Asca
venerdì 19 marzo 2010
Domani terzo incontro tra la delegazioni della Santa Sede e della Fraternità San Pio X. Le divisioni e le diverse posizioni sui colloqui dottrinali
Si riuniranno domani in Vaticano, come sempre a porte chiuse, gli esperti della Santa Sede e della Fraternità Sacerdotale San Pio X, per la terza sessione dei ''colloqui dottrinali'' che dovrebbero portare al ritorno della comunità tradizionalista fondata da mons. Marcel Lefebvre alla ''piena comunione'' con la Chiesa Cattolica. Lo rende noto l'agenzia francese di informazione religiosa I.Media che sottolinea anche come, in Vaticano, comincino a moltiplicarsi i dubbi sulle possibilità di un ''reale dialogo'' con i lefebvriani alla luce dell'''immobilismo'' delle loro posizioni. La terza sessione dei colloqui, dopo quella inaugurale del 26 ottobre 2009 e quella del 18 gennaio scorso, arriva in un momento in cui i tradizionalisti stanno moltiplicando i gesti 'provocatori' nei confronti della gerarchia cattolica, soprattutto in Francia, e mentre diventano più evidenti le divisioni all'interno della stessa Fraternità nei confronti dei dialoghi con il Vaticano. Il superiore francese dei lefebvriani, l'abate Regis de Cacqueray, ha lanciato ai primi di marzo un durissimo attacco contro la Conferenza Episcopale francese per il suo impegno nel dialogo interreligioso e nei rapporti con gli ebrei, accusando i vescovi d'Oltralpe di essere diventati ''protettori proseliti di altri culti'' e di praticare una ''carità traballante'' che ''accorda concessioni a dei sistemi religiosi la cui caratteristica principale e l'allontanamento da Gesù Cristo e dalla sua Chiesa''. Pochi giorni dopo, uno dei 'negoziatori' lefebvriani con il Vaticano, l'abate Patryk de La Roque, sollevava ''gravi dubbi'' sulla possibile beatificazione di Giovanni Paolo II dopo la firma di Papa Benedetto XVI del decreto che ne riconosce le ''virtù eroiche'': si ''denuncia'', scrive l'abate tradizionalista, la supposta indifferenza di Pio XII di fronte alla ''sorte drammatica'' degli ebrei ma ''sembra che si trovi naturale che Giovanni Paolo II, con le parole così come con il suo bacio, consideri il Corano Parola di Dio, o implori San Giovanni Battista per la protezione dell'Islam, o partecipi attivamente a dei culti animisti nelle foreste sacre del Togo''. Nè le polemiche dei lefebvriani si arrestano qui: chiedono ai vescovi francesi di scendere in campo contro l'elezione alla Academie Francaise della sopravvissuta di Auschwitz Simone Veil perchè pro-aborto e, sul sito ufficiale della Fraternità, criticano la visita del Pontefice alla Chiesa luterana di Roma. Papa Ratzinger, si legge sul sito dici.org, non ha ricordato in quell'occasione ''tutto quello che Lutero, separandosi da Roma, aveva esplicitamente rifiutato del dogma cattolico''. ''La pratica costante della Chiesa - rincara l'organo lefebvriano -, prima dell'ecumenismo promosso dal Concilio Vaticano II, era di non dare approvazione esteriore a delle credenze sbagliate partecipando a culti dissidenti, al fine di non coltivare nello spirito dei fedeli l'indifferentismo o il relativismo dottrinale''. L'ex-superiore generale della Fraternità, oggi a capo della comunità in Germania, Franz Schmidberger, ha invece criticato il Papa per la sua visita alla Sinagoga di Roma in gennaio, definita ''deplorevole''. D'altra parte, proprio dai ranghi francesi della Fraternità tradizionalista arriva l'attacco più duro contro Benedetto XVI e contro la possibilità che sia lui a riportare la Chiesa sulla strada della tradizione, interrotta dal Concilio Vaticano II, come chiesto dai lefebvriani. Per il Pontefice, come noto, sbaglia chi interpreta il Concilio come una ''rottura'' nella storia millenaria del cattolicesimo, che va invece letto nell'ottica di una ''continuità'' con la tradizione precedente della Chiesa, sulla quale costruisce organicamente, senza fratture. Ora, proprio contro la ''ermeneutica della continuità'' di Benedetto XVI, mons. Bernard Tissier de Mallerais, uno dei quattro vescovi lefebvriani a cui il Papa ha tolto la scomunica, ha dedicato un ampio saggio di un centinaio di pagine, intitolato ''La fede messa in pericolo dalla ragione: L'ermeneutica di Benedetto XVI''. Per il vescovo tradizionalista, l'approccio ratzingeriano alla modernità è inconciliabile con la tradizione come la intendono i lefebvriani: alla fine, conclude la sua analisi Tissier de Mallerais, ''l'intera costruzione equilibrista del teologo nella sua stanza, 'salva reverentia', collassa come un castello di carte, così come il Nuovo ordine mondiale farà crollare coloro che vuole servire. Per la ragione secolarizzata, la fede ha una sola, vera parola: 'Raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose'''. Tra le altre cose, il vescovo tradizionalista accusa Joseph Ratzinger, con i suoi scritti teologici da cardinale e da Papa, di aver ''avvelenato la catechesi della redenzione'' e di ''non arrivare mai ad accettare il mistero della redenzione, il mistero del riscatto tramite la sofferenza''. ''Le richieste della giustizia divina - aggiunge - gli fanno sempre paura; è vittima dell'emozionalità del suo tempo''. Il saggio di Tissier de Mallerais ha subito raccolto il pieno sostegno di un altro vescovo lefebvriano, quel Richard Williamson noto per aver negato la realtà dell'olocausto, che lo ha lodato nel suo blog. Questi due presuli sembrano costituire l''ala dura' dei tradizionalisti, decisa a chiudere subito le porte del dialogo con Roma per evitare ogni ''compromesso''; a loro si aggiunge anche Schmidberger, per il quale i colloqui si potranno concludere positivamente solo con un ritorno completo di Roma alla dottrina pre-conciliare. Gli altri due vescovi lefebvriani, il superiore della Fraternità Bernard Fellay e il responsabile dei colloqui con il Vaticano Alfonso de Galarreta, sembrano invece voler mantenere aperto il canale di comunicazione aperto da Papa Ratzinger, anche se non nascondono le difficoltà. In una recente intervista, Fellay ha ribadito che il ''dibattito'' sul ''problema'' del Concilio Vaticano II ''è inevitabile'' e di andare a Roma ''per testimoniare la fede''.