“Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e
la mettono in pratica”. È il brano del Vangelo di Luca della liturgia odierna,
che rimanda all’essenza del cristianesimo e alla grande responsabilità di chi ha
ricevuto il dono della fede ed è chiamato a testimoniarlo. una di quelle
risposte spiazzanti che Gesù dà ai suoi interlocutori. Una situazione ordinaria,
come può esserlo il ricevere notizia di una visita imminente, diventa una chiave
che apre su una visione nuova, il punto di vista di Dio che illumina un aspetto
impensato e impensabile all’uomo. In questo caso è l’affermazione che la
“parentela” con Cristo è un fatto di fede e di scelte non di sangue. Gesù non fa
sconti: suo “fratello”, sua “madre” persino, è colui che ascolta la Parola di
Dio e la fa diventare realtà. Non si scappa da questa “filiera” della fede:
ascolto e azione, i Santi lo insegnano. E Benedetto XVI lo ha ripetuto tante
volte con chiarezza. “Per l’annuncio”, ha affermato in una circostanza, “abbiamo
bisogno di due elementi”.
"Testimonianza e parola. E’ necessaria la
parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di Dio in Cristo e quindi
l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale”
(Incontro con
il clero della diocesi di Roma, 26 febbraio 2009).
E tuttavia, come Paolo VI ricordava e ricorda, un maestro che sia solo tale non basta: “È necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede" (Incontro con il clero della diocesi di Roma, 26 febbraio 2009).
Far parte del Regno di Dio, e dunque essere parente di Cristo, vivere nella sua casa, “non è – ebbe a dire il Papa tempo fa – una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive San Paolo, è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”.
“Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice ‘Signore, Signore’ e poi trascura i suoi comandamenti...Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi. Se invece ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina” (Angelus, 23 novembre 2008).
E tuttavia, come Paolo VI ricordava e ricorda, un maestro che sia solo tale non basta: “È necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede" (Incontro con il clero della diocesi di Roma, 26 febbraio 2009).
Far parte del Regno di Dio, e dunque essere parente di Cristo, vivere nella sua casa, “non è – ebbe a dire il Papa tempo fa – una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive San Paolo, è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”.
“Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice ‘Signore, Signore’ e poi trascura i suoi comandamenti...Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi. Se invece ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina” (Angelus, 23 novembre 2008).
Radio Vaticana