martedì 17 febbraio 2009

A Instanbul l'incontro tra Bartolomeo I e il card. Sepe. Rievocati il viaggio in Turchia e la visita a Napoli del Papa

Da ieri il card. Crescenzio Sepe (nella foto con Benedetto XVI) è in Turchia. Oggi c’è stato l’atteso incontro con il Patriarca Bartolomeo I, dopo una visita alla Sede storica della Presenza Pontificia ad Istanbul, accompagnato dal Nunzio apostolico mons. Antonio Lucibello. Alle ore 12 il Patriarca Bartolomeo I ha accolto nella Sala del Trono la delegazione guidata dal card. Sepe e comprendente l’arcivescovo emerito di Campobasso mons. Armando Dini, il Presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo e mons. Marco Gnavi della stessa Comunità. Presente il Nunzio mons. Lucibello. Bartolomeo I ha accolto gli ospiti con viva cordialità e, nel suo saluto, ha ricordato i giorni trascorsi a Napoli in occasione della sua partecipazione al Meeting internazionale interreligioso svoltosi nell’ottobre del 2007 nella città partenopea, durante il quale ebbe modo di incontrare Benedetto XVI. Il Patriarca ha espresso gratitudine al Pontefice e ai suoi predecessori «per aver onorato con la loro presenza la storica residenza della Chiesa di Costantinopoli», richiamando la firma della Dichiarazione comune e la «decisione di andare avanti verso il comune cammino dell’unità nella speranza di vedere ricomposta al più presto la frattura fra le due chiese sorelle».«Il dialogo teologico fra le nostre Chiese interrotto quasi sei anni fa – ha detto il Patriarca – è ricominciato prima a Belgrado e poi a Ravenna e continuerà nel prossimo ottobre a Cracovia. Saremo chiamati ad esaminare il tema del primato del Vescovo di Roma nel quadro della Chiesa cristiana». Bartolomeo I ha poi ricordato i tanti vescovi e teologici nonché alcuni movimenti come quello dei Focolarini e della Comunità di Sant’Egidio che lavorano per la piena unità dei cristiani. Particolare apprezzamento ha poi espresso per l’opera compiuta dal card. Sepe: «Abbiamo fiducia in Sua Eminenza – ha detto – perché è così aperto e così pronto a contribuire all’unità dei cristiani, come ha dimostrato durante la nostra visita alla sua Arcidiocesi e anche con la sua attività, che ammiriamo mentre lo ringraziamo per questo lavoro prezioso». Bartolomeo I, come ricordo dell’incontro odierno ha fatto dono di un prezioso volume sullo storico incontro avvenuto nel 1974 tra Paolo VI e Atenagora I, sottolineando «il loro coraggio di andare assieme a Gerusalemme». Bartolomeo I ha ricordato ancora alcuni momenti significativi del papato di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII. «C’è ancora molto da fare – ha precisato – ma siamo tutti decisi ad andare avanti senza paure e senza esitazioni perché chi ama non ha paura». Bartolomeo ha poi donato all’arcivescovo anche la medaglia coniata dal Patriarcato in occasione del storico viaggio in Turchia di Benedetto XVI. Il card. Sepe nel suo breve saluto si è fatto portavoce di tutta la diocesi di Napoli esprimendo gratitudine per «l’onore che ci fa nel riceverci qui nel Patriarcato per continuare il dialogo che abbiamo iniziato a Napoli. Vedere vostra Santità accanto a Benedetto XVI ricorda un pò in qualche modo il ripetersi di quello storico incontro avvenuto a Gerusalemme tra Paolo VI e Atenagora. È il segno del dialogo che la Chiesa di Napoli ha avviato con Vostra Santità. La nostra visita vuole segnare un passo in avanti in questo rapporto di fraternità con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Napoli vuole essere una città-ponte, vuole essere cioè un ponte che unisce e che porta l’umanità verso la giustizia e la pace». Diversi i doni offerti dall’arcivescovo dopo aver invitato il Patriarca a tornare a Napoli: una maternità, che il maestro Ferrigno ha realizzato in esclusiva per il Patriarca secondo lo stile dell’arte presepiale napoletana; una lastra d’argento raffigurante San Gennaro accanto alla Cattedrale partenopea; il libro che ricorda la storica visita di Benedetto XVI a Napoli. Il card. Crescenzio Sepe, con la delegazione ufficiale si è poi fermato a pranzo nella storica sede del Patriarcato ecumenico.

L'incontro del Cardinale Sepe con il Patriarca Bartolomeo I - il video

5000 fedeli della diocesi di Brindisi domani all'Udienza generale per ricambiare la visita di Benedetto XVI

Sono già partiti alla volta di Roma i primi pullman di pellegrini che domani, mercoledì 18 febbraio, parteciperanno all'Udienza generale del Santo Padre in Piazza San Pietro. Si tratta del pellegrinaggio "ad Petri sedem" voluto dall'arcivescovo Rocco Talucci per ricambiare la visita che Papa Benedetto XVI ha compiuto a Brindisi il 14 e 15 giugno 2008. Sono all'incirca cinquemila i fedeli che, guidati dall'arcivescovo e dai rispettivi parroci, hanno prenotato il loro pass di accesso alla Piazza. La giornata avrà inizio alle ore 7.30 quando mons. Talucci presiederà la solenne Concelebrazione Eucaristica presso la Basilica Vaticana. Subito dopo i fedeli si sposteranno in Piazza San Pietro dove alle ore 10.30 inizierà l'Udienza del Pontefice. All'udienza saranno presenti, tra gli altri, il Prefetto di Brindisi, dott. Domenico Cuttaia e i Sindaci o loro delegati dei 14 comuni della Diocesi. Nel pomeriggio i pellegrini si sposteranno presso la Basilica di San Paolo Fuori le Mura per la visita ai luoghi paolini.

Il Papa in Camerun e Angola. La preghiera di Benedetto XVI per l'Africa a un mese dal viaggio e in vista del Sinodo dei vescovi per il continente

“Perché la Chiesa in Africa trovi vie e mezzi adeguati per promuovere in modo efficace la riconciliazione, la giustizia e la pace, secondo le indicazioni della II Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi”.
E’ l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di febbraio. “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14): su questo tema scelto da Benedetto XVI si riunirà la seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre di quest’anno. Un assise che verrà preceduta dal viaggio apostolico di Benedetto XVI in Camerun e Angola dal 17 al 23 marzo. Avvenimento ormai prossimo, che viene atteso con trepidazione da tutti i fedeli dei due Paesi. Ma l’evento non riguarderà solo le Chiese di Camerun e Angola. Avrà una dimensione continentale. A Yaoundé, infatti, il 19 marzo una grande Santa Messa sancirà la pubblicazione dell’"Instrumentum Laboris" dell’Assemblea sinodale per l’Africa. Continente dunque sempre più nel cuore del Papa che in molteplici occasioni, fin dall’inizio del suo Pontificato, ha dedicato appelli e riflessioni al continente africano. Incontrando il clero romano, il 13 maggio 2005, Benedetto XVI si è soffermato sulla straordinaria ricchezza umana e spirituale dell’Africa non mancando di sottolineare le responsabilità dell’Europa: “L'Africa è un continente di grandissime potenzialità, di grandissima generosità da parte della gente, con una fede viva che impressiona. Ma dobbiamo confessare che l'Europa ha esportato non solo la fede in Cristo, ma anche tutti i vizi del Vecchio Continente. Ha esportato il senso della corruzione, ha esportato la violenza che adesso sta devastando l'Africa. E dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità nel far sì che l'esportazione della fede, che risponde all'attesa intima di ogni uomo, sia più forte dell'esportazione dei vizi dell'Europa”. E sempre nei primi mesi di Pontificato, all’Angelus del 3 luglio 2005, il Papa coglie l’occasione dell’imminente G8 in Scozia per esortare la comunità internazionale a non dimenticare le popolazioni africane, colpite da povertà e conflitti: “Auguro di cuore pieno successo a questa importante riunione, auspicando che essa porti a condividere in solidarietà i costi della riduzione del debito, a mettere in atto misure concrete per lo sradicamento della povertà e a promuovere un autentico sviluppo dell’Africa”. Appelli rinnovati con forza, in particolare nei discorsi al Corpo Diplomatico, nelle udienze ai presuli africani in visita ad Limina, da ultimo quelli della Nigeria, e nei messaggi per Giornata Mondiale della Pace. Nell’ultimo Messaggio per il 1° gennaio 2009, con il mondo alle prese con una crisi economica globale, Benedetto XVI lancia un appello affinché i Paesi ricchi non si chiudano nell’egoismo, ma permettano a tutti i Paesi africani di avere “le stesse possibilità di accesso al mercato mondiale, evitando esclusioni e marginalizzazioni”.

Il superiore della Fraternità San Pio X: noi amiamo il Papa, tutti i veri cattolici stanno con lui. Il Vaticano neutralizza l'autorità papale

Il Papa "non è solo": parola del superiore dei Lefebvriani, mons. Bernard Fellay. "Tutti i veri cattolici, e non sono pochi, stanno con il Papa, non possono stare altrove", afferma il presule a cui è stata di recente revocata la scomunica nel libro-intervista "Tradizione, il vero volto. Chi sono e che cosa pensano gli eredi di Lefebvre", a cura di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro per i tipi di Sugarco. "Noi siamo veri cattolici e siamo e vogliamo continuare a essere i più grandi sostenitori del Vicario di Cristo. Non possiamo fare altrimenti. Coloro che ci descrivono come ribelli non rendono servizio alla verità". "Certo - prosegue Fellay - ci sono dei punti di discussione molto importanti, molto profondi, ma questo non intacca il nostro amore e la nostra dedizione per il Santo Padre. Noi amiamo il Papa, vogliamo il Papa. Noi vogliamo il Papa nel pieno delle sue funzioni. Purtroppo constatiamo che la teologia prevalente degli ultimi decenni ha realizzato un vero e proprio golpe contro la sua autorità. Oggi spesso vescovi e conferenze episcopali si occupano di tutto, dall'emergenza rifiuti alla crisi economia, ma non dell'insegnamento della dottrina e della trasmissione della fede. Hanno acquisito una visione puramente orizzontale de hanno dimenticato quella verticale. Questo spiega la disobbedienza al Santo Padre: se si trattano questioni puramente umane, è logico che si abbiano punti di vista diversi, anche opposti . La cosiddetta collegialità, l'idea che l'insieme dei vescovi sia più importante del Santo Padre, qui mostra tutti i suoi effetti. Nostro Signore non ha istituito la chiesa in questo mondo, non ha fondato le conferenze episcopali. Quando si dice 'il Vaticano' si dovrebbe intendere lo strumento al servizio del potere papale. In realtà, l'impressione è che esso si sia trasformato in un agglomerato burocratico che in parte neutralizza l'autorità papale e in parte esercita un potere in proprio. Tanto è vero che spesso si dice 'il Vaticano ha detto', 'il Vaticano fa', ma nella realtà non si sa eppure chi abbia detto, sostenuto o fatto qualcosa". "Oggi si constata persino l'assurdo di sacerdoti he arrivano iin una parrocchia e dichiarano di non essere lì per insegnare, ma per imparare. E' doppiamente drammatico. Il concetto di 'popolo di Dio' ha agito come mito anti-istituzionale generando l'idea che il vero problema della Chiesa fosse quello di liberarsi delle sue figure istituzionali, cominciando dal papato. Ecco perché il ruolo del sacerdote è stato sminuito: perché è sempre stato il cardine dell'istituzine sul territorio, tra i fedeli. Non è un caso se gli unici sacerdtori che, a un certo punto, hanno cominciato a godere di buona reputazione sono stati i cosiddetti 'sacerdoti scomoodi', quelli che contestavano l'istituzione". La Chiesa. Per Fellay, ha subito un processo di "protestantizzazione". Lutero, Kant e Marx sono "le tre figure che hanno segnato la storia in maniera tragica". Un'anticipazione del libro-intervista al superiore dei Lefebvriani è stata pubblicata oggi da Il Foglio.

Mons. Fellay risponde indirettamente ai vescovi austriaci: chi tra noi e certi prelati è più vicino al Papa?

Il comunicato finale dei vescovi austriaci, convocati oggi a Vienna per una riunione plenaria straordinaria per discutere la nomina a vescovo ausiliare di Linz di da padre Gerhard Maria Wagner, affronta anche il controverso tema della revoca della scomunica ai lefebvriani, sottolineando che i quattro vescovi seguaci di Lefebvre non sono per questo "automaticamente" rientrati nella Chiesa, che Richard Williamson si è "squalificato da solo" negando la Shoah. Gli è stata revocata la scomunica, ma non per questo sono "automaticamente" rientrati nella Chiesa, puntualizzano. Per essere ammessi devono "ovviamente" accettare il Concilio Vaticano II. "Speriamo - affermano i presuli austriaci - che si riesca a migliorare gli insufficienti processi comunicativi anche in Vaticano, in modo che il servizio universale del Papa non venga coperto da ombre". Risponde, a distanza, il superiore dei lefebvriani. Un consenso dottrinale col Papa "sembra difficile" a mons. Bernard Fellay. "Certo, abbiamo l'impressione che sia vicino a noi sulla questione liturgica", spiega nell'intervista al quotidiano svizzero Le Nouvelliste. "D'altro canto tiene molto profondamente alle novità del Concilio Vaticano II". Poi lancia la sfida. "Nel momento in cui si parla di ritorno alla piena comunione, forse, in effetti, il Papa si sta domandando chi, tra certi vescovi e noi, è più vicino a lui".