mercoledì 9 maggio 2012

Anno della fede. Bagnasco: anno dedicato a ripensare la fede nella gioia, nel coraggio della testimonianza, in servizio di fedeltà a Dio e all'uomo

"Per poter portare dei contributi più documentati e concreti alla situazione complessa che presenta oggi in Europa problemi di natura economica, finanziaria, sociale e politica, è necessaria una presa di coscienza sempre più profonda della dottrina sociale della Chiesa, questo deposito del Magistero della Chiesa in tema sociale”. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana, parlando ai giornalisti della situazione europea a poche ore dalla celebrazione a Roma di una Santa Messa per l’Europa nella Basilica di Santa Maria Maggiore presieduta dal card. Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa e dai due vice-presidenti del CCEE, il card. Bagnasco e mons. Jozef Michalik. “A fronte della complessità dei problemi e di problemi anche inediti che sono da affrontare - ha aggiunto il card. Bagnasco - la risposta prima e urgente, più importante, è quella di una fede più consapevole e più vissuta. Questa è la prima risposta che i vescovi sollecitano nell’ambito delle comunità cristiane ed è il primo e fondamentale contributo”. Per questo il cardinale lega la Messa di questo pomeriggio per l’Europa ad altri due grandi eventi che caratterizzeranno la vita della Chiesa quest’anno: il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e l’Anno della fede. Si tratta, ha detto il card. Bagnasco, di una “felice intuizione di Papa Benedetto XVI”: “Un anno dedicato a ripensare la fede nella gioia, nella consapevolezza, nel coraggio della testimonianza, in un’ottica di servizio di fedeltà a Dio e di fedeltà all’uomo“. “Di fronte alle sfide della complessità del mondo moderno e della globalizzazione a tutti i livelli, la migliore e la più urgente risposta è quella di una fede rinnovata, più consapevole e più responsabile”. I vescovi europei si ritroveranno quindi oggi a Roma per “affidare in questo particolare momento della storia, l’Europa ai suoi grandi Patroni”. La preghiera: “Tutto parte - ha detto il cardinale - e tutto ritorna alla preghiera che è il cuore del Vangelo. È la sorgente della responsabilità sociale e della presenza dei cristiani nel mondo”.

SIR

Saluto del Papa ai partecipanti al Convegno contro la tratta degli esseri umani. Ai giovani: non disdegnate il Rosario, preghiera semplice ma efficace

Dopo la catechesi dell'Udienza generale, al momento dei saluti ai pellegrini, accorsi numerosi in Piazza San Pietro, il Papa ha rivolto un pensiero ai partecipanti al Convegno contro la tratta degli esseri umani, promosso dal Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace. Quindi, ha incoraggiato l’associazione umanitaria “Medici con l’Africa Cuamm”, riuniti per il Convegno “sull’accesso gratuito alle cure per le mamme e i bambini” dell’Africa sub-sahariana. Infine, nel mese mariano, ha rivolto un invito ai fedeli e in particolare ai giovani:“Il mese di maggio richiama la nostra devozione alla Madre di Dio: cari giovani, non disdegnate di recitare il Rosario, preghiera semplice ma efficace”.

Radio Vaticana

Il Papa: fin dalla mia elezione mi sono sempre sentito sorretto dalla preghiera vostra e della Chiesa, soprattutto nei momenti più difficili

Udienza generale questa mattina in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa, continuando la riflessione sulla preghiera negli Atti degli Apostoli, ha incentrato la sua meditazione sull’episodio della liberazione miracolosa di San Pietro dalla prigionia (cfr At 12, 1-17). Benedetto XVI ha fatto notare che tale racconto “è ancora una volta segnato dalla preghiera della Chiesa”. Dopo aver sottolineato “l’invito pressante alla sequela” contenuto nella narrazione di Luca e accolto da Pietro, il Pontefice ha evidenziato l’abbandono fiducioso dell’Apostolo che, in carcere, “mentre la comunità cristiana prega con insistenza per lui”, “stava dormendo”. Un atteggiamento, la riflessione di Benedetto XVI, “che può sembrare strano, ma che invece denota tranquillità e fiducia; egli si fida di Dio, sa di essere circondato dalla solidarietà e dalla preghiera dei suoi e si abbandona totalmente nelle mani del Signore. Così deve essere la nostra preghiera: assidua, solidale con gli altri, pienamente fiduciosa verso Dio che ci conosce nell’intimo e si prende cura di noi al punto che – dice Gesù – ‘perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati’”. In contrasto con l'atteggiamento di quella comunità c'è quello che racconta la lettera di San Giacomo in cui questi affronta il tema della "crisi" della comunità, che, ha detto Benedetto XVI, era "in crisi non tanto per le persecuzioni ma perché al suo interno sono presenti gelosie e contese e Giacomo trova due motivi principali per questa situazione: il primo è il lasciarsi dominare dalle passioni, dalla dittatura delle proprie voglie", e il secondo "la mancanza di preghiera o la presenza di una preghiera che non si può definire tale", perché si chiede "per soddisfare le vostre passioni, le cose cambierebbero se la comunità pregasse in modo assiduo e unanime". "Anche il discorso su Dio rischia di perdere la sua forza interiore e si inaridisce se non è accompagnato dalla preghiera, dalla continuità di un dialogo diretto con il Signore''. E' "un richiamo importante anche per noi, per le nostre comunità, sia quelle piccole come la famiglia, sia quelle più vaste come la parrocchia, la diocesi, la Chiesa intera", perché impariamo a pregare "non per le nostre passioni, dobbiamo imparare a pregare bene, orientarci verso Dio e non verso il bene proprio". "La comunità, invece, che accompagna la prigionia di Pietro è una comunità che prega veramente, per tutta la notte, unita. Ed è una gioia incontenibile quella che invade il cuore di tutti quando l’Apostolo bussa inaspettatamente alla porta". E’ questa la testimonianza di Pietro, a Gerusalemme, nella Chiesa dove è “posto come roccia”: “Egli sperimenta che nel seguire Gesù sta la vera libertà, si è avvolti dalla luce sfolgorante della Risurrezione e per questo può testimoniare sino al martirio che il Signore è il Risorto”. “L’episodio della liberazione di Pietro raccontato da Luca ci dice che la Chiesa, ciascuno di noi, attraversa la notte della prova, ma è la vigilanza incessante della preghiera che ci sostiene”. Benedetto XVI vive la stessa esperienza: “Anche io, fin dal primo momento della mia elezione come Successore di San Pietro, mi sono sempre sentito sorretto dalla preghiera della Chiesa, dalla vostra preghiera, soprattutto nei momenti più difficili. Ringrazio di cuore. Con la preghiera costante e fiduciosa, il Signore ci libera dalle catene, ci guida per attraversare qualsiasi notte di prigionia che può attanagliare il nostro cuore, ci dona la serenità del cuore per affrontare le difficoltà della vita, anche il rifiuto, l’opposizione, la persecuzione”. "L’episodio di Pietro - ha proseguito - mostra questa forza della preghiera. E l’Apostolo, anche se in catene, si sente tranquillo, nella certezza di non essere mai solo: la comunità sta pregando per lui, il Signore gli è vicino; anzi egli sa che ‘la forza di Cristo si manifesta pienamente nella debolezza’”. La preghiera “costante e unanime”, ha concluso Benedetto XVI, “è un prezioso strumento anche per superare ogni prova che può sorgere nel cammino della vita, perché è l’essere profondamente uniti a Dio che ci permette di essere anche profondamente uniti agli altri”.

SIR, AsiaNews, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Il presidente Hollande invitato a prendere possesso del titolo di canonico ordinario della Basilica Lateranense. Dai vescovi una buona accoglienza

Riceverà il titolo di canonico ordinario il neo-eletto presidente della Francia Francois Hollande. Il capo di Stato francese, infatti, è stato invitato dalla Basilica romana di San Giovanni in Laterano (foto) a prendere possesso del titolo della Basilica, che fin dal 1604 spetta ai capi di Stato francesi, prima ai re e ora ai presidenti della Repubblica. L'annuncio gli è stato recapitato ieri con una lettera di invito, insieme alle congratulazioni per l'avvenuta elezione. Lo riferisce l'agenzia francofona I.Media, specializzata in informazioni sul Vaticano. Il predecessore di Hollande, Nicolas Sarkozy, aveva preso possesso del titolo il 20 dicembre 2007, giorno in cui si reco' anche in visita a Papa Benedetto XVI. Quello di canonico del Laterano è stato anche il titolo dei presidenti de Gaulle, Giscard d'Estaing e Chirac, mentre Coty e Pompidou lo hanno rifiutato, e Mitterrand non lo ha nè voluto nè rifiutato. Si vedrà ora cosa farà il nuovo inquilino socialista dell'Eliseo, anch'egli in predicato di riceverlo come successore dei re di Francia, 'figlia maggiore della Chiesa'. Il legame tra la Francia e l'arcibasilica papale di San Giovanni, 'madre e capo di tutte le Chiese', viene ricordato ogni anno nel giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre, con una Messa celebrata dal cardinale vicario, all'intenzione della felicità e prosperità della Francia ('Pro felici ac prospero statu Galliae'). Il canonicato onorario è un privilegio che risale al re Enrico IV, che aveva ereditato un regno profondamente diviso tra cattolici e protestanti e aveva adottato all'inizio la confessione calvinista; era poi tornato definitivamente al cattolicesimo, con l'assoluzione del Papa. Alla conversione di Enrico IV fece seguito nel 1598 l'editto di Nantes, che concedeva ampia libertà religiosa ai protestanti, ristabilendo la pace nel regno. Per manifestare la propria riconoscenza alla Chiesa Cattolica, il cui perdono aveva permesso la pacificazione, il re fece nel 1604 una generosa donazione al Capitolo del Laterano. Tra le clausole della donazione c'era la celebrazione il 13 dicembre, compleanno del re, di una Messa per la prosperità della Francia. Tranne che per le mancate nozze, il nuovo inquilino dell’Eliseo è ben accolto dalle gerarchie ecclesiastiche. I vescovi francesi gli danno il benvenuto raccomandadogli di lavorare per la coesione nazionale, mentre vengono evidenziati gli "errori politici" che hanno condotto Sarkozy alla sconfitta. Nella notte dell’investitura elettorale, il rapporto con la Chiesa Cattolica diventa un accenno in una intervista alla agenzia France Press di Valerie Trierweiler, compagna fin dal 2005 del neopresidente francese Francois Hollande. "Sarà un problema non essere sposati, sul piano diplomatico? Non credo che sia un problema, forse per una visita al Papa?". Intanto, però, si mescolano auguri di buon lavoro e velati moniti nelle reazioni dell’Episcopato francese ed europeo. "Vorrei dire al presidente della Repubblica: avrete bisogno di tutti. Mi auguro che il presidente possa avviare realmente un lavoro di coesione", afferma mons. Bernard Podvin, portavoce della Conferenza Episcopale francese, rispondendo al giornale radio di Rcf andato in onda lunedì mattina. Riguardo alle posizioni manifestate dal presidente Hollande sul matrimonio gay e sulle questione dell’accompagnamento al fine vita, mons. Podvin puntualizza: "Occorre dibattere e la Chiesa Cattolica non ha mai nascosto ciò che pensa rispetto ad alcune posizioni manifestate da colui che è diventato presidente della Repubblica. Occorre discuterne in maniera più profonda". L’analisi del voto appare chiara. "La crisi vota contro Sarkozy", aveva sostenuto il quotidiano francese Le Monde dopo il primo turno delle presidenziali francesi. E così anche al ballottaggio del 6 maggio "la recessione economica, con le sue ricadute su lavoratori e famiglie, è uno degli elementi determinanti (assieme a una serie di errori politici da lui stesso ammessi) per la sconfitta di Nicolas Sarkozy", evidenzia il Sir, l’agenzia stampa della CEI, in una nota dedicata al voto europeo. "Il presidente uscente, esponente del neogollismo - aggiunge il SIR - ha ceduto il passo, pur con uno scarto elettorale lieve, al socialista François Hollande, autonominatosi 'monsieur normal', per sottolineare la differenza di stile rispetto al suo avversario, sovraesposto mediaticamente e prodigo di promesse". "Parigi adesso - si osserva - è attesa alla prova europea: i due sfidanti all’Eliseo avevano lanciato, ciascuno a suo modo, moniti e imperativi all’Europa, sui temi del rigore e della crescita, sul controllo delle migrazioni, sulla politica estera e in altri settori, ritenendo di poter orientare a proprio piacimento una Unione di 27 Stati". "Ora - prosegue il SIR- spenti i riflettori delle elezioni, il vincitore Hollande dovrà semplicemente riconoscere di essere uno dei partner comunitari, benchè un partner di primo piano. E i segnali che già gli giungono dalla Merkel e da altri leader europei sono al contempo d’incoraggiamento e di 'moderazione'. In Europa si tratta, non si comanda. Il voto francese non è peraltro nè il primo, e forse non sarà l’ultimo, sul cui esito ha pesato la crisi e in questa chiave va posto sotto la lente d’ingrandimento europea. Ci si può domandare, infatti, quanto influirà sulla politica della cancelliera tedesca Angela Merkel, la nuova batosta elettorale subita nel land Schleswigh-Holstein, che precede di una sola settimana un altro test rilevante, nel Nord Reno Westfalia. Lo stesso si può dire delle elezioni amministrative nel Regno Unito e in Italia. A maggior ragione, interrogativi profondi emergono dai seggi greci".

Roma Oggi Notizie, Vatican Insider

Il Papa ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro. Don Ratzinger torna da Pontefice e riscopre la sua Toscana. Qui l'ispirazione per la tesi su Bonaventura

Ha aspettato sette anni. Sette anni tondi, quelli che nelle coppie segnano le forche caudine della crisi. Ma che per la chiesa, abituata a ragionare sui tempi lunghi, sono un giro di clessidra. Ha aspettato sette anni il Papa venuto da un paesino tedesco di mille abitanti per affacciarsi in Toscana. E alla fine ha scelto Arezzo, dove atterrerà domenica, dopo un’ultima curva in elicottero sulla curva nord dello Stadio. E soprattutto si è ritagliato addosso, neanche fosse un panneggio liturgico, una giornata dalle mille emozioni. Alcune anche personali. Perché Benedetto XVI torna in una terra che già conosceva da prete, lì dove addirittura ha pescato l’ispirazione per la sua tesi: una tesi su San Bonaventura, il teologo del francescanesimo, l’iniezione di sapienza nella regola semplice del poverello. Fino al 1988, i due giorni di settembre passati a La Verna, tra le riflessioni dotte (ma anche un po’ semplici) su San Bonaventura e le chiacchierate tranquille in refettorio. Arriva domenica il Papa al suo debutto in Toscana. Arriva volteggiando su una città in festa.

Alberto Pierini, La Nazione

Omelia del card. Joseph Ratzinger in occasione della festa delle stimmate di San Francesco (La Verna - 17 settembre 1988)

Benedetto XVI a Orvieto nel 2014 a conclusione del Giubileo eucaristico straordinario a 750 anni dall'istituzione della Solennità del Corpus Domini

Ormai è quasi ufficiale: Papa Benedetto XVI sarà a Orvieto nel 2014, a conclusione dei due anni di Giubileo eucaristico straordinario concesso dal Vaticano. La visita, non a caso, sarebbe in programma in occasione della ricorrenza dei 750 anni dalla promulgazione della bolla "Transiturus", ovvero della istituzione della Solennità del Corpus Domini, e non in occasione della ricorrenza del Miracolo Eucaristico in linea generale con la tendenza della Chiesa a celebrare più gli atti ufficiali che non i miracoli. La visita del Pontefice è uno dei pochi punti, quasi fermi, attorno a cui ruota l’organizzazione, religiosa e laica, degli eventi dell’eccezionale biennio. L’arcivescovo Giovanni Marra ha già sottoposto all’attenzione del sindaco una prima bozza di programmi che resta top secret. Così, al riguardo, il sindaco Toni Concina: “Per il Giubileo che è stata una concessione straordinaria da parte della Santa Sede, siamo stati già convocati dall’arcivescovo che ci ha dato un quadro provvisorio di quello che accadrà nel 2013 – 2014. Si tratta di programmi ambiziosi che, nel 2014, dovrebbero vedere la visita ad Orvieto del Santo Padre, secondo un programma che tuttavia va delineandosi sempre più precisamente”. Poco o nulla trapela al riguardo dei programmi religiosi. Sul fronte laico poi è tutto da organizzare. Ma la macchina inizia a muoversi. La prima cosa sarà un consiglio comunale congiunto con Bolsena, la cittadina lacustre del Miracolo Eucaristico che divide con Orvieto l’eccezionale giubileo. “Attendo di fare un consiglio comunale congiunto tra Orvieto e Bolsena – ha detto Concina – per dare all’arcivescovo la certezza di quanto le nostre due città siamo motivate intorno all’evento. La mia proposta ha già avuto l’adesione del sindaco di Bolsena e dell’arcivescovo”. Stando a quanto trapela, c’è poi l’idea di costituire un comitato istituzionale che coinvolga tutti gli enti locali (Comune, Fondazione Cassa di Risparmio, Opera del Duomo, Curia) e che dovrebbe farsi promotore della programmazione, partecipandola di volta in volta con le associazioni di categoria e con la città. L’eccezionalità dell’evento, secondo il consigliere Pierluigi Leoni, impone poi un più stretto confronto con il Vaticano. Questa la sua proposta: “La proclamazione del Giubileo eucaristico straordinario per gli anni 2013 e 2014 da parte della Santa Sede è una grande opportunità – afferma Leoni -. Appare quindi indispensabile un raccordo diretto, costante ed ufficiale con la Santa Sede da instaurare il prima possibile. Il Comune di Bolsena ad esempio, invia ogni anno una delegazione ufficiale, chiedo perciò al sindaco se anche il Comune di Orvieto intende intraprendere iniziative analoghe al fine di capire cosa la Santa Sede sta programmando e che cosa si attende da noi”.

Orvietosi.it

Anno della fede. Piacenza: se non emerge tutta la luce che dalla 'porta della fede' promana, difficilmente la prospettiva cristiana sarà affascinante

"Iniziazione cristiana e nuova evangelizzazione" è il tema del Convegno internazionale sulla catechesi promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali europee, apertosi questa mattina alla Domus Mariae di Roma, con la Messa celebrata dal card. Mauro Piacenza (nella foto con Benedetto XVI), prefetto della Congregazione per il clero. "La prima lettura, appena ascoltata dagli Atti degli Apostoli - ha esordito il porporato nell’omelia - porti in sé le parole con le quali il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto intitolare la lettera di indizione dell’Anno della fede, per il cinquantesimo anniversario della convocazione del Concilio Ecumenico Vaticano II ed il ventesimo della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, strumento indispensabile per la corretta ermeneutica dei testi conciliari". Nel testo, infatti, leggiamo che gli Apostoli "riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede". Cosa significhi questo aprire la porta della fede, agli uomini di ogni tempo e luogo, lo ha spiegato chiaramente il cardinale: "E' compito innanzitutto di Dio stesso! Se perdiamo di vista questo 'primato' dell’Opera di Dio, qualunque nostro sforzo sarà destinato a non portare i frutti sperati. È Dio che apre la porta della fede ai nostri fratelli uomini e lo fa, innanzi tutto, attraverso il Figlio suo unigenito. Egli è la 'porta delle pecore', via universale ed unica di salvezza per tutti gli uomini". L’immagine della "porta" è particolarmente "efficace perché dice di un 'entrare' in una dimensione nuova, in una realtà che l’uomo non può darsi da se stesso, ma che è interamente dono di Dio". Tuttavia, ha messo in evidenza il porporato, questa realtà di dono, che è "Dio stesso, domanda il movimento della nostra libertà, domanda che la soglia della 'porta', aperta da Dio, sia varcata da ciascuno di noi". Ecco, perché, "la salvezza universalmente offerta non può in alcun modo divenire efficace senza il concorso della libertà creata, che, sostenuta dalla grazia, 'compie il passo' e varca la 'porta della fede'". Nasce da qui il grandissimo compito della catechesi dell’iniziazione cristiana, soprattutto nell’orizzonte della nuova evangelizzazione, che è, allora, perlomeno duplice. "Da un lato la catechesi - ha detto - deve collaborare con il Signore ad 'aprire la porta della fede', mostrando, in modo profondamente ragionevole ed umanamente, perfino affettivamente, recepibile, la grande possibilità di vita, di significato e di compimento che Dio offre agli uomini». Infatti, ha aggiunto il porporato, "se non torniamo a far emergere tutta la ragionevolezza, l’attrattiva e perfino la “convenienza umana” del cristianesimo, se non emerge tutta la luce, che dalla 'porta della fede' promana, ben difficilmente la prospettiva cristiana potrà risultare affascinante". Dall’altro lato, ha aggiunto, "la catechesi è chiamata a sostenere l’intelligenza della fede, attraverso la conoscenza della Rivelazione, sia nei suoi aspetti relazionali, sia in quelli più tipicamente dottrinali, che ne sono la storica traduzione". Un riferimento poi al Concilio Vaticano II: "Dobbiamo riconoscere come la stessa vita morale, sia intra che extra-ecclesiale, sia stata terribilmente indebolita da una non sufficiente catechesi, da una formazione incapace, forse, di dare le ragioni delle esigenze del Vangelo e di mostrare, nella concreta esperienza esistenziale, come esse siano straordinariamente umanizzanti. Tutto ciò non certo per colpa del Concilio!". Per tale ragione la catechesi è sempre anche una 'narratio'. Nel testo citato troviamo che gli Apostoli "riferirono tutto quello che Dio aveva fatto". In esso è contenuta, "in nuce, tutta l’opera di una catechesi che non è solo trasmissione di verità dottrinali, ma diviene possibilità di partecipazione allo stesso Evento della fede, allo stesso Evento-Cristo". La dimensione dottrinale tuttavia, ha sottolineato, "ben lungi dall’essere secondaria, rappresenta il concreto modo della 'narratio', la quale altrimenti rischierebbe di divenire arbitraria e soggettiva e, perciò, non più credibile. Come ha ricordato il Santo Padre nell’omelia per la Santa Messa Crismale, siamo di fronte ad 'un analfabetismo religioso che si diffonde in mezzo alla nostra società così intelligente'". La catechesi, ha concluso il cardinale, soprattutto dell’iniziazione cristiana, ha questo grande compito: "Vincere l’analfabetismo religioso, insegnando 'che cosa Dio ci ha detto'! E senza lasciarsi paralizzare dalle interminabili questioni metodologiche! I problemi metodologici, cari amici, sono travolti dai Santi che, con la loro semplicità e vita, sono la più efficace catechesi vivente che Dio stesso offre al suo popolo".

L'Osservatore Romano