mercoledì 2 marzo 2011

Il presidente del Cile: per il terremoto e i minatori intrappolati sappiamo di aver potuto contare, e di continuare a farlo, sulle preghiere del Papa

Il presidente del Cile Sebastian Pinera, che domani mattina viene ricevuto dal Papa in Vaticano, è intervenuto su L'Osservatore Romano con un articolo di prima pagina intitolato 'Sviluppo economico e sviluppo integrale'. "Le virtù di una causa nazionale, unitaria e condivisa, si sono potute apprezzare pienamente nelle operazioni di salvataggio dei 33 minatori intrappolati a oltre 700 metri di profondità, nel ventre di una montagna del deserto di Atacama", ha scritto Pinera. "Per quasi tre mesi, il Cile si è unito come una grande famiglia, superando le differenze, disposto a fare tutti gli sforzi necessari per trovare e trarre in salvo i minatori. In questo frangente, come pure nella ricostruzione dopo il terremoto e il maremoto dello scorso anno, abbiamo potuto apprezzare la tempra e il coraggio di un popolo, disposto a compiere qualsiasi sacrificio pur di fare del Cile un Paese più libero, prospero, giusto e fraterno. In definitiva, per raggiungere la meta dello sviluppo integrale. In tutto ciò, sappiamo di aver potuto contare, e di poter continuare a farlo, sulle preghiere del Papa e di milioni di uomini e donne di buona volontà in tutto il mondo".

TMNews

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Anticipazioni (3). La pace non può essere stabilita contro la verità. Il popolo d'Israele non chiese la condanna

Quando i Vangeli dicono che furono i ''Giudei'' ad accusare Gesù e a chiderne la condanna a morte, questo non significa che si tratti di tutto il ''popolo di Israele''. ''Domandiamoci anzitutto - si chiede il Papa in ''Gesù davanti a Pilato", terzo punto del capitolo settimo, dal titolo ''Il processo a Gesù'' -: chi erano precisamente gli accusatori? Chi ha insistito per la condanna di Gesù a morte? Nelle risposte dei Vangeli vi sono differenze su cui dobbiamo riflettere. Secondo Giovanni, essi sono semplicemente i 'Giudei'. Ma questa espressione - sottolinea Papa Ratzinger -, in Giovanni, non indica affatto - come il lettore moderno forse tende ad interpretare - il popolo d'Israele come tale, ancor meno essa ha un carattere 'razzista'''. Nel Vangelo di Marco, invece, si parla di ''una quantità di gente, la 'massa''', da identificare con i sostenitori di Barabba. ''In ogni caso - precisa il Papa - con ciò non è indicato 'il popolo' degli Ebrei come tale''. Quando Matteo fa riferimento a ''tutto il popolo'', per il Pontefice, ''sicuramente non esprime un fatto storico'' mentre ''il vero gruppo degli accusatori sono i circoli contemporanei del tempio e, nel contesto dell'amnistia pasquale, si associa ad essi la 'massa' dei sostenitori di Barabba''. Quando Gesù, nell'interrogatorio subito da Ponzio Pilato di cui riferisce il Vangelo di Giovanni afferma di essere 're', egli rivendica una ''regalità e un regno'' totalmente diversi da quelli a cui erano abituati i governanti dell'epoca, ''con l'annotazione concreta che per il giudice romano deve essere decisiva: nessuno combatte per questa regalità. Se il potere, e precisamente il potere militare, è caratteristico per la regalità e il regno - niente di ciò si trova in Gesù. Per questo non esiste neanche una minaccia per gli ordinamenti romani. Questo regno è non violento. Non dispo ne di alcuna legione''. Il regno di Gesù è fondato sulla ''verità''. Ma in che modo la verità può essere fondamento di un ''potere''?, si chiede Papa Ratzinger. ''Verità ed opinione errata, verità e menzogna - scrive il Pontefice - nel mondo sono continuamente mescolate in modo quasi inestricabile. La verita' in tutta la sua grandezza e purezza non appare. Il mondo è 'vero' nella misura in cui rispecchia Dio, il senso della creazione, la Ragione eterna da cui è scaturito... In questo senso, la verità è il vero 're' che a tutte le cose dà la loro luce e la loro grandezza... Diciamolo pure: la non-redenzione del mondo consiste, appunto, nella non-decifrabilità della creazione, nella non-riconoscibilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al dominio del pragmatismo, e in questo modo fa sì che il potere dei forti diventi il dio di questo mondo''. E se oggi la scienza sembra aver reso il mondo intellegibile e quindi aver rivelato la 'verità' su di esso, Benedetto XVI ribatte che è solo la ''verità funzionale sull'uomo'' a essere ''diventata visibile. Ma la verità su lui stesso - su chi egli sia, di dove venga, per quale scopo esista, che cosa sia il bene o il male - quella, purtroppo, non si può leggere in tal modo. Con la crescente conoscenza della verità funzionale sembra piuttosto andare di pari passo una crescente cecità per 'la verità' stessa - per la domanda su ciò che è la nostra vera realtà e ciò che è il nostro vero scopo''. ''Anche oggi - nota Papa Ratzinger -, nella disputa politica come nella discussione circa la formazione del diritto, per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità l'uomo non coglie il senso della sua vita, lascia, in fin dei conti, il campo ai più forti. 'Redenzione' nel senso pieno della parola può consistere solo nel fatto che la verità diventi riconoscibile. Ed essa diventa riconoscibile, se Dio diventa riconoscibile''. Di qui, la riflessione del Pontefice su Pilato: ''La grande verità, di cui aveva parlato Gesù, gli è rimasta inaccessibile; la verità concreta di questo caso, però, Pilato la conosceva bene. Sapeva che questo Gesù non era un delinquente politico e che la regalità rivendicata da Lui non costituiva alcun pericolo politico - sapeva quindi che era da prosciogliere. Come prefetto egli rappresentava il diritto romano su cui si basava la pax romana - la pace dell'impero che abbracciava il mondo. Questa pace, da una parte, era assicurata mediante la potenza militare di Roma. Ma con la potenza militare, da sola, non si può stabilire nessuna pace''. Infatti, scrive il Papa, ''la pace si fonda sulla giustizia. La forza di Roma era il suo sistema giuridico, l'ordine giuridico, sul quale gli uomini potevano contare. Pilato - lo ripetiamo - conosceva la verità di cui si trattava in questo caso e sapeva quindi che cosa la giustizia richiedeva da lui''.
Per Benedetto XVI, Ponzio Pilato era convinto della innocenza di Gesù ma decise di mettere la ''pace'', assicurata dalla stabilità delle istituzioni e della forza militare dell'impero romano, alla ''giustizia''. Il Pontefice afferma: ''Alla fine vinse in lui l'interpretazione pragmatica del diritto: più importante della verità del caso è la forza pacificante del diritto...Un'assoluzione dell'innocente poteva recare danno non solo a lui personalmente - il timore per questo fu certamente un motivo determinante per il suo agire -, ma poteva anche provocare ulteriori dispiaceri e disordini che, proprio nei giorni della Pasqua, erano da evitare. La pace fu in questo caso per lui più importante della giustizia. Doveva passare in seconda linea non soltanto la grande ed inaccessibile verità, ma anche quella concreta del caso: credette di adempiere in questo modo il vero senso del diritto - la sua funzione pacificatrice. Così forse calmò la sua coscienza. Per il momento tutto sembrò andar bene. Gerusalemme rimase tranquilla. Il fatto, però, che la pace, in ultima analisi, non può essere stabilita contro la verità, doveva manifestarsi più tardi''.

Asca

Gesù davanti a Pilato - il testo integrale

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Anticipazioni (2). L'Ultima Cena non la Pasqua secondo le prescrizioni rituali del giudaismo ma la Sua Pasqua

In ''La data dell'Ultima Cena'', primo punto del capitolo quarto, dal titolo ''L'Ultima Cena'', Papa Benedetto XVI affronta il tema della discrepanza tra la cronologia delle ultime ore della vita di Gesù offerta dal Vangelo di Giovanni e quella dei Vangeli di Marco, Luca e Matteo, e propende per dare ragione al primo. La questione può essere riassunta in questi termini: l'Ultima Cena è una celebrazione della Pasqua ebraica, portando il processo e la crocifissione di Gesù proprio nel giorno di Pasqua, come sembra essere nei Vangeli sinottici, o precede quella festività, portando la morte di Gesù in croce a corrispondere significativamente con l'immolamento degli agnelli nel Tempio prima della Pasqua, come suggersice Giovanni? Per Papa Ratzinger, oggi ''si vede sempre più chiaramente che la cronologia giovannea è storicamente più probabile di quella sinottica'' perchè ''processo ed esecuzione capitale nel giorno di festa sembrano poco immaginabili''. Questa risposta lascia però aperta una questione: ''L'Ultima Cena di Gesù appare così strettamente legata alla tradizione della Pasqua che la negazione del suo carattere pasquale risulta problematica''. Il Pontefice risolve la questione richiamandosi allo studio di John P. Meier. Scrive Papa Ratzinger: ''Gesù era consapevole della sua morte imminente. Egli sapeva che non avrebbe più potuto mangiare la Pasqua. In questa chiara consapevolezza invitò i suoi ad un'ultima cena di carattere molto particolare, una cena che non apparteneva a nessun determinato rito giudaico, ma era il suo congedo, in cui Egli dava qualcosa di nuovo, donava se stesso come il vero Agnello, istituendo così la sua Pasqua''. ''Una cosa è evidente nell'intera tradizione - prosegue il Papa -: l'essenziale di questa Cena di congedo non è stata l'antica Pasqua, ma la novità che Gesù ha realizzato in questo contesto. Anche se questo convivio di Gesù con i Dodici non è stata una cena pasquale secondo le prescrizioni rituali del giudaismo, in retrospettiva si è resa evidente la connessione interiore dell'insieme con la morte e risurrezione di Gesù: era la Pasqua di Gesù''. ''In questo senso - aggiunge - Egli ha celebrato la Pasqua e non l'ha celebrata... l'antico non era stato negato, ma solo così portato al suo senso pieno''. ''In base a ciò - conclude Papa Ratzinger - si può capire come l'Ultima Cena di Gesù, che non era solo un preannuncio, ma nei Doni eucaristici comprendeva anche un'anticipazione di croce e risurrezione, ben presto venisse considerata come Pasqua - come la sua Pasqua. E lo era veramente''.

Asca

La data dell'Ultima Cena - il testo integrale

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Anticipazioni (1). La seconda tragedia di Giuda: dopo il tradimento non riesce più a credere ad un perdono

La Libreria Editrice Vaticana ha distribuito oggi tre brani del prossimo libro di Papa Benedetto XVI sulla vita di Gesù, intitolato ''Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione'', che verrà presentato ufficialmente il 10 marzo. I tre brani anticipati sono ''Il mistero del traditore'', quarto punto del capitolo terzo, dal titolo ''La lavanda dei piedi'' e dedicato al tradimento di Giuda e al suo 'pentimento'; ''La data dell'ultima cena'', primo punto del capitolo quarto, dal titolo ''L'Ultima Cena'', in cui il Pontefice riflette sulle discrepanze della cronologia delle ultime ore della vita di Gesù tra il Vangelo di Giovanni e quelli di Marco, Luca e Matteo; e ''Gesù davanti a Pilato'', terzo punto del capitolo settimo, dal titolo ''Il processo a Gesù'', in cui Papa Ratzinger si sofferma sull'interrogatorio condotto su Gesù da Pilato e sulla decisione di quest'ultimo di condannarlo. La decisione di pubblicare i tre brani è stata presa d'intesa con l'editore Herder di Friburgo che ha curato l'edizione principe del volume. Il libro uscirà in contemporanea inizialmente in sette lingue: tedesco, italiano, inglese, spagnolo, francese, portoghese e polacco.
La tragedia di Giuda Iscariota non consiste solo nel suo aver tradito Gesù ma anche nel fatto che, pur essendosi pentito del suo gesto, ''non riesce più a credere ad un perdono''. ''La seconda sua tragedia, dopo il tradimento, è che non riesce più a credere ad un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione - scrive il Pontefice -. Egli vede ormai solo se stesso e le sue tenebre, non vede più la luce di Gesù - quella luce che può illuminare e superare anche le tenebre. Ci fa così vedere il modo errato del pentimento: un pentimento che non riesce più a sperare, ma vede ormai solo il proprio buio, è distruttivo e non e' un vero pentimento. Fa parte del giusto pentimento la certezza della speranza - una certezza che nasce dalla fede nella potenza maggiore della Luce fattasi carne in Gesù''. Papa Ratzinger sottolinea anche che, con il tradimento di Giuda, ''la rottura dell'amicizia giunge fin nella comunità sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che prendono 'il suo pane' e lo tradiscono''. ''La sofferenza di Gesù - nota il Pontefice -, la sua agonia, perdura sino alla fine del mondo, ha scritto Pascal in base a tali considerazioni (cfr Pense'es, VII 553). Possiamo esprimerlo anche dal punto di vista opposto: Gesù in quell'ora si è caricato del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall'essere traditi, sopportando così fino in fondo le miserie della storia''. Benedetto XVI mette anche il risalto che il Vangelo di Giovanni non cerchi di dare ''alcuna interpretazione psicologica dell'agire di Giuda''. Questo significa che ''ciò che a Giuda è accaduto per Giovanni non è più psicologicamente spiegabile. E' finito sotto il dominio di qualcun altro: chi rompe l'amicizia con Gesù, chi si scrolla di dosso il suo 'dolce giogo', non giunge alla libertà, non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze - o piuttosto: il fatto che egli tradisce questa amicizia deriva ormai dall'intervento di un altro potere, al quale si è aperto''.

Asca

Il mistero del traditore - il testo integrale

Il Papa saluta gli allevatori sardi e assicura loro la sua preghiera. I pastori ricambiano cantando l'Ave Maria in limba e gli consegnano una lettera

Dopo Milano i pastori sardi sono tornati a Roma questa volta non per manifestare la loro protesta, ma per una pacifica visita in Vaticano, durante l’Udienza generale del mercoledì nell'Aula Paolo VI gremita da settemila fedeli provenienti da tutto il mondo. Stamane una settantina di allevatori del Movimento pastori sardi con i loro fazzoletti blu e gialli al collo, hanno ascoltato le parole del Papa e lo hanno salutato calorosamente intonando un’Ave Maria in limba quando il Pontefice si è rivolto a loro con parole sentite: "Saluto gli allevatori sardi e a tutti assicuro la mia preghiera", ha detto Benedetto XVI. Il grido "pastori, pastori", si è levato più volte dai posti nelle prime file riservate agli allevatori per questa visita organizzata dalla diocesi di Sassari e dall'arcivescovo Paolo Atzei che però non è potuto venire. In aereo da Alghero e da Cagliari, e in traghetto da Olbia, invece, sono arrivati numerosi, con una forte presenza femminile di moglie, madri e figli di pastori. Da Orune, Bitti, Sindia, Tula, Ozieri, Desulo e Pabillonis, sono giunti in Vaticano portando doni della tradizione regionale, pane, formaggi e dolci, da offrire al Santo Padre. "Un grande onore avere la possibilità di far sentire la nostra voce a sua Santità, il principale pastore di anime della Terra", ha scritto Diego Manca di Bitti, a nome della delegazione del Msp, nel messaggio consegnato al prefetto vaticano per farlo pervenire al Papa: "Noi siamo umili pastori di pecore. I nostri diritti sono disattesi e umiliati da chi ha sempre speculato sulle nostre spalle e con scelte di comodo che ci stanno facendo scomparire". Una lettera per denunciare la gravissima crisi che colpisce trentamila aziende e che il Movimento sta cercando in ogni modo di far conoscere nella speranza di ottenere qualche risultato politico ed economico.

L'Unione Sarda.it

Benedetto XVI incontra il direttore del Programma alimentare mondiale Onu ed esprime preoccupazione per l'emergenza profughi in Nord Africa

Papa Benedetto XVI ha ricevuto oggi in udienza privata Josette Sheeran (foto), Direttore Esecutivo del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP), la più grande agenzia umanitaria del mondo e l’organizzazione delle Nazioni Unite che combatte la fame nel mondo che ogni anno, in media, fornisce cibo ad oltre 90 milioni di persone in più di 70 paesi. Sheeran ha aggiornato il Papa sulla sua missione, appena conclusasi, al confine tra la Libia e la Tunisia, dove ha potuto constatare direttamente la presenza di decine di migliaia di persone che stanno fuggendo dalle violenze in un contesto di emergente crisi umanitaria. Sheeran si era recata nell’area per lanciare una risposta di emergenza per fornire assistenza alimentare ai più vulnerabili e per aiutare i Paesi in transizione politica a rafforzare le proprie reti di protezione alimentare. “Mi ha commosso l’interesse di Sua Santità per questo resoconto. Ha espresso la Sua preoccupazione per la gente innocente intrappolata in questa terribile tragedia”, ha detto Sheeran. “Mi è risultato subito chiaro, vedendo queste persone disperate che si riversavano oltre il confine – ad un ritmo di oltre 2.000 all’ora – che il mondo deve agire, e con rapidità, per prevenire un disastro umanitario ancora più grande. Sono stata onorata di incontrare nuovamente Sua Santità e portargli i nostri ringraziamenti per il prezioso sostegno che continua a dare al nostro lavoro di sfamare gli affamati nel mondo. In una fase economica di aumento dei prezzi alimentari e del petrolio e di cambiamenti politici che toccano milioni di persone che soffrono già la fame, l’aiuto della Chiesa cattolica e delle sue diverse istituzioni ecclesiastiche è ancora più vitale nel sostenere l’azione del Pam verso i più vulnerabili”. Sono numerose le istituzioni ecclesiastiche e le organizzazioni non governative di ispirazione cattolica che collaborano stabilmente con l’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza alimentare. Tra queste vi sono la Caritas Internationalis con le sue diverse agenzie nazionali, con cui il Pam ha stretto accordi di partenariato in 29 Paesi, la Comunità di Sant’Egidio con cui sono attivi programmi nei settori dell’assistenza alimentare e della salute, il Catholic Relief Services (CRS) e il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS). Lunedì, dalla base di Pronto Intervento Umanitario (UNHRD) di Brindisi, è decollato il primo volo umanitario del Pam per la Tunisia con biscotti ad alto contenuto energetico destinati a migliaia di persone in fuga dalle violenze in Libia. Il Pam ogni anno, in media, fornisce cibo ad oltre 90 milioni di persone in più di 70 Paesi.

Il Velino, Radio Vaticana

Il Papa: l’amore nella sua dimensione teologale, divina, ragion d’essere di tutte le cose in una scala ascendente che non conosce fratture e abissi

Si è svolta questa mattina nell’Aula Paolo VI l'Udienza generale, dove Benedetto XVI ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa (1567-1622).
“Dieu est le Dieu du coeur humain” (Dio è il Dio del cuore umano): “In queste parole apparentemente semplici cogliamo l’impronta della spiritualità di un grande maestro”, ha esordito il Papa. San Francesco di Sales, “vissuto a cavallo tra due secoli, il Cinquecento e il Seicento, raccolse in sé il meglio degli insegnamenti e delle conquiste culturali del secolo che finiva, riconciliando l’eredità dell’umanesimo con la spinta verso l’assoluto propria delle correnti mistiche”. “Nella sua armoniosa giovinezza – ha ricordato il Papa -, riflettendo sul pensiero di Sant’Agostino e di San Tommaso d’Aquino, ebbe una crisi profonda che lo indusse a interrogarsi sulla propria salvezza eterna e sulla predestinazione di Dio nei suoi riguardi, soffrendo come vero dramma spirituale le principali questioni teologiche del suo tempo”. “Il ventenne Francesco – ha aggiunto - trovò la pace nella realtà radicale e liberante dell’amore di Dio: amarlo senza nulla chiedere in cambio e confidare nell’amore divino”. E “questo sarà il segreto della sua vita, che trasparirà nella sua opera principale: il Trattato dell’amore di Dio”. L’influsso della vita e dell’insegnamento di San Francesco di Sales “sull’Europa dell’epoca e dei secoli successivi appare immenso – ha osservato Benedetto XVI -. È apostolo, predicatore, scrittore, uomo d’azione e di preghiera; impegnato a realizzare gli ideali del Concilio di Trento; coinvolto nella controversia e nel dialogo con i protestanti, sperimentando sempre più, al di là del necessario confronto teologico, l’efficacia della relazione personale e della carità; incaricato di missioni diplomatiche a livello europeo, e di compiti sociali di mediazione e di riconciliazione”. Ma soprattutto san Francesco di Sales “è guida di anime: dall’incontro con una giovane donna, la signora di Charmoisy, trarrà spunto per scrivere uno dei libri più letti nell’età moderna, l’'Introduzione alla vita devota'; dalla sua profonda comunione spirituale con una personalità d’eccezione, Ssanta Giovanna Francesca di Chantal, nascerà una nuova famiglia religiosa, l’Ordine della Visitazione, caratterizzato – come volle il Santo – da una consacrazione totale a Dio vissuta nella semplicità e umiltà, nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie”. Muore nel 1622, a cinquantacinque anni: “Quella di San Francesco di Sales è stata una vita relativamente breve, ma vissuta con grande intensità”, ha affermato il Papa. Ne “L'Introduzione alla vita devota”, il Santo francese formula un invito “rivoluzionario”, quello “a essere completamente di Dio, vivendo in pienezza la presenza nel mondo e i compiti del proprio stato”. “Nasceva così quell’appello ai laici, quella cura per la consacrazione delle cose temporali e per la santificazione del quotidiano su cui insisteranno il Concilio Vaticano II e la spiritualità del nostro tempo. Si manifestava l’ideale di un’umanità riconciliata, nella sintonia fra azione nel mondo e preghiera, fra condizione secolare e ricerca di perfezione, con l’aiuto della Grazia di Dio che permea l’umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine”. Francesco di Sales, ha proseguito il Pontefice, arriva a descrivere la ragione umana come “un tempio articolato in più spazi”, al centro del quale vi è il “fondo dell’anima”, il punto in cui la ragione , disse un giorno, “chiude gli occhi” e la conoscenza diventa un “tutt’uno con l’amore”. “Che l’amore, nella sua dimensione teologale, divina, sia la ragion d’essere di tutte le cose, in una scala ascendente che non sembra conoscere fratture e abissi, San Francesco di Sales lo ha riassunto in una celebre frase: 'L’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è quella dello spirito, e la carità quella dell’amore'”. Scriverà un giorno, a Santa Francesca di Chantal, la “regola” sulla quale, ha ricordato Benedetto XVI, si formeranno Santi successivi come Giovanni Bosco o Teresa di Lisieux: “Fare tutto per amore, niente per forza - amar più l’obbedienza che temere la disobbedienza. Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo”. Una regola, ha concluso il Papa, che sovverte e risponde a certe derive del mondo di oggi: “In una stagione come la nostra che cerca la libertà, anche con violenza e inquietudine, non deve sfuggire l’attualità di questo grande maestro di spiritualità e di pace, che consegna ai suoi discepoli lo ‘spirito di libertà’, quella vera...San Francesco di Sales è un testimone esemplare dell’umanesimo cristiano; con il suo stile familiare, con parabole che hanno talora il colpo d’ala della poesia, ricorda che l’uomo porta iscritta nel profondo di sé la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione più piena”.

SIR, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. La Passione secondo Benedetto XVI: il contenuto dei nove capi­toli. Il brano sulle 'fantasticherie apocalittiche'

Chi ha ucciso Gesù, i romani, gli ebrei, o entrambi? E poi, chi era Gesù? Era un rivoluzionario politico, un mito, un profeta il cui insegnamento è stato successivamente distorto dai suoi seguaci? O era il Messia? Perché Gesù è stato respinto dai capi religiosi del suo tempo? Cosa non capivano di lui? Cosa ha insegnato Gesù sulla fine del mondo? E’ stato lui a stabilire una comunità dei discepoli, la Chiesa, perché continuasse la sua opera? Come ha interpretato Gesù la sua morte, come l’ha vissuta? Come ha spiegato il dolore, la fine della vita? E’ realmente risorto dai morti? Che prove ci sono? Sono queste alcune delle domande, molte delle quali con un sottofondo teologico scottante tanto da far ancora discutere mondo cristiano e religione ebraica, a cui Joseph Ratzinger prova a rispondere all’interno del suo nuovo libro, che sarà pre­sentato ufficialmente in Vati­cano il prossimo 10 marzo. S’intitola "Gesù di Nazaret: la Settimana Santa. Dall’ingres­s­o in Gerusalemme alla resur­rezione", edito in Italia dalla Lev, 380 pagine, ed è la conti­nuazione del primo volume nel quale Papa Ratzinger ave­va presentato la prima parte della vita di Cristo. Ecco in anteprima l’indice e il contenuto dei singoli capi­toli. Il primo tratterà dell’"in­gresso a Gerusalemme e del­la purificazione del Tempio". Il secondo è dedicato al "di­scorso escatologico di Gesù" e parla della distruzione del Tempio, dei "tempi dei Genti­li" e della "profezia e apocalis­se". Il terzo capitolo è dedica­to alla "lavanda dei piedi" che Cristo compie sui disce­poli: vi si tratta anche del "mi­stero del traditore", cioè Giu­da, e delle "due conversazio­ni con Pietro". Il quarto capi­tolo è dedicato alla "preghie­ra sacerdotale di Gesù" e alla "festa ebraica dell’espiazio­ne" che ne rappresenta il "background biblico". Il quinto capitolo è intera­mente dedicato all’Ultima Ce­na. Il Papa parla del proble­ma della sua datazione (da lui già affrontato in un’ome­lia del Giovedì Santo), del­l’istituzione dell’Eucaristia, della "teologia delle parole" connessa a quel gesto fonda­mentale e del passaggio "dal­l’Ultima Cena all’Eucaristia della domenica mattina". Quindi, nel sesto capitolo, Papa Ratzinger porterà il lettore nel Getzemani, descrivendo la preghiera di Gesù al Padre. Il successivo capitolo, il setti­mo è dedicato al "processo a Gesù": vi si leggeranno le "di­scussioni preliminari nel Si­nedrio", la presenza di Gesù davanti ai capi giudei e quin­di davanti a Ponzio Pilato. L’ottavo capitolo parlerà del­la "Crocifissione e sepoltura di Gesù". Benedetto XVI riflet­terà su "parola ed evento nel­la narrativa della Passione", sulle parole di Gesù dalla cro­ce, del "lamento per l’abban­dono", delle vesti tirate a sor­te e delle "donne ai piedi del­la croce", per concludersi con la morte e la sepoltura. Infine, il nono capitolo, trat­terà dell’evento centrale e fondante del cristianesimo, "la risurrezione di Gesù dai morti". Il Papa risponderà al­la domanda su che cosa sia la risurrezione, e analizzerà "i due tipi differenti di testimo­nianza" su questo evento, la «tradizione confessionale" che parla dell’"enigma della tomba vuota", del "terzo gior­no" e dei primi "testimoni". Quindi spiegherà la "tradizio­ne narrativa", descrivendo le apparizioni di Gesù nei Van­geli e a Paolo, concludendo il capitolo con il "significato storico" della resurrezione. Il volume termina con un epilo­go: "Gesù ascende al cielo – Siede alla destra del padre e di nuovo verrà nella gloria". Il fatto che abbia deciso di dedicare una seconda fatica letteraria a Gesù, per mostra­re come il Cristo della fede coincida con il Gesù della storia, sta a indicare quanto importante egli ritenga in questo nostro tempo che la Chiesa si dedichi alla nuova evangelizzazione senza da­re per scontato che la fede ancora ci sia.
In anteprima un brano del secondo capitolo del nuovo libro del Papa, dedicato al discorso escatologico di Gesù nel quale Benedetto XVI parla delle "fantasticherie apocalittiche", un tema attualissimo. "Un altro elemento importante – scrive il Papa - del discorso escatologico di Gesù è l’ammonimento contro gli pseudo-messia e le fantasticherie apocalittiche. In questo senso è da interpretare l’incitamento alla sobrietà e alla vigilanza". Il Papa cita poi alcune parabole, come quella delle vergini intelligenti e di quelle stolte, e quella del servitore vigilante (Mt. 25,1-13 e Mc 13, 33-36). "Proprio attraverso queste parole si evidenzia che cosa si intende per “vigilanza”: non la fuga del presente, speculazioni sul futuro, la dimenticanza della missione di oggi, ma tutt’al contrario: significa agire nel modo giusto qui ed ora, come si dovrebbe fare sotto gli occhi di Dio. La parabola parla del servitore che si accorge del ritardo del suo padrone e prende il suo posto (…). Il servitore buono rimane servitore cosciente alla sua responsabilità, dà a tutti il giusto e viene lodato dal padrone".Un invito dunque a non andar dietro alle speculazioni sul futuro, a non fuggire il presente, che deve essere vissuto intensamente "qui e ora".
Dice il teologo Matthew Levering, docente all’Ave Maria University (Florida) che “il Gesù di Nazaret sarà la grande eredità di Benedetto XVI, così come la teologia del corpo è l’eredità di Giovanni Paolo II”. Papa Ratzinger si è formato in tempi in cui l’esegesi biblica affidava le sue speranze al metodo storico critico. Grazie a questo metodo sono apparse nuove possibilità di capire il testo nel suo senso originario. Ma questo metodo, pur con delle evidenti positività, nasconde in sé alcuni pericoli. Scriveva il card. Ratzinger già nel 1993: “La ricerca del senso originario può portare a confinare la parola esclusivamente nel passato, di modo che la sua portata presente non è più percepita. Il risultato può essere che soltanto la dimensione umana della parola appare reale mentre il vero autore, Dio, sfugge alle prese di un metodo che è stato elaborato in vista della comprensione di realtà umane”.

Paolo Rodari, Il Foglio - Andrea Tornielli, Il Giornale

Ucciso il ministro pakistano per le minoranze Shahbaz Bhatti. Lombardi: terribile violenza. Cristiani colpiti dall’odio, libertà religiosa è urgenza

Il ministro pakistano per le minoranze, Shahbaz Bhatti (nella foto con Benedetto XVI), è stato ucciso questa mattina da un commando armato. L’attentato è stato compiuto nel quartiere I-8/3 da un gruppo di uomini mascherati che hanno teso un agguato al ministro per strada. L’hanno tirato fuori dalla sua auto e hanno aperto il fuoco contro di lui a brevissima distanza, crivellandolo con 30 proiettili prima di fuggire su un’automobile. La nipote di Shabhaz Bhatti stava viaggiando con lui quando è avvenuta l’aggressione. I terroristi hanno continuato a sparare per circa due minuti. Non c’era nessun agente della sicurezza con Bhatti quando è avvenuto l’attentato. Il ministro è stato immediatamente trasportato all’ospedale Shifa, dove però i medici non sono riusciti a salvarlo. Gli assassini hanno lasciato sul luogo del delitto un manifestino: "Tehrik-e-Taliban Pakistan" (Ttp) rivendica l’assassinio di Bhatti per aver parlato contro la legge sulla blasfemia. "Tehrik-e-Taliban Pakistan" è un’organizzazione “ombrello” che raggruppa vari gruppi di militanti islamici. Un ''inqualificabile atto di violenza'', un ''fatto di violenza di terribile gravità'': così il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, commenta l'assassinio del ministro pakistano per le minoranze. La sua morte, afferma in risposta alle domande dei giornalisti, ''è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e contro la libertà religiosa in generale''. ''Bhatti era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico - ricorda ancora padre Lombardi -. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese''. ''Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l'inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall'odio - conclude il portavoce vaticano -, si unisce l'appello perchè tutti si rendano conto dell'urgenza della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e di persecuzione''. ''Cattolico, 42 anni, Bhatti si era sempre adoperato per il dialogo tra etnie e religioni, innescando nel Paese asiatico il dibattito sulla revisione della legge sulla blasfemia, dopo la condanna a morte della donna cristiana Asia Bibi da lui difesa con coraggio''. Radio vaticana ricorda così il ministro Bhatti. L'emittente vaticana ricorda l'udienza avuta da Bhatti lo scorso 12 settembre con Papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo. ''Credo - aveva detto il ministro in quell'occasione - che cambiare la mente e il cuore delle persone sia la cosa più importante e noi abbiamo lanciato una campagna interreligiosa proprio per conseguire questo obiettivo. Stiamo facendo tutto il possibile affinchè le persone - che sono fuorviate dai terroristi o da gruppi militanti - si votino invece all'armonia e alla pace. Stiamo facendo in modo che gli appartenenti alle diverse fedi agiscano in solidarietà ed unità per sconfiggere questi elementi. Ci stiamo riuscendo, ma la strada e' ancora lunga''.