lunedì 26 gennaio 2009

Il vescovo Williamson si ricordi di San Massimiliano Kolbe. Per quanto ancora il Papa e la Chiesa saranno il capro espiatorio di tutto?

di LDCaterina63

Uno si ferma, leggendo questi articoli e verrebbe da dire ai cari Fratelli Maggiori: "Scusate, avete mai chiesto il permesso a noi cattolici per la nomina di un Rabbino?" Ma davvero i nostri media sono così disperati da non avere altre notizie che continuare ad appiccare il fuoco, gettando sempre benzina sul fuoco? Davvero questo è fare informazione? Indubbiamente le notizie le riportiamo anche noi, nei blog, ma almeno qui vengono commentate, nei tg no...o meglio, i commenti sono preconfezionati...Ad ogni modo il nocciolo del problema dove sta? Fino a qualche anno fa a causa di qualche prete pedofilo, tutta la Chiesa era accusata di questo misfatto; per Ratzinger si chiedeva nientemeno che un processo in America...Oggi un vescovo spara la sua dimenticandosi che un Massimiliano Kolbe è morto in un campo di concentramento e per questo è stato beatificato e canonizzato...e peggio sarebbe negare la stessa morte di Santa Elisabetta della Croce, meglio conosciuta come Edit Stein, ebrea rientrata nel Cattolicesimo. Così tutta la Fraternità San Pio X o peggio il Papa e la Chiesa sarebbero dei "cattivoni". Mi vien voglia di pensare che esiste ed esisterà sempre il capro espiatorio...con qualcuno occorre prendersela, pare che sia questo lo sport migliore che l'uomo riesca a fare oggi. Cari Fratelli Ebrei, tranquilli, noi non esisteremo senza di voi, ergo mettiamoci tutti l'anima in pace perchè su questa Terra dobbiamo imparare a convivere fino al ritorno glorioso e trionfale del Cristo e allora, come dice San Paolo "ognuno riceverà la gloria che gli spetta o altro..." (1Cor 4,3-5).

San Massimiliano Maria Kolbe Sacerdote e martire

Dialogo ebraico-cristiano, media, revoca della scomunica ai lefebvriani: il card. Bagnasco difende Benedetto XVI

''Non possiamo certamente apprezzare le parole ingiuste pronunciate verso l'azione di Benedetto XVI'' da ''alcuni esponenti dell'assemblea rabbinica italiana'': lo ha detto, nella sua prolusione al Consiglio Permanente della CEI, il Presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI). In riferimento alle recenti polemiche sulla preghiera 'pro judaeis' della rito tridentino, Bagnasco ha osservato che ''singolari riserve sono venute da parte di alcuni esponenti dell'assemblea rabbinica italiana, nel quadro di una loro non partecipazione per quest'anno alla Giornata "per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei", che da qualche tempo viene proficuamente celebrata in alcuni Paesi, compreso il nostro''. ''Se da una parte ci auguriamo che queste difficoltà abbiano presto modo di rientrare - ha proseguito -, non possiamo certamente apprezzare le parole ingiuste pronunciate verso l'azione di Benedetto XVI. Siamo testimoni della cordiale istanza teologica che muove irrinunciabilmente il Santo Padre verso questi fratelli. E tale atteggiamento noi lo condividiamo con lui''. ''Purtroppo'', sui ''media nazionali'', ''non manca qualche voce di critica ideologica e preconcetta'' nei confronti di Papa Benedetto XVI. ''Desideriamo qui esprimere - ha proseguito - il nostro attaccamento alla sua persona e la gratitudine profonda per il suo insegnamento e la sua opera, insieme alla conferma di una collaborazione leale e incondizionata''. ''La comunità dei credenti - ha concluso - deve vedere noi Vescovi formare un tutt'uno con il Vicario di Cristo, a garanzia dell'unità visibile della Chiesa stessa''. Sulla ''recentissima revoca della scomunica alla Fraternità di San Pio X'', il card. Bagnasco, ha espresso ''apprezzamento per l'atto di misericordia del Santo Padre'' e ''dispiacere per le infondate e immotivate dichiarazioni di uno dei quattro Vescovi interessati circa la Shoah''. ''Dichiarazioni - ha aggiunto - peraltro rese alcuni mesi or sono e solo adesso riprese con intento strumentale; dichiarazioni già ripudiate dalla stessa Fraternità''. Il documentario con le dichiarazioni negazioniste del vescovo Williamson è andato in onda per la prima volta sulla tv statale svedese il 21 gennaio di quest'anno.

Prolusione Card. Bagnasco - il testo integrale

Revoca della scomunica ai lefebvriani. 'L'Osservatore Romano': parole del vescovo inaccettabili e attacchi al Papa con tempismo frettoloso

Le dichiarazioni del vescovo lefebvriano Richard Williamson "sono gravissime e incresciose". "Rilasciate prima del documento di revoca della scomunica, restano inaccettabili". Dura reazione de L'Osservatore Romano sulle polemiche successive alle parole del vescovo negazionista. "In scena - scrive il quotidiano vaticano in un editoriale firmato dal vicedirettore Carlo Di Cicco - è andato un copione sbagliato e così la revoca della scomunica ai vescovi ordinati nel 1988 è diventato un nuovo caso mediatico pieno di toni emotivi: con tempismo frettoloso - infatti - si è addossata a Benedetto XVI la colpa non solo di resa a posizioni anticonciliari, ma perfino, se non la connivenza, almeno l'imprudenza di sostenere tesi negazioniste sulla Shoah. Le parole del Papa ai Vespri conclusivi della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani e la sua riflessione alla preghiera dell'Angelus sono state una smentita a queste paure diffuse". Per il giornale vaticano, inoltre, "la revoca che ha suscitato tanto allarme non conclude una vicenda dolorosa come lo scisma lefebvriano. Con essa il Papa sgombera il campo da possibili pretesti per infinite polemiche, entrando nel merito del vero problema: l'accettazione piena del Magistero, compreso ovviamente il Concilio Vaticano II". Infatti la scelta del Pontefice di perdonare i vescovi lefebvriani è perfettamente coerente con il Concilio la cui novità anche se "non è ancora del tutto attuata, ma è ormai talmente consolidata nella Chiesa Cattolica che non può essere messa in crisi da un magnanimo gesto di misericordia. Ispirato per di più al nuovo stile di Chiesa voluto dal Concilio che preferisce la medicina della misericordia alla condanna".

Il messaggio del Papa per il 1750° anniversario del martirio dei Santi Fructuoso, Augurio ed Eulogio: risplenda nei credenti la stessa fede

Con una solenne Celebrazione Eucaristica nella cattedrale di Tarragona (Spagna), ieri pomeriggio, sono state concluse le celebrazioni dell’anno giubilare nel 1750° anniversario del martirio dei santi Fructuoso, Auguri ed Eulogio. Questo fatto perfettamente documentato ha avuto un importante valore storico, poichè i tre martiri sono i primi santi della Storia del cristianesimo in Spagna, e gli atti del loro martirio sono i piú antichi della storia della chiesa spagnola. L’anno giubilare é iniziato il 21 gennaio del 2008, e da allora sono stati oltre 150.000 i pellegrini che hanno potuto ricevere l’indulgenza plenaria prevista per il giubileo. Sono state numerose le manifestazioni di ogni tipo, tra le quali un Congresso internazionale nel mese di giugno scorso. La cerimonia di chiusura é stata presieduta dal card. Julian Herranz, come inviato speciale del Santo Padre. In un messaggio, letto dal card. Herranz, Benedetto XVI, dopo aver messo in risalto l’evento storico del martirio di S. Fructuoso ed i due diaconi, si è augurato che anche oggi “risplenda nei credenti la stessa fede dei martiri nella vita cristiana degli individui, le famiglie, e in tutta la società”. Il card. Herranz ha ricordato una tradizione secondo la quale l’apostolo Paolo avrebbe iniziato proprio a Tarragona la sua evangelizzazione in Spagna, alla quale fa riferimento l’apostolo nella sua lettera ai Romani. Il martirio, accaduto l’anno 259 d.C. dimostra - ha detto il cardinale Herranz - quanto sono profonde le radici della fede cristiana nella cultura, la storia e le strutture sociali di Catalogna, Spagna ed Europa. Infine, si é augurato che questa commemorazione comporti un nuovo impegno in tutti i fedeli per l’annuncio - con nuovo ardore - della Buona Novella di Cristo nell’ambito familiare e sociale. Alla ceremonia - celebrata nella Cattedrale di Tarragona ieri pomeriggio - erano presenti anche il Nunzio Mons. Manuel Monteiro de Castro, l’arcivescovo di Barcellona card. Louis Martinez Sistach, l’arcivescovo di Tarragona Jaime Pujol, il presidente del governo della Catalogna Jose Montilla con altre personalità civili ed ecclesiastiche ed oltre 2.000 fedeli.

Revoca della scomunica ai lefebvriani. La questione ebraica e le parole dei cardinali Kasper, Vingt-Trois e Ricard

Si riapre la “questione ebraica” dopo che il Vaticano ha dato corso alla decisione di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, tra cui mons. Richard Williamson, sostenitore di tesi negazioniste dell’Olocausto. Per quanto la decisione sia ritenuta anche da parte ebraica un affare interno alla Chiesa, dure reazioni offensive e ingiuriose nei confronti del Papa si sono levate per la riammissione alla comunione con Roma del vescovo che nega l’esistenza delle camere a gas. Da parte ebraica - ma anche da una larga fetta dell’opinione pubblica internazionale - giungono richieste affinché il Vaticano ribadisca nuovamente le distanze da affermazioni negazioniste. A proposito si registra un intervento del card. Walter Kasper, che in una intervista a La Repubblica definisce come “inaccettabili” e “stolte” le parole del vescovo tedesco. Aggiunge il porporato: “Negare l’Olocausto è inaccettabile e non è assolutamente la posizione della Chiesa Cattolica. Ci distanziamo totalmente da qualsiasi negazione dell’Olocausto”. Quanto a una dichiarazione ufficiale, al momento la Santa Sede non sembra orientata in questo senso: “È noto che Benedetto XVI si è espresso su tutti questi problemi con estrema chiarezza. Capisco che le esternazioni di Williamson possano gettare un’ombra sulle relazioni con l’ebraismo, ma sono convinto che il dialogo continuerà. Abbiamo buone relazioni” ha detto Kasper, mentre il silenzio più assoluto è osservato dalla commissione Ecclesia Dei. La revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani ha creato qualche imbarazzo alla Chiesa d’Oltralpe. “A molti cattolici andranno di traverso le dichiarazioni di mons. Williamson. Anche a me vanno di traverso” ha dichiarato qualche giorno fa il card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese. Già scossa nel 2007 per la promulgazione del Motu Proprio “Summorum Pontificum” con cui il Papa riabilitava la Messa tridentina, la Chiesa francese - che allora aveva mal digerito il provvedimento - ha incassato anche il secondo colpo, con il decreto che ritira la scomunica ai quattro vescovi scismatici e li riammette nella comunione con Roma. E, ironia della sorte - o segno del destino -, il nuovo ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, che questa mattina ha presentato le lettere credenziali, ha proprio il cognome del fondatore di Econe, Lefebvre. In una dichiarazione riportata dal SIR, il card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e membro della Pontificia commissione "Ecclesia Dei" scrive: “La remissione della scomunica non è mai un fine ma l’inizio di un processo di dialogo”. Il porporato invita a ricordare che questo Papa “conosce molto bene il dossier” in quanto se ne interessò su richiesta di Papa Giovanni Paolo II come allora card. Ratzinger. La revoca della scomunica - prosegue Ricard - “apre un cammino da percorrere insieme. Questo cammino sarà sicuramente lungo. E richiederà una migliore conoscenza e stima reciproche”. Ci sono, osserva l’arcivescovo, “due questioni fondamentali” da affrontare: “La struttura giuridica della Fraternità di San Pio X nella Chiesa e un accordo sulle questioni dogmatiche ed ecclesiologiche”. Ma soprattutto, “ad un certo punto, dovrà essere posta la questione del testo stesso del Concilio Vaticano II come documento del Magistero di primaria importanza. È la questione fondamentale”. Ci saranno poi anche difficoltà “di tipo culturale e politico. Le ultime esternazioni, inaccettabili, di mons. Williamson, ne sono un esempio”.

Il Papa in Camerun e Angola. Il continente africano priorità del pontificato di Benedetto XVI. Le speranze del nunzio mons. Becciu

Sarà il primo, storico, viaggio di Papa Benedetto XVI nel continente africano, da quando è stato eletto al soglio di Pietro, quasi 4 anni faì. Il viaggio in Camerun e Angola è stata ufficializzato questa mattina dalla sala stampa della Santa Sede. Il viaggio, che si dividerà in due tappe, toccherà il Camerun e l'Angola: dal 17 al 20 marzo il Pontefice sarà a Yaoundè; dal 20 al 23 marzo, sarà la volta di Luanda. Nel pomeriggio di domenica 22 marzo, il Pontefice incontrerà i movimenti cattolici per la promozione della donna nella Parrocchia di Santo Antonio. "La donna africana - sottolinea il nunzio - è quella su cui ricade tutto il peso della famiglia, ricade il peso anche della stessa società. Svolge un ruolo primario. Per cui l'idea del Papa è stata di voler incontrare la realtà della donna africana e dirle una parola per sostenerla nella fatica quotidiana". "Qui in Angola c'è una grande attesa - racconta mons. Becciu - data dal desiderio da parte dei cattolici cristiani di trovare una parola di conforto e di incoraggiamento da parte del Papa. Ma soprattutto la visita è una conferma del cammino già intrapreso nella pace, nel consolidamento della pace, e anche nel progresso sociale-economico già iniziato dall'Angola. Una parola illuminatrice anche per avere indirizzi precisi sul come applicare una maggiore giustizia sociale". Era stato il Papa in persona il 26 ottobre scorso a conclusione del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, ad annunciare a sorpresa il viaggio in Camerun e Angola. L'Africa, dove si è recato per 13 volte Papa Wojtyla, è un continente a cui Ratzinger presta molta attenzione. La scelta è ricaduta sul Camerun, paese di colonizzazione inglese, francese e tedesca, dove il 43% della popolazione è cristiano (38% di cattolici e 15 di protestanti), con un 22% di islamici e un 15% di animisti. E l'Angola, tormentato paese di colonizzazione portoghese, dove i cattolici sono il 50% per cento della popolazione e sono in crescita continua, il 30% delle persone sono animiste e sono molto presenti anche le sette.
Come ha annunciato inaugurando il pontificato e come ha confermato in numerosi interventi, per Benedetto XVI l'Africa è una priorità e per la comunità internazionale deve essere un obiettivo privilegiato di attenzione. Lo scorso 18 aprile, davanti alla assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, Benedetto XVI ha levato la sua voce contro la marginalizzazione da un "autentico sviluppo integrale" dell'Africa, che rischia "di sperimentare solo gli effetti negativi della mondializzazione". Nel 2007 inoltre, in vista del G8 di giugno in Germania, Papa Ratzinger aveva scritto ad Angela Merkel chiedendo ai grandi del mondo di impegnarsi seriamente contro la povertà e le malattie in Africa e di approvare la "cancellazione rapida, completa e incondizionata, del debito estero" dei paesi più poveri del mondo.

Il Papa in Camerun e Angola. Il programma ufficiale

E' ufficiale. Il Papa compirà un viaggio apostolico in Camerun e Angola dal 17 al 23 marzo. Si tratta del primo viaggio di Benedetto XVI nel continente africano. Lo ha ufficializzato questa mattina la sala stampa della Santa Sede. Il Pontefice resterà tre giorni in Camerun, nella capitale Yaoundè, e tre giorni in Angola, a Luanda. Sei ore di volo, dal Vaticano all’Equatore, per portare la sua presenza e la sua parola in un continente finora mai toccato. L’attenzione di Benedetto XVI verso l’Africa, dichiarata sin dai primi istanti del suo Pontificato, assumerà una nuova concretezza alle 16 del prossimo 17 marzo: per quel momento, ora del Camerun, è previsto lo sbarco del Papa all’aeroporto internazionale Nsimalen della capitale di Yaoundé e il suo primo discorso. Mercoledì 18 marzo, alle 10, Benedetto XVI visiterà il presidente della Repubblica nel Palais de l'Unitè di Yaoundè, mentre a seguire incontrerà i vescovi del Camerun nella Chiesa Christ-Roi in Tsinga a Yaoundè. Nel pomeriggio è in programma la celebrazione dei Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religione e i rappresentanti delle altre confessioni cristiane del Camerun, nella Basilica Marie Reine des Apotres nel quartiere di Mvolyè. Giovedì 19 marzo, il Papa incontrerà i rappresentanti della comunità musulmana del Camerun presso la Nunziatura, mentre alle 10 celebrarà la Santa Messa in occasione della pubblicazione dell'Instrumentum Laboris della II Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, nello Stadio Amadou Ahidyo della capitale camerunense. Alle 16.30, dopo l'incontro con il mondo della sofferenza nel Centro card. Paul Emile Leger, Benedetto XVI terrà un incontro con i membri del Consiglio speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi nella Nunziatura. Il 20 marzo, il Papa si trasferirà in Angola, dove nel pomeriggio, compierà la visita di cortesia al presidente della Repubblica, e le autorità politiche e civili, oltre al corpo diplomatico. Sabato 21 marzo, ci saranno la Santa Messa la mattina nella Chiesa Sao Paolo di Luanda, e l'incontro con i giovani nello Stadio dos Coqueiros di Luanda, nel pomeriggio. L'ultimo giorno, domenica 22 marzo, il Papa presiederà la Santa Messa nella spianata di Cimangola a Luanda, da dove reciterà anche l'Angelus. Nel pomeriggio, il Pontefice incontrerà i movimenti cattolici per la promozione della donna nella Parrocchia di Santo Antonio. Lunedì 23 marzo è previsto il rientro a Roma in serata.

Il dibattito sulla bioetica, le crisi mondiali, il viaggio a Parigi e Lourdes. L'udienza del Papa al nuovo ambasciatore di Francia

Il Parlamento francese non modifichi l'attuale legge sulla bioetica senza "prendere in considerazione il carattere intangibile di tutta la vita umana": a chiederlo è il Papa che questa mattina ha ricevuto in udienza il nuovo ambasciatore francese presso la Santa Sede, Stanislav Lefebvre de Laboulaye (nella foto con Benedetto XVI), in occasione delle presentazioni delle Lettere credenziali. "Quest'anno si affronta in Francia un grande dibattito relativo alla bioetica. Mi auguro - ha sottolineato Papa Ratzinger - che la missione parlamentare sulle questioni relative alla fine vita portino conclusioni sagge e piene di umanità, proponendo di rafforzare gli sforzi per permettere di accompagnare meglio i malati. Auguro che questa stessa saggezza che riconosce il carattere intangibile di tutta la vita umana - ha aggiunto - possa essere tenuta in considerazione sulla revisione della legge sulla bioetica". Il Pontefice ha sottolineato come "i vescovi della Chiesa francese hanno lavorato in abbondanza e sono disposti e offrire un contributo importante al dibattito pubblico che si svolgerà quest'anno". Il Papa ha poi ricordato che "recentemente il Magistero della Chiesa ha voluto, attraverso il documento "Dignitas Humanae" pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, sottolineare come il progresso scientifico deve sempre essere guidato dal perseguimento del bene e della dignità inalienabile dell'uomo". Il Papa ha quindi espresso soddisfazione per l’accordo appena firmato tra la Francia e la Santa Sede “sul riconoscimento dei diplomi rilasciati dalle Università pontificie e dagli Istituti cattolici, e per la volontà delle autorità di “dotarsi di un meccanismo di rappresentanza e di discussione dei culti” Le religioni, ha osservato Benedetto XVI richiamando il dialogo ufficiale già in atto tra il governo francese e la Chiesa cattolica, “favoriscono la conversione del cuore che conduce all’impegno contro la violenza, il terrorismo o la guerra, e alla promozione della giustizia e della pace”. Benedetto XVI, dopo aver salutato il presidente francese Nicolas Sarkozy (foto), ha ricordato con emozione il viaggio a Parigi e Lourdes per il 150° anniversario delle apparizioni della Madonna a Bernadette. "Quei momenti - ha concluso - hanno mostrato che la Comunità cattolica francese è un punto di forza viva del vostro Paese. I fedeli hanno ben compreso e accolto con interesse e soddisfazione le proposte del vostro presidente sottolineando che l'apporto della grande famiglia spirituale costituiscono per la vita di una Nazione una grande ricchezza. La chiesa è disposta a rispondere a questo invito ed è disponibile per lavorare in vista del bene comune".
Come in altre parti del mondo, anche il governo transalpino deve infatti affrontare gli effetti della crisi economica mondiale. L’auspicio del Papa è che le misure previste favoriscano la coesione sociale e la tutela dei cittadini più vulnerabili. Queste difficoltà - aggiunge - sono “fonte di inquietudine e sofferenza per molti”, ma sono anche “un'opportunità per migliorare i meccanismi finanziari” e ridurre forme vecchie e nuove di povertà. "Numerose crisi" segnano oggi "la scena internazionale". E il Papa esprime nuovamente la propria preoccupazione di fronte alle "situazioni di conflitto e ai casi di violazione dei diritti umani". Benedetto XVI ha sottolineato come "è risaputo, e ho avuto l'occasione di ricordarlo nel mio recente discorso al Corpo diplomatico - che la Santa Sede segue con costante preoccupazione le situazioni di conflitto e i casi di violazione dei diritti umani". Ma allo stesso tempo, ha assicurato il Pontefice, il Vaticano "non dubita che la comunità internazionale, all'interno della quale la Francia gioca un grande ruolo, possa apportare un contributo sempre più giusto ed efficace in favore della pace e della concordia tra le nazioni e per lo sviluppo di ciascun paese".

Il vaticanista Andrea Tornielli ripercorre il gennaio di Benedetto XVI. Dall’Islam a Obama: i 'fronti caldi' del Papa

di Andrea Tornielli
Il Giornale

Quello dell’anno scorso fu caratterizzato dalle polemiche roventi e dalle porte chiuse alla Sapienza. Quello del 2009 è un gennaio altrettanto «caldo» per Papa Ratzinger. Innanzitutto per il moltiplicarsi dei segnali negativi dal mondo ebraico, ancor più dolorosi per Benedetto XVI, che ha riflettuto e scritto sullo speciale legame che unisce ebrei e cristiani. Prima c’è stata la decisione dei rabbini italiani di non partecipare alla giornata dell’ebraismo promossa dalla Chiesa italiana, a motivo della preghiera del Venerdì Santo presente nel rito antico della Messa, che il Pontefice ha liberalizzato con il Motu Proprio nel 2007.
Proprio ieri sera, celebrando i Vespri a conclusione della Settimana per l’unità dei cristiani, il Papa ha detto che quello di San Paolo «non fu un passaggio dall’immoralità alla moralità, da una fede sbagliata a una fede corretta, ma fu l’essere conquistato dall’amore di Cristo». Eppure il rabbino di Venezia, Elia Enrico Richetti, ha scritto che con Ratzinger il dialogo ebraico-cristiano è tornato indietro di cinquant’anni. Polemica che sembra non tener conto di due fatti: la preghiera del Venerdì santo nel messale antico del 1962 conteneva un riferimento all’«accecamento» del popolo ebraico (tratto letteralmente peraltro da un testo di San Paolo), ma Benedetto XVI l’ha corretta proprio per venire incontro a una richiesta in questo senso presentata dai rabbini di Gerusalemme. Nella nuova versione, scritta dallo stesso Pontefice, si prega per gli ebrei affinché «Dio Nostro Signore illumini il loro cuore, affinché riconoscano Gesù Cristo». Molte le reazioni indignate, soprattutto in Italia. Peccato però che queste stesse espressioni si trovino ripetute in varie pagine del breviario postconciliare. Nessuno le aveva contestate.
Un altro fronte è quello che si aperto con la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Un atto che prelude al raggiungimento della piena unità, non la crea. Sono state infatti rilanciate delle deliranti affermazioni negazioniste sulla Shoah di uno dei quattro presuli, Richard Williamson, lasciando intendere che la revoca della scomunica significasse un’attenuazione del chiaro giudizio della Chiesa sull’Olocausto, se non una sua revisione. Niente di più falso, come è stato del resto autorevolmente spiegato: Benedetto XVI ha parlato più volte contro l’antisemitismo, e molto chiaramente, nella linea del suo predecessore Giovanni Paolo II. Nonostante le polemiche, il Papa intende compiere il pellegrinaggio in Terrasanta, e dunque in Israele e nei Territori sottoposti all’autorità palestinese, guerra permettendo. Da notare poi che parte del mondo ebraico, soprattutto fuori dall’Italia, non condivide le continue critiche rivolte alla Chiesa e al Pontefice, soprattutto in questo delicato frangente storico.
Papa Ratzinger si trova poi a fronteggiare anche le cosiddette «emergenze etiche». Non c’è solo in Italia la «via crucis» di Eluana Englaro, ma - dopo l’elezione di Barack Obama - ci sono anche le decisioni del neopresidente americano di rifinanziare le organizzazioni non governative abortiste che si occupano di pianificazione familiare nei Paesi poveri. In un momento di grave crisi economica, spiegano i collaboratori del Pontefice, si sperava che il nuovo presidente usasse le risorse in favore di chi ha più bisogno, non per finanziare l’aborto. Ma sarebbe un errore considerare quella vaticana come una «guerra preventiva» nei confronti del primo afroamericano alla Casa Bianca. Se sui temi etici le tensioni sono destinate ad aumentare (ed era previsto), sullo scacchiere internazionale sono possibili, invece, maggiori convergenze. Un approccio multilaterale, un dialogo con l’Islam che rifiuta il terrore, un ruolo più attivo nel tentare una soluzione al conflitto israelo-palestinese, sono motivi di consonanza.
Proprio al mutato atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti del mondo islamico guarda la Santa sede, nella speranza che i musulmani - anche quelli in Europa - si sentano meno nel mirino. E al tempo stesso il Vaticano auspica che esistano pure minori giustificazioni nei confronti dei violenti e di chi semina odio: ha preoccupato, nei Sacri Palazzi, il fenomeno delle manifestazioni con le bandiere di Israele bruciate, culminate con la preghiera non causale davanti alle cattedrali, a Milano e a Bologna.