sabato 25 settembre 2010

Mons. Gänswein: questo Papa ha sorpreso tutti noi. Egli non mette al centro e non annuncia se stesso, ma Gesù Cristo, l'unico redentore del mondo

Per il suo segretario, mons. Georg Gänswein (nella foto con Benedetto XVI), nei cinque anni del suo pontificato, il Papa ha saputo rivelarsi il ''Papa delle sorprese''. Gänswein ha ricevuto questo pomeriggio ad Anacapri il premio Capri San Michele 2010, per il libro da lui curato ''Benedetto XVI Urbi et Orbi. Con il Papa a Roma e per le vie del mondo''. Nel suo intervento, pubblicato da L'Osservatore Romano, mons. Georg sottolinea ''quanto questo Papa abbia sorpreso tutti noi: in primo luogo per la lievità con la quale ha assunto il compito del suo predecessore Giovanni Paolo II, interpretandolo in modo nuovo e tuttavia egualmente pieno di vitalità''. ''Allo stesso modo - nota ancora il segretario personale del Papa - ha destato in noi meraviglia come l'ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con il suo calore e la sua semplicità così spontanea e vera, riesca senza sforzo alcuno ad avvincere il cuore degli uomini''. Per mons. Georg ''è giunto inaspettato anche il coraggio che segna chiaramente il pontificato del Papa tedesco. Benedetto XVI non teme i confronti e i dibattiti. Chiama per nome le insufficienze e gli errori dell'occidente, critica quella violenza che pretende di avere una giustificazione religiosa. Non smette mai di ricordarci che si voltano le spalle a Dio con il relativismo e l'edonismo non meno che con l'imposizione della religione attraverso la minaccia e la violenza. Al centro del pensiero del Papa sta la questione del rapporto tra fede e ragione; tra religione e rinuncia alla violenza''. Per Benedetto XVI, ''la rievangelizzazione dell'Europa e di tutto il mondo sarà possibile quando gli uomini comprenderanno che fede e ragione non sono in contrasto, ma in relazione tra loro. Una fede che non si misura con la ragione diviene essa stessa irragionevole e priva di senso. E al contrario, una concezione della ragione che riconosce unicamente ciò che è misurabile non basta per comprendere l'intera realtà. La ragione deve lasciare spazio alla fede e la fede deve rendere testimonianza alla ragione, perchè entrambe non si sminuiscano nel ristretto orizzonte della propria ontologia. In fondo, al Papa interessa riaffermare il nocciolo della fede cristiana: l'amore di Dio per l'uomo, che trova nella morte in croce di Gesù e nella sua risurrezione l'espressione insuperabile''. ''Anche se tutti gli occhi e le telecamere sono puntati sul Papa, non si tratta tanto di lui - conclude Ganswein -. Il Santo Padre non mette al centro se stesso, non annuncia se stesso, ma Gesù Cristo, l'unico redentore del mondo''. Il segretario di Papa Ratzinger ha evidenziato la differenza tra un Giovanni Paolo II ''Pontefice delle grandi immagini, dalla potenza immediatamente evocativa'' e un Benedetto XVI ''Papa della parola, della forza della parola'', ''un teologo più che un uomo di grandi gesti, un uomo che 'parla' di Dio''. Ma mons. Georg ha cura di sottolineare come sin dal giorno della sua elezione nel 2005, Papa Ratzinger abbia riconosciuto la continuità con il suo predecessore e si sia messo sulle sue tracce: ''Papa Benedetto XVI - continua Gänswein - ha dato alla Chiesa e al mondo una stupenda lezione di stile pastorale: chi inizia un servizio ecclesiale - questa è la sua lezione - non deve cancellare le tracce di chi ha lavorato precedentemente, ma deve porre umilmente i propri piedi sulle orme di chi ha camminato e faticato prima di lui. Se accadesse sempre così, sarebbe salvo tanto patrimonio di bene, che invece viene spesso demolito e dilapidato. Il Papa ha raccolto questa eredità e la sta elaborando con il suo stile mite e riservato, con le sue parole pacate e profonde, con i suoi gesti misurati ma incisivi''. ''In tutti gli angoli della terra l'acqua è sempre la stessa: è sempre l'identica composizione di idrogeno e di ossigeno - osserva mons. Georg nel suo intervento -. Eppure l'acqua è dovunque diversa. Perchè? Perchè l'acqua assume ogni volta delle caratteristiche singolari in rapporto al terreno che la filtra. Così accade per i Papi''. ''Tutto questo - ha aggiunto - è meravigliosamente bello: è un segno dell'unità nella diversità; è un miracolo di novità nella continuità; è una manifestazione suprema di ciò che accade in tutto il corpo della Santa Chiesa di Cristo, dove novità e continuità convivono e si armonizzano senza sosta. Papa Benedetto XVI non è uguale a Giovanni Paolo II, Deo gratias: Dio non ama la ripetizione e le fotocopie. E Giovanni Paolo II non era uguale a Giovanni Paolo I, Deo gratias, così come Giovanni Paolo I non era uguale a Paolo VI, Deo gratias, e Paolo VI non era uguale a Giovanni XXIII, Deo gratias''.

Asca

VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Già in funzione la macchina organizzatrice dell’evento. Il perno sarà la fondazione 'Famiglie Milano 2012'

Una sede operativa vera e propria non è stata ancora inaugurata ma le scrivanie di don Luca Violoni e dei suoi più stretti collaboratori sono già insufficienti. Il sacerdote è il segretario generale della Fondazione "Famiglie Mi­lano 2012", organismo che si occuperà degli eventi in preparazione all’Incontro mondiale del 2012. Lo studio dei comi­tati, i contatti per la logistica, la continua interazione con la Santa Sede, le nomi­ne dei vari referenti: tutto sta a indicare che il lavoro per l’arcidiocesi di Milano è ufficialmente entrato nel vivo. La struttura che si sta mettendo in piedi risponderà a una 'cabina di regia' for­mata dai cardinali Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e Dionigi Tettamanzi, arcive­scovo di Milano. Poi, il primo referente della Chiesa di Milano sarà mons. Erminio De Scalzi, vescovo ausiliare e de­legato arcivescovile per i grandi eventi degli anni 2012, 2013 (il 1700° anniversario dell’Editto di Costantino) e 2015 (l’Expo). Sono in cor­so di definizione i progetti e la scelta de­gli uomini che faranno parte dei comi­tati: il primo, teologico-pastorale, si occuperà soprattutto di istruire il materia­le necessario alla preparazione del gran­de convegno del 2012, a partire dalle ca­techesi; il secondo è il comitato d’onore. Saranno presto operativi anche i sotto­comitati con compiti celebrativi e di pia­nificazione. Enorme la mole di lavoro che attende gli organizzatori per quello che, per dimensioni, sarà il più grande e­vento ecclesiale della storia di Milano: i servizi, la logistica, l’accoglienza, la scel­ta dei luoghi, la sicurezza degli spazi de­gli appuntamenti di massa. Ma bisognerà anche, da subito, interagire con gli enti locali e le diocesi vicine: da tutti arriva­no disponibilità a collaborare. "La prima scadenza alla quale lavoriamo – spiega don Violoni – è la definizione delle sedi di tutti gli appuntamenti; l’In­contro richiede un’attività senza soste. I­noltre occorre già impegnarsi pensando ai contenuti e preparando, così come ri­chiesto dal Santo Padre, un cammino non solo ecclesiale ma anche culturale". Gli scogli da superare preoccupano po­co don Violoni: "Inizia un’avventura – di­ce – di alto profilo che può e deve tra­dursi in speranza per noi e per la società e i cui frutti saranno visibili in tutto il mondo. Non sarà un evento fine a se stesso ma una sfida destinata a durare: o­gni famiglia è chiamata a essere scuola di speranza". Sul sito ufficiale dell’evento, www.family2012.com, l’arcidiocesi di Milano ha già inserito strumenti per la riflessione e l’approfondimento. Tra questi anche tre libri in formato elettronico. Ai testi si accede dalla sezione 'strumenti' nella quale vi è anche una ricca photogallery. Altre sezioni illustrano la storia delle precedenti manifestazioni, i contenuti e il programma dell’edizione 2012, fino allo spazio 'contatti e stampa'. In home page, tra l’altro, è visibile il video in cui Benedetto XVI, lo scorso anno, annunciò in collegamento televisivo con Città del Messico la scelta di Milano quale sede del prossimo Incontro Mondiale. Sempre nella pagina di apertura è ben in rilievo anche il countdown dell’Incontro.

Vito Salinaro, Avvenire

Incontro della Commissione teologica per il dialogo cattolico-ortodosso: verso un completo riconoscimento come Chiese sorelle, unità nella diversità

La Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse stanno facendo progressi in vista di un ''completo'' riconoscimento reciproco come ''Chiese sorelle'' che permetta loro di raggiungere l'unità nella ''diversità'', secondo un modello già tratteggiato da Papa Benedetto XVI con la sua decisione di accogliere 'in blocco' comunità anglicane che potranno mantenere le loro identità e tradizioni. E' quanto emerso in questi giorni dall'incontro a Vienna della Commissione teologica mista per il dialogo tra cattolici e ortodossi, sul tema del ''Primato del vescovo di Roma nel primo millennio''. Le due delegazioni di teologi erano guidate rispettivamente dal metropolita Giovanni di Pergamo, rappresentante del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e di mons. Kurt Koch (nella foto con Benedetto XVI), da quest'estate presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani. Erano presenti anche il metropolita Hilarion, ''ministro degli esteri' del Patriarcato di Mosca, la più popolosa tra le Chiese Ortodosse, e l'arcivescovo di Vienna, card. Christoph Schoenborn. In una conferenza stampa congiunta con il metropolita Giovanni, mons. Koch ha spiegato che il modello di unità futura tra le Chiese è ''la grande domanda'' che dovrà essere affrontata nel futuro del dialogo, e che la via da seguire per il futuro è una che sappia accogliere la ''diversità'' nell'unità. ''Abbiamo visto i temi che dovremo discutere - ha spiegato mons. Koch secondo quanto riferisce il blog FaithWorld -: il primato papale e la sinodalità. La Chiesa Cattolica ha un forte primato ma probabilmente non ha sviluppato la sinodalità quanto la Chiesa Ortodossa. La forza della Chiesa ortodossa è nella sua sinodalità, ma la dottrina del primato non è così forte. Possiamo arricchirci l'un l'altro'', perchè ''il principio base dell'ecumenismo è lo scambio dei doni''. ''Unità - ha detto poi Koch - significa considerarsi entrambi come Chiese pienamente sorelle. Proprio come la Chiesa (cattolica) di Vienna è sorella della Chiesa di Basilea, la Chiesa Ortodossa sarà una Chiesa sorella per noi''. ''Credo che anche il pensiero del Papa vada in questa direzione - ha quindi aggiunto -. Ha detto agli anglicani che vogliono tornare che potranno conservare la loro tradizione e celebrare la loro liturgia. Quindi ha detto che ci dovrebbe essere diversità. Questo sarà un secondo passo, anche se è troppo presto per chiederci quando lo potremo fare assieme''. Il metropolita Giovanni, dopo aver premesso che ''non ci sono nuvole di sfiducia tra le nostre due Chiese'' ha indicato che in futuro il dialogo cattolico-ortodosso assumerà un carattere piu' ''teologico'', distaccandosi dall'indagine storica sulla Chiesa del primo millennio, prima quindi dello scisma tra Chiesa d'Oriente e d'Occidente del 1054, che lo ha caratterizzato fino ad ora. ''Quanto abbiamo deciso a Ravenna sembra essere confermato dalla storia del primo millennio''. Quanto al futuro, Giovanni ha premesso che non c'è alcun ''modello precostituito'': il risultato ''sarà il frutto di un certo...- non la chiamerei riforma, è troppo forte - ma di un adattamento da entrambe le parti''. Se gli ortodossi da una parte rafforzano ''la loro unità universale e il loro concetto di primato'' e i cattolici invece la loro ''dimensione sinodale'', ''il risultato - per il metropolita - si avvicinerà ad una concezione della Chiesa che è unificata nel modo giusto nella sua struttura fondamentale''. ''Certo - ha proseguito - dobbiamo essere uniti nella fede. Ci sono certe cose fondamentali in materia di fede che vanne chiarite. Ma il resto può essere lasciato alla diversità. Ci sono abitudini, abitudini liturgiche e altre abitudini, che possono essere lasciate ad ogni Chiesa perchè le organizzi liberamente''. Difficilmente, però, dall'incontro di Vienna che si concluderà domani uscirà un documento come quello di Ravenna: ''La carta è paziente'', ha detto mons. Koch. La prossima plenaria della Commissione potrebbe riunirsi tra uno o due anni.

Asca

ll Papa ai vescovi brasiliani: abbiamo bisogno del perdono, solamente a partire da questa profondità di rinnovamento dell’individuo nasce la Chiesa

Abbiamo bisogno del perdono per rinnovare noi stessi e la nostra società: è quanto sottolineato questa mattina da Benedetto XVI nel discorso ai vescovi brasiliani della regione Leste 1, che comprende lo Stato di Rio de Janeiro. “Il nucleo della crisi spirituale del nostro tempo – ha affermato il Papa – ha le sue radici nell’oscuramento della grazia del perdono”. Quando questo non viene riconosciuto come “reale ed efficace”, ha soggiunto, si tende a liberare la persona dalla colpa. Ma, nel suo intimo, ha osservato, le persone sanno che questo tipo di libertà non è vera, che il peccato esiste e che noi siamo peccatori. Il Papa ha anche rilevato che alcune correnti della psicologia vorrebbero cancellare il senso della colpa. D’altro canto, ha aggiunto, Gesù è venuto a salvare non quelli che si sono liberati da sé pensando di non aver bisogno di lui, ma quanti sentivano di essere peccatori e di aver bisogno di lui. “La verità – ha ribadito – è che tutti abbiamo bisogno” del Signore, come di uno Scultore divino che rimuove le incrostazioni che si posano sull’immagine di Dio che è inscritta dentro di noi. “Abbiamo bisogno del perdono”, ha detto ancora, quale fondamento di una vera riforma, che rinnovandoci nel nostro intimo, rinnova anche la nostra comunità. Solo con il perdono, è stata la sua riflessione, torneremo somiglianti a Cristo e come San Paolo potremo allora dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. “Solamente a partire da questa profondità di rinnovamento dell’individuo – ha soggiunto – nasce la Chiesa”. Ed ha messo l’accento sulla gioia che deriva da questa purificazione. Una gioia che deve trasparire dalla Chiesa, contagiando il mondo, giacché la Chiesa è “la giovinezza del mondo”. Proprio i giovani sono stati l’altro tema forte del discorso del Papa ai vescovi brasiliani: “Ricca di un lungo passato sempre in essa vivente”, ha detto il Papa richiamando il Concilio Vaticano II, la Chiesa è “la vera giovinezza del mondo”. Guardatela, ha detto rivolgendosi ai giovani e “voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e l'amico dei giovani”. Benedetto XVI ha ricordato quanto il suo predecessore Giovanni Paolo II tenesse alla gioventù. In particolare, ha rammentato la toccante immagine dei giovani in fila al Circo Massimo, nell’anno 2000, per andarsi a confessare. Per convincere il mondo che la Chiesa è giovane, ha concluso, è dunque necessario puntare sui giovani di oggi.

La Congregazione per la Dottrina della Fede nomina l’arcivescovo di Washington responsabile per l’accoglienza degli anglicani nella Chiesa Cattolica

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha nominato l’arcivescovo di Washington, Donald Wuerl, a capo della Commissione ad hoc che dovrà guidare l'accoglienza di gruppi anglicani nella Chiesa Cattolica negli Stati Uniti. In tale contesto, mons. Wuerl sarà dunque il delegato della Congregazione e il capo della Commissione ad hoc della Conferenza Episcopale americana per l’implementazione della Costituzione Apostolica “Anglicanorum Coetibus”. Tale documento, firmato dal Papa nel novembre del 2009, prevede l’istituzione di ordinariati per quei gruppi di anglicani che vogliano rientrare in piena comunione con al Chiesa Cattolica. Quanti, fra gli anglicani statunitensi, vogliano avvalersi della “Anglicanorum Coetibus” sono dunque invitati a contattare l’arcidiocesi di Washington. La Commissione ad hoc, presieduta da mons. Wuerl, si legge in una nota, è volta a facilitare l’attuazione della Costituzione Apostolica e a verificare l’attenzione negli Usa per questa iniziativa.

Radio Vaticana