venerdì 19 marzo 2010

Solennità di San Giuseppe. ll Papa: lasciamoci ‘contagiare’ dal suo silenzio, in un mondo spesso troppo rumoroso per l'ascolto della voce di Dio

Ordini e Congregazioni religiose, associazioni laicali, una miriade di enti di varia natura hanno in lui il suo protettore: San Giuseppe, lo sposo della Vergine il padre putativo di Gesù, è il Santo nel quale le virtù della vita cristiana brillano di una bellezza e di una compiutezza straordinarie. Benedetto XVI, che oggi festeggia il proprio onomastico, lo ha sottolineato in molte circostanze. Il mondo dei furbi, che menano vanto della propria losca intraprendenza e non disdegnano una disponibilità alla corruzione, e di là un uomo che fu l’incarnazione della parola data. L’epoca della conquista compulsiva della visibilità, dell’arroganza dell’immagine, dove anche ciò che è privato si vende al pubblico “guardone” pur di scampare al grave pericolo dell’anonimato, e di là un uomo che indimenticabile lo è diventato per la sua modestia. L’età delle nevrosi maschili, di antiche e inconfessate fragilità o di sempre nuove inadeguatezze, descritte con scientifica e ridondante puntualità, e di là un uomo che fu serenamente padre e, per il figlio, maestro di una virtù scomparsa dai vocabolari: la “pietà virile”. Dal confronto verrebbe spontanea una domanda: cosa ha a che fare il mondo di oggi con San Giuseppe? Un uomo che carica velocemente su di sé, di notte, una famiglia in pericolo di vita e la protegge portandola in salvo a dorso d’asino in un altro paese si staglierebbe come un gigante di fronte a quei molti uomini che oggi scaricano le proprie responsabilità di mariti e di padri, perché troppo stressanti e incompatibili con la levità di una vita impostata anzitutto su irrinunciabili piaceri. Eppure, ha spiegato sin dall’inizio del suo Pontificato Benedetto XVI, se mai modello di “uomo giusto” oggi esista questi è scolpito proprio in San Giuseppe, che “in perfetta sintonia con la sua sposa accoglie il Figlio di Dio fatto uomo e veglia sulla sua crescita umana”.
“Non si esagera se si pensa che, proprio dal ‘padre’ Giuseppe, Gesù abbia appreso – sul piano umano – quella robusta interiorità che è presupposto dell’autentica giustizia, la ‘giustizia superiore’, che Egli un giorno insegnerà ai suoi discepoli” (Angelus, 18 dicembre 2005).
Gesù-Dio che apprende da un semplice, sia pur straordinario, uomo il valore della giustizia divina. Sembrerebbe quasi un’iperbole, una frase ad effetto creata per enfatizzare la grandezza in fondo irraggiungibile del padre putativo di Gesù, se non fosse che proprio ciò che Giuseppe è come uomo, nel suo contesto sociale e storico, a dare a Gesù Bambino quella sicurezza che è doverosa verso un figlio. Per suo tramite, ha affermato il Papa, il Bambino risultava legalmente inserito nella discendenza davidica, realizzando così le Scritture nelle quali il Messia era profetizzato come “figlio di Davide”.
“La sua grandezza risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile - l'umiltà e il nascondimento - nella sua esistenza terrena” (Angelus, 19 marzo 2006).
Il suo silenzio, in così stridente controtendenza con la protervia della comunicazione contemporanea, spiega il Pontefice in un’altra occasione, è “permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini”.
“In altre parole, il silenzio di San Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione… Lasciamoci ‘contagiare’ dal silenzio di San Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l'ascolto della voce di Dio” (Angelus, 18 dicembre 2005).
Ciò che rende San Giuseppe un modello intramontabile sono proprio le sue virtù di integrità, di capacità di lavorare per il bene della famiglia, di un’autorevolezza “posta al servizio dell’amore”, oggi così lontane dalla sensibilità comune e spesso pubblicamente derise e dunque ancor più necessarie da aver fatto esclamare a Benedetto XVI lo scorso 14 maggio: “Quanto ha bisogno il nostro mondo dell’esempio, della guida e della calma forza di uomini come Giuseppe!”.
“Vorrei affidare a lui i giovani che a fatica riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, i disoccupati e coloro che soffrono i disagi dovuti alla diffusa crisi occupazionale. Insieme con Maria, sua Sposa, vegli San Giuseppe su tutti i lavoratori ed ottenga per le famiglie e l'intera umanità serenità e pace” (Angelus, 19 marzo 2006).

Radio Vaticana

Il Papa nel Regno Unito. Gli Oratori inglesi: la decisione di Benedetto XVI di beatificare personalmente il card. Newman una benedizione unica

I sacerdoti degli Oratori inglesi fondati dal card. John Henry Newman (foto), stanno esprimendo la propria gioia per l'annuncio ufficiale per cui Benedetto XVI beatificherà il loro fondatore durante il viaggio apostolico nel Regno Unito a settembre. Padre Richard Duffield, prevosto dell'Oratorio di Birmingham, ha sottolineato questo mercoledì in un comunicato che la devozione personale del Papa per Newman “ha dato un grande contributo alla comprensione della profondità e del significato dell'eredità del nostro fondatore”. A suo avviso, la decisione del Papa di beatificare personalmente Newman “conferisce una benedizione unica agli Oratori Inglesi e a tutti coloro che si sono ispirati alla vita e all'operato di Newman”. La beatificazione, riferisce l'agenzia Zenit, si svolgerà nell'arcidiocesi di Birmingham, dove il cardinale Newman trascorse la sua vita adulta: prima ad Oxford, dove visse come anglicano e venne accolto nella Chiesa Cattolica, poi a Birmingham, dove fondò l'Oratorio di Birmingham e vi lavorò per più di quarant'anni. John Henry Newman nacque nel 1801 e morì nel 1890. Si convertì alla fede cattolica nel 1845.

Radio Vaticana

La Comunione Tradizionale Anglicana in Canada chiede formalmente alla Congregazione per la Dottrina della Fede la creazione di un ordinariato

La Chiesa Anglicana Cattolica del Canada, una delle province della Comunione Tradizionale Anglicana, ha chiesto alla Santa Sede di creare per questa realtà un ordinariato cattolico. La richiesta appare in una lettera inviata il 12 marzo dal collegio dei suoi vescovi al card. William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, seguendo quanto stabilito dalla Costituzione Apostolica "Anglicanorum coetibus" di Benedetto XVI. “In risposta al suo invito a contattare il suo dicastero per avviare il processo da voi delineato, chiediamo rispettosamente che la Costituzione Apostolica sia implementata in Canada”, si legge nel testo. I tre vescovi firmatari chiedono “di istituire un Consiglio di governo ad interim di tre sacerdoti (o vescovi)” e di “dare a questo Consiglio il compito e l'autorità di proporre a Sua Santità una terna di nomi per la nomina dell'ordinario iniziale”. Firmano il documento i reverendi Peter Wilkinson, vescovo diocesano, Craig Botterill, vescovo suffraganeo per il Canada Atlantico e Carl Reid, vescovo suffraganeo per il Canada Centrale. “Speriamo e preghiamo che queste proposte possano essere utili all'avvio del processo stabilito dalla risposta gentile e generosa del Santo Padre alla nostra richiesta”, concludono. Gli anglicani canadesi della TAC portano così avanti i passi dei loro fratelli in Inghilterra, America Centrale e Stati Uniti e dei membri di Forward in Faith Australia.

Zenit

'Le ultime sette parole di Cristo sulla Croce' di Haydn, concerto in onore di Benedetto XVI per il suo onomastico. Il Magistero del Papa

Oggi pomeriggio, alle ore 18, Benedetto XVI parteciperà al Concerto in occasione della suo onomastico, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Il “Quartetto Henschel” di archi e il mezzosoprano Susanne Kelling eseguiranno “Le sette ultime parole di Cristo sulla Croce” di Joseph Haydn, nella nuova versione della Passione di Haydn di José Peris Lacasa, organista onorario nella Cappella del Palazzo Reale di Madrid.
“Una via per commuovere anche l’ascoltatore più inesperto nelle profondità della sua anima”: così Haydn descriveva la sua Opera. Una Sonata per ogni frase pronunciata da Cristo sulla Croce da “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno” a “Padre! Nelle Tue mani consegno il mio spirito”. “La preghiera di Cristo – osserva Benedetto XVI – raggiunge il suo culmine sulla Croce, esprimendosi in quelle ultime parole che gli evangelisti hanno raccolto”.
“Laddove sembra lanciare un grido di disperazione: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?' in realtà Cristo fa sua l’invocazione di chi, assediato senza scampo dai nemici, non ha altri che Dio a cui votarsi e, al di là di ogni umana possibilità, ne sperimenta la grazia e la salvezza” (6 febbraio 2008 - Santa Messa, benedizione e imposizione delle Ceneri).
Ecco perché, sottolinea il Papa, non vi è “contraddizione tra il lamento: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’, e le parole piene di fiducia filiale: ‘Padre, nelle tue mani affido il mio spirito’. Anche queste sono prese da un Salmo, il 30, implorazione drammatica di una persona che, abbandonata da tutti, si affida sicura a Dio. La preghiera di supplica colma di speranza è, pertanto, il leit motiv della Quaresima, e ci fa sperimentare Dio quale unica àncora di salvezza...Di fronte a un 'grande pericolo' ci vuole una più grande speranza, e questa è solo la speranza che può contare su Dio” (6 febbraio 2008 - Santa Messa, benedizione e imposizione delle Ceneri).
Sulla Croce, si manifesta la singolare regalità di Cristo, ma anche sul Calvario “si confrontano due atteggiamenti opposti”: “Alcuni personaggi ai piedi della Croce, e anche uno dei due ladroni, si rivolgono con disprezzo al Crocifisso: Se tu sei il Cristo, il Re Messia – essi dicono –, salva te stesso scendendo dal patibolo. Gesù, invece, rivela la propria gloria rimanendo lì, sulla Croce, come Agnello immolato. Con Lui si schiera inaspettatamente l’altro ladrone, che implicitamente confessa la regalità del giusto innocente ed implora: ‘Ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno’” (25 novembre 2007: Messa con i nuovi Cardinali e consegna dell’Anello cardinalizio).
Implorazione a cui Gesù risponde con parole sorprendenti: “Oggi sarai con me nel Paradiso”. Ecco dunque che possiamo cogliere la parola che raccoglie tutte le parole di Cristo sulla Croce: Perdono.
“Gesù può donare il perdono ed il potere di perdonare, perché egli stesso ha sofferto le conseguenze della colpa e le ha dissolte nella fiamma del suo amore. Il perdono viene dalla Croce; egli trasforma il mondo con l’amore che si dona. Il suo cuore aperto sulla Croce è la porta attraverso cui entra nel mondo la grazia del perdono. E soltanto questa grazia può trasformare il mondo ed edificare la pace” (15 maggio 2005: Solennità di Pentecoste - Santa Messa con Ordinazioni Presbiteriali).

Radio Vaticana

Domani terzo incontro tra la delegazioni della Santa Sede e della Fraternità San Pio X. Le divisioni e le diverse posizioni sui colloqui dottrinali

Si riuniranno domani in Vaticano, come sempre a porte chiuse, gli esperti della Santa Sede e della Fraternità Sacerdotale San Pio X, per la terza sessione dei ''colloqui dottrinali'' che dovrebbero portare al ritorno della comunità tradizionalista fondata da mons. Marcel Lefebvre alla ''piena comunione'' con la Chiesa Cattolica. Lo rende noto l'agenzia francese di informazione religiosa I.Media che sottolinea anche come, in Vaticano, comincino a moltiplicarsi i dubbi sulle possibilità di un ''reale dialogo'' con i lefebvriani alla luce dell'''immobilismo'' delle loro posizioni. La terza sessione dei colloqui, dopo quella inaugurale del 26 ottobre 2009 e quella del 18 gennaio scorso, arriva in un momento in cui i tradizionalisti stanno moltiplicando i gesti 'provocatori' nei confronti della gerarchia cattolica, soprattutto in Francia, e mentre diventano più evidenti le divisioni all'interno della stessa Fraternità nei confronti dei dialoghi con il Vaticano. Il superiore francese dei lefebvriani, l'abate Regis de Cacqueray, ha lanciato ai primi di marzo un durissimo attacco contro la Conferenza Episcopale francese per il suo impegno nel dialogo interreligioso e nei rapporti con gli ebrei, accusando i vescovi d'Oltralpe di essere diventati ''protettori proseliti di altri culti'' e di praticare una ''carità traballante'' che ''accorda concessioni a dei sistemi religiosi la cui caratteristica principale e l'allontanamento da Gesù Cristo e dalla sua Chiesa''. Pochi giorni dopo, uno dei 'negoziatori' lefebvriani con il Vaticano, l'abate Patryk de La Roque, sollevava ''gravi dubbi'' sulla possibile beatificazione di Giovanni Paolo II dopo la firma di Papa Benedetto XVI del decreto che ne riconosce le ''virtù eroiche'': si ''denuncia'', scrive l'abate tradizionalista, la supposta indifferenza di Pio XII di fronte alla ''sorte drammatica'' degli ebrei ma ''sembra che si trovi naturale che Giovanni Paolo II, con le parole così come con il suo bacio, consideri il Corano Parola di Dio, o implori San Giovanni Battista per la protezione dell'Islam, o partecipi attivamente a dei culti animisti nelle foreste sacre del Togo''. Nè le polemiche dei lefebvriani si arrestano qui: chiedono ai vescovi francesi di scendere in campo contro l'elezione alla Academie Francaise della sopravvissuta di Auschwitz Simone Veil perchè pro-aborto e, sul sito ufficiale della Fraternità, criticano la visita del Pontefice alla Chiesa luterana di Roma. Papa Ratzinger, si legge sul sito dici.org, non ha ricordato in quell'occasione ''tutto quello che Lutero, separandosi da Roma, aveva esplicitamente rifiutato del dogma cattolico''. ''La pratica costante della Chiesa - rincara l'organo lefebvriano -, prima dell'ecumenismo promosso dal Concilio Vaticano II, era di non dare approvazione esteriore a delle credenze sbagliate partecipando a culti dissidenti, al fine di non coltivare nello spirito dei fedeli l'indifferentismo o il relativismo dottrinale''. L'ex-superiore generale della Fraternità, oggi a capo della comunità in Germania, Franz Schmidberger, ha invece criticato il Papa per la sua visita alla Sinagoga di Roma in gennaio, definita ''deplorevole''. D'altra parte, proprio dai ranghi francesi della Fraternità tradizionalista arriva l'attacco più duro contro Benedetto XVI e contro la possibilità che sia lui a riportare la Chiesa sulla strada della tradizione, interrotta dal Concilio Vaticano II, come chiesto dai lefebvriani. Per il Pontefice, come noto, sbaglia chi interpreta il Concilio come una ''rottura'' nella storia millenaria del cattolicesimo, che va invece letto nell'ottica di una ''continuità'' con la tradizione precedente della Chiesa, sulla quale costruisce organicamente, senza fratture. Ora, proprio contro la ''ermeneutica della continuità'' di Benedetto XVI, mons. Bernard Tissier de Mallerais, uno dei quattro vescovi lefebvriani a cui il Papa ha tolto la scomunica, ha dedicato un ampio saggio di un centinaio di pagine, intitolato ''La fede messa in pericolo dalla ragione: L'ermeneutica di Benedetto XVI''. Per il vescovo tradizionalista, l'approccio ratzingeriano alla modernità è inconciliabile con la tradizione come la intendono i lefebvriani: alla fine, conclude la sua analisi Tissier de Mallerais, ''l'intera costruzione equilibrista del teologo nella sua stanza, 'salva reverentia', collassa come un castello di carte, così come il Nuovo ordine mondiale farà crollare coloro che vuole servire. Per la ragione secolarizzata, la fede ha una sola, vera parola: 'Raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose'''. Tra le altre cose, il vescovo tradizionalista accusa Joseph Ratzinger, con i suoi scritti teologici da cardinale e da Papa, di aver ''avvelenato la catechesi della redenzione'' e di ''non arrivare mai ad accettare il mistero della redenzione, il mistero del riscatto tramite la sofferenza''. ''Le richieste della giustizia divina - aggiunge - gli fanno sempre paura; è vittima dell'emozionalità del suo tempo''. Il saggio di Tissier de Mallerais ha subito raccolto il pieno sostegno di un altro vescovo lefebvriano, quel Richard Williamson noto per aver negato la realtà dell'olocausto, che lo ha lodato nel suo blog. Questi due presuli sembrano costituire l''ala dura' dei tradizionalisti, decisa a chiudere subito le porte del dialogo con Roma per evitare ogni ''compromesso''; a loro si aggiunge anche Schmidberger, per il quale i colloqui si potranno concludere positivamente solo con un ritorno completo di Roma alla dottrina pre-conciliare. Gli altri due vescovi lefebvriani, il superiore della Fraternità Bernard Fellay e il responsabile dei colloqui con il Vaticano Alfonso de Galarreta, sembrano invece voler mantenere aperto il canale di comunicazione aperto da Papa Ratzinger, anche se non nascondono le difficoltà. In una recente intervista, Fellay ha ribadito che il ''dibattito'' sul ''problema'' del Concilio Vaticano II ''è inevitabile'' e di andare a Roma ''per testimoniare la fede''.

Asca

Messaggio del presidente Napolitano al Papa per l'onomastico: a nome mio e del popolo italiano l'augurio più sincero di benessere e serenità personale

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato a sua Santità Papa Benedetto XVI, un messaggio per l'onomastico del Pontefice. "Mi è gradito rivolgerle vivissimi voti augurali - ha detto Napolitano - nel giorno del suo onomastico, che rappresenta una festa particolarmente sentita dagli italiani". "Le rinnovo profondo apprezzamento per l'impegno con il quale ella esercita il suo alto Magistero in favore della pace e della dignità umana - conclude il presidente - e la prego di accogliere, a nome mio personale e del popolo italiano, l'augurio più sincero di benessere e serenità personale".

SOLENNITA' DI SAN GIUSEPPE. BUON ONOMASTICO, PAPA JOSEPH!

"La figura di questo grande Santo, pur rimanendo piuttosto nascosta, riveste nella storia della salvezza un'importanza fondamentale...Egli si dimostrò, al pari della sposa Maria, autentico erede della fede di Abramo: fede nel Dio che guida gli eventi della storia secondo il suo misterioso disegno salvifico. La sua grandezza, al pari di quella di Maria, risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile - l'umiltà e il nascondimento - nella sua esistenza terrena".
(Papa Benedetto XVI, 19 marzo 2006)