lunedì 3 dicembre 2012

Con il 'Discorso alla città e alla diocesi' il 6 dicembre il card. Scola apre l'Anno Costantiniano in occasione dei 1700 anni dall'Editto di Milano sul tema 'Liberi per credere'

“Un’occasione privilegiata, per Milano per tornare a riflettere su questo fondamentale lascito della Tarda Antichità, quando il pensiero giuridico romano incontrò la novità cristiana”. Così il card. Angelo Scola (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Milano, ha definito le celebrazioni per i 1700 anni dall’Editto di Costantino, che si apriranno il 6 dicembre nella Basilica di Sant’Ambrogio: in questa occasione il card. Scola terrà il “Discorso alla città e alla diocesi”. “Liberi per credere” è il tema dell’“Anno Costantiniano”, mentre il calendario degli eventi prevede quattro appuntamenti principali: l’apertura, un grande evento ecumenico internazionale a febbraio 2013, l’appuntamento tra le religioni e la firma della “Carta di Milano 2013” nell’ottobre 2013 e, nello stesso periodo, un incontro delle città che hanno avuto un particolare rapporto con l’imperatore Costantino (Gerusalemme, Istanbul, Milano, Nis, Roma, Treviri, York). “L’obiettivo della diocesi - scrive in una nota don Davide Milani, responsabile per le comunicazioni dell’arcidiocesi - è vivere il XVII centenario dell’Editto di Milano come il luogo per far emergere e dare slancio alla questione della libertà religiosa come bene essenziale per l’uomo di ogni tempo e cultura; e, allo stesso tempo, come luogo per mostrare il contributo originale che la fede cristiana ha saputo dare nella costruzione dell’uomo e della società”.

SIR 

Anno della fede. Vescovi argentini: fin dalla nascita della nostra nazione la fede cristiana è stata trasmessa all’interno delle famiglie e attraverso la cultura del nostro popolo. Il nostro desiderio è quello di diffondere, condividere e incarnare la fede nella vita degli argentini

"L’Anno della fede appena iniziato ci invita a rinnovare la nostra fede nel Dio vivo e vero con la coscienza grata per il dono ricevuto. Fin dalla nascita della nostra nazione la fede cristiana è stata trasmessa all’interno delle famiglie e attraverso la cultura del nostro popolo. Il nostro desiderio è quello di diffondere, condividere e incarnare la fede nella vita degli argentini". È quanto affermano in un documento i vescovi argentini a margine della 104° assemblea plenaria svoltasi a Buenos Aires. I presuli si dicono grati per la fede di molti argentini che sono stati in tutti questi anni testimoni del Vangelo e cittadini esemplari. "Il centro della fede cristiana è Gesù Cristo - affermano i vescovi nel documento - il Figlio di Dio fatto uomo, nostro fratello e nostro Redentore che ci ha rivelato l’amore del Padre e ci ha comunicato lo Spirito Santo, fonte di rinnovamento e di unità. Continuiamo a promuovere la fraternità e l’amicizia sociale del popolo per camminare insieme verso la ricerca del bene comune. Benedetto XVI - continuano i presuli - ci ha invitato a celebrare questo tempo di conversione, di riflessione sincera e di nuova adesione al Signore. Il Papa ci ha anche ricordato che la fede non può essere imprigionata nel profondo del cuore, ma ha una dimensione pubblica e deve essere espressa in modo coerente. Con tutti i discepoli missionari di Gesù in Argentina stiamo percorrendo le strade della nuova evangelizzazione. Pertanto, come pastori, rinnoviamo il nostro impegno di annunciare il Vangelo. Questo è il servizio più importante che siamo in grado di offrire alla società argentina". In questo Anno della fede, insieme alla Chiesa in tutto il mondo, e nel percorso del Bicentenario della nazione (dal 2010 al 2016), la Conferenza Episcopale argentina ha rinnovato l’impegno di servizio verso tutti, in particolare con quelli che soffrono di più. "Chiediamo alla Vergine Maria, Nostra signora di Luján, di abbracciare tutti coloro che aspettano il conforto della verità, della giustizia e della pace". Infine, nel documento i presuli hanno espresso la loro profonda preoccupazione per la persistenza di numerose criticità nella vita morale e culturale del Paese. In particolare, è stato ribadito il diritto alla vita e che "la dignità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale, è la base di tutti i diritti umani. La famiglia - hanno ricordato i vescovi - è fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e ha un valore radicato nel nostro popolo. Essa è la base della nostra società. Assistiamo, purtroppo, e con viva preoccupazione a una corrente culturale e una serie di iniziative legislative che sembrano ignorare la sua importanza e danneggiano la sua identità». Infine, i presuli argentini hanno constato un diffuso senso di angoscia tra la popolazione per il futuro del Paese e, in particolare, per i giovani. Migliaia di famiglie, in alcuni casi anche numerose, costrette a vivere con un solo reddito. «È enorme il numero di coloro che non hanno un lavoro e hanno scelto di non proseguire gli studi. Centinaia di migliaia di ragazzi non hanno un futuro. Questa situazione di precarietà e di incertezza porta i giovani a rifugiarsi nella droga e ad arruolarsi a bande di narcotrafficanti. Occorre intervenire al più presto in loro aiuto - concludono i vescovi - e impedire il dilagare di questo turpe fenomeno".

L'Osservatore Romano

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Don Falabretti: settemila italiani da quasi tutte le diocesi, molti vescovi, la Festa degli italiani e Casa Italia. GMG parallele per chi non potrà partecipare

Settemila italiani da quasi tutte le diocesi, molti vescovi, la Festa degli italiani e Casa Italia: prende forma la spedizione azzurra verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro del prossimo anno (23-28 luglio). In questi giorni una delegazione CEI è in Brasile dove sta mettendo a punto i dettagli della presenza italiana alla GMG. A parlarne all'agenzia SIR è don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI, reduce da pochissimi giorni dall’incontro internazionale preparatorio svoltosi a Rio. I giovani saranno accompagnati da diversi vescovi: “Sono partite due settimane fa delle lettere per sondare il loro interesse e diversi di loro hanno espresso la volontà di partecipare”, spiega don Falabretti. Come tradizione azzurra alle Gmg a Rio “avremo Casa Italia, che sarà il quartier generale, la base logistica, dei nostri pellegrini, la Festa degli Italiani” cui è prevista la partecipazione di molti connazionali emigrati in Brasile. “Stiamo cercando a Rio un posto sufficientemente grande per accogliere tutti. Pensiamo ad un piccolo stadio da circa 15 mila persone. La festa dovrebbe essere trasmessa su un canale Rai grazie anche al fuso orario che dovrebbe rendere abbastanza fruibile la visione”. Non mancherà, poi, il kit degli italiani, con la novità 2013 degli occhiali da sole, oltre al tradizionale cappello. Un pensiero anche a chi non potrà essere a Rio: in Italia in quei giorni di luglio si svolgeranno GMG parallele nelle diocesi e nelle diverse regioni.

SIR

GMG RIO 2013 - Quota sette mila. Gli italiani verso Rio: intervista con don Michele Falabretti

Il Papa: come un piccolo fuoco può bruciare una foresta, così la testimonianza fedele di alcuni può diffondere la forza purificatrice e trasformante dell'amore di Dio, cosicché possa diffondersi a macchia d'olio in tutta una comunità o una nazione

Questa mattina, nella Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza la Comunità del Venerabile Collegio Inglese in Roma. Un discorso di “fuoco”, quello del papa, perché è questo l’elemento che ha chiesto di riaccendere nella società. Un fuoco di fede, e non importano tanto i numeri quanto il vigore di chi lo accende. Davanti ai 70 membri del Collegio Inglese, Benedetto XVI parte dalla storia, antica di 650 anni, dell’istituzione, che vanta predecessori come San Bonifacio, l’evangelizzatore della Germania, e prima ancora Papa Gregorio Magno che, rammenta, inviò Agostino di Canterbury “a piantare i semi della fede sul suolo anglosassone”. Sei secoli e oltre di “storia di fede e martirio”, ha osservato, hanno reso evidente una verità: “Coloro che hanno veramente incontrato Cristo non sono in grado di mantenere il silenzio su di lui...San Bonifacio, Sant'Agostino di Canterbury, San Francesco Saverio, la cui festa celebriamo oggi, e tanti altri santi missionari ci mostrano come un profondo amore per il Signore suscita un profondo desiderio di portare gli altri a conoscerLo”. E in che modo testimoniare Cristo? “Piuttosto oggi che domani”, è stato l’invito del Papa, che ha citato quello che fu il motto nel XVI secolo del primo martire del Collegio Inglese, San Ralph Sherwin. “Ed è giusto – ha soggiunto – che veneriate la gloriosa memoria dei 44 ex alunni del vostro Collegio che versarono il loro sangue per Cristo”: “Siete chiamati a imitare il loro amore per il Signore e il loro zelo per farlo conoscere, 'potius hodie quam cras'. Le conseguenze, i frutti, potete affidarli con fiducia nelle mani di Dio. Il vostro primo compito, quindi, è arrivare a conoscere voi stessi Cristo, e il tempo speso in seminario offre un'occasione privilegiata per farlo”. Lasciate che il “fascino” di Gesù “vi catturi”, ha proseguito il Papa, in particolare comunicando con Lui attraverso la preghiera in cui “il cuore parla al cuore”, come avrebbe detto il Beato John Henry Newman, elevato agli altari proprio da Benedetto XVI durante il viaggio nel Regno Unito del settembre 2010. E ricordando l’esistenza di una “grande fame spirituale” constatata in quel viaggio apostolico, il Pontefice ha fatto riferimento alla nuova evangelizzazione “in quelle parti del mondo in cui il Vangelo è già stato predicato, ma dove in misura maggiore o minore – ha detto – le braci della fede sono diventate fredde e ora c’è bisogno di alimentare una volta più la fiamma”: “Come un piccolo fuoco può bruciare una foresta, così la testimonianza fedele di alcuni può diffondere la forza purificatrice e trasformante dell'amore di Dio, cosicché possa diffondersi a macchia d'olio in tutta una comunità o una nazione”.

Radio Vaticana

Alla Comunità del Venerabile Collegio Inglese in Roma - il testo integrale del discorso del Papa
 

Il Papa: il lavoro è un bene fondamentale per l’uomo, in vista della sua personalizzazione, della sua socializzazione, della formazione di una famiglia, dell’apporto al bene comune e alla pace. L’obiettivo dell’accesso al lavoro per tutti è sempre prioritario, anche nei periodi di recessione economica

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti alla XXVII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. “La Dottrina sociale, come ci ha insegnato il beato Papa Giovanni Paolo II, è parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa” ha affermato il Papa nel suo discorso. “Accogliendo Gesù Cristo e il suo Vangelo, oltre che nella vita personale, anche nei rapporti sociali - ha detto il Pontefice - diventiamo portatori di una visione dell’uomo, della sua dignità, della sua libertà e relazionalità” che è “contrassegnata dalla trascendenza, in senso sia orizzontale sia verticale”. La “fondazione e il significato dei diritti e dei doveri umani” dipendono “dall’antropologia integrale, che deriva dalla Rivelazione e dall’esercizio della ragione naturale”. Il Papa ha ricordato che i diritti e i doveri “non hanno come unico ed esclusivo fondamento la coscienza sociale dei popoli, ma dipendono primariamente dalla legge morale naturale, inscritta da Dio nella coscienza di ogni persona, e quindi in ultima istanza dalla verità sull’uomo e sulla società”. "Sebbene la difesa dei diritti abbia fatto grandi progressi nel nostro tempo, la cultura odierna, caratterizzata, tra l'altro, da un individualismo utilitarista e un economicismo tecnocratico, tende a svalutare la persona. Questa viene concepita come un essere 'fluido', senza consistenza permanente". "Nonostante sia immerso in una rete infinita di relazioni e di comunicazioni, l'uomo di oggi paradossalmente appare spesso un essere isolato, perché indifferente rispetto al rapporto costitutivo del suo essere, che è la radice di tutti gli altri rapporti, quello con Dio", ha detto Benedetto XVI. "L'uomo d'oggi è considerato in chiave prevalentemente biologica o come 'capitale umano', 'risorsa', parte di un ingranaggio produttivo e finanziario che lo sovrasta. Se, da una parte, si continua a proclamare la dignità della persona, dall'altra, nuove ideologie - come quella edonistica ed egoistica dei diritti sessuali e riproduttivi o quella di un capitalismo finanziario sregolato che prevarica sulla politica e destruttura l'economia reale - contribuiscono a considerare il lavoratore dipendente e il suo lavoro come beni 'minori' e a minare i fondamenti naturali della società, specialmente la famiglia".  "In realtà - ha proseguito Benedetto XVI - l'essere umano, costitutivamente trascendente rispetto agli altri esseri e beni terreni, gode di un reale primato che lo pone come responsabile di se stesso e del creato. Concretamente, per il Cristianesimo, il lavoro è un bene fondamentale per l'uomo, in vista della sua personalizzazione, della sua socializzazione, della formazione di una famiglia, dell'apporto al bene comune e alla pace. Proprio per questo - ha detto il Papa citando la sua Enciclica 'Caritas in veritate' - l'obiettivo dell'accesso al lavoro per tutti è sempre prioritario, anche nei periodi di recessione economica". "Da una nuova evangelizzazione del sociale - ha detto Papa Ratzinger - possono derivare un nuovo umanesimo e un rinnovato impegno culturale e progettuale. Essa aiuta a detronizzare gli idoli moderni, a sostituire l'individualismo, il consumismo materialista e la tecnocrazia, con la cultura della fraternità e della gratuità, dell'amore solidale". D’altra parte “il Beato Papa Giovanni XXIII ha motivato l’impegno per la costruzione di una comunità mondiale, con una corrispondente autorità, proprio muovendo dall’amore, e precisamente dall’amore per il bene comune della famiglia umana”. Certo “la Chiesa non ha il compito di suggerire, dal punto di vista giuridico e politico, la configurazione concreta di un tale ordinamento internazionale, ma offre a chi ne ha la responsabilità quei principi di riflessione, criteri di giudizio e orientamenti pratici che possano garantirne l’intelaiatura antropologica ed etica attorno al bene comune” Per la Chiesa, ha concluso il Papa, “qualunque autorità deve essere intesa, anzitutto, come forza morale, facoltà di influire secondo ragione, ossia come autorità partecipata, limitata per competenza e dal diritto”.

SIR, TMNews

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE - il testo integrale del discorso del Papa
 

Mons. Celli: emerge forte il desiderio di questo Papa di entrare in colloquio, in dialogo con l’uomo e la donna di oggi, e di incontrarli lì dove si trovano. Greg Burke: i tweet del Papa saranno le sue parole. Le novità dei media della Santa Sede

L’attesa del mondo della Rete è finita: da oggi chi vorrà essere tra i follower di Benedetto XVI su Twitter potrà farlo sull’account ufficiale @Pontifex. Mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, durante la conferenza stampa ha tenuto a sottolineare con quale spirito il Papa abbia scelto di essere presente anche su questo social network che ha oltre mezzo miliardo di iscritti: “Qui, ancora una volta, credo che emerga forte il desiderio di questo Papa di entrare in colloquio, in dialogo con l’uomo e la donna di oggi, e di incontrarli lì dove gli uomini e le donne di oggi si trovano”. Alcuni, ha detto ancora mons. Celli, si chiedono come si possa ridurre il pensiero di un Papa in 140 caratteri, quanti sono quelli di un tweet. In realtà, ha detto il presule, Benedetto XVI ha indicato che anche nell’essenzialità di brevi messaggi si può coltivare una profonda spiritualità, come d’altronde avviene leggendo dei versetti biblici. L’arcivescovo ha riferito ai numerosi presenti dello “stupore” di alcuni giornalisti che nei giorni scorsi avevano argomentato su questa novità, domandandosi se non si trattasse di “un tributo eccessivo alla modernità”. “Twitter - ha spiegato mons. Celli - ha oltre 500 milioni di iscritti e di essi oltre 140 milioni sono attivi. Di loro oltre il 40% è composto da giovani. Il desiderio del Papa è di entrare in contatto con gli uomini e le donne del nostro tempo, dovunque essi si trovino e con qualunque mezzo sia possibile”. Per questo - ha aggiunto - “Twitter si presta, per la sua natura di mezzo rapido e di forte divulgazione, a diffondere le ‘scintille di verità’ e le ‘perle di saggezza’ che il Papa vorrà scrivere”. Particolarmente significativa anche la scelta del tema che darà il via all’esperienza del Papa su Twitter. I primi tweet, infatti, risponderanno alle domande indirizzate al Papa su questioni relative alla vita della fede. Ancora mons. Celli: “Oggi, quello che ci interessa è proprio coinvolgere un dialogo con il Papa sul tema focale di quest’anno: un cammino di fede di ciascuno. Quindi, noi ci auguriamo che arrivino tweet proprio su questo tema per far sì che il Papa possa dare risposte sue, come risposte a questi tweet ricevuti, che poi possano però risuonare ed essere ri-tweetati nel mondo”. E’ stata, dunque, la volta del media advisor vaticano Greg Burke che si è soffermato sugli aspetti operativi della presenza del Papa su Twitter: “Tutti i tweet del Papa – ha detto Burke – saranno parole del Papa: nessuno potrà mettere in bocca al Papa alcun tipo di espressione per poi dire che questi sono i tweet del Papa”. “I tweet del Papa – ha ribadito – sono le parole del Papa”. E’ stato inoltre sottolineato che il Pontefice non avrà dei “following”, ovvero “non seguirà” nessuno. Rispondendo poi alle domande dei giornalisti, Burke ha affermato che si è scelto Twitter piuttosto che Facebook perché il primo è più facile da gestire e permette di trasmettere velocemente e con facilità il messaggio. All’inizio, inoltre, verranno utilizzati per i tweet soprattutto testi tratti dall’Udienza generale o dall’Angelus. Il direttore de L’Osservatore Romano, Gian Maria Vian, ha richiamato la secolare tradizione della Chiesa nella comunicazione “a partire dal II secolo quando ha avviato il passaggio dal Rotolo al Codice. Da allora si sono susseguite iniziative importanti e anche prese di posizione sorprendenti: come quando Albino Luciani nel marzo 1973 aveva preconizzato l’era dei giornali che si sarebbero letti a casa su uno schermo. In pratica, parlava dei tablet!”. Quindi, padre Lombardi e mons. Celli hanno annunciato alcune novità riguardanti i media vaticani sul web: innanzitutto il portale News.va, che ha aumentato il numero delle lingue ed ha realizzato dei “micrositi” su eventi particolari del Papa, avrà dalla prossima settimana una App per Iphone, cosa già possibile da alcuni mesi per gli utenti della Radio Vaticana, che ha pure la App per Android. La App, chiamata semplicemente ''The Pope'', sarà gratuita e dovrebbe essere disponibile al pubblico entro fine anno. E' in preparazione anche una versione per gli smartphone Android. La App permetterà di seguire in diretta i discorsi e le omelie del papa, di vedere in tempo reale cosa accade Oltretevere grazie ad una serie di webcam, di venire notificati delle attività del Papa e integrerà al suo interno i vari organi di informazione vaticana come la Radio Vaticana. Potenziata anche la presenza su YouTube con nuovi canali in polacco, francese e cinese. Ritornando poi a Twitter, padre Lombardi ha evidenziato come siano oltre 100mila i follower della Radio Vaticana in inglese e 30mila quelli in spagnolo. Celli ha anche annunciato una serie di sei ebook per l'Anno delle fede. ''Abbiamo già chiesto alla conferenze episcopali di mandarci documenti scritti, video e audio sulle celebrazioni di quest'anno. Un volume sarà dedicati ai testi del Papa, mentre gli altri raccoglieranno le attività delle Chiese dei cinque Continenti''.

Radio Vaticana, SIR, Asca

Presentato '@Pontifex', il canale ufficiale in otto lingue di Benedetto XVI su Twitter: il Papa lancerà i primi tweet il 12 dicembre, in occasione dell'Udienza generale, e risponderanno alle domande su questioni relative alla vita di fede

Questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede ha avuto luogo la conferenza stampa per illustrare la presenza del Papa su Twitter e per fornire altre informazioni sull’uso dei nuovi media in Vaticano. Sono intervenuti mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. Paul Tighe, segretario del medesimo dicastero, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Gian Maria Vian, Direttore de L’Osservatore Romano e Greg Burke, media adviser della Segreteria di Stato. Erano presenti inoltre Claire Díaz-Ortiz, direttore di Social Innovation per Twitter e Dirk Hensen, portavoce di Twitter per la Germania.
Questo l'account ufficiale del Santo Padre: @Pontifex. I tweet saranno pubblicati in inglese, e nelle lingue seguenti: Spagnolo @Pontifex_es, Italiano @pontifex_it, Portoghese @Pontifex_pt, Tedesco @Pontifex_de, Polacco @Pontifex_pl, Arabo @pontifex_ar, Francese @Pontifex_fr. Altre lingue potrebbero essere aggiunte in seguito. Il primo tweet verrà lanciato il 12 dicembre, festa della Nostra Signora di Guadalupe. Inizialmente i tweet saranno pubblicati in occasione dell'Udienza generale del mercoledì, ma in seguito potrebbero avere una frequenza maggiore. I primi tweet risponderanno alle domande indirizzate al Papa su questioni relative alla vita di fede. Le domande possono essere inviate fino al 12 dicembre a #askpontifex. "La presenza del Papa su Twitter è un'espressione concreta della sua convinzione che la Chiesa deve essere presente nel mondo digitale", si legge in una nota vaticana. "La presenza del Papa su Twitter può essere vista come la punta di quell'iceberg che è la presenza della Chiesa nel mondo dei nuovi media. La Chiesa è già presente in maniera abbondante in questo ambiente - esista una vasta gamma di iniziative, dai siti internet ufficiali di varie istituzioni e comunità, ai siti personali, blogs e micro-blogs di personalità del mondo ecclesiale e di singoli credenti. La presenza del Papa su Twitter è in definitiva un appoggio agli sforzi di questi pionieri di assicurare che la buona notizia di Gesù Cristo e l'insegnamento della sua Chiesa possano permeare quel luogo pubblico di scambio e di dialogo che è stato creato dai social media. La presenza del Papa vuole essere un incoraggiamento a tutte le istituzioni ecclesiali e ai credenti a porre attenzione nello sviluppare un profilo appropriato per sé e per le proprie convinzioni nel 'continente digitale'. I 'tweets' del Papa saranno disponibili a credenti e non credenti per condividere, discutere e incoraggiare il dialogo. C'è da sperare che i brevi messaggi del Papa, e i messaggi più completi che essi cercheranno di portare in sé, sollevino domande per gente di differenti Paesi, lingue e culture".

TMNews, LaPresse

CONFERENZA STAMPA PER ILLUSTRARE LA PRESENZA DEL PAPA SU TWITTER
 

I leaks sul nuovo prefetto della Casa Pontifica non esistono. Nessuna fuga di notizie o anticipazione sul nome prima che esso diventi ufficiale. Solo tante ipotesi che si rincorrono, molto spesso tutte prive di ogni fondamento

I leaks sul nuovo prefetto della Casa Pontifica non esistono. Nessuna fuga di notizie. Nessuna anticipazione sul nome prima che esso diventi ufficiale. Solo tante ipotesi che si rincorrono, molto spesso tutte prive di ogni fondamento. Semplicemente perché il nome è da tempo solo nel cuore e nella mente di Benedetto XVI. Sicuramente il Papa, e solo lui, lo conosce da più di un mese, cioè da quando annunciò di voler creare sei nuovi cardinali nel mini Concistoro del 24 novembre scorso e soprattutto di nominare l’ormai ex Prefetto della Casa Pontificia, l’americano James Michael Harvey (foto), arciprete della Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura. Benedetto XVI aveva già il quadro chiaro davanti ai suoi occhi e non aveva certo bisogno di condividerlo con altri. Ecco allora che se esistono i Vatileaks, emersi con tutta la loro ferocia nel libro del giornalista Gianluigi Nuzzi "Sua Santità", non esistono i Papaleaks. E Benedetto XVI i segreti pontifici li sa tenere. "Ormai le nomine dei vescovi si sanno in anticipo - racconta un anziano presule - ed è abbastanza ovvio che a diffonderle sono proprio i successori degli apostoli che non sanno tenere più un cecio in bocca. Quando arriva dalla Nunziatura Apostolica la doppia busta con la nomina di un nuovo vescovo o il trasferimento di un presule dalla guida di una diocesi a un’altra spesso la prima cosa che fa il destinatario non è pregare, come dovrebbe essere, per il nuovo confratello nell’episcopato e affidarlo così alla misericordia del Signore perché sia saggio nella guida del popolo a lui affidato. No, la prima cosa - racconta ancora il presule - è telefonare a qualcuno per spifferare il contenuto della lettera, anticipando l’ufficialità della Santa Sede e violando il segreto pontificio. Ma nessuno, anche e soprattutto nella Chiesa, ha più paura di nulla. Nemmeno del giudizio di Dio". Benedetto XVI non è nuovo a questo scenario. Sa che gli attacchi peggiori nel corso di più di sette anni e mezzo di pontificato gli sono arrivati proprio da coloro che sono dentro la Chiesa dove, come ha scritto in una celebre lettera inviata a tutti i vescovi della terra, spesso ci si morde e ci si divora a vicenda. E anche il Papa, ricordava sempre Joseph Ratzinger in quel testo, non è immune dal perdere "il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo". Benedetto XVI non si illude che sia tutto rose e fiori. "In questi cinquant’anni abbiamo imparato ed esperito - ha affermato l’11 ottobre scorso - che il peccato originale esiste e si traduce, sempre di nuovo, in peccati personali, che possono anche divenire strutture del peccato. Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre anche la zizzania. Abbiamo visto che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi. Abbiamo visto che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave e qualche volta abbiamo pensato: il Signore dorme e ci ha dimenticato". Papa Ratzinger sa che non è così. E lo ha sottolineato nella sua intensa trilogia su Gesù di Nazaret. Sa che la promozione umana è il fine di quel Dio che per i cristiani si fa bambino nella culla di Betlemme, si fa povero e prossimo a tutti. Si fa testimone di quella cattolicità e di quella umiltà che Benedetto XVI indica come unica strada per vivere con coerenza nella Chiesa il messaggio evangelico. Una via che vale per i cardinali, come egli stesso ha affermato con forza nel suo ultimo Concistoro, la settimana scorsa, per i vescovi e i sacerdoti e per i laici. Un cammino da iniziare nuovamente ogni giorno.

Francesco Grana, Orticalab