lunedì 7 febbraio 2011

'Luce del mondo'. Cercare Dio, fare esperienza di Lui, rimetterlo al primo posto: per il Papa la strada per una vera conversione e un nuovo umanesimo

Quando uscì, a fine novembre 2010, il libro-intervista di Papa Benedetto XVI con il giornalista bavarese Peter Seewald (foto), intitolato "Luce del mondo", la maggior parte dei media e degli opinionisti si catapultarono a sottolineare quelle che sembravano aperture di Joseph Ratzinger all'uso del profilattico in determinate situazioni. Ne nacque un dibattito anche tra teologi e studiosi, fino a quando si registrò anche una presa di posizione ufficiale da parte vaticana, che ribadiva come la dottrina cattolica ufficiale non cambiasse di un millimetro. Ancora una volta, come nel caso del viaggio del Papa in Camerun e Angola, ci si concentrò esclusivamente su quello che Benedetto XVI dice in una paginetta del libro, omettendo tutto il resto. Ma si sa, i tempi della cronaca sono rapidi, anzi fulminei, e si raccoglie quello che si riesce. A bocce ferme, dopo qualche tempo, riprendiamo in mano questa conversazione con il Pontefice, diventata nel frattempo (e c'era da immaginarselo) un volume di successo, pluritradotto (con qualche difficoltà), e che, già nell'andamento dialogico, dice molto di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Innanzitutto per la chiarezza e la semplicità, pur nella consueta profondità, delle parole del Papa, che in un fitto e immediato dialogo con Seewald non si sottrae agli argomenti anche più spinosi che coinvolgono il mondo e la vita della Chiesa nel contesto attuale. Poi per una sorta di "ordinarietà", di naturalezza, verrebbe da dire quasi di umiltà e dolcezza che caratterizzano la personalità di Joseph Ratzinger, così come emerge anche da questo ultimo libro, e contrariamente a una certa immagine di lui cristallizzata e non veritiera. Molte, nel libro, sono le testimonianze di questo atteggiamento mentale e spirituale di Benedetto XVI: "Essere Papa non significa porsi come un sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso, ed essere disposto ad accettare il proprio ministero anche in questa forma, in unione a Lui". Joseph Ratzinger ha piena consapevolezza che la testimonianza cristiana nel mondo trova spesso opposizioni anche potenti, e cita il nazismo, ma anche una certa cultura contestatrice "sessantottina", eppure resta convinto e vuole mostrare a tutti che il cristianesimo è fonte di gioia e allarga gli orizzonti, anche in un contesto secolarizzato e apparentemente avverso, come quello europeo attuale. Il Papa, con incredibile modestia, afferma di considerarsi "piccolo" rispetto a un "gigante" come il suo predecessore Giovanni Paolo II, ma mai carente di fiducia in quel Dio che è la fonte suprema della sua forza e della sua missione spirituale e pastorale. Chiarissimo il suo programma: il Pontefice ha il dovere di battersi ovunque per il rispetto dei diritti umani, poiché ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio e ha una vocazione divina, per la libertà, contro ogni forma di guerra e violenza, a favore della salvaguardia della terra. Che piaccia o meno, questa è la sua missione, e ancor di più quella di cercare di rendere presente Dio all'uomo di oggi, di aprire a quest'uomo l'accesso al divino e alla speranza. Una missione che non ha risparmiato a Papa Ratzinger dolore personale, contestazioni, carichi di responsabilità e sofferenze, soprattutto a causa dello scandalo dei preti pedofili, un problema che è venuto alla luce in tutta la sua violenza negli ultimi anni, ma di cui il card. Ratzinger si era già occupato da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e per il quale aveva avuto parole di condanna nei testi preparati per la Via Crucis al Colosseo nell'anno 2005. Anche in questo caso Benedetto XVI ha le idee chiare e le espone precisando che la Chiesa ha mancato, negli ultimi decenni, di punire adeguatamente i religiosi che si erano macchiati di un simile crimine. "Oggi – dice il Papa con severità – dobbiamo imparare che l'amore per il peccatore e l'amore per la vittima stanno nel giusto equilibrio per il fatto che io punisco il peccatore nella forma possibile e appropriata". L'amore vero, prosegue il Papa, non è solo gentilezza e cortesia, ma amore nella verità. Papa Ratzinger offre quindi una vera road map per gestire le situazioni di abusi, illustrando quella che è la modalità operativa del suo Pontificato nella fattispecie: prima di tutto prendersi cura delle vittime e stare al loro fianco per aiutarle a guarire; fare adeguata prevenzione nella scelta dei candidati al sacerdozio, evitando quelli palesemente omosessuali, cosa che ha suscitato scandalo e proteste; punire i colpevoli e impedire loro che si trovino in condizione di reiterare i misfatti. "Quello che non deve mai accadere – continua il Papa – è che si fugga e si faccia finta di non vedere". E da qui, da questo particolare e sofferto Anno Sacerdotale, la Chiesa di Benedetto XVI vuole ripartire sulle note della purificazione, della penitenza, del rinnovamento interiore. Papa Ratzinger conferma che anche il male fa parte del mistero della Chiesa, che però può contare sull'aiuto di Cristo, senza il quale "la Chiesa sarebbe già affondata da un pezzo". Ma i problemi non sono solo dentro la comunità ecclesiale. Anche il galoppante secolarismo, il laicismo e il relativismo preoccupano Papa Ratzinger, così come la diffusione della droga e una sessualità vissuta in maniera disordinata. La testimonianza cristiana sulla scena pubblica e politica nel mondo occidentale non sembra all'altezza di quello che è richiesto. Per contro, grandi speranze provengono al Papa dai continenti africano e sudamericano, cuori pulsanti della Chiesa Cattolica del futuro. Cercare Dio, fare esperienza di Lui, rimetterlo al primo posto: questa, per il Pontefice, è la mossa, la strada per una vera conversione e per un nuovo umanesimo. "La cosa importante, oggi, - sottolinea il Papa – è che si veda di nuovo che Dio c'è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può anche essere razionale quanto si vuole, ma l'uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità; e così crolla l'essenziale".Intorno alla Chiesa si muovono, inoltre, altri attori come l'Ortodossia, con il Papa che esprime ottimismo per un possibile incontro con il Patriarca di Mosca Kirill, e l'Islam, che Benedetto XVI ha sfidato al dialogo basato sulla ragione, sulla libertà e sulla rinuncia completa alla prevaricazione violenta. Ma, soprattutto, l'agenda del Papa si deve comporre intorno alle urgenze e alle necessità del popolo cristiano: come esprimere le verità di fede in maniera comprensibile all'uomo di oggi, come aiutarlo a riconcepire concetti ormai rimossi. Ecco, tutto questo è terreno di quella "nuova evangelizzazione" di cui sentiva la necessità anche Giovanni Paolo II e che parimenti è nel cuore di Papa Benedetto. Grande ruolo in quest'opera è assegnato ai sacerdoti, per i quali il Pontefice consiglia la vita comunitaria, quali amministratori dei sacramenti e soprattutto dell'Eucaristia, il momento in cui Cristo si fa presente nella sua Chiesa più intensamente. E poi ai fedeli, magari ridotti di numero in Europa, ma dediti alla causa del Vangelo, nutriti della Sacra Scrittura e convinti che il "Gesù creduto è veramente il Gesù storico, e che la figura di Gesù, così come la mostrano i Vangeli, è molto più realistica e credibile delle tante altre rappresentazioni di Gesù che di continuo ci vengono presentate". E qui il Papa si riferisce alle polemiche e alla ricostruzioni storiche di numerosi studiosi e scrittori che cercano di demolire gli stessi fondamenti storici della fede cristiana in un'azione dall'ormai forte impatto mediatico sull'opinione pubblica occidentale. Presentare la corretta immagine di Cristo così come ce la consegna la tradizione credente della Chiesa è un altro fronte dell'impegno di Papa Ratzinger, di cui dà testimonianza il suo libro su Gesù di Nazaret, la cui seconda parte è pronta per essere pubblicata il prossimo mese.

Massimo Donaddio, Il Sole 24 Ore

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. La CEI: riscoprendo e custodendo la sua centralità le Chiese saranno autentiche comunità testimoni del Risorto

“Riscoprendo e custodendo la centralità dell’Eucaristia e la stessa Celebrazione Eucaristica come il ‘culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù’, le nostre Chiese particolari potranno diventare autentiche comunità di testimoni del Risorto”: lo scrive il Consiglio Permanente della Cei nel “Messaggio d’invito al XXV Congresso Eucaristico Nazionale”, che si terrà ad Ancona dal 3 all’11 settembre. Il testo, diffuso in mattinata, presenta anzitutto l’icona biblica che ispira il cammino verso questo congresso: essa è costituita dalla domanda “Signore, da chi andremo?” (Gv, 6,68), quale confessione dell’apostolo Pietro. I vescovi esortano nella parte iniziale del documento a “ripartire sempre dalla salvezza cristiana nel suo preminente carattere di avvenimento, che è l’incontro con il Risorto, Gesù il Vivente”. Richiamano poi l’Esortazione postsinodale di Benedetto XVI "Sacramentum caritatis", dalla quale, scrivono, emerge “la necessità di insistere sull’efficacia dell’Eucaristia per la vita quotidiana. ‘In quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza quotidiana, l’Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell’uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio’”. Dopo aver ricordato quanto “i cristiani siano riconosciuti e apprezzati come uomini e donne di carità, esperti di umanità, socialmente solidali, anche da quelli che non frequentano la vita della comunità cristiana”, i vescovi indicano un collegamento tra il congresso eucaristico e il decennio pastorale sull’educazione 2010-2020. Scrivono infatti: “L’agire pastorale deve concorrere a suscitare nella coscienza dei credenti l’unità delle esperienze della vita quotidiana, spesso frammentate e disperse, in vista di ricostruire l’identità della persona. Essa, infatti, si realizza non solo con strategie di benessere individuale e sociale, ma con percorsi di vita buona, capaci di stabilire una feconda alleanza tra famiglia, comunità ecclesiale e società, promuovendo tra i laici nuove figure educative, aperte alla dimensione vocazionale della vita”. Aggiungono poi che “nel cammino verso il Congresso Eucaristico vogliamo impegnarci perché cresca e sia condivisa una rinnovata spiritualità della vita quotidiana...lo stile di vita nuovo dei credenti deve trasparire in tutta la bellezza e piena umanità”. Sottolineano infine il coinvolgimento nei lavori del congresso di tutte le diocesi che compongono la metropolia di Ancona-Osimo: vale a dire Fabriano-Matelica, Jesi, Loreto e Senigallia.

SIR

Il Papa: in un mondo in cui si considera pericoloso parlare di verità educare un atto d'amore che richiede responsabilità, dedizione, coerenza di vita

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti alla plenaria della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi).
“Educare è un atto d’amore, esercizio della ‘carità intellettuale’ che richiede responsabilità, dedizione, coerenza di vita”, ha sottolineato Benedetto XVI nel suo discorso. Il Papa ha ribadito quanto sia importante affrontare il tema, a lui particolarmente caro, dell’emergenza educativa. Una sfida, ha detto, tra le più urgenti che “la Chiesa e le sue istituzioni sono chiamate ad affrontare”: “L'opera educativa sembra diventata sempre più ardua perché, in una cultura che troppo spesso fa del relativismo il proprio credo, viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, instillando così il dubbio sui valori di base dell'esistenza personale e comunitaria”. Il Papa ha quindi elogiato il servizio svolto dalle istituzioni formative che “si ispirano alla visione cristiana dell’uomo e della realtà”. Benedetto XVI
ha offerto la sua riflessione sul contributo che Internet può dare alla formazione dei seminari, tema questo sul quale la Congregazione sta approntando un documento. La Rete, ha osservato il Papa, “per la sua capacità di superare le distanze e di mettere in contatto reciproco le persone, presenta grandi possibilità anche per la Chiesa e le sue missioni”. Il suo utilizzo, ha poi aggiunto, deve sempre essere “intelligente e prudente”:“Anche in questo campo è di estrema importanza poter contare su formatori adeguatamente preparati perché siano guide fedeli e sempre aggiornate, al fine di accompagnare i candidati al sacerdozio all'uso corretto e positivo dei mezzi informatici”. Il Papa quindi ha definito un’occasione per “conoscere e valorizzare le iniziative vocazionali più significative promosse nelle Chiese locali” il 70° anniversario, che ricorre quest’anno, della Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali, istituita da Pio XII per “favorire la collaborazione tra la Santa Sede e le chiese locali nella preziosa opera di promozione delle vocazioni al ministero ordinato”. Secondo Benedetto XVI, “occorre che la pastorale vocazionale, oltre a sottolineare il valore della chiamata universale a seguire Gesù, insista più chiaramente sul profilo del sacerdozio ministeriale, caratterizzato dalla sua specifica configurazione a Cristo, che lo distingue essenzialmente dagli altri fedeli e si pone al loro servizio”. Ed ha messo l’accento sull’importanza della formazione negli anni di seminario, auspicando che “sia una tappa preziosa della vita in cui il candidato al sacerdozio fa l’esperienza di essere ‘un discepolo’ di Gesù’”, che richiede “un certo distacco, perché il Signore parla al cuore con una voce che si sente se c’è il silenzio”, ma anche “la disponibilità a vivere insieme, ad amare la ‘vita di famiglia’ e la dimensione comunitaria”. Il Pontefice ha poi rivolto il pensiero alla teologia esortando a rendere “sempre più solido il legame” tra essa e lo studio della Sacra Scrittura: “Il teologo non deve dimenticare di essere anche colui che parla a Dio. E’ indispensabile, quindi, tenere strettamente unite la teologia con la preghiera personale e comunitaria, specialmente liturgica. La teologia è scientia fidei e la preghiera nutre la fede. Nell’unione con Dio, il mistero è, in qualche modo, assaporato, si fa vicino, e questa prossimità è luce per l'intelligenza”. E richiamando il Beato John Henry Newman ha sottolineato la connessione della teologia con le altre discipline che formano assieme un “circolo del sapere”. Solo Dio, ha rilevato, “ha rapporto con la totalità del reale”. Di conseguenza, ha avvertito, “eliminare Dio significa spezzare il circolo del sapere”: “In questa prospettiva le Università cattoliche, con la loro identità ben precisa e la loro apertura alla ‘totalità’ dell’essere umano, possono svolgere un’opera preziosa per promuovere l’unità del sapere, orientando studenti ed insegnanti alla Luce del mondo, la ‘luce vera che illumina ogni uomo’”. Occorre, ha detto il Papa, il “coraggio di annunciare il valore ‘largo’ dell’educazione, per formare persone solide”. Serve, ha soggiunto, “una fedeltà coraggiosa ed innovativa, che sappia coniugare chiara coscienza della propria identità” e apertura all’altro per vivere insieme nelle società della propria vita:“Anche a questo fine, emerge il ruolo educativo dell’insegnamento della Religione cattolica come disciplina scolastica in dialogo interdisciplinare con le altre. Infatti, esso contribuisce largamente non solo allo sviluppo integrale dello studente, ma anche alla conoscenza dell’altro, alla comprensione e al rispetto reciproco”. Il Papa ha affermato che “con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, la presenza dell’educatore cristiano” diventa “espressione di amore e testimonianza della verità”.

Radio Vaticana, SIR