giovedì 17 marzo 2011

Il presidente Napolitano: rapporto dello Stato italiano con la Chiesa uno dei punti di forza per coesione e unità, dal Papa la più alta testimonianza

Il rapporto dello Stato italiano con la Chiesa “è altamente costruttivo” e “questo rapporto si manifesta oggi come uno dei punti di forza su cui possiamo far leva per il consolidamento della coesione e dell’unità nazionale”. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (nella foto con Benedetto XVI), ha dedicato un ampio passaggio del suo discorso davanti alle Camere riunite in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia al contributo dato dalla Chiesa al Paese. Con i Patti lateranensi e la loro revisione “si ebbe di mira, da parte dell’Italia, il fine della laicità dello Stato e della libertà religiosa, e insieme il graduale superamento di ogni separazione e contrapposizione tra laici e cattolici nella vita sociale e nella vita pubblica”. “Un fine, e un traguardo, perseguiti e pienamente garantiti dalla Costituzione repubblicana – ha aggiunto il presidente – e proiettatisi sempre di più in un rapporto altamente costruttivo”. “Ce ne ha dato la più alta testimonianza il messaggio augurale indirizzatomi per l’odierno avversario – e lo ringrazio – dal Papa benedetto XVI. Un messaggio che sapientemente richiama il contributo fondamentale del cristianesimo alla formazione, nei secoli, dell’identità italiana, così come il coinvolgimento di esponenti del mondo cattolico – ha concluso Napolitano – nella costruzione dello Stato unitario, fino all’incancellabile apporto dei cattolici e della loro scuola di pensiero alla elaborazione della Costituzione repubblicana, e al loro successivo affermarsi nella vita politica, sociale e civile nazionale”.

TMNews

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Ladaria e González de Cardedal: il Papa ci vuole far entrare nell'incontro con Lui perchè ce ne possiamo servire

Pubblicando il libro “Gesù di Nazaret - Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione”, Benedetto XVI sta offrendo ragioni per comprendere e credere in Cristo, e per questo non esita a separarsi dalla sua autorità magisteriale come Papa e tornare alla firma di Joseph Ratzinger, hanno spiegato due dei più grandi teologi contemporanei. L'arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, e il sacerdote Olegario González de Cardedal, teologo e membro della Reale Accademia di Scienze Morali e Politiche, hanno presentato lunedì scorso all'ambasciata di Spagna presso la Santa Sede il secondo volume del Santo Padre dedicato a Gesù. Tra le domande del pubblico, la più frequente cercava di comprendere quale sia il livello di autorità di questo libro. Anche se sembra che il problema sia già stato risolto dallo stesso Pontefice nel prologo del primo volume su Gesù, la questione continua a suscitare domande anche tra gli stessi teologi, come ha dimostrato con i suoi interventi il pubblico che ha gremito la grande sala della prima ambasciata spagnola della storia. “Non ho di sicuro bisogno di dire espressamente che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del 'volto del Signore'. Perciò ciascuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione”, affermava in quell'introduzione l'autore Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Padre Ladaria, come è stato affettuosamente chiamato dal pubblico spagnolo, ha spiegato che “è un libro personale. Che autorità ha? L'autorità dell'autore. Il fatto che l'autore è Papa aggiunge autorità, non perché sia un'autorità magisteriale, ma perché è una personalità riconosciuta”. “E' un libro di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Ha l'autorità della grande traiettoria teologica di Joseph Ratzinger. Deve essere chiaro che non è Magistero della Chiesa”, ha aggiunto Ladaria. Rispondendo alla stessa domanda, González de Cardedal, amico di gioventù di Papa Ratzinger, per il quale ha scritto il prologo all'edizione in spagnolo del suo principale libro di teologia, “Introduzione al cristianesimo” (1969), ha affermato che ha portato una novità al papato, perché è la prima volta che un successore di Pietro è un teologo, che ha dedicato buona parte della sua vita alla ricerca e all'insegnamento accademico universitario. “E' un'autorità che prima di farci obbedire ci dà da pensare”, ha spiegato. “La coscienza deve discernere i vari livelli di autorità con cui esercita la sua missione”. “In questo libro dà da pensare e si tratta di far riflettere con lui. Dio deve aver avuto motivo di volere che un teologo diventasse Papa”. “L'uomo vuole essere illuminato nella sua intelligenza, e questo è il grande favore che dobbiamo a questo Papa. Non è una dittatura pontificia, è qualcuno che ci dà da pensare”, ha sottolineato. Mons. Ladaria si è unito a questa riflessione spiegando che “dobbiamo vedere come il Papa, prima di farci obbedire, ci fa pensare”. “Sarebbe molto interessante verificare le coincidenze che ci sono con l'Esortazione 'Verbum Domini', che è Magistero. Lì si può vedere come ciò che pensa Ratzinger entra nel Magistero di Benedetto XVI”. “Ci fa vedere che al Gesù reale si accede combinando, come dice egli stesso, le due ermeneutiche, quella della storia e quella della fede, non confondendole, ma non separandole. E questo mi sembra il grande valore di questo libro”, ha indicato. In fondo, ha segnalato il sacerdote in una dissertazione caratterizzata da un linguaggio diretto e nato dal cuore, “è un libro che vuole introdurci all'incontro con Gesù. Ci vuole far entrare nell'incontro che egli ha avuto con Cristo, non per ripeterlo, ma perché ce ne possiamo servire”. “Questo libro non cade nella dicotomia di pensiero e cuore; è una testimonianza di fede, di qualcuno che ha sulle spalle molti anni di ricerca scientifica e di incontro con Gesù”, ha sottolineato. “Troviamo Gesù nei Vangeli. Lo troviamo nei Vangeli che la Chiesa ci ha trasmesso fin dai primi tempi”. González de Cardedal ha affermato che questo libro è decisivo per la vita e la traiettoria del suo autore, essendo stato scritto al termine di un cammino di ricerca e meditazione. Per questo, ha consigliato di leggerlo “prendendosi del tempo”: “non è la lettura del giornale, bisogna leggerlo con calma, con raccoglimento”. “Sant'Ignazio – conclude il teologo – diceva che bisogna ascoltare le parole di Gesù come se io fossi lì e le stesse dicendo a me. Questo libro va letto ai piedi di Ratzinger come se lo stesse raccontando a me”.

Zenit