a un piccolo gruppo di redazione di riscrivere alcuni paragrafi problematici. Un caloroso invito a proseguire sulla strada del dialogo con fiduciosa speranza, malgrado la consapevolezza delle difficoltà del momento, è stato espresso da Papa Benedetto XVI, nel discorso pronunciato davanti ai membri della delegazione del Patriarcato ecumenico in visita a Roma per la festa dei Santi Pietro e Paolo, lo scorso giugno: "Seguiamo con grande attenzione il lavoro della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. A uno sguardo puramente umano, si potrebbe essere presi dall’impressione che il dialogo teologico fatichi a procedere. In realtà, il ritmo del dialogo è legato alla complessità dei temi in discussione, che esigono uno straordinario impegno di studio, di riflessione e di apertura reciproca. Siamo chiamati a continuare insieme nella carità questo cammino, invocando dallo Spirito Santo luce e ispirazione, nella certezza che egli vuole condurci al pieno compimento della volontà di Cristo: che tutti siano uno (Giovanni, 17, 21)". A sua volta, il Patriarca ecumenico Bartolomeo, rivolgendosi alla delegazione della Santa Sede in visita a Costantinopoli in occasione della festa di sant’Andrea, il 30 novembre scorso, tra le altre cose affermava: "Il lavoro di questa Commissione è lungi dall’essere semplice, poiché i problemi che si sono accumulati nel corso di molti secoli, in seguito al reciproco estraniamento e talvolta alla disputa tra le due Chiese, esigono uno studio e una riflessione attenti. Tuttavia, con la guida del Consolatore, con buona volontà da entrambe le parti e il riconoscimento del nostro dovere dinanzi al Signore e agli uomini, si arriverà agli esiti auspicati, quando il Padrone della vigna lo riterrà opportuno". Nel corso del 2011, dunque, il superamento degli ostacoli incontrati nella plenaria di Vienna è riuscito solo in parte. Il raggiungimento di un consenso condiviso tra cattolici e ortodossi sulla cruciale questione del primato al livello della Chiesa universale richiede ancora molto impegno da parte della Commissione mista. Alla complessità del tema che è stato per secoli al centro del contenzioso tra la Chiese di Oriente e di Occidente, si aggiunge la necessità di una laboriosa riflessione sulla metodologia con cui si tratta l’argomento. La consapevolezza delle differenze che si sono sviluppate nel corso dei secoli, che sembrano riguardare il modo stesso di fare teologia, non deve tuttavia far dimenticare che cattolici e ortodossi condividono la preziosa eredità del patrimonio di fede e delle discipline ecclesiastiche della Chiesa del primo millennio. In maniera significativa, il Santo Padre, incontrando i rappresentanti delle Chiese ortodosse e orientali ortodosse presenti in Germania, durante il viaggio apostolico in quella nazione il 24 settembre 2011, affermava: "Senza dubbio, fra le Chiese e le comunità cristiane, l’Ortodossia, teologicamente, è la più vicina a noi; cattolici ed ortodossi hanno conservato la medesima struttura della Chiesa delle origini; in questo senso tutti noi siamo 'Chiesa delle origini', che tuttavia è sempre presente e nuova. E così osiamo sperare, anche se da un punto di vista umano emergono ripetutamente difficoltà, che non sia troppo lontano il giorno in cui potremo di nuovo celebrare insieme l’Eucaristia". È con questa convinzione che cattolici e ortodossi devono continuare il dialogo teologico per chiarire le differenze teologiche il cui superamento è indispensabile per il ristabilimento della piena unità, che è la meta per la quale si sta lavorando. Si tratta, come si è visto, di un impegno che in questo momento non sembra facile, ma che è irrinunciabile perché corrisponde alla volontà di Dio, nella fondata speranza che lo Spirito Santo, secondo i suoi imperscrutabili disegni, porterà a compimento.

Andrea Palmieri, L'Osservatore Romano