domenica 6 giugno 2010

Il Papa rientrato a Roma, concluso il viaggio a Cipro. I messaggi ai capi di Stato dell'Isola, Grecia e Italia. La risposta del presidente Napolitano

L'aereo della compagnia Cyprus Airways, proveniente da Larnaca, con a bordo Papa Benedetto XVI, è atterrato in serata all'aeroporto di Ciampino, intorno alle 20.18. Di ritorno a Roma, Benedetto XVI ha espresso gratitudine al popolo cipriota per la calorosa accoglienza riservatagli durante il suo viaggio apostolico. Nel telegramma al presidente della Repubblica, Demetris Christofias, il Papa assicura le sue preghiere al popolo di Cipro affinché il Signore "guidi la nazione sulla via della prosperità e della pace". Un "avvenire prospero e sereno" è l’augurio espresso dal Pontefice al popolo greco, nel telegramma indirizzato al presidente ellenico Karolos Papoulias. Infine, Benedetto XVI assicura una speciale preghiera per la nazione italiana. Nel telegramma al presidente Giorgio Napolitano, il Papa sottolinea che nella sua visita apostolica a Cipro ha avuto la gioia di incontrare le popolazioni locali “ricche di spirituale fervore come pure i rappresentanti dell’episcopato del Medio Oriente”. Dal canto suo, il presidente Napolitano, in un telegramma, evidenzia che le parole del Papa “hanno ancora una volta richiamato l'umanità ai valori universali che il popolo italiano condivide e nei quali si riconosce”.

Il Papa saluta Cipro: promuovete il dialogo. Verità, riconciliazione e rispetto fondamento per un futuro in unità e prosperità. La pace sia con voi!

Si è concluso il viaggio apostolico di Papa Benedetto XVI a Cipro, con la cerimonia di congedo all'aeroporto internazionale di Larnaca, alla presenza del capo dello Stato cipriota e delle autorità politiche ed ecclesiali.
Nell'ultimo discorso nell'Isola, Benedetto XVI ha rivolto un nuovo appello alla pace in Medio Oriente che "non è estraneo a conflitto e spargimento di sangue". "Il Mediterraneo - ha detto - è formato da un ricco mosaico di popoli con le loro proprie culture e le loro bellezze, calore e umanità. Il Mediterraneo orientale, al medesimo tempo, non è estraneo a conflitto e spargimento di sangue, come abbiamo tragicamente visto negli ultimi giorni. Raddoppiamo i nostri sforzi - ha aggiunto - al fine di costruire una pace reale e duratura per tutti i popoli della regione". In tal senso, per il Papa, "Cipro può giocare un ruolo particolare nel promuovere il dialogo e la cooperazione. Impegnandovi pazientemente per la pace dei vostri focolari domestici e per la prosperità dei vostri vicini - ha proseguito Papa Ratzinger - voi sarete ben preparati ad ascoltare e comprendere tutti gli aspetti di molte complesse questioni, ed aiutare i popoli a giungere ad una maggiore comprensione gli uni degli altri. La strada che state percorrendo è una di quelle alle quali la comunità internazionale guarda con grande interesse e speranza - ha concluso - e noto con soddisfazione tutti gli sforzi compiuti per favorire la pace per il vostro popolo e per tutta l'isola di Cipro". Il Papa ha rivolto un pensiero speciale alla piccola comunità cattolica di Cipro e all'arcivescovo ortodosso Crisostomo II, con l'auspicio che questo viaggio “possa essere un ulteriore passo lungo il cammino che è stato aperto prima di noi con l’abbraccio a Gerusalemme dell’allora Patriarca Atenagora ed il mio venerabile predecessore Papa Paolo VI”.
“Abbiamo un appello divino ad essere fratelli, a camminare fianco a fianco nella fede, umili davanti a Dio onnipotente e con inscindibili legami di affetto l’uno per l’altro”, ha sottolineato. "La Chiesa Cattolica - ha affermato - impegnerà se stessa per raggiungere l'obiettivo della perfetta unità nella carità tramite una stima più profonda verso ciò che cattolici ed ortodossi hanno di più caro". Benedetto XVI è poi tornato a mettere l'accento ancora una volta sui rapporti con l'Islam. "Lasciatemi esprimere la mia sincera speranza e preghiera che, insieme, cristiani e musulmani diverranno un lievito di pace e riconciliazione tra i ciprioti e ciò sarà di esempio per gli altri Paesi", ha detto Papa Ratzinger. Il Papa ha poi affrontato esplicitamente la questione della divisione dell'Isola e della linea verde tra la parte nord, occupata dalle forze turco-cipriote, e la parte sud. "Avendo pernottato in questi ultimi giorni nella Nunziatura Apostolica, che si trova nella zona cuscinetto sotto il controllo delle Nazioni Unite - ha affermato Benedetto XVI - ho potuto vedere di persona qualcosa della triste divisione dell'Isola, come pure rendermi conto della perdita di una parte significativa di un'eredità culturale che appartiene a tutta l'umanità. Ho potuto anche ascoltare ciprioti del nord che vorrebbero ritornare in pace alle loro case e ai loro luoghi di culto, e sono stato profondamente toccato dalle loro richieste. Certamente, verità e riconciliazione, insieme al mutuo rispetto - ha proseguito il Papa - sono il fondamento più solido per un futuro in unità e pace per quest'isola e per la stabilità e prosperità di tutti i suoi abitanti". Il Papa ha richiamato il presidente della Repubblica alla sua "alta responsabilità". "Fra i vostri compiti più importanti - afferma - vi è quello di assicurare la pace e la sicurezza di tutti i ciprioti".
"Molto di positivo - ha detto - è stato raggiunto, a questo riguardo, negli anni scorsi, per mezzo di un dialogo concreto, benché ancora molto rimanga da fare per superare le divisioni. Mi permetta di incoraggiare lei e i suoi concittadini a lavorare con pazienza e costanza con i vostri vicini per costruire un futuro migliore e più sicuro per tutti i vostri figli. In questo impegno, sia certo delle mie preghiere per la pace di tutta Cipro". "Vi porgo il mio arrivederci. Grazie mille e che la Trinità Santissima e la Vergine Tutta Santa vi benedica sempre. Addio! La pace sia con voi!".
Dal canto suo il Presidente della Repubblica Demetris Christofias ha descritto il viaggio del Papa a Cipro come "un evento storico di significato ineguagliabile" ed ha ringraziato il Santo Padre per il sostegno dato alla popolazione di Cipro affinché si possa giungere a una soluzione giusta che ponga termine alla divisione del Paese. Il Presidente Christofias ha inoltre ringraziato il Papa per la preoccupazione dimostrata di fronte alla continua distruzione dell'eredità culturale e religiosa dell'isola nelle aree occupate dall'esercito turco. “Ci siamo abituati alla sua presenza serena, alle sue parole potenti e chiare – ha detto ancora il Presidente di Cipro –. E siamo veramente spiacenti che la sua visita stia giungendo al termine. La nostra speranza, tuttavia, è che lei possa portare Cipro, le sue ferite e le sue speranze, nel suo cuore". "In lei, tutti i ciprioti hanno visto un messaggero della pace e un fervente sostenitore dell'uguaglianza”, ha quindi concluso. Prima di fare rientro in Vaticano, Papa Ratzinger ha chiuso la cerimonia di congedo con la benedizione di un albero di ulivo. Successivamente Benedetto XVI è salito a bordo dell'aereo di compagnia cipriota, A320 della Cyprus Airways, diretto a Ciampino, dove l'arrivo è previsto intorno alle 20.45 ore italiane.

Apcom, Zenit


Visita alla Cattedrale maronita. Il Papa: fate tesoro della vostra grande eredità. Portiamo la Buona Notizia della nostra nuova vita in Cristo a tutti

E' la visita alla Cattedrale maronita di Nostra Signora delle Grazie di Nicosia l'ultima tappa del viaggio a Cipro di Papa Benedetto XVI. "Visitando questo edificio - ha detto - compio nel mio cuore un pellegrinaggio spirituale verso ogni chiesa maronita dell'isola. Vi assicuro che, con la premura di un padre, sono vicino ad ogni fedele di quelle antiche comunità”. "Questa chiesa cattedrale in vari modi rappresenta la vera lunga e ricca storia, talvolta turbolenta, della comunità maronita di Cipro. I maroniti - ha aggiunto Papa Ratzinger - giunsero a queste rive in vari periodi durante i secoli e furono spesso duramente provati per rimanere fedeli alla loro specifica eredità cristiana". Tuttavia, “nonostante la loro fede sia stata esaminata come l’oro nel fuoco, sono rimasti perseveranti nella fede dei loro padri, una fede che è ora passata a voi, maroniti ciprioti di oggi. Vi esorto a far tesoro di questa grande eredità, di questo dono prezioso". La cattedrale, secondo il Pontefice, “ricorda anche una importante verità spirituale”: “Il nostro culto spirituale, offerto in molte lingue, in molti posti e in una bella varietà di liturgie, è una espressione dell’unica voce del popolo di Dio, unito in preghiera e in ringraziamento a lui in una permanente comunione gli uni con gli altri. Questa comunione, che abbiamo così cara, ci sospinge a portare la Buona Notizia della nostra nuova vita in Cristo a tutta l’umanità”. Il Papa ha assicurato preghiere perchè la chiesa maronita “in unione con tutti i vostri pastori e con il vescovo di Roma possa crescere in santità, nella fedeltà al Vangelo e nell'amore per il Signore e per l'un l'altro”.
Dopo il saluto del Santo Padre, il Patriarca maronita, Sua Beatitudine card. Nasrallah Sfeir, ha pronunciato la "Preghiera del Perdono", secondo la liturgia siriaca. Quindi con un inno di invocazione alla Madonna e la presentazione di un dono al Papa si è conclusa la visita.

Apcom, SIR



Benedetto XVI conquista Cipro. La stampa locale: un Papa aperto a tutte le religioni che affronta i problemi ad altissimo livello e con grande visione

Grande entusiasmo per il viaggio del Pontefice e profonda stima per le sue parole sono le note dominanti nei titoli dei giornali greco-ciprioti di oggi, giorno in cui Papa Ratzinger ha concluso il suo storico viaggio in quest'isola mediterranea divisa dal 1974. "Dovete innalzarvi oltre l'ideologia" titola il domenicale in inglese Sunday Mail, che nell'occhiello sottolinea come il Pontefice, nei suoi discorsi, abbia "esortato i politici a ricercare la verità". All'interno, sotto il titolo "La folla ruggisce Viva il Papa", un ampio servizio sull' "estatica accoglienza" riservata al Papa dalla comunità cattolica dell'isola. Dal Papa "un messaggio di amore e coraggio", titola Simerini che sottolinea come, nel loro incontro, il Papa e l'arcivescovo Crisostomos II, abbiano espresso "il comune desiderio per il prosieguo del processo di riunificazione delle due Chiese". E, a parte, il giornale pubblica la nota scritta di suo pugno dal Papa sul libro degli ospiti del palazzo presidenziale: "Nell'occasione della mia visita a Cipro sono felice di invocare la benedizione di Dio per la pace e la felicità del presidente di Cipro e del suo popolo". Il quotidiano Machi mette invece in risalto il grande interesse dimostrato dal Papa per la sorte di centinaia di antiche icone scomparse dalle chiese nel Nord dell'isola dopo l'intervento militare turco di 36 anni fa che portò alla divisione di fatto di Cipro. E sottolinea pure come, in tutti i suoi discorsi, il Pontefice sia diplomaticamente riuscito ad evitare qualsiasi riferimento diretto all'occupazione militare turca. "Alla pace attraverso la verità " è il titolo a sei colonne che Filelefteros dedica al messaggio lanciato dal Papa "a tutti i popoli". Il quotidiano Politis, da parte sua, mette in rilievo la grande apertura mentale di Papa Ratzinger titolando "Il Papa aperto a tutte le religioni" e rileva come il Pontefice "nei suoi discorsi tratti sempre tutti i problemi ad altissimo livello e con grande visione, facendo riferimenti agli antichi filosofi greci, a quelli islamici e a quelli cristiani". Poi, in un trafiletto, racconta il piatto forte del menù del pranzo offerto al Papa in arcivescovado dal primate della Chiesa greco-ortodossa di Cipro: salmone con contorno di fagiolini.

Giacomo Galeazzi, Oltretevere

Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Instrumentum laboris (2): la testimonianza nella Chiesa e nella civitas, i rapporti con ebraismo e islam

Il terzo capitolo dell'Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente affronta il tema della testimonianza cristiana. Si ribadisce innanzitutto “l’importanza della catechesi per conoscere e trasmettere la fede” eliminando “il distacco tra la verità creduta e la vita vissuta”: sono elencati alcuni metodi di catechesi (62-69). Per quanto riguarda la liturgia il documento riporta l’auspicio di molti per “uno sforzo di rinnovamento, che, pur rimanendo fermamente radicato nella tradizione, tenga conto della sensibilità moderna e dei bisogni spirituali e pastorali attuali”. “L’aspetto più rilevante del rinnovamento liturgico finora portato avanti consiste nella traduzione in lingua vernacola, principalmente in arabo dei testi liturgici” (70-75). Si ribadisce l’urgenza dell’ecumenismo, superando pregiudizi e diffidenze attraverso il dialogo e la collaborazione: a questo proposito “gioverà, inoltre, la celebrazione dei sacramenti della confessione, dell’Eucaristia, dell’unzione dei malati in una Chiesa diversa dalla propria, nei casi previsti dagli ordinamenti canonici”. “Due segni sono di particolare importanza: l’unificazione delle feste cristiane (Natale e Pasqua) e la gestione comune dei Luoghi di Terra Santa...nell’amore e nel rispetto mutuo”. Si condanna “decisamente il proselitismo che usa mezzi non conformi al Vangelo” (76-84). Si passano in rassegna quindi i rapporti con l’ebraismo che trovano “nel Concilio Vaticano II un punto di riferimento fondamentale”. Il dialogo con gli ebrei è definito “essenziale, benché non facile” risentendo del conflitto israelo-palestinese. La Chiesa auspica che “ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all’interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti”. Si ribadisce la ferma condanna dell’antisemitismo, sottolineando che “gli attuali atteggiamenti negativi tra popoli arabi e popolo ebreo sembrano piuttosto di carattere politico” e dunque estranei ad ogni discorso ecclesiale. I cristiani sono chiamati “a portare uno spirito di riconciliazione basata sulla giustizia e l’equità per le due parti. D’altra parte, le Chiese nel Medio Oriente invitano a mantenere la distinzione tra la realtà religiosa e quella politica” (85-94). Anche le relazioni della Chiesa Cattolica con i musulmani hanno fondamento nel Concilio Vaticano II. Vengono ribadite le parole di Benedetto XVI: “Il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi ad una scelta stagionale. Esso è infatti una necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro”. Si rileva che “è importante da una parte avere i dialoghi bilaterali – con gli ebrei e con l’Islam – e poi anche il dialogo trilaterale”. “Le relazioni tra cristiani e musulmani sono, più o meno spesso, difficili – si legge nel documento - soprattutto per il fatto che i musulmani non fanno distinzione tra religione e politica, il che mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini, mentre essi sono cittadini di questi Paesi già da ben prima dell’arrivo dell’Islam. La chiave del successo della coesistenza tra cristiani e musulmani dipende dal riconoscere la libertà religiosa e i diritti dell’uomo”. “I cristiani sono chiamati...a non isolarsi in ghetti, in atteggiamenti difensivi e di ripiegamento su di sé tipici delle minoranze. Molti fedeli insistono sul fatto che cristiani e musulmani sono chiamati a lavorare assieme per promuovere la giustizia sociale, la pace e la libertà, e difendere i diritti umani e i valori della vita e della famiglia”. Si suggerisce “la revisione dei libri scolastici e soprattutto di insegnamento religioso, affinché siano liberi da ogni pregiudizio e stereotipo sull’altro” e si invita al dialogo della “verità nella carità” (95-99). Nella situazione conflittuale della regione i cristiani sono esortati a promuovere “la pedagogia della pace”: si tratta di una via “realistica, anche se rischia di essere respinta dai più; essa ha anche più possibilità di essere accolta, visto che la violenza tanto dei forti quanto dei deboli ha condotto, nella regione del Medio Oriente, unicamente a fallimenti e a uno stallo generale”. Si tratta di una situazione “sfruttata dal terrorismo mondiale più radicale”. Il contributo dei cristiani, “che esige molto coraggio, è indispensabile” anche se “troppo spesso” i Paesi mediorientali “identificano l’Occidente con il Cristianesimo” recando grande danno alle Chiese cristiane (100-102). Il documento analizza anche il forte impatto della modernità che al musulmano credente “si presenta con un volto ateo e immorale. Egli la vive come un’invasione culturale che lo minaccia, turbando il suo sistema di valori”. “La modernità, del resto, è anche lotta per la giustizia e l’uguaglianza, difesa dei diritti”. Le scuole cattoliche cercano “di formare persone capaci di discernere il positivo dal negativo, per prendere solo il meglio”. Ma “la modernità è anche un rischio per i cristiani”: le società della regione sono infatti anch’esse “minacciate dall’assenza di Dio, dall’ateismo e dal materialismo, e più ancora dal relativismo e dall’indifferentismo...Tali rischi, al pari dell’estremismo, possono facilmente distruggere...famiglie, società e Chiese (103-105). “Da questo punto di vista, musulmani e cristiani devono percorrere un cammino comune”. I cristiani, da parte loro, devono essere consapevoli di appartenere al Medio Oriente e di esserne “una componente essenziale come cittadini”: anzi, “sono stati i pionieri della rinascita della Nazione araba” e “il loro ruolo è riconosciuto nella società” (106-108) anche se “con la crescita dell’integralismo islamico, aumentano un po’ ovunque gli attacchi contro i cristiani” (110). “Il cristiano ha un contributo speciale da apportare nell’ambito della giustizia e della pace”; ha il dovere di “denunciare con coraggio la violenza da qualunque parte essa provenga, e suggerire una soluzione, che non può passare che per il dialogo”, la riconciliazione e il perdono. Tuttavia i cristiani devono “esigere con mezzi pacifici” che anche i loro diritti “siano riconosciuti dalle autorità civili” (111-114). Il documento affronta quindi il tema dell’evangelizzazione in una società musulmana che può avvenire solo attraverso la testimonianza: ma “si chiede che essa sia garantita anche da opportuni interventi esterni”. Ad ogni modo l’attività caritativa delle comunità cattoliche “verso i più poveri e gli esclusi, senza discriminazione, rappresenta il modo più evidente della diffusione dell’insegnamento cristiano”. Tali servizi spesso sono assicurati solo dalle istituzioni ecclesiali (115-116).
Nella conclusione, il documento rileva “la preoccupazione per le difficoltà del momento presente, ma, al contempo, la speranza, fondata sulla fede cristiana”. “La storia – si legge - ha fatto sì che diventassimo un piccolo gregge. Ma noi, con la nostra condotta, possiamo tornare ad essere una presenza che conta. Da decenni, la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e l’egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato l’equilibrio della regione e imposto alle popolazioni una violenza che rischia di gettarle nella disperazione. La conseguenza di tutto ciò è l’emigrazione, specialmente dei cristiani. Di fronte a questa sfida e sostenuto dalla comunità cristiana universale, il cristiano del Medio Oriente è chiamato ad accettare la propria vocazione, al servizio della società”. L’invito ai credenti è che “siano dei testimoni, consapevoli che testimoniare la verità può portare ad essere perseguitati”. “Ai cristiani del Medio Oriente – conclude l’Instrumentum laboris - si può ripetere ancora oggi: ‘Non temere, piccolo gregge’ (Lc 12, 32), tu hai una missione, da te dipenderà la crescita del tuo Paese e la vitalità della tua Chiesa, e ciò avverrà solo con la pace, la giustizia e l’uguaglianza di tutti i suoi cittadini!” (118-123).


Radio Vaticana

Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Instrumentum laboris (1): la situazione dei cristiani, le sfide che affrontano, la comunione ecclesiale

L’Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, ovvero il documento per il lavoro dell’assise sinodale, sul tema "La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32)", consegnato questa mattina dal Papa durante la Santa Messa a Nicosia, è pubblicato in 4 lingue: arabo, francese, inglese ed italiano. Il documento, una quarantina di pagine, è stato realizzato dall’elaborazione delle numerose risposte al Questionario dei Lineamenta, pervenute dai Sinodi dei vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, dalle Conferenze Episcopali, dai dicasteri della Curia Romana, dall’Unione dei Superiori Generali come pure da tante persone singole e gruppi ecclesiali.
Nella prefazione, il segretario generale del Sinodo dei vescovi, l’arcivescovo Nikola Eterović, sottolinea che “la situazione attuale nel Medio Oriente è per non pochi versi simile a quella vissuta dalla primitiva comunità cristiana in Terra Santa” in mezzo a difficoltà e persecuzioni. “I primi cristiani agivano in situazioni alquanto avverse. Trovavano l’opposizione e l’inimicizia dei poteri religiosi del proprio popolo...la loro patria era occupata, inserita all’interno del potente impero romano”. Ciononostante “proclamavano integra la Parola di Dio”, compreso l’amore per i nemici, arrivando a testimoniare “con il martirio la fedeltà al Signore della vita”. Nell’Introduzione si ricorda che Benedetto XVI ha voluto personalmente annunciare tale evento il 19 settembre 2009, accogliendo così “la richiesta di numerosi confratelli nell’episcopato che di fronte all’attuale delicata situazione ecclesiale e sociale” avevano proposto la convocazione di un’assemblea sinodale (1). Due gli obiettivi principali del Sinodo: innanzitutto, quello di “confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio e i Sacramenti”; in secondo luogo quello di “ravvivare la comunione ecclesiale tra le Chiese sui iuris, affinché possano offrire una testimonianza di vita cristiana autentica, gioiosa e attraente” (3). Sottolineati con forza anche l’impegno ecumenico e il dialogo con ebrei e musulmani “per il bene dell’intera società” e perché “la religione, soprattutto di quanti professano un unico Dio” diventi “sempre di più motivo di pace” (4). Il Sinodo intende “fornire ai cristiani le ragioni della loro presenza in una società prevalentemente musulmana, sia essa araba, turca, iraniana, o ebrea nello Stato d’Israele” (6). La riflessione è guidata dalla Sacre Scritture (7-12).
Il primo capitolo tratta della Chiesa cattolica in Medio Oriente ricordando che tutte le Chiese del mondo “risalgono alla Chiesa di Gerusalemme” (14). Si afferma che le divisioni tra i cristiani (Concili di Efeso e Calcedonia, nel quinto secolo, e separazione di Roma e Costantinopoli nell’undicesimo secolo) furono dovute soprattutto a “motivi politico-culturali”. Tuttavia “lo Spirito opera nelle Chiese per avvicinarle e far cadere gli ostacoli all’unità visibile voluta da Cristo”. Nel Medio Oriente, l’unica Chiesa Cattolica è presente in varie Tradizioni, in diverse Chiese Orientali Cattoliche sui iuris. Oltre alla Chiesa di tradizione latina, vi sono 6 Chiese patriarcali, ognuna con un suo ricco patrimonio spirituale, teologico, liturgico. “Queste tradizioni sono, allo stesso tempo, una ricchezza per la Chiesa universale” (15-18). Si ricorda che le Chiese del Medio Oriente sono d’origine apostolica e “che sarebbe una perdita per la Chiesa universale se il Cristianesimo dovesse affievolirsi o scomparire proprio là dove è nato”. C’è dunque la “grave responsabilità” di “mantenere la fede cristiana in queste terre sante” (19). Purtroppo si deve constatare che oggi lo “slancio evangelico è spesso frenato e la fiamma dello Spirito sembra essersi affievolita” (20). “Se la Chiesa non lavora per le vocazioni è destinata a scomparire” (21). La crisi delle vocazioni è dovuta a varie cause: emigrazione delle famiglie, diminuzione delle nascite, un ambiente sempre più contrario ai valori evangelici. Inoltre “la mancanza di unità tra i membri del clero” costituisce “una controtestimonianza” mentre “la formazione umana e spirituale di sacerdoti, religiosi e religiose talvolta lascia a desiderare” (22). Anche “la vita contemplativa, pilastro di ogni vera consacrazione...è assente nella maggior parte delle congregazioni” (23). Si afferma quindi che i cristiani, nonostante il loro “numero esiguo”, “appartengono a pieno titolo al tessuto sociale e all’identità stessa” di questi Paesi. La loro scomparsa rappresenterebbe una perdita per il pluralismo del Medio Oriente (24). I cattolici sono chiamati a promuovere il concetto di “laicità positiva” dello Stato per “alleviare il carattere teocratico del governo” e permettere “più uguaglianza tra i cittadini di religioni differenti favorendo così la promozione di una democrazia sana, positivamente laica, che riconosca pienamente il ruolo della religione, anche nella vita pubblica, nel pieno rispetto della distinzione tra gli ordini religioso e temporale” (25). I cristiani devono essere minoranza attiva, senza ripiegarsi su di sé “in un atteggiamento ghettizzante” (28). La Chiesa incoraggia a formare famiglie numerose e promuove l’educazione, “che resta l’investimento maggiore” (29): le scuole e università cattoliche accolgono migliaia di persone di tutte le religioni, così come i centri ospedalieri e i servizi sociali (40). Tuttavia, le Chiese e le scuole cattoliche “potrebbero aiutare di più i meno fortunati” (29). E’ infatti “soprattutto grazie alle attività caritative indirizzate non soltanto ai cristiani, ma anche ai musulmani e agli ebrei, che l’azione delle...Chiese in favore del bene comune è particolarmente tangibile” (30). C’è poi un “richiamo alla trasparenza nella gestione del denaro della Chiesa, soprattutto da parte dei sacerdoti e dei Vescovi, per distinguere ciò che è dato per uso personale da ciò che appartiene alla Chiesa (31). Il documento sottolinea quindi che i conflitti regionali rendono ancora più fragile la situazione dei cristiani. “L’occupazione israeliana dei territori Palestinesi rende difficile la vita quotidiana per la libertà di movimento, l’economia e la vita sociale e religiosa (accesso ai Luoghi Santi, condizionato da permessi militari accordati agli uni e rifiutati agli altri, per ragioni di sicurezza). Inoltre, alcuni gruppi fondamentalisti cristiani giustificano, basandosi sulle Sacre Scritture, l’ingiustizia politica imposta ai palestinesi, il che rende ancor più delicata la posizione dei cristiani arabi” (32). I cristiani sono tra le principali vittime della guerra in Iraq. “Ancor’oggi la politica mondiale non ne tiene sufficiente conto” (33). “In Libano, i cristiani sono divisi sul piano politico e confessionale”. “In Egitto, la crescita dell’Islam politico, da una parte, e il disimpegno, in parte forzato, dei cristiani nei confronti della società civile, dall’altra, rendono la loro vita esposta a serie difficoltà”. “In altri Paesi, l’autoritarismo, cioè la dittatura, spinge la popolazione, compresi i cristiani, a sopportare tutto in silenzio per salvare l’essenziale. In Turchia, il concetto attuale di laicità pone ancora problemi alla piena libertà religiosa del Paese” (34). I cristiani sono esortati a non tralasciare il loro impegno nella società nonostante le tentazioni allo scoraggiamento (35). “In Oriente – si rileva - libertà di religione vuol dire solitamente libertà di culto”, non dunque “libertà di coscienza, cioè della libertà di credere o non credere, di praticare una religione da soli o in pubblico senza alcun impedimento, e dunque della libertà di cambiare religione. In Oriente, la religione è, in generale, una scelta sociale e perfino nazionale, non individuale. Cambiare religione è ritenuto un tradimento verso la società, la cultura e la Nazione costruita principalmente su una tradizione religiosa” (37). Per questo “la conversione alla fede cristiana è vista come il frutto di un proselitismo interessato, non di una convinzione religiosa autentica. Per il musulmano, essa è spesso vietata dalle leggi dello Stato”. D’altra parte, per quanto riguarda i cristiani, “in alcuni casi, la conversione all’Islam non avviene per convinzione religiosa, ma per interessi personali...A volte, essa può verificarsi anche sotto la pressione del proselitismo musulmano”. Alcune risposte ai Lineamenta “affermano il fermo rifiuto del proselitismo cristiano, pur segnalando che esso è apertamente praticato da alcune comunità ‘evangeliche’. Di fatto, la questione dell’annuncio ha bisogno di una riflessione più approfondita” per arrivare ad affermare “il diritto di ogni persona e la sua completa libertà di coscienza” (38). L’estremismo islamico, nel frattempo, continua a crescere in tutta l’area costituendo “una minaccia per tutti, cristiani, ebrei e musulmani” (41-42). In questo contesto di conflittualità, difficoltà economiche e limitazioni politiche e religiose, i cristiani continuano ad emigrare: “nel gioco delle politiche internazionali – si sottolinea - si ignora spesso l’esistenza dei cristiani, i quali ne sono le prime vittime; questa è una delle cause principali dell’emigrazione (43-44). Si invitano le Chiese in Occidente a sensibilizzare i governi dei loro Paesi a questa situazione (45). D’altra parte si rileva la crescente immigrazione in Medio Oriente di lavoratori africani ed asiatici, tra cui molti cristiani, “spesso oggetto di ingiustizie sociali...sfruttamento e abusi sessuali” (49). In questo contesto i cattolici sono chiamati ad essere “sempre più testimoni autentici della Resurrezione nella società” (52).
Il secondo capitolo è dedicato alla comunione ecclesiale. Il documento rileva che i fedeli del Medio Oriente “sono consapevoli del fatto che la comunione cristiana ha per fondamento il modello della vita divina nel mistero della Santissima Trinità. Dio è amore, e i rapporti tra le persone divine sono rapporti d’amore”. Così è necessario che, in seno a ciascuna Chiesa, ciascun membro viva “la comunione stessa della Santissima Trinità. La vita della Chiesa e delle Chiese d’Oriente deve essere comunione di vita nell’amore, sul modello dell’unione del Figlio con il Padre e lo Spirito. Ciascuno è membro del Corpo il cui capo è Cristo” (54). “Questa comunione in seno alla Chiesa cattolica – leggiamo nel testo - si manifesta mediante due segni principali: il battesimo e l’Eucaristia nella comunione con il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, corifeo degli apostoli (hâmat ar-Rusul), ‘principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione’” (55). “Per promuovere l’unità nella diversità, occorre superare il confessionalismo in ciò che può avere di limitato o esagerato, incoraggiare lo spirito di cooperazione tra le varie comunità, coordinare l’attività pastorale e stimolare l’emulazione spirituale e non la rivalità” (56). “La comunione tra i vari membri di una stessa Chiesa o Patriarcato – si legge nell’Instrumentum laboris - avviene sul modello della comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro, il Vescovo di Roma. A livello della Chiesa Patriarcale, la comunione si esprime mediante il sinodo che riunisce i Vescovi di tutta una comunità attorno al Patriarca, Padre e capo della sua Chiesa. A livello dell’eparchia/diocesi, è attorno al vescovo che avviene la comunione del clero, dei religiosi e delle religiose, come pure dei laici” (57). I cristiani sono invitati a sentirsi “membri della Chiesa Cattolica in Medio Oriente, e non soltanto membri di una Chiesa particolare”. I ministri di Cristo e i consacrati sono chiamati ad “essere modello ed esempio per gli altri...molti fedeli auspicano, da parte loro, una maggiore semplicità di vita, un reale distacco in rapporto al denaro e alle comodità del mondo, una pratica edificante della castità e una purezza di costumi trasparente” (58). “Il Sinodo deve incoraggiare i fedeli ad assumere maggiormente il loro ruolo di battezzati promuovendo iniziative pastorali, specialmente per quanto riguarda l’impegno sociale, in comunione con i pastori della Chiesa” (60).

Radio Vaticana

Angelus. Il Papa: attraverso il 'sì' di Maria la speranza della storia è divenuta realtà, l’Unico che Israele aveva da lungo atteso venne nel mondo

Nelle parole pronunciate prima della recita dell’Angelus, Benedetto XVI ha ricordato che proprio attraverso il pronto sì di Maria all’invito a divenire la Madre di Dio "la speranza della storia è divenuta una realtà, l’Unico che Israele aveva da lungo atteso venne nel mondo, dentro la nostra storia. Di lui l’angelo ha annunciato che il suo regno non avrebbe avuto fine". Una speranza che per lei deve essere stata difficile mantenere, piangente, ai piedi della Croce. In quel momento avrebbe ripensato alle parole dell'Angelo e nella desolazione del Sabato Santo la certezza della speranza la sostenne fino alla gioia della mattina di Pasqua. "Ed anche noi, suoi figli, - ha concluso - viviamo nella stessa fiduciosa speranza che la Parola fatta carne nel seno di Maria, mai ci abbandonerà. Egli, il Figlio di Dio e il Figlio di Maria, fortifica la comunione che ci lega insieme così che noi possiamo divenire testimoni di lui e del potere del suo amore che guarisce e riconcilia".
"Rivolgo un cordiale saluto alla Chiesa in Polonia - ha detto dopo la recita della preghiera mariana - che oggi gioisce dell'elevazione agli altari del padre Popieluszko. Il suo zelante servizio e il martirio sono particolare segno della vittoria del bene sul male. Il suo esempio e la sua intercessione - ha concluso - accrescano lo zelo dei sacerdoti e infiammino d'amore i fedeli laici". Al termine della Celebrazione Eucaristica il Santo Padre è rientrato alla Nunziatura Apostolica di Nicosia per il pranzo con i Membri del suo Seguito, i patriarchi e i vescovi del Consiglio Speciale del Sinodo per il Medio Oriente e con Sua Beatitudine Chrysostomos II.

Radio Vaticana, Apcom

Il Papa: dal Sinodo sostegno ai cristiani in Medio Oriente. Siano rispettati i loro diritti. Risolvere tensioni prima di altro spargimento di sangue

Al termine della Santa Messa il segretario generale del Sinodo dei vescovi, mons. Nikola Eterović, ha ringraziato il Papa per la convocazione della prossima Assemblea Speciale per il Medio Oriente. ha rivolge al Papa alcune parole di ringraziamento. che si terrà in Vaticano nell'ottobre prossimo ed ha invitato il Pontefice a consegnare una copia dell"Instrumentum Laboris" ai membri del Consiglio Speciale per il Sinodo.
Nel discorso che ha preceduto la consegna, Benedetto XVI ha voluto ricordare il vescovo Luigi Padovese ucciso in Turchia giovedì scorso. "La notizia improvvisa e tragica morte di questo vescovo impegnato nel dialogo ci fa riflettere - ha detto - sulla vocazione cristiana in Medio Oriente". Mons. Padovese, ha detto il Papa, "come presidente della Conferenza Episcopale Turca, contribui alla preparazione dell'Instrumentum Laboris che vi consegno. La notizia della sua improvvisa e tragica morte - ha continuato Papa Ratzinger - ha sorpreso e sconvolto tutti noi. Affido l'anima di mons. Padovese alla misericordia di Dio onnipotente, memore di come è stato impegnato nel dialogo interreligioso e culturale e nel dialogo tra le Chiese. Il suo impegno ci ricorda come tutti i cristiani siano testimoni in ogni circostanza di ciò che è buono, nobile e giusto". Il Medio Oriente ha un posto speciale nel cuore di tutti i cristiani perché lì ha avuto inizio la storia della salvezza. "I cristiani da ogni luogo - ha detto il Papa - continuano a guardare al Medio Oriente con speciale riverenza, a causa dei profeti e dei patriarchi, degli apostoli e dei martiri, ai quali dobbiamo così tanto, agli uomini e alle donne che hanno ascoltato la parola di Dio, hanno dato testimonianza ad essa, e l'hanno consegnata a noi appartenenti alla grande famiglia della Chiesa".
"L'Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi, convocata su vostra richiesta - ha osservato Papa Ratzinger - tenterà di approfondire i legami di comunione fra i membri delle vostre Chiese locali, come pure la comunione di queste medesime Chiese tra di loro e con la Chiesa universale". Il Sinodo, ha aggiunto, "desidera incoraggiarvi nella testimonianza della vostra fede in Cristo. È infatti noto che alcuni fra voi soffrono grandi prove dovute alla situazione attuale della regione. L'assemblea speciale - ha ribadito - è un'occasione per i cristiani del resto del mondo di offrire un sostegno spirituale e una solidarietà per i loro fratelli e sorelle del Medio Oriente". E ricorda il contributo offerto dai cristiani alle loro società ad esempio attraverso l’educazione, e l’assistenza a poveri e malati: "Voi desiderate vivere in pace e in armonia con i vostri vicini ebrei e musulmani. Spesso agite come artigiani della pace nel difficile processo di riconciliazione. Voi - ha concluso - meritate la riconoscenza per il ruolo inestimabile che rivestite. È mia ferma speranza che i vostri diritti siano sempre più rispettati, compreso il diritto alla libertà di culto e la libertà religiosa, e che non soffriate giammai di discriminazioni di alcun tipo". La preghiera del Papa affinchè "si possano trovare soluzioni giuste e durature ai conflitti che causano così tante sofferenze". Poi il vibrante appello per "uno sforzo internazionale urgente e concertato al fine di risolvere le tensioni che continuano nel Medio Oriente, specie in Terra Santa, prima che tali conflitti conducano a uno spargimento maggiore di sangue". "Prego che i lavori dell’Assemblea Speciale aiutino a volgere l'attenzione della comunità internazionale sulla condizione di quei cristiani in Medio Oriente, che soffrono a causa della loro fede". "Dio benedica tutti i popoli del Medio Oriente", ha concluso il Pontefice.

Agi, Radio Vaticana, Apcom


Il Papa: siamo chiamati ad abbattere le barriere, superare le differenze, portare pace e riconciliazione, offrire al mondo un messaggio di speranza

Nell'ultimo giorno della viaggio apostolico a Cipro, lasciata la Nunziatura Apostolica, questa mattina, il Santo Padre si è trasferito al Palazzo dello Sport Eleftheria per celebrare davanti a 6mila persone la Santa Messa, in occasione della pubblicazione dell’Instrumentum Laboris, il documento preparatorio del prossimo Sinodo dei vescovi peril Medio Oriente che si terrà in ottobre a Roma. Alla Celebrazione Eucaristica hanno preso parte i patriarchi e i vescovi cattolici del Medio Oriente, con rappresentanze delle rispettive comunità. Presente Chrysostomos II, arcivescovo di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro, che ha scambiato l’abbraccio con Benedetto XVI. Il Palazzo dello sport è estremamente variegato per le tante etnie, nazionalità e appartenenze ecclesiali: ci sono anche fedeli venuti dal Libano, dalla Giordania e tanti immigrati soprattutto filippini e dello Sri Lanka e africani a cui, nell’omelia, Benedetto XVI invia un saluto particolare. Il Papa celebra alla presenza di tutti i patriarchi e di numerosi vescovi del Medio Oriente.
Nell'omelia Benedetto XVI si è soffermato sulla solennità del Corpus Domini, che si celebra oggi. "Il nome dato a questa festa in Occidente - ha spiegato - è usato nella tradizione della Chiesa per indicare tre distinte realtà: il corpo fisico di Gesù, nato dalla Vergine Maria, il suo corpo eucaristico, il pane del cielo che ci nutre in questo grande sacramento, e il suo corpo ecclesiale, la Chiesa".
"Riflettendo su queste diversi aspetti del 'Corpus Christi', giungiamo ad una più profonda comprensione del mistero della comunione che lega tutti coloro che appartengono alla Chiesa". Abbiamo bisogno di essere liberati da tutto quello che ci blocca e ci isola: timore e sfiducia gli uni verso gli altri, avidità ed egoismo, mancanza di volontà di accettare il rischio della vulnerabilità alla quale ci esponiamo quando ci apriamo all’amore. "Non devo più pensare a partire da 'me stesso' - ha detto - ma da 'noi'. È per questo che tutti i giorni noi preghiamo 'nostro' Padre per il 'nostro' pane quotidiano. Abbattere le barriere tra noi e i nostri vicini è prima premessa per entrare nella vita divina all quale siamo chiamati. Abbiamo bisogno di essere liberati da tutto quello che ci blocca e ci isola - ha aggiunto il Pontefice - timore e sfiducia verso gli altri, avidità ed egoismo, mancanza di volontà di accettare il rischio della vulnerabilità alla quale ci esponiamo quando ci apriamo all'amore". Noi che ci nutriamo dell’Eucaristia, ha continuato il Papa, siamo il suo corpo adesso sulla terra e ha citato Santa Teresa d’Avila, che diceva: noi siamo gli occhi con i quali lui guarda chi è nel bisogno, siamo le mani che egli stende per benedire e per guarire, siamo i piedi dei quali si serve per andare a fare il bene, e siamo le labbra con le quali il suo Vangelo viene proclamato. Noi, perciò, non facciamo memoria di un eroe morto prolungando ciò che egli ha fatto: Cristo è vivente in noi! "Nutrendoci di Lui nell’Eucarestia e accogliendo lo Spirito Santo nei nostri cuori, diventiamo veramente il corpo di Cristo che abbiamo ricevuto, siamo veramente in comunione con lui e gli uni con gli altri, e diveniamo autenticamente suoi strumenti, rendendo testimonianza a lui davanti al mondo".
Benedetto XVI ha osservato come "ciascuno di noi che apparteniamo alla Chiesa ha bisogno di uscire dal mondo chiuso della propria individualità ed accettare la compagnia di coloro che condividono il pane con lui". "Nella prima comunità cristiana" - ha ricordato il Papa - "nutrita alla tavola del Signore, noi vediamo gli effetti dell'azione unificatrice dello Spirito Santo. Condividevano i loro beni in comune, distaccandosi da ogni bene materiale per amore dei fratelli...Ma il loro amore non era affatto limitato verso i loro amici credenti. Mai hanno considerato se stessi come esclusivi, privilegiati beneficiari del favore divino, ma invece come messaggeri inviati a spargere la buona notizia della salvezza in Cristo fino ai confini della terra. E fu così che il messaggio affidato agli Apostoli dal Signore Risorto, venne sparso in tutto il Medio Oriente e da qui al mondo intero". "Siamo chiamati a superare le nostre differenze - ha esortato Benedetto XVI - a portare pace e riconciliazione dove ci sono conflitti, ad offrire al mondo un messaggio di speranza. Siamo chiamati ad estendere la nostra attenzione ai bisognosi, dividendo generosamente i nostri beni terreni con coloro che sono meno fortunati di noi. E siamo chiamati a proclamare incessantemente la morte e risurrezione del Signore, finchè egli venga".

Adnkronos, Radio Vaticana, Apcom