lunedì 26 gennaio 2009

Revoca della scomunica ai lefebvriani. La questione ebraica e le parole dei cardinali Kasper, Vingt-Trois e Ricard

Si riapre la “questione ebraica” dopo che il Vaticano ha dato corso alla decisione di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, tra cui mons. Richard Williamson, sostenitore di tesi negazioniste dell’Olocausto. Per quanto la decisione sia ritenuta anche da parte ebraica un affare interno alla Chiesa, dure reazioni offensive e ingiuriose nei confronti del Papa si sono levate per la riammissione alla comunione con Roma del vescovo che nega l’esistenza delle camere a gas. Da parte ebraica - ma anche da una larga fetta dell’opinione pubblica internazionale - giungono richieste affinché il Vaticano ribadisca nuovamente le distanze da affermazioni negazioniste. A proposito si registra un intervento del card. Walter Kasper, che in una intervista a La Repubblica definisce come “inaccettabili” e “stolte” le parole del vescovo tedesco. Aggiunge il porporato: “Negare l’Olocausto è inaccettabile e non è assolutamente la posizione della Chiesa Cattolica. Ci distanziamo totalmente da qualsiasi negazione dell’Olocausto”. Quanto a una dichiarazione ufficiale, al momento la Santa Sede non sembra orientata in questo senso: “È noto che Benedetto XVI si è espresso su tutti questi problemi con estrema chiarezza. Capisco che le esternazioni di Williamson possano gettare un’ombra sulle relazioni con l’ebraismo, ma sono convinto che il dialogo continuerà. Abbiamo buone relazioni” ha detto Kasper, mentre il silenzio più assoluto è osservato dalla commissione Ecclesia Dei. La revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani ha creato qualche imbarazzo alla Chiesa d’Oltralpe. “A molti cattolici andranno di traverso le dichiarazioni di mons. Williamson. Anche a me vanno di traverso” ha dichiarato qualche giorno fa il card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese. Già scossa nel 2007 per la promulgazione del Motu Proprio “Summorum Pontificum” con cui il Papa riabilitava la Messa tridentina, la Chiesa francese - che allora aveva mal digerito il provvedimento - ha incassato anche il secondo colpo, con il decreto che ritira la scomunica ai quattro vescovi scismatici e li riammette nella comunione con Roma. E, ironia della sorte - o segno del destino -, il nuovo ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, che questa mattina ha presentato le lettere credenziali, ha proprio il cognome del fondatore di Econe, Lefebvre. In una dichiarazione riportata dal SIR, il card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e membro della Pontificia commissione "Ecclesia Dei" scrive: “La remissione della scomunica non è mai un fine ma l’inizio di un processo di dialogo”. Il porporato invita a ricordare che questo Papa “conosce molto bene il dossier” in quanto se ne interessò su richiesta di Papa Giovanni Paolo II come allora card. Ratzinger. La revoca della scomunica - prosegue Ricard - “apre un cammino da percorrere insieme. Questo cammino sarà sicuramente lungo. E richiederà una migliore conoscenza e stima reciproche”. Ci sono, osserva l’arcivescovo, “due questioni fondamentali” da affrontare: “La struttura giuridica della Fraternità di San Pio X nella Chiesa e un accordo sulle questioni dogmatiche ed ecclesiologiche”. Ma soprattutto, “ad un certo punto, dovrà essere posta la questione del testo stesso del Concilio Vaticano II come documento del Magistero di primaria importanza. È la questione fondamentale”. Ci saranno poi anche difficoltà “di tipo culturale e politico. Le ultime esternazioni, inaccettabili, di mons. Williamson, ne sono un esempio”.