venerdì 5 agosto 2011

Il Papa a Lamezia Terme e Serra San Bruno. Illustrati i dettagli della visita. Benedirà la prima pietra di nuova chiesa dedicata a San Benedetto

La visita pastorale del Santo Padre Benedetto XVI è stata oggetto questa mattina di una partecipata conferenza stampa alla presenza del vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora, del prefetto di Catanzaro Antonio Reppucci e del sindaco Gianni Speranza. L’incontro è stato l’occasione per snocciolare cifre e dare indicazioni su quello che si appresta a diventare un evento storico per la città di Lamezia Terme e della Calabria.Per quanto riguarda l’organizzazione, il vice sindaco Francesco Cicione ha fornito alcuni dettagli come l’arrivo del Papa, attorno alle 9.20 in aeroporto, e la partenza in elicottero dallo stadio D’Ippolito alla volta di Serra San Bruno, commiato che dovrebbe avvenire attorno alle 16.00-16.30. Ulteriori dettagli su percorsi e orari saranno decisi, soprattutto per motivi di sicurezza, nei giorni immediatamente precedenti la visita. La Santa Messa dovrebbe svolgersi, con ogni probabilità, sui terreni dell’Ex Biofata nell’area industriale lametina capace di ospitare fino a quasi 250.000 fedeli. Sono già oltre 104mila le prenotazioni, ha reso noto il sindaco Gianni Speranza, che provengono anche da fuori regione e, più precisamente, dalla Sicilia, dalla Basilicata e dalla Puglia. L'area industriale sarà interessata agli interventi necessari per predisporre l'allestimento del palco e gli spazi di accoglienza dei fedeli. Il Comune organizzerà anche un sistema di navette dal centro verso l'area dove Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa e l'Angelus. La cerimonia sarà trasmessa in diretta su Rai Uno. Subito dopo la cerimonia, Benedetto XVI pranzerà in episcopio con i componenti della Conferenza Episcopale calabra e poi nel pomeriggio si sposterà in elicottero per una visita privata alla certosa di Serra San Bruno, dove pregherà con i padri. Da tempo aveva espresso il desiderio di pregare sulla tomba di San Bruno, suo conterraneo d'origine. ''La visita del Santo Padre - ha auspicato il sindaco Speranza - non si ferma solo al 9 ottobre, ma sarà l'inizio di un percorso nuovo per la cittadinanza, che continuerà anche in futuro''. Il vescovo Luigi Cantafora ha espresso in uguale intensità l'augurio che ''la visita del Santo Padre segni una svolta per la terra lametina e tutta la Calabria, che serva a far emergere le energie positive e le risorse autentiche di questa città e della regione''. Il presule ha sottolineato il carattere eccezionale dell’evento per la città e di come lui stesso abbia avvertito, in questi giorni, un senso di forte attesa e partecipazione da parte dei fedeli lametini. Il vescovo ha annunciato una sorpresa per il Papa. ''Una piccola comunità calabrese sta preparando un albero di Natale creato all'uncinetto per fare dono al Santo Padre'' ha detto, senza però voler svelare il nome degli autori. Per quanto riguarda i costi, invece, sono stati già stanziati: 350.000 da parte del Comune per la ristrutturazione di San Domenico e della Cattedrale, oltre 500.000 euro e altri 150.000 euro per pulire l’area, allestire palco e dotare l’area in cui sarà celebrata la Messa di alcuni servizi. Altri 500.000 euro sono stati devoluti dalla regione Calabria mentre la provincia di Catanzaro ha stanziato ulteriori 150.000 euro. In occasione della visita, il comune di Lamezia Terme donerà alla diocesi il terreno dove sorgerà un nuova chiesa nell'area di Savutano. Il Santo Padre benedirà la prima pietra. Il luogo sacro, così come annunciato dal sindaco, sarà intitolato a San Benedetto, in onore del Papa. La chiesa sarà costruita in contrada Savutano, e sarà collegata a Palazzo Maddamme da una grande piazza, la più grande della città. Anche la chiesa sarà molto grande, in modo da poter ospitare eventi regionali. Il luogo sacro sorgerà nell'area Api messa a punto dal comune.

Il Lametino.it, Adnkronos, CN24

Pietro Orlandi: Giovanni Paolo II ha permesso al silenzio di cadere sulla vicenda di mia sorella Emanuela, rapita solo perchè cittadina del Vaticano

Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha rilasciato alcune dichiarazioni nel corso di un dibattito a "Cortina InConTra" dal titolo "Vaticano Spy Story". "Emanuela è stata rapita solo perché era cittadina del Vaticano. Wojtyla venne a casa nostra a Natale e ci spiegò che esiste un terrorismo nazionale e uno internazionale. Lui disse che si trattava di una matrice internazionale. Eravamo convinti che lui stesse facendo qualcosa, anche perché sembrava avesse molte informazioni più di noi. Ma da quel momento non è successo nulla e c'è stato un allontanamento da noi". "Mi spiace dirlo - ha continuato Pietro Orlandi - ma Giovanni Paolo II ha permesso al silenzio di cadere su questa vicenda. Ho chiesto a Benedetto XVI un atto di coraggio e di abbattere quel muro di silenzio che dura da 28 anni. Io non concepisco uno stato nè una religione che concepisca una situazione simile. L'episodio che io considero più brutto è stato quando rilasciai un'intervista al Corriere all'inizio degli anni Novanta e io dissi che si sono dimenticati di una loro cittadina. Due giorni dopo mi chiama il Presidente del Governatorato, mi convoca nel suo ufficio, io non sapevo perché. Mi tira il giornale in faccia e mi dice 'ancora con questa storia di sua sorella'. Ho pensato che fosse impazzito, perché era la prima volta che in Vaticano c'era una caduta di diplomazia. 'Ma non le basta che le abbiamo dato lavoro allo Ior, dove non sarebbe mai entrato se non fosse successo quello che è successo a sua sorella'. Ancora oggi è evidente che il Vaticano non voglia fare nulla".

TMNews

La Chiesa alle prese con la tentazione giustizialista. Mons. Negri: cacciare i vescovi irlandesi non serve a nulla. La linea dura di Weigel

La proposta avanzata dal prete e teologo Vincent Twomey di far dimettere tutti i vescovi irlandesi nominati prima del 2003 fa discutere gli uomini di Chiesa. Anche in Vaticano c’è chi ritiene che la proposta sia da portare avanti, perché così si darebbe un segnale forte a un paese che dopo la pubblicazione del report governativo sulla diocesi di Cloyne vive in uno stato d’indignazione permanente. L’accusa è nota: i vescovi e le massime gerarchie cattoliche non avrebbero fatto nulla per impedire che nei decenni appena trascorsi alcuni preti diocesani commettessero abusi sessuali su minori. “Attenzione – dice a Il Foglio il vescovo di San Marino Luigi Negri – che il giustizialismo nella Chiesa è letale tanto quanto lo è nella società. Azzerare i vertici della Chiesa a cosa serve? A nulla. Ci possono essere dei vescovi che non hanno agito al meglio, ma il criterio dell’efficienza e della perfezione non può essere assunto in toto dalla chiesa. La Chiesa deve rispettare gli uomini, finanche i suoi eventuali errori. La Chiesa mira alla perfezione, certo, ma sa bene che questa perfezione è sempre da conquistare, da raggiungere, anche con errori e passi falsi”. Quello irlandese è solo l’ultimo esempio di un problema che emerge a ciclo continuo in più punti del globo: quello delle accuse al Papa e ai suoi collaboratori di aver coperto i pedofili in seno al clero. Gli abusi provocano indignazione. E l’indignazione alimenta le richieste di adeguamento della Chiesa alle prassi del mondo. Alla base di tutto è il rapporto tra Chiesa e mondo a essere continuamente messo in discussione. Il mondo pressa la Chiesa perché si apra alle sue istanze. La Chiesa resiste nonostante, alla prova dei fatti, i peccati dei suoi uomini siano una pietra di scandalo contenuta a fatica al proprio interno. Dice Negri: “La Chiesa non può cedere al potere delle ideologie da cui arriva la maggior parte delle richieste di riforma. La Chiesa ha una sua identità. Questa identità la deve giocare nel rapporto con il mondo senza scandalizzarsi degli errori dei suoi uomini. Non c’è scritto da nessuna parte che la Chiesa deve essere sempre e comunque efficiente e perfetta. La Chiesa deve tendere al bene e a Dio, ma se non vi riesce non c’è ragione perché rinunci a ciò che è”. Negri invita a guardare anche alla richiesta irlandese dell’abolizione del segreto confessionale. Dice: “La Chiesa non può che non accettare l’abolizione del sigillum confessionis semplicemente perché sa cosa è la confessione. E’ un atto di misericordia di Dio verso l’uomo. Se si toglie il segreto viene violata la libertà di coscienza del singolo e non si permette più all’uomo di ricominciare, di emendarsi, di iniziare ancora una volta una vita tesa al bene. Se si toglie il segreto si toglie la possibilità della misericordia di Dio e la possibilità del rinnovamento del cuore dell’uomo. Non è poco”. Intanto però al coro degli indignati, e in particolare al coro di coloro che chiedono il totale azzeramento delle gerarchie irlandesi nominate prima del 2003, si è aggiunto un pezzo da novanta del cattolicesimo di lingua inglese, George Weigel, biografo di Papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, senior fellow all’Ethics and Public Policy Center di Washington. Weigel, la cui opinione ha un certo peso in Curia romana, dice che “è singolare che l’Irlanda, la cui Costituzione è stata emanata ‘Nel nome della Santissima Trinità’, sia diventata la nazione rumorosamente più anti cattolica nel mondo occidentale”. Il Vaticano ha provato a reagire agli attacchi, ma “è evidente che i report dei visitatori apostolici mandati nel paese sono stati limati e sono risultati troppo generosi”. Weigel sostiene che la crisi della Chiesa in Irlanda è “stata particolarmente acuta” e che per questo motivo “il prima possibile dovrebbe avvenire una sostituzione della gerarchia irlandese, insieme a una drastica riduzione del numero delle diocesi”. Perché l’Irlanda ha “un disperato bisogno di una nuova e credibile leadership”. Secondo Weigel il problema della Chiesa irlandese viene dal “diluvio del Concilio Vaticano II”. In Irlanda “non si è riusciti a resistere alle inondazioni del secolarismo arrivate dopo il Concilio”. Ora servono “uomini nuovi che siano in grado di portare avanti la riforma della chiesa come Benedetto XVI la intende”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il Papa: conosce i nostri cuori, sente le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna

Stamani a Roma nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, nel giorno in cui si ricorda la sua Dedicazione, si è svolta la Messa Pontificale. Il Papa, il 26 maggio scorso, vi ha presieduto il Rosario per i 150 anni dell’Unità d’Italia ricordando che si tratta del più antico Santuario d'Occidente dedicato alla Madre di Dio. Durante la celebrazione di questa mattina, presieduta dal cardinale arciprete Bernard Francis Law, al momento del Gloria una pioggia di petali bianchi è caduta dal soffitto cassettonato sull’altare della Confessione: un rito che ricorda la nevicata estiva avvenuta sull’Esquilino, secondo la tradizione, il 5 agosto del 358. La Vergine, apparsa in sogno a Papa Liberio, esortò a costruire in quel luogo una chiesa. Sul tempio liberiano venne poi edificata nel V secolo l’attuale Basilica, per volontà di Papa Sisto III per commemorare le conclusioni del Concilio di Efeso che nel 431 confermò per Maria il titolo di Theotòkos: Maria è davvero Madre di Dio. Ma perché tra tutte le donne, si domanda Benedetto XVI, Dio ha scelto proprio Maria di Nazaret?
“La risposta è nascosta nel mistero insondabile della divina volontà. Tuttavia c’è una ragione che il Vangelo pone in evidenza: la sua umiltà...Sì, Dio è stato attratto dall’umiltà di Maria...ha accolto con fede Gesù e con amore l’ha donato al mondo. Questa è anche la nostra vocazione e la nostra missione, la vocazione e la missione della Chiesa: accogliere Cristo nella nostra vita e donarlo al mondo, ‘perché il mondo si salvi per mezzo di Lui’” (Angelus, 8 dicembre 2006).
Ma Maria stessa, osserva il Papa, si sarà posta questa domanda: perché Gesù ha scelto di nascere nella povertà da una ragazza semplice come lei? La risposta l’ebbe dopo aver deposto nel sepolcro il corpo di Gesù, morto e avvolto in fasce: “Allora comprese appieno il mistero della povertà di Dio. Comprese che Dio si era fatto povero per noi, per arricchirci della sua povertà piena d’amore, per esortarci a frenare l’ingordigia insaziabile che suscita lotte e divisioni, per invitarci a moderare la smania di possedere e ad essere così disponibili alla condivisione e all’accoglienza reciproca” (1° gennaio 2009, Solennità di Maria Santissima Madre di Dio).
“Dio ha voluto essere il Dio con noi – afferma il Papa - e ha una madre, che è la nostra madre”, madre celeste, ma non lontana da noi: “Proprio perché è con Dio e in Dio, è vicinissima ad ognuno di noi. Conosce i nostri cuori, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data – come è detto dal Signore – proprio come Madre che ci sente sempre, ci è sempre vicina e, essendo Madre del Figlio, partecipa al potere del Figlio” (15 agosto 2005, Solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria).
Per questo Maria, Madre di Dio e Madre nostra, è fonte di speranza e di conforto per tutti i suoi figli: “In mezzo alle prove della vita e specialmente alle contraddizioni che l’uomo sperimenta dentro di sé e intorno a sé, Maria, Madre di Cristo, ci dice che la Grazia è più grande del peccato, che la misericordia di Dio è più potente del male e sa trasformarlo in bene...Alla sua intercessione affido le necessità più urgenti della Chiesa e del mondo. Ella ci aiuti soprattutto ad avere fede in Dio, a credere nella sua Parola, a rigettare sempre il male e a scegliere il bene” (Angelus, 8 dicembre 2010).

Radio Vaticana

Mons. Vegliò: disumana l'indifferenza verso la situazione del Corno d'Africa. Bisogno urgente dell’intervento concreto della comunità internazionale

Mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti e gli itineranti, riprendendo l’appello di Benedetto XVI, non ha esitazioni a definire “disumana l’indifferenza” che continua a caratterizzare buona parte dell’umanità, incapace di ascoltare il grido di dolore dell’Africa. "Basta un dollaro per salvare un bambino dalla morte per fame", afferma a L’Osservatore Romano Vegliò, che lancia una proposta concreta ai lettori del giornale vaticano e non solo: devolvere agli aiuti per l’emergenza del Corno d’Africa l’equivalente di un pasto o di un giorno di lavoro. "Se usciamo per andare a bere o a mangiare un boccone, cerchiamo - spiega - di dare anche qualcosa, offriamo un turno di lavoro per la Somalia". Un impegno che dovrebbe assumersi ciascuno e che avrebbe anche l’effetto di sensibilizzare i governi. Infatti, afferma il presule, "c’è bisogno urgente dell’intervento reale e concreto della comunità internazionale che punti a uno sviluppo sostenibile e che ponga un freno all’aumento generalizzato dei prezzi dei generi alimentari". L'Unione europea ha affermato ancora mons. Vegliò "dovrebbe sviluppare opportunità per i rifugiati che sono un bene per i diversi Paesi". "Non si può negare – ha aggiunto il presidente del Pontificio Consiglio - che un atteggiamento di maggior chiusura si è creato nei confronti dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei Migranti, contraddicendo l'atteggiamento che l'Europa aveva mostrato per decenni dopo la seconda guerra mondiale, quando centinaia di migliaia di profughi furono ammessi e integrati nella società. Durante quel tempo, soluzioni innovative erano state sviluppate e messe in atto. L'idea era di dare una speranza e un futuro ai rifugiati, facendoli uscire dai campi profughi". L’Osservatore Romano registra i dati allarmanti del tasso di mortalità infantile tra i profughi somali presenti in Kenya e dei livelli di malnutrizione contenuti in un nuovo rapporto delle Nazioni Unite. "Il campo profughi di Dadaab, che ospita circa quattrocentomila persone, oltre quattro volte la capienza prevista, ha visto - scrive il quotidiano della Santa Sede – il tasso di mortalità tra i bambini al di sotto dei cinque anni salire da 1,2 morti ogni 1.000 bambini a 1,8", e ciò senza tener conto di "altri decessi che potrebbero non essere stati registrati" in quanto avvenuti fuori dalle strutture sanitarie e dai campi. "Si stima - conclude - che siano oltre 2,3 milioni i bambini malnutriti nel Corno d’Africa e che più di mezzo milione di questi rischia di morire se non avrà accesso al più presto agli aiuti internazionali".

Vatican Insider

L’arcivescovo Antonio Maria Vegliò sulla drammatica situazione nei Paesi del Corno d’Africa: disumano restare indifferenti

GMG 2011-Il Papa a Madrid. Inserto speciale di 30 pagine su 'Famiglia Cristiana', un canale interattivo sul sito web del settimanale

Il numero di Famiglia Cristiana in edicola questa settimana dedica uno speciale di 30 pagine alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Diversi i contenuti: una sintesi del Messaggio di Papa Benedetto XVI, fotogrammi delle GMG da Santiago di Compostela 1989 a Sidney 2008, il programma degli incontri, una panoramica sulla situazione socio-politico nella Spagna post-Zapatero e sui giovani spagnoli e gli "indignados", l'intervista al card. Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, riportata anche sul mensile paolino Vita Pastorale, l'imponente macchina organizzativa, i problemi della sicurezza, i gemellaggi, la presenza giovanile italiana raccontata da on Nicolò Anselmi del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile della CEI, e molte altre testimonianze di chi parteciperà a questo evento, tra religiosi, testimonial sportivi e giovani provenienti da tutto il mondo.In contemporanea, il sito www.famigliacristiana.it apre un canale interattivo per seguire la GMG minuto per minuto: non solo notizie, reportage, foto e notizie, ma la diretta sulle testimonianze dei ragazzi in partenza dalle diocesi di Milano, Torino, Napoli, Padova e Pinerolo con gli interventi del card. Dionigi Tettamanzi e di mons. Cesare Nosiglia che racconteranno la loro GMG. Non ultimo, il filo diretto con i giovani: l'invito a inviare video, foto e riflessioni. Attraverso il sito ci sarà, inoltre, la possibilità di ascoltare e vedere Radio Pope-up, la web radio che un gruppo di giovani italiani ha progettato insieme ad altri appartenenti alla Famiglia Paolina per vivere e raccontare l'evento. Avranno spazio gli ascoltatori che vorranno interagire attraverso Facebook o partecipare alle dirette via Skype. In programmazione anche una rubrica quotidiana in francese, condotta dal giovane paolino Daniel Kahya Kibamba e rivolta ai giovani africani francofoni.

Mario Guglielmi, Riviera24.it