L’annuncio ufficiale della nomina di Francesco Moraglia a nuovo Patriarca di Venezia sarà dato nei primissimi giorni della prossima settimana; l’arcivescovo di La Spezia farà probabilmente il suo ingresso a San Marco, dove peraltro lo attendevano con un’alta probabilità di certezza, oltre metà marzo, e in tempo per guidare la diocesi nel periodo pasquale. Intanto siamo in grado di fornire alcune informazioni sul percorso che Benedetto XVI ha seguito, con grande prudenza e cautela, coadiuvato dal prefetto per la Congregazione dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, per scegliere il Patriarca di una diocesi non grande territorialmente e per numero di fedeli, ma estremamente prestigioso, e che ha dato tre Papi alla Chiesa nel secolo scorso. A gennaio sono giunte le lettere inviate ai vescovi del Veneto, la regione direttamente interessata, e ai cardinali italiani, ma non a quelli con incarichi in Curia, sui nomi di eventuali candidati. Il Papa non è obbligato a tenerne conto, tanto più quando si tratta di una diocesi di altissimo livello come Venezia; ma comunque è buona prassi ricevere dei consigli, e in questo caso Benedetto ha seguito quello che è un suo modo di procedere consolidato da sempre. Sentire tutti, decidere da solo. A quanto ci risulta, sono stati decisivi i cardinali, ma in funzione di una conferma di una propensione che Benedetto XVI aveva. Si era formato l’idea che Francesco Moraglia radunasse nel suo carattere e nel suo stile pastorale alcuni elementi che secondo il Papa erano necessari per diventare patriarca della Laguna, in particolare dopo Angelo Scola, una personalità di stile eminentemente intellettuale. L’immagine di Patriarca che Benedetto XVI aveva in mente era quella di qualcuno molto solido e attivo da un punto di vista culturale, e in effetti Moraglia a La Spezia ha dato parecchi impulsi in questa direzione; ma allo stesso tempo con un accento pastorale e “popolare” spiccato, per tessere i rapporti con una comunità cattolica di antica fede e di livello sociale molto variegato. Oltre a essere un sacerdote di formazione liturgica e catechistica solida e “centrale”, cioè legato a una sana tradizione, senza eccessi e senza fughe in avanti, molto concreta e rispettosa della sensibilità media. Fra i cardinali italiani (è stato consultato anche l’arcivescovo di Torino, Nosiglia, anche se non è ancora cardinale) la maggioranza si è espressa a favore di Moraglia; salvo Vallini, e Romeo, di Palermo, che a quanto sembra non ha indicato nessun nome. E il Papa si è certamente sentito confortato nella sua decisione dal parere concorde di Ruini, Biffi, Caffarra, Sepe, Bagnasco e Nosiglia, cioè il “Senato” della Chiesa italiana.
Marco Tosatti, San Pietro e dintorni