lunedì 7 maggio 2012

Adieu Sarkozy, protocanonico della Basilica lateranense. Nonostante le perplessità si cercherà un canale di comunicazione anche con Francois Holland

La cerimonia, nel dicembre del 2007, fu solenne. Accolto in pompa magna dal card. Camillo Ruini, Nicolas Sarkozy (nella foto con Benedetto XVI) prese possesso del titolo di Protocanonico d’onore del Capitolo della Basilica di San Giovanni in Laterano. La cerimonia sanciva la solida simpatia che la Santa Sede nutriva nei confronti di un presidente francese che, tra le altre, marcò una 'rupture' anche rispetto al rigido principio della 'laicité' francese, superata da una più includente “laicité positive”. Ad un cardinale francese di Curia presente all’evento, il cronista domandò se lo stato civile dell’inquilino dell’Eliseo, divorziato due volte, all’epoca convivente con la nuova fiamma Carla Bruni, non creasse qualche problema. Il porporato sorrise, “ce n’est pas si grave…”, e sfilò via. Al Vaticano, insomma, Sarkozy non dispiaceva affatto. Non mancavano, certo, le perplessità. La signora Bruni fu invitata a restare a Parigi tanto in occasione dell’udienza che il Papa concesse a Sarkozy nel dicembre 2007 quanto, ormai coniugata, ma pur sempre con matrimonio civile, in quella dell'ottobre 2010. Questa seconda udienza, poi, era stata organizzata in tutta fretta dopo che, in un’Angelus estivo, le parole di Benedetto XVI erano state lette dall’Eliseo come una critica senza appello agli sgombri dei campi rom decisi da Parigi. Un esponente della Curia romana, mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, già critico in Italia nei confronti delle politiche migratorie della Lega di governo, si spinse a ricordare che i rom, in passato, erano stati vittima di un olocausto. A settembre Marchetto si dimise “per raggiunti limiti di età”, a ottobre Sarkozy salì alla terza loggia del Palazzo Apostolico per una cordiale udienza con il Papa. Le incomprensioni erano diradate. Che la Santa Sede rispecchi i sentimenti della galassia cattolica d’Oltralpe, rimasta maggioritariamente vicina a Sarkozy anche nel momento della difficoltà, lo ha rilevato, del resto, un sondaggio condotto dal giornale francese La Vie al primo turno delle presidenziali. Il 47% dei cattolici praticanti ha votato Sarkozy (una percentuale ben più alta del 26,9% della popolazione complessiva) e solo il 14% per Hollande (28,7% è il dato generale). Solo il 15% ha votato per Marine Le Pen (contro il 18,5% delle urne), mentre addirittura il 17% dei cattolici praticanti ha votato per il centrista Francois Bayrou, che è però arrivato ultimo con l'8,8% al primo turno. Ora per la Santa Sede si apre l’era di un socialista alla guida del paese che un tempo è stata 'fille ainée de l’Eglise'. L’impegno a tornare ad una laicità senza concessioni, le aperture all’eutanasia e alle coppie gay sono altrettanti motivi di preoccupazione per il Vaticano. L’impegno per ridisegnare in chiave più sociale l’integrazione europea, però, controbilanciano le perplessità. E, soprattutto, il lealismo assicurato dalla Segreteria di Stato del card. Tarcisio Bertone anche ai leader politici più distanti culturalmente, da Barack Obama a Raul Castro, per pescare due esempi peraltro molto diversi, spingerà con ogni probabilità la Santa Sede a cercare un canale di comunicazione anche con Francois Hollande. Tanto più che tra i porporati francesi in servizio a Roma non manca chi, come il card. Jean-Louis Tauran, non è privo di sensibilità progressista. Non mancherà, però, qualche rammarico per la dipartita di Sarkozy, 'Protochanoine de la Basilique de Saint-Jean de Latran'.

Iacopo Scaramuzzi, Linkiesta

Il Papa a Frascati. Mons. Martinelli: la gioia è immensa, Benedetto XVI viene per sostenerci, per confermarci, per ravvivare la nostra fede

La città di Frascati riceverà il prossimo 15 luglio la visita del Santo Padre Benedetto XVI che ha accolto l'invito del vescovo Raffaello Martinelli. Il Papa celebrerà alle ore 9.30 la Messa in Piazza San Pietro (foto). Subito dopo farà ritorno nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per la consueta recita dell'Angelus. A Radio Vaticana mons. Martinelli ha espresso tutte le sue felicitazioni per la visita del Santo Padre nella sua diocesi: "Siamo ben felici, perché questa notizia, che investe di gioia un po' tutta la nostra diocesi, è stata comunicata proprio nel giorno dei nostri Santi Patroni. La gioia è immensa, certo, perché sappiamo che il Santo Padre viene per sostenerci, per confermarci, per ravvivare la nostra fede. Quindi, questo porterà senz'altro un contributo alla nostra crescita cristiana: sia a me come vescovo, sia ai miei sacerdoti collaboratori e sia a tutti i nostri fedeli".

Castelli Today

Benedetto XVI a Frascati il 15 luglio. Mons. Martinelli: porterà la speranza

Il Papa: il segreto dell'efficacia del lavoro in Vaticano delle Guardie Svizzere, come pure di ogni progetto, è il costante riferimento a Cristo

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, in occasione del giuramento delle reclute, accompagnate dai familiari. “Siate attenti gli uni agli altri” e “conservate lo stile di carità evangelica nei confronti delle persone che ogni giorno incontrate” è stata l’esortazione che il Papa ha rivolto alle nuove Guardie Svizzere in un discorso in tre lingue: tedesco, francese ed italiano. Il Pontefice ha ricordato che il loro lavoro “si colloca nel solco di una indiscussa fedeltà al Papa che è divenuta eroica” durante il Sacco di Roma del 1527. Quindi, ha enumerato le qualità che dovrebbero sempre contraddistinguere ogni componente del Corpo delle Guardie: “Fermezza nella fede cattolica, fedeltà e amore verso la Chiesa”, “diligenza e perseveranza nei piccoli e grandi compiti quotidiani, coraggio e umiltà, altruismo e disponibilità”. Di queste virtù, ha osservato, “dev’essere colmo il vostro cuore quando prestate il servizio d’onore e di sicurezza in Vaticano”: “Il segreto dell'efficacia del vostro lavoro qui in Vaticano – ha soggiunto – come pure di ogni vostro progetto” è “il costante riferimento a Cristo”. Questa, ha detto, “è anche la testimonianza di non pochi vostri predecessori, che si sono contraddistinti non solo nello svolgimento del loro lavoro, ma anche nell'impegno di vita cristiana”. Ed ha auspicato che le nuove Guardie possano “rispondere pienamente alla chiamata di Cristo seguendolo con fedele generosità: “Per dare amore ai fratelli – ha poi affermato – è necessario attingerlo alla fornace della carità divina, grazie a soste prolungate di preghiera, al costante ascolto della Parola di Dio, e ad una esistenza centrata tutta sul mistero dell'Eucaristia”. Quindi, ha rivolto un affettuoso saluto in italiano: “Cari amici! Profittate del tempo che trascorrete qui a Roma, per crescere nell'amicizia con Cristo, per amare sempre di più la sua Chiesa e per camminare verso la meta di ogni vera vita cristiana: la santità”.Il Papa ha infine pregato la Vergine Maria, onorata in modo speciale nel mese di maggio, affinché le Guardie Svizzere possano “sperimentare ogni giorno di più quella comunione profonda con Dio", che "inizia sulla terra e sarà completa nel Cielo".

Radio Vaticana

UDIENZA ALLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA IN OCCASIONE DEL GIURAMENTO DELLE NUOVE GUARDIE - il testo integrale del discorso del Papa

La Fraternità San Pio X in attesa del 'sì' di Benedetto XVI. Il protocollo d'intesa concordato nel 1988 da Lefebvre con il card. Ratzinger

La risposta inviata in Vaticano il 17 aprile dal vescovo Bernard Fellay sarà esaminata nei prossimi giorni dai cardinali e vescovi nella "Feria Quarta" della Congregazione per la Dottrina Fella fede, quindi la loro decisione sarà sottoposta a Benedetto XVI. Entro maggio si prevede la conclusione del percorso che dovrebbe riportare la Fraternità San Pio X, fondata da mons. Lefebvre, nella piena comunione con Roma, 24 anni dopo le consacrazioni illegittime che portarono alla rottura e alla scomunica dello stesso arcivescovo tradizionalista e dei quattro sacerdoti da lui ordinati vescovi senza il mandato del Papa. Nel momento in cui sarà divulgata la decisione finale, verrà reso noto anche il testo del "preambolo dottrinale" che la Santa Sede ha sottoposto a Fellay e alla Fraternità, e che il superiore del gruppo tradizionalista ha restituito a Roma proponendo alcune modifiche non sostanziali. Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le dichiarazioni di alcuni autorevoli esponenti della Fraternità San Pio X, in particolare dell’ala lefebvriana più favorevole al rientro nella piena comunione con Roma. Padre Niklaus Pfluger, primo assistente di Fellay, in una conferenza pubblica Hattersheim, in Germania, ha detto che il superiore della Fraternità nelle attuali circostanze non "considera possibile rifiutare la proposta del Papa", specificando che il volersi estraniare dal desiderio del Pontefice significherebbe "cadere nel sedevacantismo". Pfluger ha chiarito che rimangono dei punti di disaccordo e che la Fraternità rivendica la libertà di criticare alcuni punti dei documenti conciliari. E ha ricordato come già Lefebvre, nel 1988, aveva firmato un accordo dottrinale con la Santa Sede che conteneva "molte più concessioni (a livello dottrinale, ndr) da parte della Fraternità di quelle che Benedetto XVI domanda oggi". Ancor più significativo è l’editoriale di un altro membro storico della Fraternità, don Michele Simoulin, pubblicato nel numero di maggio del bollettino Seignadou del priorato di Saint-Joseph-des-Carmes: anche lui torna a parlare dell’accordo siglato da Lefebvre e Ratzinger nel 1988, spiegando che allora la rottura non avvenne a motivo del preambolo dottrinale di allora, ma per un motivo pratico. Lefebvre infatti non si fidò delle rassicurazioni vaticane circa la possibilità di poter consacrare un vescovo suo successore: "Non è dunque su una questione dottrinale, né su quella dello statuto offerto alla Fraternità – scrive don Simoulin – ma sulla data di consacrazione del vescovo concesso, che il processo si è arrestato". Don Simoulin, rispondendo alle obiezioni interne di quei lefebvriani che non vogliono l’accordo con Roma ricorda che Joseph Ratzinger, "divenuto Papa ci ha detto che la Messa tridentina non è mai stata abrogata (7 luglio 2007: 'Perciò è lecito celebrare il sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato'); ha riabilitato i nostri quattro vescovi (21 gennaio 2009); ha accettato che conducessimo discussioni dottrinali per due anni, cose che mons. Lefebvre non esigeva nel 1988. Non è esagerato dire che mons. Fellay ha ottenuto più di quanto chiedesse mons. Lefebvre, senza averne il prestigio né l’autorità morale. Dunque, dovremmo essere più esigenti di mons. Lefebvre e di mons. Fellay?". Simoulin conclude ribadendo dunque che la situazione odierna è diversa da quella del 1975 e del 1988, e chi afferma il contrario lo fa perché rifiuta "ogni riconciliazione con Roma" mostrando "forse anche una mancanza di fede sulla santità della Chiesa". "La Fraternità San Pio X non è la Chiesa e non può rispettare l’eredità del suo fondatore che conservandone lo spirito, il suo amore per la Chiesa e il suo desiderio di servirla come figlio che la ama". Rileggere la parte dottrinale del "protocollo d’intesa" firmato da Lefebvre il 5 maggio 1988 è utile per comprendere parte dei contenuti del "preambolo dottrinale" di cui si è parlato negli ultimi mesi, il cui testo è ancora riservato a motivo della possibilità, prevista fin dall’inizio, di modifiche e formulazioni con espressioni differenti. Il fondatore della Fraternità prometteva fedeltà al Papa, dichiarava "accettare la dottrina contenuta nel n° 25 della Costituzione dogmatica 'Lumen Gentium' del Concilio Vaticano II sul magistero ecclesiastico e sull’adesione che gli è dovuta". Per quanto riguarda il dissenso su alcuni passaggi conciliari, affermava: "A proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o relativi alle riforme posteriori della liturgia e del diritto, che ci sembrano difficilmente conciliabili con la tradizione, ci impegniamo ad assumere un atteggiamento positivo e di comunicazione con la Sede Apostolica, evitando ogni polemica". Inoltre, Lefebvre aveva dichiarato "di riconoscere la validità del sacrificio della Messa e dei sacramenti celebrati con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa e secondo i riti indicati nelle edizioni tipiche del Messale romano e dei rituali dei sacramenti promulgati dai Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II". E prometteva infine "di rispettare la disciplina comune della Chiesa e le leggi ecclesiastiche". Come si vede anche nel 1988, nel documento concordato con l’allora card. Joseph Ratzinger, rimaneva nero su bianco l’esistenza di "certi punti" considerati dai lefebvriani "difficilmente conciliabili" con la tradizione. Ma questo dissenso non avrebbe dovuto impedire la piena comunione. Ventiquattro anni fa gli eventi presero un’altra direzione: ci fu un atto scismatico e ci furono le scomuniche. Ora, quasi un quarto di secolo dopo, quella ferita potrebbe essere rimarginata.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Il ramo femminile di Regnum Christi verso la scelta della nuova superiora. La vera sfida è trovare la serenità persa durante la crisi interna

Il ramo femminile del movimento cattolico Regnum Christi sta cercando diverse cose. In questi giorni, le consacrate devono scegliere la nuova superiora, una questione che non sembra il loro problema più urgente. Per loro, la vera sfida sarà trovare la serenità che hanno perso nel mezzo di una crisi interna e che alcuni membri non sono stati capaci di sopportare, cadendo nella depressione cronica o nella malattia fisica. Il “Regno” (come si conosce normalmente) è in un processo di riforma, come anche la Congregazione dalla quale dipende, i Legionari di Cristo. Due istituzioni che si trovavano in un vero e proprio tunnel per colpa dell’atteggiamento immorale del loro fondatore, il sacerdote messicano Marcial Maciel Degollado, come ha riconosciuto pubblicamente il delegato nominato dal Papa per concludere questa trasformazione, il card. Velasio De Paolis. La crisi ha toccato per prima alla Legione e poi si è contagiata al Regnum Christi. Negli ultimi mesi De Paolis ha spinto alcuni cambiamenti nel movimento, ma la situazione li è scappata di mano. Negli ultimi tre anni, più di 200 consacrate hanno abbandonato l’opera, ma altre tante si trovano al di fuori delle loro comunità per discernere. Cercando di avanzare nella riforma, il cardinale ha imposto uno dei suoi consiglieri, il religioso italiano Agostino Montán, come superiore temporaneo delle consacrate. Ha dovuto prendere il timone dopo la tempestosa uscita della precedente leader, Malén Oriól, che ha presentato le sue dimissioni nello scorso febbraio e, con un gruppo di donne, ha deciso di fondare in Cile una nuova comunità chiamata “Totus tuus”. Questa è stata la prima frattura formale nel Regno, situazione che ha fatto arrabbiare particolarmente Velasio De Paolis, perché la fondazione è stata preceduta da un acceso dibattito interno nel quale si sono incrociate molte critiche, molte lettere e persino delle accuse di tradimento per coloro che hanno scelto di abbandonare il Regnum Christi per entrare a formar parte della nuova società. Montán ha riconosciuto l’esistenza di un "primo momento di costernazione", ma ha anche chiarito che, ad ogni modo, “Totus Tuus” non ha nulla a che vedere con Regnum Christi e con i suoi membri consacrati, perché quest’ultimo possiede chiaramente identità, carisma, missione e spiritualità. L’ha detto in una lettera del primo aprile, nella quale ha annunciato i comizi per l’elezione della nuova "responsabile generale" e quattro consiglieri. Le più di 700 donne consacrate in tutto il mondo hanno dovuto inviare a Roma, in una busta chiusa e solo durante aprile, i nomi delle scelte per ogni uno di questi posti. Ha indicato che, a metà maggio, dovrebbe essere pronto il nuovo governo generale. "La legislazione della Chiesa, ricca nell’esperienza e nel realismo, raccomanda, nelle elezioni, di astenersi di ogni abuso e, avendo in mente solo Dio e il bene dell’istituto, scegliere coloro considerati nel Signore veramente degni e appropriati", ha indicato Montán nel testo. Ha anche stabilito che il nuovo governo generale, con gli assistenti territoriali, faranno un piano per l’anno pastorale 2012-2013, mentre il resto dei vertici, nel quale ci saranno anche nuovi "responsabili territoriali", con i loro rispettivi consiglieri, sarà scelta dopo una consultazione generale che comincerà verso la fine dell’anno, o, il più tardi, a gennaio 2013. Una delle preoccupazioni più grosse di Montán e di De Paolis sembra essere evitare un esodo maggiore tra le consacrate. Per questo motivo, il primo di loro ha sottolineato che "senza sciogliere i lacci di preghiera e amicizia, le donne consacrate di Regnum Christi, in questo momento storico, eviteranno di frequentare o accattare degli inviti ai raduni (di 'Totus Tuus')". Quest’invito si aggiunge a un’altra raccomandazione di De Paolis, che in una lettera di febbraio chiedeva le ex consacrate di evitare "fare proselitismo" tra le donne che hanno scelto di rimanere nel movimento. Secondo diversi testimoni, le superiore di alcune case del Regno hanno preso queste indicazioni come se fossero degli ordini, vietando qualsiasi contatto con le vecchie compagne. C’è il racconto di una ragazza che, dopo essere stata in una riunione con le sue amiche di “Totus Tuus”, è stata praticamente cacciata dalla sua comunità: la superiora l’avrebbe permesso solo andare a prendere le sue cose, ma non l’ha lasciata dormire, per un’ultima notte, nella residenza nella quale abitava poche ore prima. Ci sono anche altri casi, che diversi consacrati hanno raccontato al delegato pontificio il 27 febbraio in Messico, durante una conferenza privata nella quale i membri del movimento hanno indicato i segni della crisi, e si sono detti sfiduciosi per i diversi intrighi che ci sono, ma anche che patiscono depressione e delle malattie. Una crisi che non si può negare e che continua a provocare diserzioni, in parte clamorose. Quella più recente e quella di Nieves García Horcaja, che ha abbandonato il Regnum Christi il 28 aprile dopo 28 anni come consacrata. Ha presentato la sua dimissione ufficiale denunciando anche che gli attuali superiori dei Legionari di Cristo non cercano la verità. In una lettera aperta ha scritto: "Il mio povero ragionamento è stato molto semplice. Se quest’uomo (Marcial Maciel), che spero Dio abbia accolto nella sua misericordia e per chi prego ancora, ci ha ingannati ed è stato il fondatore del Regnum Christi, dobbiamo, logicamente, controllare tutta la sua opera , perché il tutto proveniva da lui: carisma, metodologia, spiritualità… tutto. Dopo poco tempo, per me è stata una grandissima sorpresa, ho visto che c’era un gruppo di superiori che non erano disposti ad arrivare alla verità. Sono stata testimone delle loro bugie e non solo in un’occasione. E mi è venuto il dubbio. Come obbedire delle persone che mentono? Dio non è il padre della menzogna. E la mia di coscienza, dove rimane? Mi sono aggrappata a essa e la luce della verità ha cominciato a farsi vedere, con molto dolore, ma riempiendomi di pace. Una pace tale che il mondo non la può rompere. Era quella la via". Parole esplosive.

Andrés Beltramo Álvarez, Vatican Insider