venerdì 27 gennaio 2012

Mons. Moraglia nuovo Patriarca di Venezia: nella nomina decisivi i cardinali, in funzione di una conferma di una propensione che Benedetto XVI aveva

L’annuncio ufficiale della nomina di Francesco Moraglia a nuovo Patriarca di Venezia sarà dato nei primissimi giorni della prossima settimana; l’arcivescovo di La Spezia farà probabilmente il suo ingresso a San Marco, dove peraltro lo attendevano con un’alta probabilità di certezza, oltre metà marzo, e in tempo per guidare la diocesi nel periodo pasquale. Intanto siamo in grado di fornire alcune informazioni sul percorso che Benedetto XVI ha seguito, con grande prudenza e cautela, coadiuvato dal prefetto per la Congregazione dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, per scegliere il Patriarca di una diocesi non grande territorialmente e per numero di fedeli, ma estremamente prestigioso, e che ha dato tre Papi alla Chiesa nel secolo scorso. A gennaio sono giunte le lettere inviate ai vescovi del Veneto, la regione direttamente interessata, e ai cardinali italiani, ma non a quelli con incarichi in Curia, sui nomi di eventuali candidati. Il Papa non è obbligato a tenerne conto, tanto più quando si tratta di una diocesi di altissimo livello come Venezia; ma comunque è buona prassi ricevere dei consigli, e in questo caso Benedetto ha seguito quello che è un suo modo di procedere consolidato da sempre. Sentire tutti, decidere da solo. A quanto ci risulta, sono stati decisivi i cardinali, ma in funzione di una conferma di una propensione che Benedetto XVI aveva. Si era formato l’idea che Francesco Moraglia radunasse nel suo carattere e nel suo stile pastorale alcuni elementi che secondo il Papa erano necessari per diventare patriarca della Laguna, in particolare dopo Angelo Scola, una personalità di stile eminentemente intellettuale. L’immagine di Patriarca che Benedetto XVI aveva in mente era quella di qualcuno molto solido e attivo da un punto di vista culturale, e in effetti Moraglia a La Spezia ha dato parecchi impulsi in questa direzione; ma allo stesso tempo con un accento pastorale e “popolare” spiccato, per tessere i rapporti con una comunità cattolica di antica fede e di livello sociale molto variegato. Oltre a essere un sacerdote di formazione liturgica e catechistica solida e “centrale”, cioè legato a una sana tradizione, senza eccessi e senza fughe in avanti, molto concreta e rispettosa della sensibilità media. Fra i cardinali italiani (è stato consultato anche l’arcivescovo di Torino, Nosiglia, anche se non è ancora cardinale) la maggioranza si è espressa a favore di Moraglia; salvo Vallini, e Romeo, di Palermo, che a quanto sembra non ha indicato nessun nome. E il Papa si è certamente sentito confortato nella sua decisione dal parere concorde di Ruini, Biffi, Caffarra, Sepe, Bagnasco e Nosiglia, cioè il “Senato” della Chiesa italiana.

Marco Tosatti, San Pietro e dintorni

Crociata: sulla pedofilia del clero i vescovi non vogliono sottrarsi ma collaborare perché la verità sia accertata. Cosa ci sarà nelle linee guida

Sugli abusi “i vescovi non hanno nessuna intenzione di sottrarsi, ma di collaborare perché la verità sia accertata”. Rispondendo alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa di presentazione del comunicato finale del Consiglio Episcopale permanente, mons. Mariano Crociata, segretario generale della Congerenza Episcopale italiana, ha reso noto ai giornalisti che le “Linee guida” in materia di abusi sessuali da parte del clero – come da richiesta della Congregazione per la Dottrina della Fede – saranno pronte per l’Assemblea CEI di maggio: il “doppio passaggio” al Consiglio Episcopale permanente è già stato effettuato, ora la bozza é stata sottoposta alla “condivisione con i vescovi, primi destinatari di essa”, i quali grazie al testo sapranno “orientarsi in maniera appropriata nei vari passaggi che vanno affrontati, quando ci si trova purtroppo in situazioni del genere”. In conformità con le Linee guida della Congregazione vaticana, mons. Crociata ha ribadito che “la collaborazione con l’autorità civile è un’indicazione da seguire da parte di tutti, naturalmente nel rispetto e dei limiti della legislazione nazionale”, che per l’Italia “in questo ambito non prevede la denuncia attiva”. “Ma ciò – ha puntualizzato mons. Crociata – non limita la collaborazione con l’autorità civile”. Nelle “Linee guida” di maggio, c’è l’impegno ad “assicurare l’attenzione dovuta alle vittime degli abusi e una formazione sia di base per i futuri presbiteri, sia permanente, in modo da escludere nella maniera più determinata ogni possibile abuso”.

SIR

Comunicato finale

Seconda lettura teologica sulle omelie pasquali del Papa: l'andare via di Gesù nella morte è un ritorno nel mondo, in tutti i tempi e in tutti luoghi

Si è svolta ieri nella Basilica di San Giovanni in Laterano la seconda delle letture teologiche dedicata alle grandi omelie pasquali di Benedetto XVI, organizzata dall’Ufficio per la Pastorale universitaria della diocesi di Roma. Tema dell’incontro, “L’identità dell’uomo nel tempo e oltre il tempo”. Il morire è un andare via, un viaggio definitivo dal quale non c’è ritorno. Gesù, invece, dice della sua morte ai discepoli: “Vado e vengo da voi”, e il suo andare via diventa un ritorno nel mondo, in tutti i tempi e in tutti luoghi. Così, nell’omelia della Veglia Pasquale del 22 marzo 2008, Benedetto XVI parla dell’unicità del viaggio di Gesù che ci mette in relazione con Dio, donandoci un’identità nuova e più profonda: Cristo in noi. Mons. Livio Melina, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II: “La grande relazione, quella che definisce l’identità dell’uomo, che lo assicura anche e non solo nel tempo, ma oltre il tempo, è la relazione con Gesù. Gesù, il Risorto, che è tornato da questo grande viaggio, ci propone la narrazione pasquale come grande narrazione all’interno della quale noi possiamo trovare il senso della nostra narrazione umana. È un’identità che parte dal corpo, che è radicata e testimoniata nel corpo, ma che va oltre il corpo”. La corporeità pone infatti dei limiti all’esistenza umana. Il nostro tempo è destinato a finire e per questo la vita umana va tutelata in ogni suo momento. Laura Palazzani, docente di Filosofia del diritto alla Lumsa: “Dal punto di vista bioetico, soprattutto, è un’omelia importante nel momento in cui il Pontefice tocca il tema della morte e del morire come del passaggio - come dice il Pontefice 'del non ritorno'. La vita dell’essere umano ha una continuità che inizia dal momento del concepimento e finisce con la morte cerebrale totale. E ogni momento dell’espressione della vita del corpo - anche se può essere caratterizzato da una vulnerabilità, dalla malattia - è comunque sempre espressione di una persona che ha una dignità”. Gesù ha superato la barriera della mortalità grazie all’amore eterno del Padre e il suo ritorno rende il nostro corpo mortale una promessa dell’eternità. Il prof. Angelo Luigi Vescovi, direttore scientifico dell’Ospedale “Casa sollievo della sofferenza”: “Noi siamo parte di un qualcosa di più grande, integrati in un sistema che forse come esseri umani forse non riusciamo a comprendere ma che fa parte integrante di noi. Quindi, la vita non finisce con noi, ma semplicemente cambia forma, cambia stato. Noi abbiamo svolto e svolgeremo una funzione. E non è un relativizzare, ma calare la natura umana all’interno del suo contesto naturale. L’uomo non scompare con la morte”.

Radio Vaticana

Benedetto XVI, 22 marzo 2008: Veglia Pasquale nella Notte Santa

L'Anno della fede, le linee guida anti-pedofilia, gli ex anglicani e i lefebvriani: la plenaria di Dottrina della Fede nel saluto di Levada al Papa

All’inizio dell’udienza ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale prefetto William Levada (nella foto con Benedetto XVI), dopo aver ringraziato il Papa per l’indizione dell’Anno della fede, ha illustrato la "Nota con indicazioni pastorali per quest’anno di grazia", il cui obiettivo è "promuovere - ha detto - ciò che è essenziale nella missione della Chiesa oggi: la fede personale nel Signore risorto, la riscoperta del ricco patrimonio del Concilio Vaticano II e la conoscenza sempre maggiore del Catechismo della Chiesa Cattolica". "A partire dalla stessa prospettiva di tutela della fede e della morale - ha aggiunto - la Congregazione ha proceduto nel delicato impegno di giudicare i casi di 'graviora delicta'. In quest’ambito sono state aggiornate le norme in vigore. Si intensifica anche la collaborazione con le Conferenze Episcopali, alle quali è stata indirizzata una lettera circolare con preghiera di preparare delle linee guida per questi casi". Tra i motivi di soddisfazione il prefetto ha indicato anche la "ritrovata piena unità nella fede con un numero crescente di cristiani provenienti da altre confessioni", in particolare con "gruppi di fedeli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica, secondo la Costituzione Apostolica 'Anglicanorum coetibus'. Finora sono stati eretti due Ordinariati personali, uno per il territorio della Conferenza Episcopale d’Inghilterra e Galles e l’altro per quello della Conferenza dei vescovi degli Stati Uniti d’America". Nella stessa intenzione "un importante lavoro - ha proseguito - viene svolto dalla Pontificia Commissione 'Ecclesia Dei' che, in stretta collaborazione con questo dicastero, segue gli sviluppi del dialogo con la Fraternità Sacerdotale San Pio X". I lavori della plenaria, ha infine spiegato, si sono incentrati sulle diverse questioni legate alla ricerca dell’unità di fede e al cammino ecumenico. Tra i progetti il cardinale ha indicato la continuità della promozione dell’insegnamento postconciliare assicurando una più ampia diffusione, anche attraverso internet, dei documenti per "raggiungere sempre più fedeli in diverse parti del mondo, che hanno il diritto e il dovere di conoscere l’insegnamento della Chiesa sulle grandi questioni della nostra epoca".

L'Osservatore Romano

Joseph Ratzinger e la Comunità di Vita Integrata: storia di un'amicizia e della condivisa riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo

Ogni anno, a Castelgandolfo, il Papa attende una visita speciale. Sono i suoi amici di una comunità alla quale è vicino da quando è in Germania. Una comunità che parte da un presupposto: dopo la Guerra la Shoah ha cambiato anche il modo di essere cristiani. Si deve tornare indietro, al popolo della memoria. Riscoprire le proprie radici. "Integrierte Gemeinde", Comunità di Vita Integrata. Si chiama così la comunità fondata da Traudl Weiss, portata avanti da lei insieme al marito Herbert Walbrecher. Una comunità la cui storia è intrecciata con quella di Joseph Ratzinger. Una storia raccontata nel libro "Ratzinger Professore", di Gianni Valente. Traudl lascia, appena dopo la guerra, il ruolo di responsabile delle organizzazioni tradizionali cattoliche. È il 1948, e fonda, con un gruppo di amici, la "Junger Bund" (Giovane Alleanza). Una piccola rete, retta per vent’anni soprattutto dal sacerdote Aloys Georgen. Traudl e don Aloys sentono che dopo l’Olocausto e l’orrore della guerra non si può continuare come nulla fosse successo. Serve una rottura con quel cattolicesimo che “non si è ribellato davanti alla Shoah, alla distruzione della sinagoga”. Serve una conversione. Occorre chiudere, dicono, con “1600 anni di Chiesa di Stato, di matrimonio tra trono e altare”, di appartenenza religiosa ridotta a mero adempimento di obblighi sociali, per ritornare al cristianesimo degli inizi e riscoprire la radice ebraica. Sono alcuni dei temi che Joseph Ratzinger porta avanti nel suo percorso teologico (basti pensare al saggio "I nuovi pagani e la Chiesa", maturato dalle sue esperienze in confessionale durante i primissimi incarichi come sacerdote) e che porterà avanti anche da Papa: resta una pietra miliare il discorso sulla “provvidenzialità” delle ondate di secolarizzazione perché la Chiesa possa demondanizzarsi tenuto durante l’ultimo viaggio in Germania, a Friburgo, lo scorso 25 settembre. Ecco che Traudl, che nel frattempo si sposa con Herbert Walbrecher, comincia il suo percorso. Il punto di svolta è un viaggio in Israele, nel 1967. Dopo, il gruppo di studio che si riunisce intorno ai Walbrecher comincia a riscoprire la radice ebraica del cristianesimo, il fatto che Gesù fosse un ebreo, il fatto che l’elezione di Israele da parte di Dio. “Non è forse questa divisione tra sinagoga e ecclesia il motivo profondo tra tutte le divisioni che seguirono nella storia della Chiesa?”, si chiedono Traudl e i suoi amici. Nel 1976, per reagire alle continue accuse alla comunità, i membri della Comunità entrano in quattro duomi tedeschi, e iniziano una “dimostrazione di preghiera continua”. Vogliono essere ricevuti dal cardinale di Monaco Julius Döpfner. I giornali ne parlano. Gli allievi di Joseph Ratzinger anche. Tra loro c’è Ludwig Weimer, un membro della comunità. È lui che ricorda che, di fronte alle critiche degli studenti, Joseph Ratzinger disse che si trattava di una cosa normale, perché in duomo ogni cristiano ha diritto d’asilo. Muore Döpfner, e la Comunità Integrata cerca un dialogo con dei teologi. Tutti rifiutano. Tranne Ratzinger. Sarà lui, come arcivescovo di Monaco, ad approvare 'ad experimentum' a livello diocesano degli Statuti della Comunità di Vita Integrata. È un’amicizia che resta, anche quando Joseph Ratzinger diventa cardinale e si trasferisce a Roma. E i suoi interventi trovano anche spunto dall’insistenza della Radice Ebraica del cristianesimo della Comunità. Come nel 1994, quando il card. Ratzinger, durante un incontro interreligioso organizzato a Gerusalemme dal governo israeliano, espone in maniera sistematica la sua teologia dei rapporti tra la Chiesa e Israele, basata sulla risoperta della continuità tra la speranza di Abramo e la speranza cristiana, tra la Torah e il Vangelo. E nel 1998, sarà proprio la Comunità a prendere l’iniziativa di raccogliere in un volume alcuni interventi del futuro Papa sul rapporto tra cristianesimo e ebraismo.

Andrea Gagliarducci, Korazym.org

Il Papa: rendere Dio nuovamente presente nel mondo e aprire agli uomini l’accesso alla fede, affidarsi a quel Dio che ci ha amati sino alla fine

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti alla Sessione Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. “In vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento. Siamo davanti ad una profonda crisi di fede, ad una perdita del senso religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi”. Benedetto XVI ha affermato che “il rinnovamento della fede deve quindi essere la priorità nell’impegno della Chiesa intera ai nostri giorni. Auspico che l’Anno della fede possa contribuire, con la collaborazione cordiale di tutti le componenti del Popolo di Dio, a rendere Dio nuovamente presente in questo mondo e ad aprire agli uomini l’accesso alla fede, all’affidarsi a quel Dio che ci ha amati sino alla fine, in Gesù Cristo crocifisso e risorto”. Il Papa poi collegato l’annuncio del Vangelo al tema dell’unità dei cristiani che, ha detto, “è strettamente collegato con questo compito. Vorrei quindi soffermarmi su alcuni aspetti dottrinali riguardanti il cammino ecumenico della Chiesa, che è stato oggetto di un’approfondita riflessione in questa Plenaria, in coincidenza con la conclusione dell’annuale Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani”. “Oggi possiamo constatare non pochi frutti buoni arrecati dai dialoghi ecumenici, ma dobbiamo anche riconoscere che il rischio di un falso irenismo e di un indifferentismo, del tutto alieno alla mente del Concilio Vaticano II, esige la nostra vigilanza. Tale indifferentismo – ha proseguito - è causato dalla opinione sempre più diffusa che la verità non sarebbe accessibile all’uomo; sarebbe quindi necessario limitarsi a trovare regole per una prassi in grado di migliorare il mondo. Così la fede sarebbe sostituita da un moralismo senza fondamento profondo. Il centro del vero ecumenismo è invece la fede nella quale l’uomo incontra la verità che si rivela nella parola di Dio. Senza la fede tutto il movimento ecumenico sarebbe ridotto ad una forma di 'contratto sociale' cui aderire per un interesse comune”. "La logica del Concilio Vaticano II – ha poi affermato - è completamente diversa: la ricerca sincera della piena unità di tutti i cristiani è un dinamismo animato dalla Parola di Dio”. Il Papa ha quindi parlato del “problema cruciale” del dialogo ecumenico rappresentato dalla “relazione tra Sacra Scrittura, tradizione viva nella Santa Chiesa e il ministero dei successori degli Apostoli come testimone della vera fede. E qui è implicita la problematica dell’ecclesiologia che fa parte di questo problema: come arriva la verità di Dio a noi. Fondamentale, tra l’altro, è qui il discernimento tra la Tradizione con maiuscola, e le tradizioni”. In proposito, il Papa ha detto che “un importante passo di tale discernimento” è stato compiuto nei provvedimenti per gruppi di fedeli provenienti dall’anglicanesimo, che entrano nella Chiesa Cattolica, “conservando le proprie tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali, che sono conformi alla fede cattolica”. “Esiste, infatti, una ricchezza spirituale nelle diverse Confessioni cristiane, che è espressione dell’unica fede e dono da condividere”. Per Benedetto XVI "una delle questioni fondamentali è costituita dalla problematica dei metodi adottati nei vari dialoghi ecumenici. Anche essi devono riflettere la priorità della fede. Conoscere la verità è il diritto dell’interlocutore in ogni vero dialogo”. “In questo senso, occorre affrontare con coraggio anche le questioni controverse, sempre nello spirito di fraternità e di rispetto reciproco”. Bisogna anche “offrire un’interpretazione corretta di quell’'ordine o "gerarchia" nelle verità della dottrina cattolica', rilevato nel Decreto 'Unitatis redintegratio'”. Il Papa ha poi sottolineato la rilevanza dei “documenti di studi” prodotti dai vari dialoghi ecumenici ribadendo però che sono contributi offerti alla competente autorità della Chiesa che “sola è chiamata a giudicarli in modo definitivo”. Ascrivergli invece “un peso vincolante o quasi conclusivo delle spinose questioni dei dialoghi”, senza la valutazione dell’Autorità ecclesiale, “in ultima analisi, non aiuterebbe il cammino verso una piena unità nella fede”. L’ultima questione affrontata dal Papa è stata "la problematica morale, che costituisce una nuova sfida per il cammino ecumenico. Nei dialoghi non possiamo ignorare le grandi questioni morali circa la vita umana, la famiglia, la sessualità, la bioetica, la libertà, la giustizia e la pace. Sarebbe importante parlare su questi temi con una sola voce – ha affermato -, attingendo al fondamento nella Scrittura e nella viva tradizione della Chiesa. Questa tradizione ci aiuta di decifrare il linguaggio del Creatore nella sua creazione. Difendendo i valori fondamentali della grande tradizione della Chiesa, difendiamo l’uomo, difendiamo il creato”. Ha poi concluso invitando la Congregazione per la Dottrina della Fede e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani a collaborare “al fine di promuovere efficacemente il ristabilimento della piena unità fra tutti i cristiani. La divisione fra di essi, infatti, - ha sottolineato - ‘non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura’. L’unità è quindi non solo il frutto della fede, ma anche un mezzo e quasi un presupposto per annunciare in modo sempre più credibile la fede a coloro che non conoscono ancora il Salvatore”.

SIR, Radio Vaticana

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE - il testo integrale del discorso del Papa

Giornata della Memoria. Padre Lombardi: monito per l’oggi e per ogni tempo, nessuno ci assicura che non potremo in futuro arrivarci ancora

“Se vi sono stati uomini capaci di arrivare a tanta assurda atrocità, nessuno ci assicura che non potremo in futuro arrivarci ancora, e la Memoria dolorosa diventa monito per l’oggi e per ogni tempo. Attenzione! 67 anni non sono pochi”. Lo dice padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, nel suo editoriale per "Octava Dies", il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano, dedicato alla Giornata della Memoria e rilanciato da Radio Vaticana. “La generazione dei testimoni in prima persona, di chi ha vissuto i tempi e gli orrori dell’Olocausto – osserva padre Lombardi - si sta assottigliando rapidamente. Bisogna condividere le preoccupazioni di chi comincia a temere il rischio dell’oblio, peggio ancora quello della negazione, alimentato non solo dall’ignoranza, ma – ed è terribile -, a volte anche dall’odio per motivi politici, etnici o religiosi. Invece la Memoria dell’Olocausto è un punto di confronto cruciale nella storia dell’umanità, per capire che cosa è in gioco quando si parla della dignità irrinunciabile di ogni persona umana, dell’universalità dei diritti umani e dell’impegno per la loro difesa”. Padre Lombardi ricorda: “Il Papa polacco e il Papa tedesco, ad Auschwitz, hanno fatto Memoria. Anche noi continueremo a farla in questo giorno, in solidarietà anzitutto con il popolo di Israele e con tutte le vittime dell’assurdo odio omicida, negatore della loro dignità, a qualsiasi popolo e lingua siano appartenute e appartengano”.

SIR

Olocausto. Padre Lombardi: non possiamo e non dobbiamo dimenticare