mercoledì 14 luglio 2010

ll card. Canizares: dal 'Summorum Pontificum' cresciuta la comprensione della liturgia nella tradizione della Chiesa. Rimane il clima di opposizione

Grazie al Motu Proprio "Summorum Pontificum" di Benedetto XVI, "la comprensione della liturgia nella tradizione della Chiesa è cresciuta e lo stesso vale per l'ermeneutica della continuità. Tutto questo contribuisce non solo all'accettazione del Motu Proprio, ma a portare avanti un rinnovamento della liturgia, nel senso che lo spirito della liturgia viene nuovamente vissuto in profondità". Lo afferma il card. Antonio Canizares, prefetto della Congregazione per il Culto e la disciplina dei Sacramenti. "Sarebbe un errore - chiarisce - porsi polemicamente a favore di un rito o dell'altro". Infatti, facendo convivere i due rituali, come il Papa aveva scritto nella Lettera ai vescovi di tutto il mondo che accompagnava le nuove norme riguardo alla Messa tradizionale, i valori di questa avrebbero potuto arricchire la forma ordinaria, cioè quella post conciliare nelle diverse lingue locali, correggendo gli abusi che ha di fatto favorito. "Esiste - ricorda il porporato in un'intervista al Die Tagespost - un'unica liturgia. Conseguentemente le due forme del rito vanno entrambe bene appunto perchè si tratta di una sola ed unica liturgia. Circa questo punto bisogna osservare - aggiunge - come la Chiesa, sulla base dell'ermeneutica della continuità, non abbia mai nè congelato nè interrotto la continuità con il Messale di Giovanni XXIII. La tradizione della Chiesa viene integrata dallo sviluppo seguente il Concilio Vaticano II, pertanto la formazione liturgica di tutti deve sempre essere orientata dalla Costituzione "Sacrosanctum Concilium". Alla luce della ricchezza del rito romano nella sua integrità, alla quale appartengono sia il Messale di Giovanni XXIII che la riforma liturgica postconcliliare, non e' possibile contrapporre le due forme: esse sono espressione della medesima ricchezza liturgica". A tre anni dalla pubblicazione del "Summorum Pontificum" continuano però da parte di alcuni vescovi quelle che il Papa stesso definì "dure opposizioni" riguardo alla liberalizzazione dell'uso del vecchio Messale che permette l'attuale convivenza delle due forme. "Il clima - ammette il card. Canizares - è sostanzialmente rimasto lo stesso. Credo tuttavia che sia in corso un cambiamento. Viene compreso sempre più quale sia l'oggetto del Motu Proprio". In proposito, il cardinale spagnolo cita come un esempio positivo da seguire la scelta del vescovo di Tolone, che ha voluto che i suoi seminaristi fossero educati alla celebrazione in entrambe le forme. "Egli - spiega - vede la tradizione della Chiesa proprio secondo l'ermeneutica della continuità. E poichè la "Sacrosanctum Concilium" resta ovviamente valida, egli le dà seguito secondo una formazione liturgica nella quale viene appresa la celebrazione in entrambe le forme. I buoni frutti di questa scelta sono già visibili nella diocesi di Tolone. I giovani - ricorda Canizares - devono essere allevati nello spirito della liturgia. Essi hanno bisogno di essere condotti al senso della preghiera e del mistero di Dio. Deve essere trasmessa loro la lode ed il ringraziamento che la Chiesa attraverso i secoli ha espresso nella liturgia. Ciò che oggi manca ai giovani è soprattutto una buona formazione liturgica, indipendentemente dalla forma in cui questa avviene. Questa è la grande sfida per il prossimo futuro, anche per la Congregazione per il Culto Divino ed i Sacramenti. Oggi abbiamo bisogno di un nuovo movimento liturgico, come esisteva nel secolo diciannovesimo e ventesimo. Non si tratta dunque di una forma o dell'altra, ma della liturgia in quanto tale". "Dobbiamo riscoprire - sottolinea il porporato - il Diritto di Dio, lo 'ius divinum': prima lo si fa, meglio è. Purtroppo oggi si ha spesso l'impressione che la liturgia sia qualcosa di cui l'uomo può disporre e nella quale sia lui stesso ad agire. Questo rispecchia la secolarizzazione del nostro tempo, che mette altri aspetti in secondo piano. Ciò ha fatto sì che la riforma liturgica del Concilio Vaticano II non abbia prodotto i frutti desiderati". Per Canizares, ad esempio, "i sacerdoti devono tornare a prepararsi alla messa così com'è previsto nel rito straordinario. Lo stesso vale per l'atto penitenziale e la consapevolezza che non siamo noi a rendere noi stessi degni di celebrare, ma la nostra fiducia nella misericordia e nel perdono di Dio che ci avvicinano alla presenza di Dio nella celebrazione. Un tesoro da non dimenticare è la dimensione del Sacrificio così com'è descritta nei testi di preghiere. Da tutto questo emerge un atteggiamento molto profondo che dovremmo interiorizzare". In concreto, per Canizares, "abbiamo bisogno di una nuova introduzione al Cristianesimo. Anche per bambini e ragazzi. Una introduzione alla liturgia non consiste soltanto in ciò che si deve sapere sulla celebrazione, anche se ovviamente questa resta ineludibile in ambito teologico e dottrinario. Giovani e bambini devono prendere parte a liturgie solenni, permeate dal mistero di Dio. Partecipazione attiva non vuol dire fare qualcosa, ma fare il proprio ingresso nel rito nel ringraziamento, nel silenzio, nell'ascolto, nella preghiera e in tutto ciò in cui realmente la liturgia consiste. Finchè ciò non avrà luogo, non potrà esistere alcun rinnovamento liturgico. Dobbiamo compiere una svolta di centottanta gradi. La pastorale giovanile dovrà essere un luogo in cui possa verificarsi l'incontro con Cristo vivente nella Chiesa. Lì dove Cristo si mostra come qualcuno che appartiene al passato, non è possibile nè partecipazione attiva nè formazione liturgica. Nessun rinnovamento, per quanto possa essere necessario, potrà mai aver luogo, se la consapevolezza del Cristo vivente non si risveglierà".

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Il Vangelo rivelato ai piccoli. Il Papa: la sapienza divina è seguire Cristo che ci apre gli occhi del cuore per seguire la strada di verità e amore

Il Vangelo di oggi ci riferisce dell’esultanza di Gesù che dà lode al Padre perché ha nascosto i segreti del regno ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli. Il Papa nel suo Magistero ha sottolineato più volte la differenza tra la sapienza di questo mondo e la sapienza di Dio. Gesù esulta perché sono i piccoli della Terra ad accogliere le verità divine. “La sapienza di questo mondo – afferma il Papa – è un modo di vivere e di vedere le cose prescindendo da Dio e seguendo le opinioni dominanti, secondo i criteri del successo e del potere. La sapienza divina consiste nel seguire la mente di Cristo – è Cristo che ci apre gli occhi del cuore per seguire la strada della verità e dell’amore”. Non si tratta perciò di un "atteggiamento anti-intellettuale" né di “sottovalutare l’impegno umano necessario per la conoscenza”.
"Non è la conoscenza in sé che può far male, ma la presunzione, il 'vantarsi' di ciò che si è arrivati – o si presume di essere arrivati – a conoscere. E proprio da qui derivano le fazioni e le discordie nella Chiesa e, analogamente, nella società" [Agli studenti dei Pontifici Atenei Romani (30 ottobre 2008)].
Dio non si rivela “ai sottili ragionatori di questo mondo”, ma ai piccoli, a quanti sono disponibili a lasciarsi sorprendere dalla novità dell’agire divino: “È questo che a Dio interessa. Dio ama tutti perché tutti sono creature sue. Ma alcune persone hanno chiuso la loro anima; il suo amore non trova presso di loro nessun accesso. Essi credono di non aver bisogno di Dio; non lo vogliono. Altri che forse moralmente sono ugualmente miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono Dio. Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un’idea precisa. Nel loro animo aperto all’attesa la luce di Dio può entrare, e con essa la sua pace” (24 dicembre 2005: Natale - Santa Messa di Mezzanotte).
La sapienza di Dio, afferma il Papa, si rivela nel mistero della Croce, che per i Giudei è scandalo, per i greci è stoltezza: “Lo ‘scandalo’ e la ‘stoltezza’ della Croce stanno proprio nel fatto che laddove sembra esserci solo fallimento, dolore, sconfitta, proprio lì c'è tutta la potenza dell'Amore sconfinato di Dio, perché la Croce è espressione di amore e l’amore è la vera potenza che si rivela proprio in questa apparente debolezza” (29 ottobre 2008, Udienza generale).
Solo i piccoli comprendono che nella storia ha vinto la Croce e non la saggezza che si oppone alla Croce. I piccoli vanno oltre la superficie delle cose, vedono con gli occhi della fede l’opera di Dio nella storia, come Maria che nel Magnificat riconosce la grandezza di Dio.
"Per questo è Beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade. E il suo Magnificat, a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondo sono state smentite dai fatti nel corso dei secoli" [Conclusione del mese mariano (31 maggio 2008)].

Radio Vaticana

Mons. De Paolis ai Legionari di Cristo: sono qui perché il Papa vi ama. Il mio un compito difficile che con la grazia di Dio si può realizzare

Sono qui perché il Papa vi ama e vi sta vicino: così mons. Velasio De Paolis, delegato del Santo Padre per i Legionari di Cristo, incontrando a Roma i vertici della Congregazione, il direttore generale padre Alvaro Corcuera e i membri Consiglio generale. L’intera comunità si è poi raccolta, sabato scorso, nella cappella del Centro di Studi Superiori per la prima Messa celebrata dal delegato pontificio. “Sono parecchie settimane che io vivo in uno stato di agitazione” per “un compito difficile”, “che con la grazia del Signore si può e si deve realizzare”, ha esordito con emozione mons. De Paolis nell’omelia, dichiarandosi subito dopo “più pacificato” con se stesso e con la missione da assolvere di fronte allo “spettacolo” di tutti quei sacerdoti e studenti che riempivano la chiesa. Ha informato poi di aver consegnato alla direzione della Congregazione due lettere, quella di nomina del Papa ed una sua personale per spiegare gli aspetti salienti dell’incarico ricevuto. Benedetto XVI “manda un suo delegato – ha sottolineato – per dire che egli vi ama e che vi sta vicino”, constatando il grande “zelo” e “fervore” che animano un gran numero dei Legionari di Cristo. “E’ allora il momento – ha sollecitato il delegato pontificio – dell’avvio di un esame di coscienza”, non tanto per guardare al passato ma al presente e compiere “un’opera di ricostruzione, di ristrutturazione”. Ha ammonito quindi dal fare scelte accelerate e inconsulte nel momento dell’oscurità, annebbiati da tanti pensieri che attraversano la mente e si depositano nel cuore nei momenti critici, riscoprendo invece la presenza di Dio e riprendendo il cammino di fedeltà al Signore. “Superiamo le tenebre che alle volte possono opprimerci - ha quindi incoraggiato mons. De Paolis - superiamo le difficoltà anche nella nostra fragilità e debolezza umana, perché il mistero di Dio e più grande di ogni debolezza umana, e il mistero di Dio, quando entra nella nostra vita, ci rende capaci dell’impossibile”.

Radio Vaticana

Il card. Bagnasco: dal Papa un'immensa forza rinnovatrice per una nuova generazione di laici. I cattolici testimoni credibili in una società in crisi

Il card. Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale italiana, affronta diversi temi in una lunga intervista rilasciata a L’Osservatore Romano. Ribadendo la necessità di una purificazione della Chiesa indicata da Benedetto XVI, il porporato sottolinea che il senso di questo tempo, segnato da “attacchi anche virulenti”, consiste nel tornare “con umiltà alle sorgenti del Vangelo”. In una stagione in cui “tendenzialmente tutti cercano di difendere se stessi”, il Papa invita a non guardare alle colpe altrui, ma a far brillare la verità attraverso “un lineare riconoscimento dei fatti” senza ritardi o attenuanti. Un’altra questione affrontata dal card. Bagnasco è quella sollevata dalla controversa sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo che vieta l’esposizione del Crocifisso nelle scuole pubbliche italiane. Ipotizzare che il Crocifisso, osserva il porporato, leda la laicità dello Stato “significa dimenticare che prima dello Stato vi è la gente”. Voler eliminare le caratteristiche tradizioni culturali e religiose di un Paese significa rinunciare proprio “a quella ricchezza delle culture che si vorrebbe per altri versi tutelare e difendere”. “Dietro la libertà religiosa – aggiunge il porporato – si cela la più decisiva esperienza della libertà umana, senza la quale è a rischio non solo la fede, ma ancor prima la democrazia”. La libertà è anche una delle sfide prioritarie per i giovani. “Come ricorda di frequente Benedetto XVI, ogni generazione è chiamata a imparare sempre di nuovo, cosa significhi essere liberi”. Certamente ai nostri giorni, fa notare il presidente della CEI, vari elementi “hanno reso più difficile l’esercizio di questa libertà, a fronte di un’aspirazione diffusa che la vede come un diritto e non anche come una responsabilità”. Nell’intervista Bagnasco, soffermandosi proprio sulla necessità di un rinnovato senso di responsabilità, ribadisce poi l’esigenza di una nuova generazione di politici cattolici. “L’affezione per la cosa pubblica – fa notare il porporato – sta scemando e sempre più rarefatto è il consenso intorno al bene comune”. Occorre una nuova generazione di italiani e cattolici che, “pur nel travaglio della cultura odierna”, sentano la cosa pubblica come “importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti”. Un destino che nella società attuale trova varie insidie, tra cui quella legata alla crisi economica. Su questo aspetto l’arcivescovo di Genova esprime la propria preoccupazione per “tanta sofferenza e insicurezza”. Secondo il porporato il criterio da seguire è quello dell’equità economica. Chi ha la responsabilità politica deve affrontare in concreto la situazione, declinando l’equità economica in una cornice di libertà politica e di coesione sociale. “Solo così i tre valori in gioco – la libertà politica, la giustizia economica, la coesione sociale – si salvaguardano insieme”. Il porporato apprezza inoltre lo sforzo di quanti, anzitutto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, invitano continuamente “a ritrovare la coesione e la convergenza, al di là delle legittime differenze”. Il federalismo, sottolinea, non è una ricetta magica, ma rappresenta “un’intuizione ben presente nella dottrina sociale della Chiesa, che sin dai tempi di Pio XI chiama in causa il principio di sussidiarietà”.

Radio Vaticana

Il card. Gracias: nessuna autorità civile ha il diritto interferire con l’essenza e la libertà più profonda del cuore e dell’anima di un uomo credente

“La libertà religiosa è la vera e la sola via per la pace. E’ un tema importantissimo per l’India e per tutto il mondo. E’ una riflessione decisiva nel mondo di oggi e nella difesa dei diritti fondamentali dell’uomo”: con queste parole il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza Episcopale dell’India commenta all’agenzia Fides il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace del 1° gennaio 2011, “Libertà religiosa, via per la pace”. Il cardinale si sofferma a declinare il tema nel contesto indiano, toccando due problemi spinosi che agitano la società: il fondamentalismo religioso di marca indù, e la questione delle “leggi anti-conversioni”, in vigore in diversi stati della federazione. “In India, in un contesto multireligioso e multiculturale – dice il card. Gracias – vi sono gruppi che male interpretano la religione, la strumentalizzano per altri fini e la fanno diventare motivo di conflitto o disturbo dell’armonia della società. Come Chiesa Cattolica cerchiamo di intessere buone relazioni con tutti e di costruire il dialogo, nel rispetto della libertà: questa è una via efficace per la pace, bene supremo. In tal modo, in quanto cristiani, diamo il nostro contributo alla costruzione della famiglia umana”. Il tema prescelto dal Santo Padre richiama anche la suprema libertà di coscienza di ogni uomo, e in essa la libertà di conversione, che nessuno può intaccare: “Rispettare la libertà religiosa – spiega il porporato – significa che nessun governo e nessuna autorità civile ha il diritto di interferire con l’essenza e la libertà più profonda del cuore e dell’anima di un essere umano, dicendogli quale religione deve seguire o come deve dare culto a Dio. Lo dico spesso pubblicamente e continueremo a ripeterlo. Questo è uno dei diritti umani fondamentali che come Chiesa difenderemo sempre. Se si va contro questo diritto, si va contro la pace e la fratellanza”.
“La libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona. Siamo felici che il Santo Padre abbia scelto di donarci una sua riflessione su questo tema, che sarà molto utile all’Indonesia”: così invece mons. Ignatius Suharyo, arcivescovo di Giacarta, accoglie il tema per la Giornata Mondiale per la Pace 2011. “Per noi, in Indonesia, fa sempre bene discutere di un tema così importante e delicato, e farne oggetto di riflessione, in un contesto dove a volte è difficile vivere e realizzare pienamente il diritto alla libertà religiosa”, nota l’arcivescovo. La Chiesa indonesiana è molto attiva nel campo del dialogo interreligioso e agisce nel rispetto e nella tutela garantita dal Pancasila, le cinque leggi fondamentali dello stato, che disegnano uno stato laico, anche se la popolazione è all’85% musulmana. L’arcivescovo rimarca all'agenzia Fides: “Va detto che il tema della libertà religiosa, in tutte le sue diverse flessioni, è sempre al centro di discussioni, convegni, confronti fra leader religiosi, nella società civile e anche a livello politico. E’ bene che se ne parli e che sia un tema che susciti interrogativi e confronti, che sia oggetto e centro del dialogo. Nonostante tutto, in Indonesia esistono della difficoltà che affondano radici in cause storiche, sociali e politiche”. Mons. Suharyo conclude: “Sono certo che la riflessone del Santo Padre, che cercheremo di approfondire, nel dialogo con altre comunità e tramite la massima diffusione, potrà esserci di aiuto nelle relazioni con altri leader e comunità religiose”.

Fides

Il Papa nel Regno Unito. La veglia di preghiera a Hyde Park insieme a 80mila cattolici inglesi provenienti da tutte le diocesi del Paese

Una vivacissima manifestazione della vita cattolica in Inghilterra, Scozia e Galles con musica, danza e spettacoli teatrali e anche una apparizione del famoso trio di sacerdoti irlandesi The Priests. Si attendono fino a 80.000 persone per la veglia di preghiera che il Papa presiederà sabato 18 settembre e che, per il settimanale cattolico The Tablet è forse l’appuntamento più importante del viaggio del Pontefice nel Regno Unito a settembre, dopo la beatificazione di John Newman. Ad Hyde Park (foto) i pellegrini arriveranno quattro ore prima del Papa che rimarrà alla veglia per un’ora e mezza, fino a poco prima delle 20. Si comincerà con un concerto. Seguirà una processione di 3000 persone che rappresenteranno le diocesi di Inghilterra e Galles. Ciascun gruppo salirà sul palco dove verrà salutato dal proprio vescovo o dal vicario generale. Nell’ora precedente l’arrivo del Papa vi sarà una presentazione sul lavoro della Chiesa attraverso charities e organizzazioni con film e testimonianze dal vivo. Quando il Papa arriverà sarà salutato dall’arcivescovo di Southwark, mons. Peter Smith, e comincerà la liturgia. Il Vangelo proclamato sarà quello delle beatitudini. Il Papa accenderà una candela simile a quella pasquale e la fiamma di questa verrà usata per accendere candele in mano ai rappresentanti delle parrocchie. Subito dopo la processione con il Santissimo Sacramento. Sempre secondo The Tablet, don Andrew Headon, il coordinatore dell’evento, spera che nel suo discorso il Papa faccia riferimento a Tyburn, un posto di pubbliche esecuzioni dove molti cattolici affrontarono il martirio con la possibilità di parlare prima di morire. Una tradizione rimasta nello Speakers’ Corner di Hyde Park dove, ancora oggi, chiunque può parlare in pubblico.

SIR