martedì 25 settembre 2012

Card. Bertone: l’azione diplomatica del Papa e dai suoi collaboratori forma privilegiata di comunicazione per favorire il bene comune e la comprensione della comunità internazionale

La diplomazia vaticana, ruolo ed ambiti di azione: ne ha parlato il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), segretario di Stato, ricevendo oggi pomeriggio in Spagna, alla presenza del Re Juan Carlos, il Premio Internazionale Conte di Barcellona, assegnato ogni anno ad una persona, impresa o istituzione distintasi nel campo della comunicazione. La cerimonia di consegna dell’ambito riconoscimento si è svolta nel Reale Monastero di Santa Maria de Pedralbes nel capoluogo catalano. Gratitudine ha espresso il card. Bertone per il Premio quale “riconoscimento del servizio che la Santa Sede presta ai popoli della terra, lavorando per il loro bene e per il loro sviluppo e collaborando per rafforzare la giustizia, la solidarietà e la pace tra le nazioni del mondo”. Da qui la riflessione sugli ambiti d’intervento e sul ruolo della diplomazia vaticana, non sempre ben compresi, tanto da ritenerla, alcuni, “una reliquia del passato destinata a scomparire” o “un riflesso di una Chiesa segnata da scelte che non rispondono alla realtà e alle esigenze del nostro tempo”. In realtà, ha sottolineato il porporato, la diplomazia della Santa Sede è una ricerca incessante di vie giuste e umane, tenendo conto sia dei diritti che delle responsabilità delle persone e degli Stati”, nella consapevolezza che “il bene di ogni persona si consegue salvaguardando il bene comune”. Ecco che “l’azione diplomatica dispiegata dal Papa e dai suoi collaboratori – ha osservato il segretario di Stato - deve considerarsi come una forma privilegiata di comunicazione, il cui fine è favorire nel miglior modo possibile questo bene comune e la comprensione della comunità internazionale”. Ha ricordato il card. Bertone, ospite a Barcellona, che l’ambasciata di Spagna presso la Santa sede è “la missione diplomatica permanente più antica al mondo” e che le rappresentanze estere presso la Sede apostolica sono raddoppiate da 84 a 170 sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II. Ha quindi rassicurato sugli sforzi quotidiani profusi dal Vaticano in “appoggio alla vita internazionale, secondo le proprie specificità”, perché in tutti i luoghi e in ogni Nazione “si rispetti la dignità dell’uomo e si intensifichino il dialogo, la solidarietà, la libertà, la giustizia e la fraternità”. La diplomazia vaticana lavora – ha aggiunto il porporato – in forma discreta ma costante, al servizio del molte realtà e per salvare vite” ed alleviare la situazione di molte persone, “senza alcuna discriminazione”, a servizio di “tutti quelli che sollecitano l’intervento - o anche la mediazione – del Papa e suoi diplomatici”, dedicati “a costruire ponti e facilitare soluzioni” con impegno generoso e abnegazione “in situazioni tremendamente complesse”. Non manca l’impegno a denunciare e sconfiggere i flagelli contrari alla vita che affliggono l’umanità “come la povertà, il narcotraffico, il terrorismo, l’estorsione, l’insicurezza cittadina e qualsiasi altro tipo di violenza”. In questi ambiti gli interventi della Santa Sede sono stati e sono numerosi e chiari. Bertone ha infine sgombrato il campo dal malinteso che la Chiesa voglia imporre a tutti i cittadini di società pluraliste la propria visione del mondo, obiezione che si suole fare quando affronta questioni non negoziabili come “la protezione della vita umana, la famiglia fondata sul matrimonio o il diritto inalienabile dei genitori all’educazione religiosa dei propri figli”. “Siamo aperti a dialogare – ha chiarito il porporato – però il nostro servizio alla società e alla verità ci chiede di esporre precisamente le ragioni delle nostre convinzioni”. I 60mila euro del premio Conde sono stati integralmente devoluti ad iniziative di solidarietà dal cardinale segretario di Stato, che ha rievocato "Le catastrofiche inondazioni avvenute il 25 settembre del 1962 in diverse regioni della Catalogna, che causarono un elevato numero di morti e dispersi e suscitarono un'autentica ondata di solidarietà dinanzi a tanta sofferenza". "Da parte mia - ha affermato il cardinale salesiano - desidero destinare l'importo economico di questo premio a fini solidali, consegnando il cinquanta per cento dello stesso alla lodevole iniziativa dell'Arcivescovado di Barcellona per i giovani senza lavoro, e l'altro cinquanta per cento ai progetti del Grupo Guadalupe del Nicaragua, un'iniziativa creata in questo Paese da Suor Guadalupe Caldera Ramirez, cappuccina della Madre del Divino Pastor, che all'età di novantatre anni continua a essere l'anima della sua fondazione, e per borse di studio a studenti di famiglie a basso reddito delle scuole di queste religiose fondate dal Beato Josè Tous".
 
Radio Vaticana, Agi
 

Il congedo di mons. Müller dalla diocesi di Ratisbona: il Vangelo va annunciato e vissuto in tutta la sua pienezza. Non possiamo farlo trascinare qua e là, come una foglia appassita, dal vento delle opinioni

"Gioiosa fiducia in Dio, amore attivo per il prossimo e serena pacatezza": sono i tre pilastri spirituali che hanno sorretto, e continuano a farlo, la vita e il ministero dell’a rcivescovo Gerhard Ludwig Müller (nella foto con Benedetto XVI), prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Lo ha confidato egli stesso domenica 23 settembre, durante la celebrazione con cui si è congedato dalla diocesi di Ratisbona, dopo averla guidata per dieci anni. Vescovo nella diocesi bavarese dalla fine del 2002, il presule, che il 1° ottobre prossimo celebrerà il decennale di episcopato, è stato infatti chiamato, il 2 luglio scorso, a sostituire il cardinale statunitense William Joseph Levada, immediato successore di Joseph Ratzinger all’ex Sant’Uffizio. Alla vigilia del commiato, la sera di sabato 22, mons. Müller ha inaugurato a Pentling, sobborgo di Ratisbona, l’ex residenza di Joseph Ratzinger, sottoposta di recente a lavori di ristrutturazione. Donata due anni fa alla fondazione diocesana Papst Benedikt XVI., è stata trasformata in centro di documentazione e di incontro con la vita e l’opera del Pontefice. Tra i presenti alla cerimonia, anche il nunzio in Germania, l’arcivescovo Jean-Claude Périsset, il fratello di Benedetto XVI, mons. Georg Ratzinger, e il suo segretario particolare mons. Georg Gänswein. La casa-museo, che conserva anche oggetti appartenuti ai due fratelli sacerdoti e alla sorella Maria, sarà aperta ai visitatori su prenotazione a partire dal prossimo mese di ottobre. L’indomani, presiedendo l’Eucaristia domenicale nel duomo di Ratisbona, il presule tedesco ha offerto ai numerosi presenti e concelebranti un’omelia sul significato salvifico dell’amore di Cristo, che offre all’umanità "un orientamento nel tempo e una prospettiva nell’eternità. Per questo non ci rassegniamo e non ci lasciamo togliere la gioia di vivere e la vita stessa"; e per questo "non ci rifugiamo nemmeno nell’ebbrezza del piacere e del consumismo, che sovrasta la paura del nulla e banalizza la vita". Perché, ha aggiunto, "chi crede in Cristo comprende le proprie capacità come dono di Dio, svolge i propri compiti e doveri quotidiani verso Dio e il prossimo e sopporta le asperità del cammino terreno e le cattiverie dei contemporanei". Bussola per orientarsi in questo itinerario è per mons. Müller il Vangelo, "anche in una situazione resa più difficile dalla secolarizzazione e da un modo di pensare e di comportarsi come se Dio non esistesse, che caratterizza anche molti cristiani, i quali non comprendono più con chiarezza l’importanza della fede in Dio e nel suo amore". Un Vangelo, ha subito chiarito, che va "annunciato e vissuto in tutta la sua pienezza. Non possiamo seguire il consiglio scaltro di mettere in vendita la parola di Dio, che è eterna, nella fiera annuale delle opinioni e delle ideologie, e di consegnarla come un programma di partito alle preferenze degli elettori o di farla trascinare qua e là, come una foglia appassita, dal vento delle opinioni". Infatti, ha proseguito, "chi si confronta con serietà e dignità con la verità sull’uomo nella vita e nella morte è immune alle promesse dell’auto-redenzione e dal canto delle sirene di tutto ciò che gira intorno al wellness. Il creato non può che essere il cammino dell’uomo verso Dio, e non la sua meta". Ricorrendo a una metafora, il presule ha evidenziato come "da dietro le quinte del 'mondo senza Dio', che si presenta in modo tenue o anche stridulo", spunti il "fantasma" del "nichilismo", che vaga in un’Europa stanca della vita. "Come un suggeritore dalla sua buca, ci sussurra che tutto è teatro, tanta apparenza e niente sostanza". Grazie a Dio, però, ci sono i credenti, che sono aperti al mondo, "poiché la creazione manifesta la bontà di Dio nei nostri confronti. La bellezza della natura, l’emozione della storia, il fascino di ogni biografia non sono la falsa apparenza del nulla, bensì lo splendore dell’universo, del mondo ordinato dal logos della ragione della Parola di Dio, che rispecchia la sua gloria e la sua potenza. La ragione, della quale Dio ha dotato l’uomo, non si lascia impressionare dagli spettri del nichilismo e della disperazione. Chi riflette sulla propria situazione, nella fede in Dio sperimenta che dietro il mondo dell’apparenza ci sono l’esistenza di Dio, la sua verità e la sua bontà". Testimonianza della sua volontà salvifica, ha continuato il presule, sono "il susseguirsi delle generazioni e l’intera creazione. Da lui abbiamo ricevuto tutto ciò che siamo e che possediamo". Perciò "l’uomo non è sospeso sopra un precipizio, che alla fine lo inghiotte o che lo deruba. Dio non si esaurisce nella sua creazione, sicché tra lui e noi potrebbe nascere una rivalità. Più ci avviciniamo a lui nella fede e nella speranza, più sperimentiamo il Dio dell’amore trinitario come garante della nostra libertà e come nostro perfezionatore nella sua vita". Da qui la conclusione, che è un inno alla speranza cristiana: "Nel grande confronto spirituale universale, oggi - come in ogni tempo - non si tratta di cose secondarie, di liti tra redentori dell’umanità autoproclamatisi tali, che alla fine si rivelano sempre truffatori truffati. Nel confronto tra la morte e la vita esiste sempre un solo vincitore. È questo il messaggio del cristianesimo che sostiene la Chiesa e che ogni giorno dà forza e fiducia anche ai suoi Pastori e servitori della Parola divina: il Vangelo della vittoria di Cristo sulla morte e il compimento della nostra speranza di risurrezione e di vita eterna". Al termine del rito, sulla piazza del duomo si è svolta una caratteristica festa bavarese, durante la quale molti fedeli hanno potuto salutare personalmente l’arcivescovo Müller, testimoniando il loro affetto.

L'Osservatore Romano

Anno della fede. 'Baghdad della Fede', il Consiglio dei vescovi cattolici dell'Iraq promuove un sito in arabo. Il programma degli eventi nel Paese

Si chiama “Baghdad al Īmān”, “Baghdad della Fede”, ed è il sito (in arabo) promosso dal Consiglio dei vescovi cattolici iracheni, guidato dal siro-cattolico di Baghdad, mons. Ephrem Yousef Abba, per promuovere l’Anno della fede (11 ottobre 2012 - 24 novembre 2013). Secondo quanto riferisce il sito Baghdadhope su “Baghdad al Īmān” campeggia già un programma di eventi: l’apertura dell’Anno della fede sarà celebrato il 12 ottobre nella cattedrale caldea di San Giuseppe mentre la sua chiusura sarà celebrata il 22 novembre 2013 in quella armeno cattolica di Nostra Signora dei Fiori. In questa stessa chiesa si svolgerà, il 14 dicembre, un concerto poi replicato il 19 aprile 2013 nella chiesa siro cattolica di Mar Benham. Per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani il 18 gennaio 2013 si terrà un incontro ecumenico nella chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza, luogo che nel 2010 fu teatro della più orrenda strage di cristiani in Iraq. Un incontro di preghiera si svolgerà il 21 marzo nella chiesa latina di San Giuseppe mentre, questa volta nella chiesa caldea dedicata allo stesso santo si terrà, dal 26 al 28 settembre 2013, un incontro per catechisti sull’Anno della fede. Ma già il 28 settembre i giovani iracheni inizieranno un cammino di preparazione con una conferenza del parroco caldeo della chiesa di San Paolo, padre Albert Hisham, dal titolo: “La porta della fede: vocazione e missione”. Baghdadhope ha chiesto a padre Hisham se le finalità dell’Anno della fede, "sostenere la fede di tanti credenti che nella fatica quotidiana non cessano di affidare con convinzione e coraggio la propria esistenza al Signore Gesù", come ha ricordato il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, l’arcivescovo Rino Fisichella, presentando l’iniziativa, possa raggiungere la comunità irachena cristiana. "La difficoltà nel credere in Iraq e in tutto il Medio Oriente è differente da quella avvertita in Europa", ha risposto padre Hisham, che ha spiegato come in nel Paese ci si deve confrontare soprattutto con le conseguenze dei "cambiamenti politici e sociali"»: "In ciò sta l’importanza dell’Anno della fede in Iraq: cercare di rinsaldare la fede dei suoi cristiani mantenendola viva in modo che possa illuminare la società irachena. In un Paese che ha subito cambiamenti così veloci come l’Iraq bisogna tornare a chiedere l’aiuto della fede, fonte della nostra vita, e cercare di viverla nonostante le tante difficoltà che affrontiamo ogni giorno".

SIR, L'Osservatore Romano

Il 5 e 6 ottobre il Cortile dei Gentili ad Assisi sul tema 'Dio, questo sconosciuto'. Il card. Ravasi dialogherà con il presidente della Repubblica Napolitano

Un evento all’insegna dello spirito francescano dell’incontro: è stato presentato questa mattina, alla Sala Stampa vaticana, il Cortile dei Gentili ad Assisi del 5-6 ottobre prossimo. A illustrare l’evento, a cui prenderà parte anche il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano (nella foto con Benedetto XVI), sono stati, tra gli altri, il card. Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della Cultura, padre Enzo Fortunato, direttore della Sala stampa del Sacro Convento d’Assisi, e lo scrittore Vincenzo Cerami. Un “evento emblematico” e originale nella città di San Francesco all’insegna del dialogo e della nuova evangelizzazione. La due giorni ad Assisi del Cortile dei Gentili avrà per tema “Dio, questo sconosciuto” e vivrà un momento di grande richiamo con il dialogo d’apertura tra il card. Ravasi e il presidente Napolitano. Il programma del “Cortile di Francesco” è particolarmente ricco di eventi con 9 incontri sparsi nella città umbra e 40 relatori di alto livello, esponenti della cultura, dell’economia e della società, tra cui Corrado Passera, Franco Bernabè, Susanna Camusso, Giulio Giorello, Gustavo Zagrebelsky, Umberto Galimberti, Umberto Veronesi, Vincenzo Cerami, Ermanno Olmi. Ci saranno inoltre due eventi paralleli particolarmente significativi: il Cortile dei Bambini, già presente a Palermo, e il Cortile della Narrazione. La tappa di Assisi segue quella di grande successo in Svezia, “in uno dei Paesi tra i più secolarizzati al mondo dove sorprendentemente si è svolto un dibattito durato senza interruzioni per 3 ore e 40 minuti, a riprova di quanto il tema della trascendenza sia sentito”, ha detto Ravasi. Rispondendo dunque alle domande dei giornalisti, il card. Ravasi ha tracciato un primo bilancio dell’esperienza del Cortile, che ha già toccato numerose città in tutto il mondo: “Il bilancio che ho finora è positivo, soprattutto perché i temi mutano da luogo in luogo, e quindi bene o male, acquistano una connotazione esistenziale. La speranza è che si possa continuare, e continuare da parte delle chiese e da parte del mondo laico, non credente, che ha collaborato con maggiore entusiasmo... La seconda cosa: c’è davanti tutto l’orizzonte dell’indifferenza e credo che questo sia il nostro vero problema”. Quindi, il porporato ha sottolineato che sono già in programma nuove tappe del Cortile nei prossimi mesi: a Catanzaro, sul tema della legalità, in Portogallo e ancora in Messico e a Marsiglia, in Francia. Il porporato non ha poi mancato di auspicare un incontro del Cortile all’università “La Sapienza” di Roma, dove al Papa fu impedito di parlare nel gennaio del 2008. Ritornando all’evento di Assisi, è stato osservato che avviene nell’imminenza del Sinodo per la Nuova Evangelizzazione e dell’inizio dell’Anno della Fede. Non meno importante, ha poi notato padre Fortunato, è che avvenga all’indomani della Festa di San Francesco: “Il fatto che avvenga il 'Cortile di Francesco', il Cortile dei Gentili, dopo il 4 ottobre, io credo che è un po' come continuare a celebrare questa figura con momenti diversi. Emozione e riflessione vanno insieme”. Dal canto suo, lo scrittore e drammaturgo Vincenzo Cerami ha detto che il Cortile dei Gentili sembra “l’unica cosa” che si muove nel panorama culturale italiano. Ed ha affermato che un artista, anche se non credente, è sempre attratto profondamente dalla dimensione della fede: “La parola ‘ateo’ mi pare brutta. Penso che ogni uomo, ogni artista, abbia una parte segreta del suo cuore che anela a uno svelamento. Questa tensione appartiene a tutti e dà senso alla vita”. Il “Cortile di Francesco” si contraddistinguerà anche per una notevole copertura mediatica: l’evento sarà infatti seguito, tra gli altri, da Rai Uno, da Telepace e dalla Radio Vaticana che coprirà in diretta diversi momenti delle due giornate ad Assisi.

Conversazione del card. Bertone con il quotidiano 'La Vanguardia': i cristiani per il rinnovamento sociale. Dio e l’uomo contemporaneo asse del Magistero del Papa

Sarà il re di Spagna Juan Carlos I a consegnare oggi al cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), il Premio internazionale Conde de Barcelona. Giunto alla IV edizione, il prestigioso riconoscimento, istituito dalla fondazione Conde de Barcelona del quotidiano spagnolo La Vanguardia, è attribuito a personalità o istituzioni che si siano distinte per il proprio apporto al mondo della comunicazione. In questa occasione il cardinale Bertone ha rilasciato un’ampia e dettagliata intervista a Enric Juliana ed Eusebio Val, pubblicata nella edizione di domenica 23 settembre del giornale catalano. Numerosi gli argomenti affrontati: dalla crisi economica alla presenza dei cristiani in Medio Oriente, dalle sfide della secolarizzazione alla libertà religiosa. L’obiettivo si è inizialmente focalizzato sulla Spagna, dove il Papa, hanno notato gli intervistatori, si è recato quattro volte. Un segno di grande attenzione, ha specificato il porporato, per un Paese che ancora oggi può vantare il 75 per cento della popolazione di fede cattolica. Un’attenzione necessaria, del resto, in un momento in cui "il relativismo e il laicismo - ha sottolineato - stanno configurando una società che si scontra con i valori fondamentali della cultura cattolica, minando, per esempio, istituzioni come il matrimonio e la famiglia e scuotendo le fondamenta della vita morale»" A questo proposito il cardinale ha posto l’accento sull’impegno dell’Episcopato spagnolo, che "sta mobilitando tutte le forze della Chiesa in Spagna per far fronte a questa situazione e rievangelizzare la società". Riguardo alla crisi economica, che interessa in particolare la Spagna e altri Paesi europei, il segretario di Stato ha invocato "politiche sociali che promuovano la solidarietà. Sono convinto che l’Europa saprà affrontare la crisi che attraversa, che non è solo economica, e saprà uscirne. Ma lo potrà fare tanto più efficacemente quanto più saprà scoprire la centralità di questi valori, umani e cristiani, che l’hanno edificata e l’hanno resa grande nella storia". E anche in questo ambito ha messo in luce l’azione della Chiesa in Spagna, capace di un’"immensa opera di carità e di sostegno ai più deboli". Il discorso si è poi allargato alle tragedie vissute da popoli costretti a subire le conseguenze dell’odio e della violenza: in particolare le persecuzioni subite dai cristiani, la fuga conseguente dai Paesi del Medio Oriente, la mancanza di libertà religiosa. "La persecuzione o le difficoltà che i cristiani subiscono in diversi Paesi - ha detto in proposito il porporato - certamente sono da sempre una questione importante per la Santa Sede, per il bene non solo dei cristiani, ma anche delle nazioni alle quali appartengono e al cui bene contribuiscono in vari modi. Pensando, per esempio, alla situazione in Medio Oriente, sono convinto che la diminuzione della presenza cristiana non è solo un danno per la Chiesa, ma anche una perdita per tutta la società, come molti musulmani riconoscono". Perciò "è tanto importante la libertà religiosa, che sta alla base del rispetto degli altri diritti umani. La promozione della libertà religiosa è la miglior garanzia per il progresso della società". Altro argomento della lunga conversazione, il cui resoconto ha riempito due intere pagine del quotidiano spagnolo, è stato il recente viaggio in Libano, durante il quale Benedetto XVI ha rivolto lo sguardo, secondo il cardinale, a tutto il Medio Oriente, dove purtroppo sono ancora in corso "diversi conflitti, alcuni annosi, che attendono ancora un’adeguata soluzione. In particolare è motivo di preoccupazione la crisi in Siria, che ha provocato già quasi 30.000 morti e numerosi feriti e sfollati, senza dimenticare le centinaia di migliaia di esiliati e rifugiati. È una crisi complicata in cui si mescolano diversi fattori e in cui è in pericolo non solo la comunità cristiana, ma tutta la società. I cristiani, che sono presenti in Siria dagli inizi del cristianesimo, desiderano continuare a contribuire, come hanno fatto nel corso della storia, al bene comune della società. Nella Siria di domani la presenza dei cristiani come costruttori di pace e artefici di riconciliazione sarà sempre fondamentale". Da qui l’appello del porporato "all’immediata cessazione della violenza, da ovunque provenga, e a dare priorità alla via del dialogo e della riconciliazione. È importante salvaguardare l’unità del Paese, di modo che tutti, minoranze comprese, abbiano un ruolo fondamentale per contribuire al bene della società". Quanto ai cambiamenti in atto nella regione e alle loro ripercussioni sui cristiani, il segretario di Stato ha tenuto a precisare che "la realtà di ogni Paese è diversa, ma è vero che la situazione dei cristiani in alcuni Paesi non è migliorata e si percepisce una certa paura rispetto al futuro, che si sta ancora delineando. A un entusiasmo iniziale da parte di molti è potuta seguire una valutazione più cauta. Da un altro punto di vista, possiamo vedere questi cambiamenti nel mondo arabo più che come un rischio per i cristiani, come un’opportunità o una sfida. All’origine di molti mutamenti attuali si può trovare il desiderio di maggiore giustizia e partecipazione alla vita politica, come pure l’aspirazione allo sviluppo di società più democratiche, elementi che non possono non essere in grande sintonia con i valori che il cristianesimo ha promosso e che, in un certo senso, sono diventati patrimonio universale". E ha indicato, in proposito, valori come la dignità della persona e l’importanza della famiglia. La vita della Chiesa è stata argomento dell’ultima parte dell’intervista. Nella prospettiva di quei cambiamenti auspicati da alcuni settori cattolici, il porporato si è soffermato sulla necessità di insistere, più che sulle riforme strutturali, "sul bisogno di un rinnovamento radicale; vale a dire di un rinnovamento fondamentale sulle radici del nostro essere cristiani, sulla fede in Gesù Cristo. In questo Anno della fede, fortemente voluto da Benedetto XVI, in occasione del 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II e del 20° anniversario del Catechismo della Chiesa Cattolica, siamo invitati a riflettere sull’atto di fede e sui suoi contenuti, affinché possiamo offrire al mondo il dono di una testimonianza sicura, gioiosa e attraente". Il dialogo si è concluso da dove era iniziato, toccando nuovamente il tema del rapporto tra il Papa e la Spagna, questa volta in particolare con la Catalogna. L’esperienza vissuta a Barcellona, durante il viaggio del novembre 2010, è stata rievocata come un omaggio alla cultura catalana espressa nell’opera di Gaudí. "Dio e l’uomo contemporaneo - ha detto il cardinale - costituiscono l’asse del Magistero di Benedetto XVI. E Barcellona, con il suo maestoso tempio della Sagrada Famiglia, in un certo senso costituisce in Europa occidentale il simbolo delle relazioni tra l’umano e il divino, tra la natura e il soprannaturale. Per Gaudí l’arte può assumere il linguaggio teologico, ossia parlare all’uomo di Dio" e per questo l’arte alla fine si identifica in uno strumento di dialogo, di comunione tra la natura e la grazia. Per ogni uomo e per ogni popolo in questo senso essa rappresenta il modo di esprimere quanto sia viva nella propria anima e nella propria vita "la percezione di Dio".

L'Osservatore Romano

Il Magistero del Papa sul valore della Parola vissuta: la testimonianza dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia

“Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. È il brano del Vangelo di Luca della liturgia odierna, che rimanda all’essenza del cristianesimo e alla grande responsabilità di chi ha ricevuto il dono della fede ed è chiamato a testimoniarlo. una di quelle risposte spiazzanti che Gesù dà ai suoi interlocutori. Una situazione ordinaria, come può esserlo il ricevere notizia di una visita imminente, diventa una chiave che apre su una visione nuova, il punto di vista di Dio che illumina un aspetto impensato e impensabile all’uomo. In questo caso è l’affermazione che la “parentela” con Cristo è un fatto di fede e di scelte non di sangue. Gesù non fa sconti: suo “fratello”, sua “madre” persino, è colui che ascolta la Parola di Dio e la fa diventare realtà. Non si scappa da questa “filiera” della fede: ascolto e azione, i Santi lo insegnano. E Benedetto XVI lo ha ripetuto tante volte con chiarezza. “Per l’annuncio”, ha affermato in una circostanza, “abbiamo bisogno di due elementi”.
"Testimonianza e parola. E’ necessaria la parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di Dio in Cristo e quindi l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale” (Incontro con il clero della diocesi di Roma, 26 febbraio 2009).
E tuttavia, come Paolo VI ricordava e ricorda, un maestro che sia solo tale non basta: “È necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede" (Incontro con il clero della diocesi di Roma, 26 febbraio 2009).
Far parte del Regno di Dio, e dunque essere parente di Cristo, vivere nella sua casa, “non è – ebbe a dire il Papa tempo fa – una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive San Paolo, è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”.
“Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice ‘Signore, Signore’ e poi trascura i suoi comandamenti...Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi. Se invece ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina” (Angelus, 23 novembre 2008).
 
Radio Vaticana