mercoledì 20 ottobre 2010

La fase conclusiva dell'Assemblea sinodale. Si lavora all'unificazione delle Proposizioni, la cui stesura definitiva verrà votata sabato

Sono proseguiti oggi a porte chiuse i lavori del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, in corso in Vaticano fino al 24 ottobre. E mentre l'Assemblea sinodale si avvia ormai al termine, il Relatore generale, Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti d'Egitto, che il 20 novembre verrà creato cardinale, è impegnato insieme ai Segretari speciali e ai Relatori dei Circoli minori, i gruppi di lavoro per lingua, all'unificazione delle Proposizioni che saranno presentate domani mattina all'Assemblea riunita nella dodicesima Congregazione generale. L'Elenco unificato sarà poi distribuito ai Padri sinodali per lo studio privato e la preparazione dei Modi individuali, che ciascun Padre sinodale potrà presentare in seno al proprio Circolo minore per la discussione e l'esame comune, al fine di preparare gli emendamenti che saranno consegnati alla Segreteria generale al termine di giovedì. Gli emendamenti verranno, quindi, studiati venerdì dal Relatore generale e dai suoi collaboratori per la stesura dell'elenco definitivo, che sarà poi presentato all'Assemblea riunita per la quattordicesima Congregazione generale, sabato mattina. Nel corso di questa Congregazione i 185 Padri sinodali saranno chiamati a votare elettronicamente la lista definitiva delle proposizioni. Per essere approvata ciascuna proposizione dovrà ricevere almeno i due terzi dei voti, “placet” per sì e “non placet” per no. Le proposizioni verranno presentate al Papa, che potrà decidere se renderle pubbliche o mantenerle riservate. Il Pontefice si baserà su quest'ultime per redigere l'Esortazione Apostolica post-sinodale.

Zenit

Come cambia il Collegio cardinalizio con le nuove porpore. Cresce il numero degli italiani e di coloro che ricoprono incarichi nella Curia romana

Un conclave sempre più italiano e sempre più 'curiale': se si dovesse eleggere il nuovo Papa fra un mese, quando Benedetto XVI avrà creato i 24 nuovi cardinali annunciati oggi, gli italiani chiamati a scegliere il nuovo successore di Pietro sarebbero 27 su un totale di 121, ovvero più di un quinto del totale. Allo stesso tempo, i porporati che ricoprono o hanno ricoperto posizioni di vertice nella Curia romana sono 40, di cui 10 nominati oggi dal Pontefice: un terzo dei componenti di un ipotetico conclave. La crescita di numero degli italiani va di pari passo con quella che per alcuni è una re-italianizzazione della Curia vaticana sotto Papa Ratzinger. I cardinali elettori fino all'annuncio di oggi erano 102, ma uno di loro, l'ex arcivescovo di Riga, in Lettonia, Janis Pujats, compirà 80 anni il 14 novembre prossimo, prima del concistoro. Poichè i porporati elettori nominati da Benedetto XVI sono 20, a fine novembre i cardinali votanti saranno 121, in linea con il numero fissato da Paolo VI a 120. Il Pontefice potrebber però decidere di intervenire nuovamente a breve, nel giro di uno o due anni, sulla composizione del Sacro Collegio: nel 2011 saranno 10 i cardinali a passare la soglia degli 80 anni (tra cui uno dei porporati nominati oggi da Papa Ratzigner, l'ex arcivescovo di Luzaka, in Zambia, Medardo Joseph Mazombwe), tra cui nomi di peso come il card. Ruini e lo statunitense Law, nel 2012 toccherà ad altri 13. A fine 2012, quindi, il numero degli elettori sarà sceso nuovamente a 98. Dopo l'Italia, da sempre il Paese più rappresentato nel conclave, al secondo posto ci sono gli Stati Uniti, che passano da 11 elettori a 13, seguiti da Germania, che passa da 5 a 6, Spagna (5), Francia (5), Brasile (da 4 a 5). Si riduce comunque la presenza dei cardinali del 'Sud' del mondo, dove oggi vivono i due terzi dei cattolici: solo 7 dei nuovi 20 porporati votanti viene da fuori Europa e Nord America, e in totale sono poco meno di un terzo del Collegio cardinalizio. Va segnalato infine che Benedetto XVI ha nominato oggi il cardinale più giovane del Sacro collegio: è il 57enne tedesco Rehinard Marx, suo successore alla guida della diocesi di Monaco di Baviera.

Asca

L'episcopato irlandese indice un anno di preghiera per il rinnovamento della Chiesa locale scossa dalla pedofilia in attesa della Visita apostolica

I vescovi irlandesi chiedono ai fedeli d'Irlanda di seguire con la preghiera il processo di “rinnovamento” che l’episcopato del Paese in stretta collaborazione con la Santa Sede sta avviando in seguito alle denunce di casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi su minori che hanno profondamente scosso la Chiesa e la società irlandesi. In un comunicato diffuso ieri sera al termine dell’Assemblea generale della Conferenza Episcopale irlandese, i vescovi tornano ad esprimere la loro “grande gratitudine” a tutti coloro che hanno offerto in questo periodo riflessioni utili sulla Lettera Pastorale per i cattolici d'Irlanda, pubblicata da Benedetto XVI il 19 marzo scorso e di nuovo sottolineano “la necessità di avviare un profondo rinnovamento ed una nuova visione capaci di ispirare le generazioni presenti e future per far tesoro del dono della nostra fede comune". E come “primo passo” di questo processo di “rinnovamento”, i vescovi indicano ai fedeli la preghiera, nell’Anno dedicato all’evangelista Matteo che prenderà avvio il prossimo 28 novembre. Ed aggiungono: “Durante questo anno di preghiera, i fedeli sono invitati a recitare la Preghiera per la Chiesa in Irlanda contenuta nella Lettera pastorale” di Papa Benedetto XVI. I vescovi ricordano a questo punto che Papa Benedetto XVI aveva anche annunciato nella sua Lettera Pastorale l’intenzione "di indire una Visita Apostolica in alcune diocesi in Irlanda, nonché in seminari e congregazioni religiose". Il 6 ottobre scorso, il card. Seán Brady, l’rcivescovo Diarmuid Martin, l’arcivescovo Dermot Clifford e l'arcivescovo Michael Neary, si sono recati a Roma ed hanno discusso con i Visitatori Apostolici, i Superiori della Congregazione per i vescovi e la Segreteria di Stato l'organizzazione della Visita. “Quanto deciso – assicurano i vescovi – è positivo e costruttivo. La speranza di tutti è che la visita apostolica contribuisca a purificare e a guarire la Chiesa in Irlanda e aiuti a ripristinare la fiducia e la speranza dei fedeli nel nostro paese”.

SIR

I vescovi belgi abbandonano l'idea di una nuova commissione per gli abusi del clero affidandosi all'autorità giudiziaria e ascoltando le vittime

I vescovi e i superiori maggiori delle Congregazioni e degli ordini religiosi del Belgio hanno deciso di abbandonare l’idea di creare una nuova commissione di inchiesta sugli abusi sessuali commessi da personale religioso ai danni di minori e di affidarsi alla autorità giudiziaria per la gestione delle denunce e delle conseguenze penali. La Chiesa si assume però la piena responsabilità di ascoltare le vittime a livello locale, nelle diocesi e negli ordini religiosi coinvolti, e di procedere a livello canonico, con provvedimenti disciplinari che saranno poi presi in maniera definitiva dalla Santa Sede. La decisione è stata comunicata oggi in una nota dalla Conferenza Episcopale belga. Nella nota si spiega che in seguito alle dimissioni della Commissione Adriaenssens, i vescovi inizialmente avevano pensato di “creare un comitato o centro dove persone competenti potessero gestire questo problema a nome della Chiesa. Ma questa eventualità è stata abbandonata. La fondatezza della denuncia e le conseguenze di questi fatti sono competenza del potere giudiziario. In quanto Chiesa, abbiamo una responsabilità pastorale specifica. Innanzitutto verso le vittime. Essa saranno pertanto ascoltate a livello diocesano o dai superiori maggiori della Congregazioni coinvolte; le loro aspettative saranno prese in considerazione per quanto possibile”. “A noi – prosegue la nota dei vescovi e dei superiori religiosi del Belgio - spetta anche di prendere le nostre responsabilità nei confronti degli autori in base al diritto canonico. Stiamo prendendo provvedimenti disciplinari e ogni cartella sarà anche inviata a Roma in attesa di una azione disciplinare definitiva”. Nella nota si afferma anche la necessità, in questo lavoro di ascolto delle vittime e provvedimenti disciplinari, di avvalersi di esperti. “Speriamo – scrivono i vescovi – di poter costituire questo gruppo di esperti che possano al più presto possibile consigliare e assistere le diocesi, le congregazioni e gli ordini religiosi. Si tratta infatti di una problematica specifica e delicata che deve essere affrontata con tutte le competenze richieste”. La nota pubblicata oggi è lunga e sofferta. “In questo ultimo mese – scrivono vescovi e religiosi – abbiamo realizzato ancora meglio l’ampiezza dell'ingiustizia e tutto il dolore” che questi casi hanno provocato. “Come una chiesa, il nostro primo compito è quello di stare accanto alle vittime. Dobbiamo riconoscere questa ingiustizia e questa sofferenza. Le vittime devono avere il nostro sostegno e l'assistenza che meritano. E' un dovere”.

SIR

La regola di Benedetto XVI dell'arcivescovo residenziale emerito non ancora ottantenne decisiva per la scelta dei nuovi porporati

Nella scelta delle 24 nuove porpore, Papa Benedetto XVI sembra essersi attenuto molto rigidamente alla regola non-scritta per cui gli arcivescovi di città che normalmente comportano la nomina a cardinale, aspettino che il loro predecessore superi gli 80 anni e non possa quindi votare in conclave. E' il caso, ad esempio, dell'arcivescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori, ex-braccio destro del card. Ruini alla guida della CEI il suo predecessore nel capoluogo toscano, il card. Ennio Antonelli, ha 73 anni, nonostante sia presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il discorso vale anche per il neoarcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, il cui predecessore Severino Poletto ha meno di 80 anni, e per molti non italiani: dall'arcivescovo di New York Timothy Dolan a quello di Baltimora Edwin O'Brien, da quello di Westminster Vincent Nichols, a quello di Praga Dominic Duka fino a quello di Bruxelles, Andre'-Jospeh Leonard. Altre arcidiocesi in passato associate alla porpora che dovranno aspettare un altro giro sono quelle di Utrecht (mons. Eijk), di Toledo (mons. Rodriguez Plaza) e di Siviglia (mons. Pelegrina) in Europa, e di Rio de Janeiro (mons. Tempesta) e Montevido in Uruguay (mons. Fanizzi), Asuncion in Paraguay (mons. Verga) in Sud America, di Yangon in Myanmar (mons.Maung Bo) e Tokyo in Giappone (mons. Okada) in Asia, di Yaoundè in Camerun (mons. Tonyè Bakot) e Kampala in Uganda (mons. Lwanga) in Africa. Esclusi anche numerosi presidenti di Pontifici Consigli: in primis, perchè la sua nomina era attesa da molti, mons. Rino Fisichella, presidente della neo Promozione della Nuova Evangelizzazione. Ma nella sua stessa situazione ci sono mons. Zygmunt Zimowski, presidente della Pastorale della salute, mons. Claudio Maria Celli, presidente delle Comunicazioni Sociali, mons. Antonio Maria Vegliò, presidente della Pastorale per i migranti, mons. Francesco Coccopalmerio, presidente dei testi legislativi.

Asca

Il Papa: il 20 novembre Concistoro per la nomina di 24 nuovi cardinali, dove si riflette l'universalità della Chiesa. Svolgano il ministero con frutto

“E adesso con gioia annuncio che il prossimo 20 novembre terrò un Concistoro nel quale nominerò nuovi membri del Collegio Cardinalizio”. Queste le parole pronunciate questa mattina dal Papa al termine dell’Udienza generale, subito dopo i saluti ai fedeli di lingua italiana. Benedetto XVI ha annunciato la creazione di 24 nuovi cardinali. Con il nuovo Concistoro, i porporati saranno complessivamente 203, di cui 121 elettori. Al prossimo concistoro, il terzo del Pontificato di Benedetto XVI, riceveranno la berretta cardinalizia mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi; mons. Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione del clero; mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; mons. Fortunato Baldelli, Penitenziere maggiore; mons. Velasio De Paolis, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede e delegato papale per i Legionari di Cristo. Sempre tra gli ecclesiastici di Curia, saranno creati cardinali l’arcivescovo americano Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; il presule svizzero Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani; mons. Robert Sarah, della Guinea Conakry, presidente di Cor Unum. Ancora, riceveranno la porpora mons. Paolo Sardi, pro-patrono dell’Ordine di Malta e mons. Francesco Monterisi, arciprete della Basilica di San Paolo. Tra i vescovi a capo di diocesi, saranno creati cardinali mons. Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo; mons. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, mons. Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia. E ancora, mons. Donald W. Wuerl, arcivescovo di Washington, mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, mons. Medardo Joseph Mazombwe, arcivescovo emerito di Lusaka, mons. Malcom Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo, mons. Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo brasiliano di Aparecida, l’arcivescovo emerito di Quito, mons. Raul Eduardo Vela Chiriboga e il Patriarca di Alessandria dei Copti, Antonio Naguib. Infine, il Pontefice creerà anche quattro cardinali ultraottantenni e dunque non elettori in Conclave. Si tratta di mons. José Manuel Estepa Llaurens, spagnolo, arcivescovo ordinario militare emerito; mons. Elio Sgreccia, già presidente della Pontificia Accademia per la Vita; mons. Domenico Bartolucci, già Maestro della Cappella Sistina e mons. Walter Brandmüller, tedesco, già presidente del Pontificio Comitato di Scienze storiche. "Nella lista dei nuovi porporati si riflette l'universalità della Chiesa; essi, infatti, provengono da varie parti del mondo e svolgono differenti compiti a servizio della Santa Sede o a contatto diretto con il Popolo di Dio quali Padri e Pastori di Chiese particolari", ha detto Benedetto XVI. "Vi invito a pregare per i nuovi cardinali, chiedendo la particolare intercessione della Santissima Madre di Dio, affinché svolgano con frutto il loro ministero nella Chiesa". "I cardinali - ha ricordato il Papa - hanno il compito di aiutare il successore dell'apostolo Pietro nell'adempimento della sua missione di principio fondamento perpetuo e visible dell'unità della fede e della comunione nella Chiesa".

Il Papa: la fede, l’amicizia con Cristo, crea il senso della giustizia, dell’uguaglianza di tutti gli uomini, e l'amore dal quale nasce la speranza

“Per tutti coloro che svolgono ruoli di guida, l’esercizio dell'autorità ad ogni livello deve essere vissuto come servizio alla giustizia e alla carità, nella costante ricerca del bene comune”. E’ un monito che Benedetto XVI ha tratto dalla vita di Santa Elisabetta di Ungheria, la figura della quale ha illustrato nella catechesi dell’Udienza generale di questa mattina, alla presenza di 40mila fedeli in Piazza San Pietro. Proseguendo nella descrizione delle grandi figure femminili del Medioevo, Benedetto XVI ha parlato di questa principessa, una delle donne “che ha suscitato maggiore ammirazione”, la vita della quale mostra come “la fede, l'amicizia con Cristo, crea il senso della giustizia, dell'uguaglianza di tutti, dei diritti degli altri, e crea l'amore, la carità e da questa nasce la speranza, la certezza che siamo amati da Cristo e che l'amore di Cristo ci aspetta e così ci rende capaci di imitare Cristo, di vedere Cristo negli altri. Santa Elisabetta ci invita a scoprire Cristo, amare Cristo, avere la fede e così trovare la vera giustizia, l'amore e la gioia che un giorno saremo immersi nell'amore divino”. Nata nel 1207, figlia di Andrea II, ricco e potente re d’Ungheria, da bambina “amava il gioco la musica e la danza, recitava le sue preghiere e mostrava già la sua attenzione verso i poveri”. La sua fanciullezza felice fu interrotta quando aveva 4 anni, dall’arrivo dei cavalieri che dalla Turingia venivano a prenderla per condurla alla corte del langravio, Ermanno I, promessa sposa del figlio Ludovico. Andò “con una ricca dote e un grande seguito, comprese le sue ancelle, due delle quali le rimarranno fedeli fino alla fine. Sono loro che ci hanno lasciato notizie sull’infanzia e sula vita della Santa”. Dopo il fidanzamento, Elisabetta studiava tedesco, latino francese, musica e ricamo. Nonostante si trattasse di un matrimonio combinato per motivi politici, “tra i due giovani nacque un amore sicero animato dalla fede e dal desiderio di compiere la volontà di Dio”, anche se Elisabetta si trovò “al centro di sommesse critiche perchè il suo modo di comportarsi non rispondeva ai canoni della vita di corte”. Anche il matrimonio non fu sfarzoso e al banchetto si pensò anche ai poveri. Della vita di Elisabetta il Papa ha sottolineato alcuni episodi, come quando “entrando in chiesa nella festa dell’Assunzione si tolse la corona, la pose davanti alla croce e si prostrò in terra davanti al crocefisso con il viso coperto”. E quando la suocera la rimproverò per quel gesto, rispose: “Come posso io, creatura miserabile, continuare ad indossare una corona di dignità terrena, quando vedo il mio re, Gesù Cristo, coronato di spine?”. “Come si comportava davanti a Dio, allo stesso modo si comportava verso i sudditi. “Non consumava cibi se prima non era sicura che provenissero dalle proprietà e dai legittimi beni del marito. Mentre si asteneva dai beni procurati illecitamente, si adoperava anche per dare risarcimento a coloro che avevano subito violenza”. Elisabetta praticava le opere di misericordia: “dava da bere e da mangiare”, “procurava vestiti, pagava i debiti, si prendeva cura degli infermi e seppelliva i morti”. Quando questo fu riferito al marito, questi rispose agli accusatori: “Fin quando non mi vende il castello, ne sono contento!”. “In questo contesto si colloca il miracolo del pane trasformato in rose: mentre Elisabetta andava per la strada con il suo grembiule pieno di pane per i poveri, incontrò il marito che le chiese cosa stesse portando. Lei aprì il grembiule e, invece del pane, comparvero magnifiche rose. Questo simbolo di carità è presente molte volte nelle raffigurazioni di Santa Elisabetta”. Ma la vita di Elisabetta stava per conoscere dure prove. La prima “fu l’addio al marito, a fine giugno del 1227 quando Ludovico IV si associò alla crociata dell’imperatore Federico II, ricordando alla sposa che quella era una tradizione per i sovrani di Turingia. Elisabetta rispose: ‘Non ti tratterrò. Ho dato tutta me stessa a Dio ed ora devo dare anche te’”. Ludovico, però, cadde malato e morì ad Otranto, prima di imbarcarsi, nel settembre 1227, all’età di ventisette anni. Un’altra prova le venne dal cognato che usurpò il governo della Turingia, dichiarandosi vero erede di Ludovico. Elisabetta e i suoi tre figli furono cacciati dal castello di Wartburg. I bambini furono affidati ad amici di Ludovico, mentre Elisabetta, con due ancelle che le rimasero vicine, “lavorava dove veniva accolta, assisteva i malati, filava e cuciva. Durante questo calvario sopportato con grande fede, con pazienza e dedizione a Dio, alcuni parenti, che le erano rimasti fedeli e consideravano illegittimo il governo del cognato, riabilitarono il suo nome. Così Elisabetta, all’inizio del 1228, poté ricevere un reddito appropriato per ritirarsi nel castello di famiglia a Marburgo”. Qui, “il Venerdì Santo del 1228, poste le mani sull’altare nella cappella della sua città Eisenach, dove aveva accolto i Frati minori, alla presenza di alcuni frati e familiari, Elisabetta rinunziò alla propria volontà e a tutte le vanità del mondo. Ella voleva rinunziare anche a tutti i possedimenti, ma io la dissuasi per amore dei poveri. Poco dopo costruì un ospedale, raccolse malati e invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili e i più derelitti”. “Elisabetta trascorse gli ultimi tre anni nell’ospedale da lei fondato, servendo i malati, vegliando con i moribondi. Cercava sempre di svolgere i servizi più umili e lavori ripugnanti. Ella divenne quella che potremmo chiamare una donna consacrata in mezzo al mondo e formò, con altre sue amiche, vestite in abiti grigi, una comunità religiosa. Non a caso è patrona del Terzo ordine regolare di San Francesco e dell’Ordine francescano secolare”. Morì nel 1231 e solo quattro anni più tardi Gregorio IX la proclamò Santa. Il Papa ha terminato la catechesi parlando a braccio: “Santa Elisabetta – le sue parole – ci insegna come la fede, l’amicizia con Cristo, crea il senso della giustizia, dell’uguaglianza di tutti gli uomini, dei diritti degli altri, e crea l’amore, la carità, e da questa carità nasce anche la speranza, la certezza di essere amati da Cristo e che l’amore di Cristo ci aspetta”. “Santa Elisabetta – ha proseguito Benedetto XVI, sempre fuori testo – ci renda capaci di vedere Cristo negli altri, di amare Cristo, di amare la fede e così di trovare la vera giustizia, l’amore e la certezza che un giorno saremo immersi nella gioia, nell’immensità di Dio”.

AsiaNews, SIR

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa