martedì 12 giugno 2012

Riunione della commissione Vaticano-Israele: progressi significativi ma ancora questioni da risolvere. Non cambia posizione vaticana su Gerusalemme

La riunione plenaria della commissione bilaterale fra la Santa Sede e lo Stato di Israele, che sta negoziando un 'accordo economico' e si è riunita oggi in Vaticano in una atmosfera "positiva e costruttiva": lo ha riferito ai microfoni di Radio Vaticana mons. Ettore Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati. "Si sono fatti progressi significativi e ciò fa ben sperare per il futuro". Tuttavia non è stato siglato alcun accordo. Cosa è successo? "Niente di particolare. Di firma dell'accordo di è parlato, è vero, in certi ambienti. Ma non era in programma. Come ho detto, si sono fatti progressi, ma ci sono ancora questioni di risolvere". Fonti palestinesi hanno riferito al quotidiano progressista israeliano Haaretz che nella bozza d'accordo sarebbe assente una distinzione tra Israele e i territori occupati nel 1967 e sancirebbe, di conseguenza, un "riconoscimento indiretto" dell'annessione israeliana di Gerusalemme Est. "L'accordo a cui si sta lavorando - ha detto Balestrero - riguarda la vita, le attività ed il regime fiscale della Chiesa cattolica in Israele. Nell'accordo ci si vuole tenere al margine delle dispute territoriali: non si parlerà di Gerusalemme est, né di località nella Cisgiordania". La commissione - si legge in un bollettino vaticano - "ha preso nota del fatto che sono stati fatti significativi progressi in vista della conclusione dell'accordo". Le parti hanno concordato che la prossima plenaria avrà luogo il 6 dicembre 2012 al ministero degli Esteri di Israele. "Dall'inizio dei negoziati si è lavorato su un progetto di Accordo comprensivo anche della cosiddetta 'Schedule One' - ha detto Balestrero a Radio Vaticana - ossia una lista di proprietà individuali appartenenti alla Santa Sede e ad alcune Istituzioni della Chiesa Cattolica in Terra Santa, che, nel corso degli anni, sono state oggetto, da parte di Israele, di provvedimenti onerosi per i proprietari. Ed è vero che alcune di tali proprietà si trovano in Gerusalemme Est o in zone occupate nel 1967. Si mirava a risolvere problemi concreti. Già da tempo, comunque, si è deciso di trattare, nell'Accordo che si firmerà, solo alcune proprietà, che non si trovano a Gerusalemme Est o in Cisgiordania. Non è esatto, quindi, affermare che la Santa Sede, con l'accordo, violerebbe la IV Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra. La confusione e l'allarme sono dovuti all'uso indebito di uno strumento di lavoro, superato da tempo e, comunque, ancora in elaborazione". La posizione della Santa Sede su Gerusalemme Est "non è cambiata. E' stata affermata nel 'Basic Agreement' tra la Santa Sede e l'Olp; è stata richiamata in diverse circostanze e lo sarà nuovamente nell''Accordo Globale' con l'Olp, attualmente in fase di elaborazione". E' stato scritto che questo Accordo che la Santa Sede sta elaborando con Israele danneggerà gli Accordi che la Francia e l'Italia o altri Paesi hanno con Israele, a vantaggio delle rispettive istituzioni nazionali che operano in Israele. "Non è esatto", risponde il vice-ministro degli Esteri della Santa Sede. "L'Accordo riguarda la Santa Sede e lo Stato di Israele e non ha incidenza su Accordi che Israele ha concluso con altri Stati. La validità di questi ultimi dipende anzitutto dalla volontà delle Parti contraenti e non dall'esistenza di un Accordo di una di tali Parti con un terzo soggetto, come è in questo caso la Santa Sede. Peraltro questo è un principio di diritto internazionale comunemente accettato". La commissione bilaterale israelo-vaticana, che si è svolta oggi a livello di plenaria, ha tributato il riconoscimento del "servizio esemplare" svolto in questi anni di mons. Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele, delegato pontificio per i Territori palestinesi, rappresentante permanente presso l'Autorità palestinese, e dell'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Mordechay Lewy "in occasione del loro pensionamento". Lo si legge nella nota conclusiva.

TMNews

JOINT COMMUNIQUÉ OF THE BILATERAL PERMANENT WORKING COMMISSION BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF ISRAEL

Riunione Commissione Santa Sede-Israele. Mons. Balestrero: posizione vaticana su Gerusalemme Est non è cambiata

Il Papa in Libano. Ombre sul viaggio: Santa Sede preoccupata per tensioni presenti nel paese. Diplomazia all’opera per verificare la piena sicurezza

Benedetto XVI vuole andare in Libano, nell’autunno prossimo; e la linea ufficiale di conseguenza da’ il viaggio come una certezza. Ma crescono nei Palazzi Apostolici i segnali di preoccupazione. Mancano tre mesi a quello che dovrebbe essere un momento storico nel rapporto fra il Paese dei cedri e la Santa Sede; ma ancora il viaggio non è stato annunciato. Potrà forse esserlo più avanti; ma la riluttanza a mettere dei contorni precisi a una trasferta di grandissima rilevanza per le comunità cristiane del Medio Oriente è rivelatrice se non altro del desiderio di muoversi con i piedi di piombo in una situazione regionale che si rivela sempre più volatile. Certo è che in Segreteria di Stato gli sviluppi della guerra civile siriana, alimentata da armi e armati jihadisti provenienti dall’esterno, Libano compreso, sono monitorati quotidianamente con grandissima attenzione. Diversi elementi sono all’esame dei diplomatici in talare. Il primo, e più evidente, è “l’esportazione” della guerra siriana nel nord del Libano. Ormai da settimane Tarablus, Tripoli, è teatro di scontri sanguinosi, anche con armi di medio calibro, fra fazioni islamiche di obbedienza diversa. “Questi incidenti sono un chiaro messaggio che il Libano può esplodere in qualunque momento”, ha dichiarato Ghassan al-Azzi, professore di scienze politiche all’Università Libanese. “Il Paese, diviso fra pro e anti siriani, è diventato ostaggio della crisi”. A Tarablus, dove la presenza alawita è forte, questa componente dell’islam, la stessa da cui proviene il gruppo dirigente di Damasco, si scontra con i sunniti che appoggiano i Fratelli musulmani, la principale forza di opposizione. Ed è da notare che l’esercito libanese si guarda bene dall’intervenire, alimentando così incertezza e timori. Ci sono anche altri elementi di preoccupazione, per i diplomatici vaticani. Nei giorni scorsi l’inviato dell’Onu in Libano, Bashar Jaafari ha accusato alcune aree del Paese dei Cedri di essere “terreno di incubazione” per elementi terroristi di al-Qaeda e dei Fratelli musulmani. E il traffico di armi fra i due Paesi è aumentato in maniera considerevole. E il carattere anti-cristiano e fondamentalista della guerra dell’opposizione in Siria è un altro elemento di preoccupazione. Sempre più spesso risuona lo slogan: “Gli alawiti nella bara, i cristiani a Beirut”. In Siria stanno convergendo, secondo le informazioni che giungono alle Logge vaticane, terroristi e combattenti islamici affiliati ad al-Qaeda e ad altri sottogruppi terroristici, che si autodefiniscono “Takfiri”. I Takfiri sono quanti nell’islam considerano musulmani moderati, cristiani e membri di altre religioni come infedeli (Kafir) e quindi bersagli legittimi. Il precedente viaggio di un Papa in Libano risale al 1997. La guerra civile era terminata, la situazione regionale stabile e bloccata dal puntello siriano da un lato, e da quello israeliano dall’altro. Benedetto XVI, che vorrebbe recarsi a Beirut per dare un messaggio di speranza, e incoraggiarli a non fuggire, ai cristiani della regione può trovare un terreno molto più infido, e un’atmosfera decisamente instabile. Sarà un caso, ma nei giorni scorsi l’esercito israeliano ha dato vita a esercitazioni che avevano come teatro la simulazione di un conflitto nel sud del Libano. Tutto questo spiega perché l’annuncio ufficiale del viaggio sarà oggetto di grande riflessione, e prudenza.

Marco Tosatti, Vatican Insider

Satana in Vaticano. Il Papa, svegliato da un incubo, scende da solo nel buio della Basilica. Qualcuno lo aspetta. Un short thriller d’Oltretevere

E’ notte inoltrata quando Benedetto XVI si sveglia di soprassalto. Un incubo è venuto a turbargli il sonno. C’era Emmanuel Milingo, il vescovo esorcista scomunicato nel 2009 per aver ordinato dei vescovi senza mandato pontificio. Lo guardava pacioso ripetendogli il proprio cavallo di battaglia: “Paolo VI disse che il fumo di Satana è entrato nella Chiesa, ma nessuno ha mai detto che sia uscito”. Scivola fuori dal grande letto ottocentesco, la testata di legno intarsiato, che già fu del suo predecessore. Accende quella lampada a braccio moderna e parecchio squallida che, chissà perché, non ha mai voluto gli venisse cambiata e guarda per qualche istante innanzi a sé, nel vuoto. Ma non trova pace. Pensa: “E se avesse ragione Milingo?”. Sa bene, Joseph Ratzinger, che il diavolo è infingardo. Usa delle paure dell’uomo per guadagnare terreno, alimentare il dubbio fino a far traballare spirito e psiche. “Non devo farmi suggestionare”, pensa. E un po’ di sollievo lo pervade quando gli occhi si posano su quel libro che la sera prima aveva letto tutto d’un fiato: “Hostage to the Devil”, i racconti di cinque possessioni diaboliche messe in pagina negli anni Settanta dal gesuita Martin Malachi. E intuisce che, davvero, deve essersi lasciato suggestionare. “Il diavolo esiste – pensa – ma perché dovrebbe esserci lui dietro tutta questa vicenda del corvo?”. E poi “se è vero che il corvo per il suo gracchiare cras-cras (domani-domani) è foriero di morte, è anche vero che nel primo libro dei Re è lui a prendersi amorevolmente cura del profeta Elia”. Pensieri vorticosi, in una notte tra giorni di Vatileaks. E ancora: “Lo sapevo che non dovevo leggerlo questo benedetto Malachi. Devo dirlo al card. Joachim Meisner, la prossima volta che viene a trovarmi: ‘Basta suggerirmi letture spaventevoli’”. Si rimette a letto. Cerca di riprendere sonno ma non vi riesce. Deve accendere un’altra volta la luce. Qualcosa lo spinge ad aprire quel libro. Lo sa bene: quando sente l’impulso di aprire un libro c’è sempre lo zampino di Dio. Per questo motivo, una volta salito al Soglio di Pietro, ha chiesto a Ingrid Stampa, la sua fedele collaboratrice domestica di quando da cardinale prefetto dell’ex Sant’Uffizio abitava in piazza della Città Leonina, di organizzare il trasloco di tutti i suoi volumi. Dovevano essere portati tutti, nessuno escluso, nel suo nuovo appartamento. Aveva e ha un rapporto viscerale coi libri. Come fossero suoi figli. Parla con loro. Li ascolta. Si lascia indicare i sentieri da percorrere. E sa che in alcuni momenti particolari è Dio a usare di questi libri per comunicare con lui. Egli non deve fare altro che aprire a caso il volume che lo spirito gli suggerisce. E, quindi, leggere. E lasciarsi condurre. Così fece il 19 aprile del 2005, di sera, poche ore dopo l’elezione. Aprì la Bibbia cercando conforto. Lesse Isaia 43 e pianse di gioia: “Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare”. Apre una pagina a caso. Il card. Meisner ha sottolineato a matita uno scambio di battute.“Nel nome di Cristo vattene!” intima l’esorcista a uno dei suoi posseduti.“Non me vado, prete! Non lo sai? Io sono ovunque. Anche nella tua Chiesa, anche in Vaticano, anche dentro la Basilica di San Pietro! Non ci credi? Vieni a vedere. Vieni a prendermi se hai coraggio!”. Legge e rilegge. E capisce che deve agire. Deve andare a vedere. Deve scendere ora, nel buio della notte, nella grande Basilica. Qualcosa, o qualcuno, lo sta aspettando. Del resto sono giorni che ci pensa: questa vicenda del corvo deve pur finire. Tanto vale chiudere i conti alla svelta. Sia Satana o chi per esso a manovrare il tutto, è il momento di fare luce. Ma non ha fretta. La notte è lunga. Le quattro memores domini che gli sbrigano le faccende di casa e i suoi due segretari particolari, il tedesco don Georg e il maltese don Alfred, dormiranno ancora per diverse ore negli appartamenti ricavati nelle soffitte sopra la sua testa. C’è ancora un po’ di tempo, dunque, per guadagnare energie, e per lasciare che la mente torni per qualche istante agli anni che furono. A quando, giovane seminarista a Frisinga, era ospite dell’Herzogliches Georgianum, il grande seminario interdiocesano dove confluivano tutti i candidati al sacerdozio della Baviera. S’iscrisse a un corso pomeridiano di teologia spirituale. Ricorda vagamente di aver assistito a una o due lezioni condotte da un esorcista italiano. Ma non ricorda nulla del loro contenuto. E rimpiange di non aver mai approfondito l’argomento. Ha sempre creduto all’esistenza di Satana, ma si è anche sempre dichiarato ignorante in merito agli esorcismi. Allo studio della teologia spirituale ha preferito Agostino, la ricerca della verità che coincide con la ricerca di Dio. La ragione che s’intreccia con la fede. Il naturale che s’interseca col soprannaturale. Per far posto ad Agostino ha abbandonato i grandi mistici, quelli del rapporto totale e folle con Dio a prescindere da ogni logica. Un rapporto fatto anche di tante battaglie combattute a digiuno e preghiera contro l’antagonista, il grande nemico, Satana. Colui che egli non ha mai combattuto vis-à-vis. Ha letto, nei libri di padre Gabriele Amorth, l’anziano esorcista della diocesi di Roma, che il suo predecessore era solito fare esorcismi. E si è domandato più volte se anche lui non dovesse dare il proprio contributo alla causa. Ma ha sempre pensato che ognuno ha la sua storia e le sue sensibilità. Ha letto che Satana, sotto esorcismo, ha parlato più volte di lui: “Il Pontificato di Benedetto XVI è tutto un potente esorcismo”, ha gridato durante una violenta possessione a padre Amorth. Ma non si è mai soffermato troppo su queste parole. Anzi, quando gli hanno spiegato che nel suo ultimo libro Amorth racconta che nel 2009, in Piazza San Pietro, una sua benedizione fatta da lontano a due posseduti ha provocato un pandemonio, i due indemoniati sono volati tre, quattro metri indietro, urlando e sbavando di rabbia, ha minimizzato e in tutta risposta ha chiesto al portavoce vaticano padre Federico Lombardi di dichiarare: “Al Papa non risulta”. Indossa non senza fatica l’abito talare bianco che ha chiesto gli venisse leggermente accorciato sulle caviglie dopo che, salendo i gradini dell’altare durante una visita a L’Aquila, inciampò davanti a tutti, e le scarpe rosse che la sartoria Gammarelli gli ha confezionato su misura con cura e dedizione. Cammina a piccoli passi sulle maioliche quattrocentesche del suo appartamento. Percorre il piccolo corridoio che porta in sala da pranzo. E’ qui che ogni mattina l’ex maggiordomo Paolo Gabriele gli faceva trovare i quotidiani perché potesse vederne le prime pagine. Tutti tranne L’Osservatore Romano. Il quotidiano del Vaticano esce il pomeriggio e si dice Benedetto XVI ami sfogliarlo velocemente la sera, prima di ritirarsi. Oltre lo studio personale, quello con la finestra più guardata del mondo (da qui, da questa finestra ogni domenica a mezzogiorno in punto il Papa si affaccia per recitare con i fedeli riuniti in Piazza San Pietro la preghiera dell’Angelus), c’è l’ampio corridoio che, fuori dall’appartamento, porta al suo ascensore privato. Esce e una guardia svizzera, incredula, si mette sull’attenti. Benedetto XVI passa oltre senza dire nulla, concentrato soltanto su quelle parole lette nel libro di Malachi: “Vieni a prendermi se hai coraggio!”. Ricorda i giorni del conclave. Il giudizio universale di Michelangelo vegliare sui cardinali intenti nelle votazioni. Quante volte ha guardato in basso a destra, verso la raffigurazione dell’inferno. Gli angeli picchiano coi pugni i reprobi, mentre i demoni li trascinano verso l’abisso in ogni modo. E ancora, isolato a sinistra, quel gruppo con un dannato seduto che si copre il volto, mentre i diavoli lo trascinano in basso. Emblema della disperazione, un serpente mostruoso lo morde, simbolo del rimorso, e un perfido demone gli stringe le gambe, col corpo colorato di blu e rosso. Satana è rappresentato in diverse forme d’animale. Pensava a quelle figure quando chiese al popolo riunito in piazza appena dopo l’elezione di pregare “perché io, per paura, non fugga davanti ai lupi”. “Satana è tanti animali, anche nella raffigurazione di Michelangelo – pensa –. Ma mai corvo. Perché, dunque, dovrebbe esserci lui dietro tutta questa storia? Perché dovrebbe esserci la sua mano dietro questo gran bailamme?”. Difficile rispondere, seppure il Papa lo sa bene: Satana è ovunque, anche in Vaticano. Del resto, fu lo stesso Michelangelo a insegnarlo ai posteri: nella figura di Minosse egli ritrae il maestro di cerimonie del Papa, Biagio da Cesena, che, da “persona scrupolosa” – sono parole del Vasari –, dopo aver osservato l’opera in corso di completamento, rimane sconvolto dal turbinio di corpi nudi e contorti che “sì disonestamente mostran le loro vergogne” e li definisce adatti “da stufe (bagni termali) e d’osterie” piuttosto che per la cappella pontificia. Michelangelo, che non pratica volentieri il ritratto, fa allora un’eccezione effigiandolo nel giudizio infernale, per di più con orecchie da asino e con una serpe che, invece di aiutarlo nel giudizio dei dannati, lo punisce mordendogli l’organo sessuale. Biagio, umiliato, se ne lamenta col Papa che replica indifferente di non avere alcuna autorità sull’inferno, disinteressandosi alla questione. Ma il suo disinteresse è una conferma implicita: che piaccia o no il male, anche quello con la “M” maiuscola, abita queste stanze. “E che Biagio se ne faccia una ragione”, dice. Una guardia svizzera servizievole e ben addestrata apre a Benedetto XVI la porta del suo ascensore privato. Il Papa sembra assente. Ma la guardia non fiata. Così gli ha insegnato a comportarsi il comandante colonnello Daniel Rudolf Anrig: “Quando arriva il Pontefice mettiti sull’attenti e non dire nulla. Parla solo se interpellato”. “Vado in Basilica”, dice Papa Ratzinger assorto nei propri pensieri. E la guardia, senza proferire parola, schiaccia il bottone con incastonato lo stemma pontificio che conduce l’ascensore più sotto, in un ambiente attiguo alla cappella della Pietà. Non gli è mai capitata una cosa simile: il Papa che esce da solo di notte dai suoi appartamenti e si reca in Basilica. E’ vero, anni prima aveva visto più volte Giovanni Paolo II entrare di notte nella Cappella Paolina e sdraiarsi faccia a terra in mistica preghiera, a volte addirittura flagellarsi, ma scendere in Basilica nel buio della notte no… Ma non osa chiedere nulla. “Mi aspetti qui” dice Benedetto XVI. E, da solo, entra nello spazio sacro immerso nel buio e in un grande silenzio. I passi sono felpati, ma il loro struscìo risuona nelle grandi navate. “Non c’è bisogno che annunci la mia presenza” pensa. “Chi mi aspetta sa che sono qui”. Non sa esattamente dove andare. Ma sa che deve camminare in avanti, verso il grande altare eretto sopra la tomba di Pietro. E gli sovviene alla mente Innocenzo X che nel 1645 chiese a Bernini di far sì che la grande navata fosse un percorso didattico. Un programma ricco di valori e di contenuti che oltre a esaltare i volumi svolgesse una funzione formatrice: a favorire il cammino dell’uomo verso Dio vennero rappresentate ventotto virtù cristiane e umane, trentanove santi fondatori di ordini religiosi, cinquantasei medaglioni con i ritratti dei primi Papi canonizzati. E poi le vede, all’estremità di ogni pilastro: le colombe, con un ramoscello d’olivo nel becco, elemento dello stemma gentilizio della famiglia di Innocenzo X che campeggia nella controfacciata della basilica, appena sopra l’epigrafe che ricorda i lavori svolti durante il suo Pontificato per il giubileo del 1650. La famiglia Pamphili, considerandosi discendente di Enea, figlio di Venere, adottò la colomba perché a lui consacrata. Da sempre considerata uccello mite, rappresenta l’animo puro e semplice, l’amore casto, pace coniugale, fecondità, gratitudine, clemenza, dolcezza.“E quale potrebbe essere l’emblema dei Ratzinger?”, pensa il Papa rapito dalla maestà che lo circonda. Ma subito si riprende: “Non sono qui per le colombe, purtroppo, e nemmeno per gli emblemi. Piuttosto per i corvi”. E scopre d’aver superato, senza rendersene conto la crociera, i quattro giganteschi pilastri che sorreggono la cupola di Michelangelo e che al centro custodiscono il bronzeo baldacchino del Bernini, maestoso a segnare il luogo più sacro: il sepolcro di Pietro e l’altare papale. Papa Ratzinger cammina ma si rende conto di non essere lui a indirizzare il proprio incedere. Qualcuno lo sta portando dove lui non vuole. Chi? Dio? O il suo nemico? “Chiunque sia, questa storia deve finire”. E alza la testa a guardare la grande tribuna. Si gira a sinistra e capisce ogni cosa: “E’ per i corvi che sono sceso qui sotto. Perché questa storia abbia fine”. Innanzi a sé, celato nella prima nicchia in basso a sinistra, qualcuno lo sta osservando. Il sangue, per un momento, gli si raggela nelle vene. Di fronte a questa nera figura si sente come un agnello condotto, innocente, al macello. Il suo boia è lì, a pochi passi, e contro di lui egli non può nulla. Un respiro più profondo. L’ossigeno ritorna al cervello e gli permette di vedere meglio. San Benedetto da Norcia è quella figura. Sta innanzi a lui, maestoso e glaciale nella scultura di Antonio Montauti. Lo sta guardando, severo, come a volergli dire: “Ti stavo aspettando”. E’ in suo onore che Joseph Ratzinger scelse di chiamarsi Benedetto. Lo fece d’istinto, per l’amore a quella Regola che diede vita all’ordine benedettino e a un nuovo effluvio di civiltà in tutta Europa. Ma non avrebbe mai immaginato che quel Santo, Benedetto, sarebbe sceso in una notte di Vatileaks ad aiutarlo, ad indicargli la soluzione d’ogni cosa. I pensieri si dipanano. Ricorda che aveva letto, mesi prima, quel libro che il giovane esperto d’arte de L’Osservatore Romano, Sandro Barbagallo, aveva dedicato agli animali presenti nella basilica vaticana. E ricorda d’essersi soffermato, stupito, su quel corvo incastonato ai piedi di Benedetto con in bocca un tozzo di pane. Aveva sorriso a leggere del corvo. Ma poi se ne era dimenticato. Mentre ora davanti a quella nicchia, quel racconto gli torna in mente. E capisce ogni cosa. Prima di fondare Montecassino, San Benedetto dirigeva dodici monasteri intorno a Subiaco. Fiorenzo, un invidioso prete sublacense, tentò di ucciderlo avvelenando alcuni pani. Benedetto capì le sue intenzioni e ordinò a un corvo di portare via il pane avvelenato. Fu il corvo a salvarlo. Quel corvo che ora, maldestramente, per molti colpevolmente, ha pensato di proteggerlo da quelli che egli ritiene siano i suoi nemici. E in un istante la soluzione di tutto gli diviene chiara: la grazia da concedere al maggiordomo infedele. Il perdono come risposta all’infedeltà del corvo, ma anche il perdono come esempio per gli altri, per i nemici di Curia, insidiatisi entro le fessure della chiesa come il diavolo di Paolo VI che un giorno entrò ma che nessuno ha mai detto essere uscito.

Paolo Rodari, Il Foglio

Padre Lombardi: dal 1° luglio 'Radio Vaticana' termina tutte le trasmissioni in onde medie e corte e potenzia il web. La battuta del card. Ratzinger

"Dopo aver celebrato lo scorso anno il suo 80° anniversario, la Radio Vaticana è pronta per affrontare una nuova tappa della sua storia affidando in modo sempre crescente il suo messaggio di servizio al Vangelo e alla Chiesa alle nuove tecnologie di comunicazione". Sono le parole con le quali il direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, introduce il comunicato dal titolo "Una nuova tappa nella stroia della Radio Vaticana. Dalle Onde Corte alle nuove strategie di comunicazione", spiegando che "i programmi radiofonici in circa 40 lingue della Radio Vaticana - ricevuti via satellite o via internet - sono oggi ritrasmessi da un migliaio di radio locali o regionali in FM e OM in circa 80 Paesi dei cinque continenti. Essi sono inoltre accessibili live su cinque canali web e on demand e in podcast in ogni punto del mondo da cui ci si possa connettere al sito della Radio Vaticana. Anche le notizie e i testi pubblicati per scritto in 40 lingue in 13 alfabeti diversi sul sito - rileva - sono una fonte di informazione ricchissima, e il servizio RSS e le newsletter vengono inviate quotidianamente a numerosi abbonati in molte lingue diverse (non solo europee, ma anche, ad es. cinese, hindi, tamil…)". Inoltre, ricorda ancora padre Lombardi, la "stretta collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano" ha permesso di "sviluppare anche un servizio video molto ricco sulla rete e lo strumento innovativo del 'Vatican player', che offre non solo le immagini e i suoni delle attività del Papa live e on demand, ma le collega sistematicamente all’agenda degli appuntamenti del Papa e così anche ai testi e ai servizi giornalistici attinenti. Tramite il 'Vatican player' i siti web di tutto il mondo possono ricevere e rilanciare sistematicamente nella rete immagini, voci e testi del Papa e della Santa Sede". Il canale radiofonico “Radio Vaticana in diretta” sulle 24 ore è ormai ben seguito in FM su Roma e in DAB e DAB+ su buona parte del territorio italiano, permettendo un dialogo sempre più intenso con la vita e la cultura italiana e con la Chiesa in Italia. Dunque, si legge nella nota, "tenuto conto della vasta accessibilità dei suoi servizi tramite le ritrasmissioni radio locali, regionali o nazionali, e tramite il Web e alcuni canali satellitari, la Radio Vaticana ritiene che sia giunto il tempo in cui sia possibile ridurre l’impegno delle trasmissioni con le tecnologie tradizionali delle Onde Corte e delle Onde Medie, trasferendo così risorse in nuove direzioni. Perciò - si afferma - dal prossimo 1° luglio verranno terminate dal Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria tutte le trasmissioni in Onde Medie e quelle in Onde Corte verso la maggior parte dell’Europa e delle Americhe, che sono appunto le regioni del mondo in cui la copertura da parte delle ritrasmissioni radio e l’accesso tramite Internet sono ormai le vie di gran lunga preponderanti per fruire dei servizi della Radio Vaticana. La riduzione attuale - illustra padre Lombardi - interessa circa la metà dei tempi di trasmissione dal Centro Trasmittente, dove si avvia lo studio per la ristrutturazione del Centro stesso in funzione delle nuove tecnologie di comunicazione. Nel corso dei prossimi anni si prevedono ulteriori riduzioni delle trasmissioni in Onde Corte, tenendo però sempre presente il dovere di servire con particolare attenzione quelle aree e popolazioni più povere o in situazioni di difficoltà (in particolare in Africa, nel Medio Oriente o in Asia), che non hanno altre vie alternative per ricevere capillarmente la voce del Papa e della Chiesa". Dai prossimi giorni, annuncia anche il comunicato, "i programmi radiofonici nelle diverse lingue informeranno i loro ascoltatori della nuova situazione, dando anche suggerimenti e indicazioni appropriate perché i tradizionali radioascoltatori in Onde Corte o Medie possano ricorrere alle vie alternative disponibili per fruire dei servizi della Radio Vaticana". Quindi padre Lombardi conclude: "Le trasmissioni internazionali in Onde Corte e Medie della Radio Vaticana hanno svolto un servizio di valore incalcolabile nella storia della Chiesa - soprattutto in Europa - nel corso del Secolo XX, a sostegno delle popolazioni oppresse dalla guerra e dai totalitarismi. Mentre questo tipo di servizio si avvia al tramonto per lasciare il passo alle nuove tecnologie di comunicazione, sentiamo di dover esprimere viva gratitudine a chi vi ha dedicato con intelligenza e grande generosità le sue forze e il suo cuore per il bene di innumerevoli persone". Sulla questione dell'elettrosmog, alcuni anni prima di essere eletto Papa il card. Joseph Ratzinger si trovò a rispondere intervenendo a una conferenza stampa su tutt'altro argomento, e senza tirarsi indietro affermò: "Non sono un esperto del problema ma a casa mia si capta la Radio Vaticana anche nel citofono e nel ferro da stiro, forse le emissioni possono essere diminuite".

Radio Vaticana, Agi

Il 'Vatican Information Service' cessa le sue pubblicazioni il 31 luglio ma si rafforzano il portale 'News.va' e il Bollettino della Sala Stampa

Con il 31 luglio 2012 il Vatican Information Service termina di esistere come ufficio con un suo servizio specifico di informazione distinto dal Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, ma i suoi abbonati continueranno a ricevere un ampio servizio informativo. A darne notizia è la Sala Stampa vaticana, che informa come “nel quadro dello sviluppo e del coordinamento delle attività di comunicazione sociale della Santa Sede, in seguito ad orientamenti ricevuti dalla Segreteria di Stato, il personale del VIS viene destinato in parte al rafforzamento del portale multilinguistico News.va, costituito da circa un anno nell’ambito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, in parte allo sviluppo multilinguistico del Bollettino della sala stampa”. Il portale News.va raccoglie regolarmente e presenta in forma facilmente accessibile le principali notizie di attualità sulla Santa Sede e la vita della Chiesa che vengono pubblicate ogni giorno da Sala Stampa, L’Osservatore Romano, Radio Vaticana, l'agenzia Fides, arricchite dai video del CTV e da fotografie del servizio fotografico de L’Osservatore Romano. Opera quotidianamente in italiano, inglese, spagnolo e francese, ed è strutturato in modo da offrire la facile possibilità di condividere i suoi materiali nei social networks (come Facebook e Twitter) e di renderli accessibili con nuove applicazioni su diverse piattaforme mobili. Il Bollettino della Sala Stampa è stato pubblicato finora principalmente in lingua italiana, tranne quando si abbiano testi originali in altre lingue, mentre il VIS ha operato regolarmente in quattro lingue. “L’inserimento di parte del personale del VIS (di lingua inglese, francese, spagnola) nel lavoro ordinario della Sala Stampa - si legge nel comunicato - permetterà un opportuno rinnovamento della pubblicazione online del Bollettino, che comprenderà le traduzioni integrali di diversi testi del Bollettino stesso e anche sintesi in lingua di testi di cui non sia possibile dare la traduzione integrale. Ciò avverrà in misura graduale, a cominciare da settembre 2012”. Le parti tradotte del Bollettino, unitamente alle sintesi nelle lingue diverse dall’italiano, continueranno a venire inviate all’indirizzo dei circa 60.000 abbonati al VIS. Anche il ricco archivio di 85.000 notizie in diverse lingue realizzate in oltre vent’anni dal VIS, dotato di un sistema di ricerca semplice e rapido, verrà conservato e integrato nel sito della Sala Stampa.

SIR

Incontro di Dottrina della Fede con Leadership delle suore Usa: Santa Sede assisterà nella promozione di visione della Chiesa in linea con Magistero

Oggi, i superiori della Congregazione per la Dottrina della Fede si sono incontrati con il presidente e con il direttore generale della Leadership della Conference of Women Religious, la Conferenza delle religiose degli Stati Uniti d’America. Hanno partecipato anche all’incontro l’arcivescovo di Seattle, mons. Peter J. Sartain, e il delegato della Santa Sede per la valutazione dottrinale della Lcwr. L’incontro, secondo quanto ha reso noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha fornito l’opportunità alla Congregazione ed ai rappresentanti della Lcwr di discutere gli argomenti e le preoccupazioni sollevate dalla valutazione dottrinale in un’atmosfera di apertura e cordialità. Secondo il Codice Canonico, una Conferenza di Superiori maggiori come lo è la Lcwr, è costituita e rimane sotto la direzione suprema della Santa Sede al fine di promuovere sforzi comuni tra i singoli Istituti membri, e la cooperazione con la Santa Sede e le locali Conferenze Episcopali. Lo scopo della valutazione dottrinale, riporta la nota della Sala Stampa, è assistere la Lcwr in questa importante missione, promuovendo una visione di comunione ecclesiale fondata sulla fede in Gesù Cristo e negli insegnamenti della Chiesa, come fedelmente insegnati nel corso dei secoli sotto la guida del Magistero.

Radio Vaticana

Dichiarazione del cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la valutazione dottrinale della LCWR

VII IMF-Il Papa a Milano. 'La famiglia: il lavoro e la festa': tutti gli interventi di Benedetto XVI raccolti in un volume e in ebook

“Tutti gli interventi del Santo Padre durante la visita pastorale alla diocesi di Milano e all’Incontro Mondiale delle Famiglie” sono stati raccolti in un volume (foto), pubblicato dal “Centro ambrosiano” e disponibile in libreria e nei negozi on line, in formula ebook. Lo rende noto l’ufficio stampa del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, che si è tenuto a Milano dal 30 maggio scorso al 3 giugno. Il libro, con il tema stesso dell'evento, “La famiglia: il lavoro e la festa”, raccoglie il “prezioso insegnamento che il Santo Padre ci ha offerto a Milano - scrive nella prefazione al volume il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano -. Chiedo a tutti i fedeli ambrosiani di farne oggetto di lavoro, personale e comunitario, in famiglia, nelle parrocchie, negli oratori, nelle aggregazioni dei fedeli. Quale migliore introduzione all’Anno della fede ormai alle porte?”.

SIR

Il 22 giugno in Piazza San Pietro veglia di preghiera del Movimento per l'amore familiare per il Papa e il suo Pontificato presieduta da Comastri

Sarà il card. Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano, a presiedere la veglia di preghiera per Benedetto XVI e per il suo Pontificato, promossa per la sera di venerdì 22 giugno dal Movimento dell’amore familiare. Dal comunicato stampa si apprende che la veglia, giunta all’ottava edizione, vuole essere uno stringersi attorno al Papa “perché le prove e le sofferenze” trovino “tutti uniti nella fede e nell’amore”. L’appuntamento è alle 20.45 in Piazza San Pietro. Il card. Comastri guiderà la recita del rosario animato dalle famiglie e si accenderanno i flambeux. Al termine ci saranno un canto e il saluto al Papa.

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