giovedì 2 luglio 2009

La fondazione 'Pave the Way' proporrà allo Yad Vashem Pio XII 'Giusto fra le Nazioni'. Mons. Pagano: tra 5-6 anni l'apertura degli archivi segreti

La fondazione Pave the Way (Ptwf), guidata dal rabbino statunitense Gary Krupp, ha annunciato la propria intenzione di proporre allo Yad Vashem, il Memoriale dell'Olocausto di Gerusalemme, il conferimento del titolo di ''Giusto tra le Nazioni'' a Eugenio Pacelli, Papa Pio XII. La Fondazione newyorchese - secondo quanto riferisce l'agenzia Zenit - ha ottenuto dall'ufficio del Dipartimento dei Giusti tra le Nazioni dello Yad Vashem le linee guida per proporre una persona per il riconoscimento, e ora si attiverà in tal senso. Il presidente Gary Krupp ha affermato che ''la Ptwf ha dedicato anni a raccogliere documenti e testimonianze video originali su questo pontificato controverso e crede di aver scoperto materiale sufficiente per iniziare a cercare le testimonianze scritte autenticate per dare ufficialmente il via a questa procedura''. ''Nella maggior parte dei casi di coloro che sono stati riconosciuti come Giusti fra le Nazioni, chi riceve il riconoscimento ha agito direttamente per salvare vite individuali rischiando la propria nel farlo'', ha osservato Krupp. Anche se le azioni di Eugenio Pacelli ''non rientrano in questa descrizione generale'', ha aggiunto, ''possiamo stabilire che la diretta intercessione del Papa ha salvato centinaia di migliaia di ebrei''. ''A causa della natura dell'alta carica che ricopriva, ovviamente, Pacelli non è stato quasi mai a diretto contatto con chi ha salvato. Un'eccezione conosciuta è il caso dell'intercessione a favore del dottor Guido Mendes, un amico di infanzia ebreo ortodosso. Pacelli è intervenuto personalmente per mandare la famiglia Mendes in Palestina nel 1938''. Secondo Krupp, ''si può anche affermare che le azioni di Pacelli sono state compiute sotto minaccia di morte. In un incontro d'emergenza con i cardinali chiesto da Papa Pio XII il 6 settembre 1943, informò i porporati di aver firmato una lettera di dimissioni che si trovava sulla sua scrivania e che si aspettava di essere rapito da un momento all'altro''. ''I cardinali avrebbero dovuto fare le valigie ed essere pronti a lasciare immediatamente il Vaticano per chiedere aiuto a un Governo neutrale, da dove avrebbero eletto un nuovo Papa. Questo incontro d'emergenza avvenne un mese prima dell'arresto degli ebrei di Roma e il Papa decise di intercedere subito per salvarli''. ''Questo documento non è ancora disponibile, ma sappiamo che esiste - ha dichiarato Krupp -. Di recente abbiamo ottenuto dalla Germania l'affidavit del generale Karl Wolff, vice di Himmler e comandante in Italia, al quale Hitler ordinò di progettare la conquista del Vaticano e di rapire il Papa''.
Intanto il prefetto dell'Archivio Segreto Vaticano, mons. Sergio Pagano, ha affermato che apriranno tra 5-6 anni gli archivi segreti dove sono custoditi i documenti sul pontificato di Pio XII. Da questi, annuncia, emergerà "una sorta di monumento" al Pontefice, per la "carità incredibile" con cui ha "aiutato gli ebrei" e "tutti coloro che gli si rivolgevano" dai sacerdoti che avevano perso la parrocchia, ai fedeli, ai soldati. L'archivio - ha annunciato Pagano - sta inventariando e pubblicherà in cd una serie di nuovi documenti emersi , circa 700 scatole, che riguardano i soccorsi di Pio XII alla popolazione colpita dalla guerra. Papa Pacelli, "sotto mirino per il suo presunto silenzio sulla Shoah, ha fatto tantissimo per gli ebrei" e da questo fondo "appare la carità del Papa", ha detto mons. Pagano. Una carità di cui "abbiamo le cifre" perchè nel fondo c'è il "resoconto completo di quanti soldi la Chiesa impiegò per la carità fino al 1947" e si può ricostruire anche la "geografia" degli aiuti. Pio XII "arrivò a correre dei rischi anche personali molto alti pur di salvare degli ebrei", ha concluso Pagano, che ha annunciato molte "sorprese" dallo studio di questi documenti.

Asca, Apcom

Il card. Kasper: il Pontificato di Benedetto XVI decisivo per una recente svolta positiva nel dialogo ecumenico

“Il Pontificato di Benedetto XVI, accolto con entusiasmo dalle Chiese Ortodosse in quanto conoscitore della teologia dei Padri, è stato decisivo per una recente svolta positiva” nel dialogo ecumenico. Lo ha affermato il card. Walter Kasper (foto), presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, nel corso di un incontro svoltosi a Vienna per iniziativa dell’arcidiocesi austriaca e della fondazione “Pro Oriente”. Il porporato tedesco – riferisce oggi L’Osservatore Romano – ha parlato del dialogo tra Oriente e Occidente e ha illustrato “gli sforzi e la fatica che sono stati necessari per un riavvicinamento tra cattolici e ortodossi”, evidenziando soprattutto la “svolta” degli ultimi anni. Il prossimo appuntamento è per il mese di ottobre a Cipro. “Nessuno – ha detto il card. Kasper – può ragionevolmente aspettarsi di risolvere a Cipro tutti i problemi. Nel secondo mllennio – ha ammonito – i distinti sviluppi fino ai concili Vaticano I e II si ergono ancora come una montagna di fronte a noi”. Di qui l’ipotesi di riprendere il suggerimento di Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Ut unum sint”, per “una forma di esercizio del primato che sia accettabile per entrambe le parti, garantendo la sostanza del dogma”. Proposta accolta anche da Benedetto XVI, nella sua visita ad Istanbul nel novembre 2006.

SIR

Il card. Montezemolo: la tomba di San Paolo fra storia e fede. Ecco come abbiamo studiato i resti dell'Apostolo in accordo con il Papa

''Lo ripeto e lo confermo: la tomba di San Paolo non è stata mai aperta''. A spiegarlo, in un'intervista a L'Osservatore Romano, è il card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura (foto), all'indomani dell'annuncio di Benedetto XVI che che i resti umani custoditi nel sarcofago sotto l'altare della Confessione della Basilica sono compatibili con l'epoca in cui visse l'Apostolo delle Genti. In primo luogo, il cardinale spiega i motivi di tanti silenzi e di tanti segreti: ''Anzitutto si tratta di annunci che spettano al Papa. Poi non volevamo ripetere gli errori commessi in passato in occasione del ritrovamento della tomba di San Pietro e delle sue ossa. Si venne a sapere delle indagini e subito si innescò una polemica che divise gli archeologi''. ''Quando circa due anni fa proposi al Papa la celebrazione di un anno da dedicare a San Paolo nella ricorrenza del bimillenario della morte - prosegue il porporato - avanzai anche l'idea di una ricognizione del sarcofago. Da quasi due millenni è qui, e non è mai stato aperto per una verifica. C'è una concordanza incontrastata sul fatto che qui si conservano i resti di San Paolo. Ma non era stato mai controllato cosa vi fosse realmente. Il Papa accettò immediatamente e di buon grado anche questa proposta. Solo che si decise di rinviare l'operazione dopo la chiusura dell'Anno Paolino per evitare di costringere i fedeli a pregare in un cantiere piuttosto che nella Basilica. Per aprire il sarcofago sarà infatti necessario spostare non solo l'altare della Confessione, ma probabilmente anche il prezioso baldacchino, opera di Arnolfo di Cambio''. Il card. Montezemolo non manca di spiegare nel dettaglio come sono andate le analisi che hanno permesso l'annuncio del pontefice, provando a mettere fine a dubbi e scetticismi. ''Dopo essermi consultato con gli esperti dei Musei Vaticani - racconta - ho formulato una proposta al Papa: praticare un forellino sulla lastra che copre il sarcofago per esaminarne il contenuto. Non ricordo bene quale giorno fosse, ma sicuramente era nell'inverno tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, quando Ulderico Santamaria, un chimico docente di Scienza e tecnologia dei materiali presso l'università della Tuscia, direttore del Laboratorio di diagnostica per la conservazione e il restauro dei Musei Vaticani, eseguì, dopo un giuramento solenne di segretezza e sotto la diretta responsabilità degli esperti dei Musei Vaticani, il forellino sulla lastra, usando un piccolo trapano, simile a quello di un dentista. Introdusse una microsonda grazie alla quale fu possibile vedere, anche se per un piccolo raggio, cosa vi fosse. Con una micropinza, del tipo di quelle usate per le artroscopie e la microchirurgia, prelevo' alcuni reperti. Li facemmo analizzare, in tutta segretezza per i motivi che ho prima accennato, presso un laboratorio specializzato in questo tipo di esami. Neppure al laboratorio rivelammo fonte e committente, sempre allo scopo di non influenzare minimamente l'esame, affinchè fosse il più possibile obiettivo e scientificamente sicuro''. ''Tutto il lavoro è stato eseguito nel più assoluto riserbo. Pochissime le persone che ne erano a conoscenza'', precisa in un altro articolo L'Osservatore Romano, che raccoglie anche la confidenza di un impiegato della Basilica: ''Devono averlo fatto di notte o comunque in un momento in cui la Basilica e gli annessi uffici erano deserti. Nessuno di noi si è accorto o ha saputo nulla, sino a quando il Papa lo ha rivelato il 28 giugno scorso''. Il cardinale, nell'intervista, ribadisce di aver ''agito sempre in accordo con Benedetto XVI, anche quando non ho dato nessuna informazione a chi aveva cominciato a fiutare qualcosa''. L'annuncio ''mi ha come liberato di un peso enorme - aggiunge - che mi portavo dentro da oltre un anno. Del resto tutti noi, custodi del segreto, eravamo coscienti che dovesse essere proprio il Papa a darne conferma e a dire che quei resti erano attribuibili all'Apostolo''. Ora l'attesa si sposta sui tempi di approfondimento dello studio, già realizzato, per procedere all'apertura del sarcofago. ''Non prevedo tempi brevi - dice il porporato - perchè il lavoro da fare non è poca cosa e la delicatezza del sito richiede tanta, tantissima prudenza''.

Asca

Le nomine del Papa. Mons. Martinelli nuovo vescovo di Frascati. Collaboratore di Benedetto XVI alla Congregazione per la Dottrina della Fede

Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Frascati, presentata da mons. Giuseppe Matarrese, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di Frascati mons. Raffaello Martinelli (nella foto con Benedetto XVI) del clero della diocesi di Bergamo, finora capo ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nato nel 1948, mons. Martinelli è stato ordinato sacerdote nel 1972. Dal 1980 è a servizio della Santa Sede presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. In tale dicastero è stato coordinatore dei lavori per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e, successivamente, ha ricevuto l'incarico di redattore e coordinatore della segreteria nella elaborazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Dal 1999 è Prelato d'onore di Sua Santità. "Voglia accettare a nome mio e della Giunta comunale di Roma i più sentiti e devoti auguri di buon lavoro per il prestigioso incarico che le è stato conferito dal Santo Padre, Benedetto XVI. Sin da ora le rinnovo la disponibilità di questa Amministrazione a collaborare con la diocesi tuscolana che comprende un territorio importante del comune di Roma con le zone di Tor Vergata, Morena, Laghetto e Pantano. Sarà per me un onore poterla accogliere in Campidoglio come segno di benvenuto della città di Roma". Lo scrive il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, in un messaggio inviato a mons. Martinelli nominato. Alemanno ha anche inviato un messaggio di ringrazimento e stima a Mons. Giuseppe Mataresse.

Radio Vaticana, Adnkronos

'Eco di Terra Santa' sul pellegrinaggio di Benedetto XVI: ma quante volte un Papa deve chiedere scusa?

“Benedetto XVI pellegrino di pace in Terra Santa, ha pronunciato parole chiare di condanna contro ogni forma di violenza, sopraffazione e terrorismo. Ha ribadito il diritto di Israele alla sicurezza e dei palestinesi a uno Stato. Ha condannato la Shoah, un orrendo gesto compiuto da un ‘regime senza Dio’. Eppure a qualcuno non è bastato”. Nell’editoriale del numero di giugno-luglio, l’Eco di Terra Santa torna sul pellegrinaggio di Benedetto XVI in Giordania, Israele e Territori palestinesi, con la domanda: “Ma quante volte un Papa deve chiedere scusa?”. Per il tabloid delle Edizioni Terrasanta il tono dei commenti dei media israeliani, ad eccezione del Yedioth Ahronoth, che “sottolineava gli sforzi della Chiesa cattolica nel combattere l'antisemitismo e nel gettare ponti di dialogo con l'ebraismo”, “è sostanzialmente di delusione” e le parole del Pontefice “troppo generiche”. “Sulla Shoah - ricorda il giornale - la Chiesa ha già detto quanto si doveva dire nel documento ‘Noi ricordiamo: una Riflessione sulla Shoah’ (marzo 1998). Giovanni Paolo II ha chiesto perdono, nel suo viaggio giubilare, per tutti i comportamenti che ‘nel corso della storia hanno fatto soffrire’ gli ebrei e Benedetto XVI si è posto in questo cammino di fraternità. La richiesta di perdono da parte della Chiesa Cattolica al popolo d'Israele, per bocca di un Pontefice, c'è già stata. E non scade, che il Papa si chiami Ratzinger o Wojtyla”.

La capacità comunicativa del Papa: come Paolo parla direttamente agli interlocutori con un linguaggio innovativo, anticonformista e non 'curiale'

di Raffaella

In questi giorni abbiamo letto alcune analisi molto interessanti (penso in particolare all'articolo di Salvatore Izzo) sul "nuovo corso" della comunicazione del Santo Padre e della Santa Sede. Anche io ho notato una certa rinnovata freschezza ed alcune interessanti novità. Innanzitutto segnalo che Benedetto XVI viene lasciato finalmente libero di esprimersi in piena libertà e di parlare direttamente ai fedeli su questioni di primaria importanza. Questo è ed è sempre stato lo stile comunicativo di Joseph Ratzinger che, da grande professore, è capace di adattare il linguaggio agli interlocutori. Egli sa parlare ai grandi teologi ma anche ai bambini della prima comunione con una spontaneità ed una linearità veramente singolari. Ciò che colpisce nel Santo Padre è "l'intima coerenza" del suo pensiero: non c'è contraddizione fra i discorsi o le omelie. Benedetto XVI sta componendo un grande mosaico e ciascuno dei suoi interventi costituisce un tassello della grande opera in formazione. Non c'è contrapposizione fra i tasselli perchè tutti hanno caratteristiche proprie ma, nello stesso tempo, sono intimamente collegati fra loro. La novità di queste ultime settimane è la grande libertà di azione del Santo Padre che salta ogni mediazione e parla direttamente ai fedeli e/o ai sacerdoti. Lo abbiamo visto nella Lettera ai vescovi sulla remissione della scomunica ai Lefebvriani. Qualcuno l'ha paragonata alla grandiosa Lettera di San Paolo ai Galati. E' così: come Paolo, anche Benedetto parla direttamente agli interlocutori ed usa un linguaggio decisamente innovativo, anticonformista e sicuramente non "curiale". Non c'è bisogno di una mediazione: il Papa arriva direttamente alla mente ed al cuore dei fedeli. Abbiamo notato questo stile anche nella Lettera ai sacerdoti per l'indizione dell'Anno Sacerdotale: parole anche dure, dirette, e molto sincere.Non c'e' ragione di nascondere i problemi: essi vanno chiamati con il loro nome per essere affrontati. Lo abbiamo visto anche domenica quando, in prima persona e senza l'intervento di altri, ha svelato i risultati dei test sulla tomba dell'Apostolo delle Genti. Uno choc per i mass media e sicuramente per molti ecclesiastici. Il giorno successivo il Papa ha di nuovo stupito tutti annunciando in prima persona la prossima pubblicazione della sua terza Enciclica. Poteva aspettare l'annuncio della sala stampa (dato ieri), ma ha preferito occuparsi della cosa personalmente. Un nuovo stile di Pontificato, un lavoro che ci fa tornare alle origini del Cristianesimo, quando Pietro e Paolo predicavano alle folle senza mediatori. In tutto questo la Sala Stampa riacquista, a mio modesto parere, il ruolo che le è proprio: non interpreta il pensiero del Papa (che sa comunicare benissimo da solo!) ma precisa quando è necessario. Degni di nota gli ultimi interventi di Padre Lombardi volti a ribadire, a precisare, anche a controbattere, ma mai ad interpretare. L'esempio è la limpida spiegazione dell'illegittimità delle ordinazioni sacerdotali da parte dei vescovi lefebvriani. Nessuna polemica, solo una precisazione: tutto è scritto nella Lettera di Benedetto XVI pubblicata a marzo. Nulla di più, nulla di meno. E' il Papa, e non altri a nome suo, che comunica con il gregge che gli è affidato. Non vi nascondo che mi piace moltissimo questo stile comunicativo. E non posso celare la mia grande emozione per le ultime omelie del Santo Padre. Tutte (proprio tutte!) sono pietre miliari, tasselli importantissimi. Penso alla monumentale omelia di domenica con la quale si è chiuso l'Anno Paolino. Mi riferisco in particolare al concetto di fede adulta che l'allora card. Ratzinger aveva già affrontato nell'omelia della Messa "pro eligendo Romano Pontifice" del 18 aprile 2005, che vi invito a rileggere. E' un classico esempio di intima coerenza del pensiero del Papa: il concetto già chiarissimo del 2005 viene precisato ed ulteriormente ampliato nel 2009. Ma la base resta la stessa: il Cristiano deve sapere andare controcorrente e non sedersi comodamente su una "fede fai da te" che fa comodo a seconda delle circostanze. Esemplare anche l'omelia per la Solennità dei Santi Pietro e Paolo in cui Benedetto XVI ha affrontato così tanti argomenti (dal ruolo del Pastore, al rapporto fra fede e ragione, fino alla concezione di "anima") [...] Certo! Il Papa è capace di dare carezze delicatissime e sferzate inaspettate, ma ha ragione Ognibene: è un anticonformista puro. Inoltre possiede l'arma tipica delle grandi menti: l'ironia. Che dire di più? Apprezzo moltissimo questo nuovo corso che si va rafforzando e prego che si continui su questa buona strada.