mercoledì 2 marzo 2011

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. La Passione secondo Benedetto XVI: il contenuto dei nove capi­toli. Il brano sulle 'fantasticherie apocalittiche'

Chi ha ucciso Gesù, i romani, gli ebrei, o entrambi? E poi, chi era Gesù? Era un rivoluzionario politico, un mito, un profeta il cui insegnamento è stato successivamente distorto dai suoi seguaci? O era il Messia? Perché Gesù è stato respinto dai capi religiosi del suo tempo? Cosa non capivano di lui? Cosa ha insegnato Gesù sulla fine del mondo? E’ stato lui a stabilire una comunità dei discepoli, la Chiesa, perché continuasse la sua opera? Come ha interpretato Gesù la sua morte, come l’ha vissuta? Come ha spiegato il dolore, la fine della vita? E’ realmente risorto dai morti? Che prove ci sono? Sono queste alcune delle domande, molte delle quali con un sottofondo teologico scottante tanto da far ancora discutere mondo cristiano e religione ebraica, a cui Joseph Ratzinger prova a rispondere all’interno del suo nuovo libro, che sarà pre­sentato ufficialmente in Vati­cano il prossimo 10 marzo. S’intitola "Gesù di Nazaret: la Settimana Santa. Dall’ingres­s­o in Gerusalemme alla resur­rezione", edito in Italia dalla Lev, 380 pagine, ed è la conti­nuazione del primo volume nel quale Papa Ratzinger ave­va presentato la prima parte della vita di Cristo. Ecco in anteprima l’indice e il contenuto dei singoli capi­toli. Il primo tratterà dell’"in­gresso a Gerusalemme e del­la purificazione del Tempio". Il secondo è dedicato al "di­scorso escatologico di Gesù" e parla della distruzione del Tempio, dei "tempi dei Genti­li" e della "profezia e apocalis­se". Il terzo capitolo è dedica­to alla "lavanda dei piedi" che Cristo compie sui disce­poli: vi si tratta anche del "mi­stero del traditore", cioè Giu­da, e delle "due conversazio­ni con Pietro". Il quarto capi­tolo è dedicato alla "preghie­ra sacerdotale di Gesù" e alla "festa ebraica dell’espiazio­ne" che ne rappresenta il "background biblico". Il quinto capitolo è intera­mente dedicato all’Ultima Ce­na. Il Papa parla del proble­ma della sua datazione (da lui già affrontato in un’ome­lia del Giovedì Santo), del­l’istituzione dell’Eucaristia, della "teologia delle parole" connessa a quel gesto fonda­mentale e del passaggio "dal­l’Ultima Cena all’Eucaristia della domenica mattina". Quindi, nel sesto capitolo, Papa Ratzinger porterà il lettore nel Getzemani, descrivendo la preghiera di Gesù al Padre. Il successivo capitolo, il setti­mo è dedicato al "processo a Gesù": vi si leggeranno le "di­scussioni preliminari nel Si­nedrio", la presenza di Gesù davanti ai capi giudei e quin­di davanti a Ponzio Pilato. L’ottavo capitolo parlerà del­la "Crocifissione e sepoltura di Gesù". Benedetto XVI riflet­terà su "parola ed evento nel­la narrativa della Passione", sulle parole di Gesù dalla cro­ce, del "lamento per l’abban­dono", delle vesti tirate a sor­te e delle "donne ai piedi del­la croce", per concludersi con la morte e la sepoltura. Infine, il nono capitolo, trat­terà dell’evento centrale e fondante del cristianesimo, "la risurrezione di Gesù dai morti". Il Papa risponderà al­la domanda su che cosa sia la risurrezione, e analizzerà "i due tipi differenti di testimo­nianza" su questo evento, la «tradizione confessionale" che parla dell’"enigma della tomba vuota", del "terzo gior­no" e dei primi "testimoni". Quindi spiegherà la "tradizio­ne narrativa", descrivendo le apparizioni di Gesù nei Van­geli e a Paolo, concludendo il capitolo con il "significato storico" della resurrezione. Il volume termina con un epilo­go: "Gesù ascende al cielo – Siede alla destra del padre e di nuovo verrà nella gloria". Il fatto che abbia deciso di dedicare una seconda fatica letteraria a Gesù, per mostra­re come il Cristo della fede coincida con il Gesù della storia, sta a indicare quanto importante egli ritenga in questo nostro tempo che la Chiesa si dedichi alla nuova evangelizzazione senza da­re per scontato che la fede ancora ci sia.
In anteprima un brano del secondo capitolo del nuovo libro del Papa, dedicato al discorso escatologico di Gesù nel quale Benedetto XVI parla delle "fantasticherie apocalittiche", un tema attualissimo. "Un altro elemento importante – scrive il Papa - del discorso escatologico di Gesù è l’ammonimento contro gli pseudo-messia e le fantasticherie apocalittiche. In questo senso è da interpretare l’incitamento alla sobrietà e alla vigilanza". Il Papa cita poi alcune parabole, come quella delle vergini intelligenti e di quelle stolte, e quella del servitore vigilante (Mt. 25,1-13 e Mc 13, 33-36). "Proprio attraverso queste parole si evidenzia che cosa si intende per “vigilanza”: non la fuga del presente, speculazioni sul futuro, la dimenticanza della missione di oggi, ma tutt’al contrario: significa agire nel modo giusto qui ed ora, come si dovrebbe fare sotto gli occhi di Dio. La parabola parla del servitore che si accorge del ritardo del suo padrone e prende il suo posto (…). Il servitore buono rimane servitore cosciente alla sua responsabilità, dà a tutti il giusto e viene lodato dal padrone".Un invito dunque a non andar dietro alle speculazioni sul futuro, a non fuggire il presente, che deve essere vissuto intensamente "qui e ora".
Dice il teologo Matthew Levering, docente all’Ave Maria University (Florida) che “il Gesù di Nazaret sarà la grande eredità di Benedetto XVI, così come la teologia del corpo è l’eredità di Giovanni Paolo II”. Papa Ratzinger si è formato in tempi in cui l’esegesi biblica affidava le sue speranze al metodo storico critico. Grazie a questo metodo sono apparse nuove possibilità di capire il testo nel suo senso originario. Ma questo metodo, pur con delle evidenti positività, nasconde in sé alcuni pericoli. Scriveva il card. Ratzinger già nel 1993: “La ricerca del senso originario può portare a confinare la parola esclusivamente nel passato, di modo che la sua portata presente non è più percepita. Il risultato può essere che soltanto la dimensione umana della parola appare reale mentre il vero autore, Dio, sfugge alle prese di un metodo che è stato elaborato in vista della comprensione di realtà umane”.

Paolo Rodari, Il Foglio - Andrea Tornielli, Il Giornale