mercoledì 19 settembre 2012

'Ecclesia in Medio Oriente'. Riunione dei vescovi latini nelle regioni arabe: risponde molto bene alle paure e alle aspettative del nostro popolo

Ad Amman, capitale della Giordania, è riunita fino a domani la Conferenza dei vescovi latini nelle regioni arabe (Celra), che comprende il patriarcato di Gerusalemme, i vicariati apostolici di Beirut, del Kuwait, di Bagdad, di Gibuti, dell’Arabia Saudita, di Emmaus e di Cipro, per fare l’analisi del viaggio di Papa Benedetto XVI in Libano e per esaminare le linee guida dell’"Instrumentum laboris" sulla Nuova Evangelizzazione e l’Esortazione Apostolica "Ecclesia in Medio Oriente". I lavori sono stati aperti da una tavola rotonda dedicata ad uno scambio di informazioni sulla situazione dei paesi arabi che compongono il Celra e le loro diocesi. Il presidente della Celra, mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, ha affermato: “Oggi, nell’Anno della fede, che segna il cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II, abbiamo bisogno di una forte fede, che è il segno dei martiri… La vera sfida di questi due Sinodi (Chiese in Medio Oriente e la Nuova Evangelizzazione) per le Chiese orientali, le Chiese Apostoliche del Medio Oriente è quella della fedeltà a Cristo e alla Chiesa da lui fondata”. Mons. Twal ha ribadito che l’Esortazione Apostolica è “nelle nostre mani; sta a noi dare la massima diffusione nei nostri ritiri, negli incontri con i nostri giovani e le nostre famiglie, e come applicarla nella nostra vita quotidiana. L’Esortazione tocca tutti gli aspetti delle nostre diocesi: politico, sociale e pastorale. Per non parlare delle dimensione ecumenica e interreligiosa… Papa Benedetto XVI è arrivato in Medio Oriente in subbuglio, molto diverso da quello esistente al momento della sua elaborazione e poi tenuto l'Assemblea Speciale del Sinodo delle Chiese Cattoliche del Medio Oriente. In due anni, il Medio Oriente è stato scosso da rivolte popolari che hanno cambiato completamente le relazioni politiche e il paesaggio geopolitico della regione, in particolare la presenza arabo-cristiana, soprattutto in Egitto e Siria. L'Esortazione Apostolica ha risposto molto bene alle paure ed alle aspettative del nostro popolo, vista la difficile situazione che stiamo attraversando”. Poi ha parlato dell’appello del Papa per una nuova evangelizzazione anche per il Medio Oriente in vista del prossimo Sinodo dei vescovi sul tema dell’evangelizzazione, che si terrà dal 7 al 28 ottobre: “Non basta fare qualche ‘ritocco’ alla nostra azione pastorale, e sappiamo che in ogni diocesi ci sono sfide specifiche: il declino delle comunità, la ‘contaminazione’ dei cristiani laici, la tentazione di molti cristiani di emigrare, per non parlare dei problemi della nostra presenza di minoranza cristiana e rapporto con l'Islam, il conflitto israelo-palestinese”. Ed allora mons. Twal si è chiesto come ci si può aiutare a vicenda; “La fede è un incontro con Gesù Cristo. Questo incontro è il dono che il Padre ha dato agli uomini. E da questa ricchezza interiore possiamo iniziare una nuova evangelizzazione...Oggi, l'annuncio del Vangelo appare più complesso. Trasformazioni sociali hanno affinato il pensiero critico, che attacca i fondamenti della morale e il senso del sacro. Più di ri-evangelizzazione deve quindi parlare di evangelizzazione ‘nuova’, non rivolto verso conquiste, ma di un messaggio di futuro nel panorama culturale digitale mondo ‘globalizzato’ dove tutto diventa relativo. C'è una sfida missionaria in avanti, in termini di azione contro l'indifferenza, o meglio contro il settarismo… Lo scopo della nuova evangelizzazione è la trasmissione della fede.Tale annuncio compito è un dono per ogni uomo. Nella sua opera di discernimento necessaria per la nuova evangelizzazione, la Chiesa ha scoperto che in molte comunità, la trasmissione della fede ha bisogno di una rinascita. Ci sono segni incoraggianti: le comunità di vita consacrata e movimenti che celebrano e diffondono la fede trinitaria, spesso con l’aiuto della lectio divina, e il sacramento della riconciliazione, che è quasi scomparsa dalla vita di tanti cristiani. La riscoperta dell’adorazione eucaristica è un altro segnale incoraggiante… Allo stesso modo, si dovrebbe incoraggiare l'ecumenismo a seguito della nuova evangelizzazione e il dialogo interreligioso”. Infine, in occasione del ventennale del Catechismo della Chiesa Cattolica il Patriarca di Gerusalemme ha ricordato di non dimenticare la dottrina sociale della Chiesa, che “ha un ruolo insostituibile nella nuova evangelizzazione, come la predicazione e la pietà popolare. Non dobbiamo trascurare il legame tra la Chiesa e l'educazione… Papa Benedetto XVI ha più volte ribadito la complementarità tra fede e ragione”.

Simone Baroncia, Korazym.org

Sinodo dei vescovi 2012. La questione di Dio nel continente digitale: il Magistero pontificio e la sfida delle frontiere della nuova evangelizzazione

di Claudio Maria Celli
Arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali

L’"Instrumentum laboris, redatto" dalla segreteria generale del Sinodo dei vescovi in vista dei lavori della prossima Assemblea generale ordinaria, dedica quattro paragrafi (59-62) al tema dei media nel contesto della nuova evangelizzazione, con un titolo assai significativo: "Le nuove frontiere dello scenario comunicativo". Il documento riconosce che l’attuale mondo della comunicazione «"ffre enormi possibilità e rappresenta una delle grandi sfide della Chiesa" (n. 59), che le "nuove tecnologie digitali hanno dato origine ad un vero e proprio nuovo spazio sociale, i cui legami sono in grado di influire nella società e sulla cultura" (n. 60) e che "dall’influsso che esercitano dipende la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo" (n. 60). Emerge, quindi, a tutto tondo, la consapevolezza che ci troviamo di fronte a una cultura (i recenti interventi del Magistero pontificio parlano appunto di una "cultura digitale") che è originata dalle nuove tecnologie comunicative e che essa sia una grande sfida per la comunità ecclesiale. Poiché durante i lavori del Sinodo cadrà il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, mi sembra non solo interessante ma doveroso ritornare, prima di tutto, al documento fondante della riflessione ecclesiale sugli strumenti della comunicazione sociale, vale a dire il Decreto conciliare "Inter mirifica", approvato il 4 dicembre 1963. I Padri conciliari, prendendo atto che si tratta di "meravigliose invenzioni tecniche", che "più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti" (n. 1), sono anche ampiamente consapevoli di avere a che fare con "strumenti che per loro natura sono in grado di raggiungere e muovere non solo i singoli, ma le stesse moltitudini e l’intera società umana" (n. 1) e che "contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a diffondere e a consolidare il Regno di Dio" (n. 2). In questa prospettiva, il Decreto afferma che la Chiesa "ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti della comunicazione sociale per predicare l’annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini il retto uso degli strumenti stessi" (n. 3).Questa visione dei media come “strumenti” pervaderà negli anni seguenti il Magistero, vale a dire l’istruzione pastorale sulle comunicazioni sociali "Communio et progressio" pubblicata dalla Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, il 23 marzo 1971, l’istruzione pastorale "Aetatis novae" pubblicata dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, questo è il suo nuovo nome, il 22 febbraio 1992, e i vari interventi del Papa Paolo VI. Sia sufficiente ricordare, a questo proposito, un significativo passaggio dell’Esortazione apostolica "Evangelii nuntiandi" dove Paolo VI, riferendosi ai mezzi di comunicazione sociale, afferma che "posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere quasi all’infinito il campo di ascolto della Parola di Dio, e fanno giungere la Buona Novella a milioni di persone" (n. 45). Gran parte del mondo comunicativo cambierà radicalmente con la scoperta e l’ampia diffusione delle nuove tecnologie che, come sottolineano gli esperti, non saranno più solo uno strumento, ma diventano un vero e proprio ambiente di vita. Saranno i due ultimi Pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, a mettere in luce quanto è avvenuto nel campo della comunicazione e a percepire, con lucidità pastorale, le conseguenti sfide e opportunità per l’azione evangelizzatrice della Chiesa. Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica "Il rapido sviluppo" (2005), rileva con chiarezza che "i mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. Si tratta di un problema complesso, poiché tale cultura, prima ancora che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con tecniche e linguaggi inediti" (n. 3). Sulla stessa linea si pone il magistero di Benedetto XVI quando, nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2009, scrive: "Sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo ed informativo i valori su cui poggia la vostra vita!". E, riferendosi al delicato tema dei rapporti tra evangelizzazione e nuovi linguaggi, aggiunge: "Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli ed i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccare le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo". Questi testi del Magistero, or ora citati, aiutano a comprendere che la missione evangelizzatrice non può trovare la sua piena realizzazione nella sola capacità tecnologica-comunicativa, anche la più moderna e sofisticata. Anche oggi, credo, siano necessarie audacia e saggezza nel nostro ministero pastorale per trovare altre vie e capacità di usare nuovi linguaggi per evangelizzare in un contesto dove l’uomo è sommerso da messaggi o da non poche risposte a domande che non si era neanche posto. La tensione nella ricerca della verità, che costituisce la più autentica dimensione della dignità dell’uomo, deve farsi spazio in una molteplicità di informazioni, che assalgono l’uomo odierno nel suo cammino esistenziale. Si tratta anche della ricerca, a volte sofferta, di Dio e come ricordava Benedetto XVI: "Come primo passo dell’evangelizzazione dobbiamo cercare di tenere desta tale ricerca; dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde" (Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2009). In questo campo giocano un ruolo particolare le nuove tecnologie comunicative che danno origine a una vera e propria cultura, favorendo anche il configurarsi di una società caratterizzata dal fenomeno della globalizzazione. Giacché la fede prevede un incontro personale con Gesù Cristo, l’azione evangelizzatrice dovrà prestare una attenzione speciale alla concreta e singolare situazione del destinatario dell’annuncio, nel rispetto dell’assoluto primato del rapporto con la persona. Che linguaggio usare perché Gesù Cristo sia annunciato all’uomo di oggi e possa così interpellare il cuore di ogni essere umano? Penso che questa sia una delle sfide più importanti e urgenti per la missione salvifica della Chiesa nel mondo contemporaneo. Carattere eminentemente interpersonale dell’evangelizzazione, e testimonianza a tutto campo, sembrano a prima vista due aspetti di questa fondamentale missione della Chiesa in contrasto con quelle che sono le caratteristiche del mondo comunicativo odierno. La dimensione digitale sembra mal relazionarsi con l’esigenza di concretezza legata al cammino di evangelizzazione, e lo stesso può dirsi della prospettiva globalizzante quasi impersonale della rete che pare essere in stridente opposizione con le necessarie dimensioni personali, parliamo di spirito, di cuore, del rapporto dell’essere umano con Dio in Gesù Cristo. Non nego che c’è del vero in certe posizioni sospettose e critiche nei confronti delle nuove tecnologie, l’"Instrumentum laboris" menziona certi limiti al n. 62, ma è pur vero che esse hanno accresciuto enormemente le capacità conoscitive e relazionali dell’uomo e le reti sociali sono l’ambiente esistenziale di centinaia di milioni di persone. Quale opportunità e sfida per la comunità di credenti in Cristo, che ha nelle sue mani la parola di vita. Per questo motivo è pressante l’invito che Benedetto XVI rivolgeva nel 2010 tramite il messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali: "Lo sviluppo delle nuove tecnologie e, nella sua dimensione complessiva, tutto il mondo digitale rappresentano una grande risorsa per l’umanità nel suo insieme e per l’uomo nella singolarità del suo essere e uno stimolo per il confronto e il dialogo. Nessuna strada, infatti, può e deve essere preclusa a chi, nel nome del Cristo risorto, si impegna a farsi sempre più prossimo all’uomo. I nuovi media, pertanto, offrono innanzitutto ai Presbiteri prospettive sempre nuove e pastoralmente sconfinate, che li sollecitano a valorizzare la dimensione universale della Chiesa, per una comunione vasta e concreta". Credo che il Papa sia pienamente consapevole dei limiti delle nuove tecnologie e di certe influenze negative da esse esercitate specialmente sul mondo giovanile, eppure non le teme, anzi invita la Chiesa "ad esercitare una 'diaconia della cultura', nell’odierno 'continente digitale'. Con il Vangelo nelle mani e nel cuore, occorre ribadire che è tempo anche di continuare a preparare cammini che conducano alla Parola di Dio, senza trascurare di dedicare un’attenzione particolare a chi si trova nella condizione di ricerca, anzi procurando di tenerla desta come primo passo dell’evangelizzazione". E la riflessione pontificia giunge a prospettare la messa in opera di una "pastorale nel mondo digitale", che è chiamata "a tener conto anche di quanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche, dal momento che i nuovi mezzi consentono di entrare in contatto con credenti di ogni religione, con non credenti e persone di ogni cultura". Proseguendo in questa linea il Papa si chiede, usando un’immagine audace ma significativa, se il web non possa fare spazio, come il cortile dei gentili del Tempio di Gerusalemme, anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto. I testi del Magistero papale or ora ripercorsi sono parole pastoralmente illuminanti che possono aiutare, alla vigilia dei lavori del prossimo Sinodo, a riflettere con "audacia e saggezza", sulla grande sfida che le nuove tecnologie comunicative pongono nel cammino di evangelizzazione, percependone anche le grandi opportunità.

L'Osservatore Romano

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Basta un clic per partire: i pacchetti, il 'tutor' per le diocesi, la raccolta fondi, la Settimana missionaria

Basta un clic per cominciare il cammino verso Rio 2013. Un tocco di mouse e la registrazione per la GMG in terra brasiliana è fatta. Si sono aperte a fine agosto le iscrizioni della Giornata mondiale della gioventù. E anche le diocesi italiane sono pronte ad essere inserite fra le delegazioni che da tutti i continenti invaderanno la metropoli carioca la prossima estate. È sufficiente entrare nel sito promosso dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile, www.gmgrio2013.it, per "collegarsi" con il Brasile e avere informazioni, notizie e assistenza in tempo reale. La prima fase delle iscrizioni è riservata ai gruppi. "Sul sito – spiega don Domenico Beneventi, vice responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile – occorre lasciare soltanto il nome del responsabile del gruppo e del vice. Con questi due nominativi è possibile registrare l’intero gruppo che dovrà essere composto da cinquanta persone al massimo". La fase successiva avrà al centro le liste dei partecipanti che andranno compilate in modo più dettagliato. "Le diocesi italiane – afferma don Domenico – sono già impegnate a registrarsi. Segno che l’attesa per l’appuntamento della prossima estate sta crescendo". Tre sono i pacchetti che vengono offerti. Il primo è quello che copre l’intera settimana a Rio, dal 23 al 28 luglio. Si potrà scegliere fra le opzioni che includono (o escludono) l’alloggio e i pasti. La seconda proposta è appannaggio di chi vuole vivere soltanto il fine settimana della GMG, dal 26 al 28 luglio. L’ultima possibilità è per coloro che desiderano partecipare alla veglia e alla Messa conclusiva con il Papa. A fare da tutor alle diocesi e ai gruppi giovanili della Penisola che vogliono iscriversi a Rio 2013 è il Servizio nazionale per la pastorale giovanile. "Abbiamo messo a punto un vademecum – racconta il vice responsabile – che può essere scaricato dal sito italiano e che contiene tutte le indicazioni utili". Il Servizio nazionale seguirà ogni momento delle registrazioni e sarà in contatto costante con il Comitato organizzatore brasiliano. «È un’opportunità di accompagnamento e sostegno attraverso una sorta di ponte promosso dal Servizio nazionale fra l’Italia e il Brasile", sottolinea don Domenico. Fin da ora emerge il ruolo decisivo che giocherà la rete in vista della GMG. Il sito www.gmgrio2013.it, "fratello" italiano di quello ufficiale brasiliano www.rio2013.com, è come una mappa per i giovani della Penisola. Oltre alla sezione sulle iscrizioni, sono già disponibili online i sussidi con l’itinerario di preparazione insieme con le ultime notizie dall’Italia e dal continente latino-americano. Una sfida che attende i gruppi italiani è quella dell’autofinanziamento. "Di fronte ai prezzi non certamente economici per il viaggio in terra brasiliana – racconta don Domenico – le diocesi stanno già programmando iniziative e attività per reperire fondi". Si andrà dai mercatini di beneficenza alla vendite delle felpe che aiuteranno a far conoscere Rio 2013 nelle comunità parrocchiali. E dalla prossima settimana su www.gmgrio2013.it le diocesi e i gruppi potranno condividere idee e suggerimenti. I "giorni nelle diocesi" che si terranno dal 16 al 20 luglio avranno un’impronta missionaria. "Molte Chiese locali della Penisola – riferisce il vice responsabile nazionale – sono già in contatto con missionari italiani o sacerdoti fidei donum per organizzare la Settimana che precede l’incontro di Rio". Quanti, però, non hanno rapporti diretti col Brasile possono far riferimento al Servizio nazionale per la pastorale giovanile che ha già verificato la disponibilità di un’accoglienza italiana nelle diocesi tra San Paolo e Rio de Janeiro.

Giacomo Gambassi, Avvenire

Müller: senza strumentalizzare il Magistero ma affidandosi incondizionatamente a Cristo, unità della Chiesa non viene dilaniata da gelosia e ambizione

Nella Chiesa, ''in molti Paesi è forte la polarizzazione, il contrasto, tra cosiddetti tradizionalisti e cosiddetti progressisti. Dobbiamo superare questa opposizione, dobbiamo trovare una nuova unità di fondo nella Chiesa'': lo afferma mons. Gerhard Ludwig Müller (nella foto con Benedetto XVI), il nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un'intervista alla Radio Vaticana in cui delinea le priorità del suo nuovo incarico. "Sappiamo che esistono molti pregiudizi contro questa Congregazione, che però hanno molto poco a che fare con la realtà dei fatti. Da parte mia, mi sono chiesto come ricoprire questo incarico. Non credo di essere stato chiamato dal Santo Padre per svolgere un lavoro burocratico - dice l'arcivescovo tedesco -, ma credo di essere stato chiamato sostanzialmente in quanto teologo. Così, cerco di capire quale sia oggi il malessere della vita della Chiesa''. Per riportare l'unità nella Chiesa, dice, non serve lavorare a ''livello programmatico, magari grazie ad un abile oratore di partito. Noi non siamo una comunità di persone che nasce attorno ad un programma di partito e nemmeno una comunità di studiosi creata attorno ad una ricerca, perchè la nostra unità è un dono''. "Noi crediamo nella Chiesa che è 'una' ed è unita in Cristo. E se veramente si crede in Cristo - aggiunge -, senza strumentalizzare il Magistero della Chiesa sottolineando solo alcuni punti a vantaggio della propria ideologia, ma ci si affida incondizionatamente a Cristo, anche l'unità della Chiesa non viene dilaniata dalla gelosia e dall'ambizione. Questo è uno dei miei obiettivi: ridurre le tensioni all'interno della Chiesa''. Di fronte allo scandalo pedofilia, per la Chiesa, ''sempre e dovunque, la cosa più importante sono le persone che sono state vittime di questi terribili abusi''. Per mons. Müller, ''è molto importante anche l'aspetto della prevenzione; allo stesso tempo, bisogna evitare il rischio di una giustizia che diventi linciaggio. In questo ambito, sia la Congregazione per la Dottrina della Fede, sia le singole diocesi, procedono in modo molto coerente e credo che possiamo essere presi ad esempio''.

Asca, TMNews

Il nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: superare opposizioni ideologiche nella Chiesa

Il Papa: come un padre che dev’essere sempre accanto ai figli, in Libano per annunciare la pace che il Signore risorto ha lasciato ai suoi discepoli

Udienza Generale questa mattina nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI, proveniente in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo, ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti in Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa si è soffermato sul suo recente Viaggio Apostolico in Libano. "Un viaggio - ha detto ai fedeli raccolti nell'aula Paolo VI - che ho fortemente voluto, nonostante le circostanze difficili, considerando che un padre dev'essere sempre accanto ai suoi figli quando incontrano gravi problemi. Sono stato mosso dal vivo desiderio di annunciare la pace che il Signore risorto ha lasciato ai suoi discepoli, sintetizzandole nelle parole 'Vi dono la mia pace'". “È stato un evento ecclesiale commovente - ha proseguito Benedetto XVI - e, al tempo stesso, una provvida occasione di dialogo vissuta in un Paese complesso ma emblematico per tutta la regione, a motivo della sua tradizione di convivenza e di operosa collaborazione tra le diverse componenti religiose e sociali. Di fronte alle sofferenze e ai drammi che permangono in quella zona del Medio Oriente, ho manifestato la mia sentita vicinanza alle legittime aspirazioni di quelle care popolazioni, recando loro un messaggio di incoraggiamento e di pace. Penso in particolare al terribile conflitto che tormenta la Siria, causando, oltre a migliaia di morti, un flusso di profughi che si riversano nella regione alla ricerca disperata di sicurezza e di futuro; e non dimentico la situazione difficile dell’Irak”, ha affermato il Pontefice. Durante il viaggio "la gente del Libano e del Medio Oriente - cattolici, rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e delle diverse comunità musulmane - ha vissuto, con entusiasmo e in un clima disteso e costruttivo, un’importante esperienza di rispetto reciproco, di comprensione e di fraternità, che costituisce un forte segno di speranza per tutta l’umanità". "Soprattutto l’incontro con i fedeli cattolici del Libano e del Medio Oriente, presenti a migliaia, che ha suscitato nel mio animo un sentimento di profonda gratitudine per l’ardore della loro fede e della loro testimonianza”, ha confidato Benedetto XVI. Ha quindi ringraziato “il Signore per questo dono prezioso, che dà speranza per il futuro della Chiesa in quei territori: giovani, adulti e famiglie animati dal tenace desiderio di radicare la loro vita in Cristo, rimanere ancorati al Vangelo, camminare insieme nella Chiesa". Il Papa ha rinnovato la sua riconoscenza anche a quanti hanno lavorato per il viaggio, "I patriarchi e i vescovi del Libano con i loro collaboratori, la Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi, le persone consacrate, i fedeli laici, i quali sono una realtà preziosa e significativa nella società libanese": "le Comunità cattoliche libanesi, mediante la loro presenza bimillenaria e il loro impegno pieno di speranza, offrono un significativo e apprezzato contributo nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del Paese". Quindi un pensiero grato e deferente "alle autorità libanesi, alle istituzioni e associazioni, ai volontari e a quanti hanno offerto il sostegno della preghiera. Non posso dimenticare la cordiale accoglienza che ho ricevuto dal presidente della Repubblica, Signor Michel Sleiman, come anche dalle varie componenti del Paese e dalla gente: è stata un’accoglienza calorosa, secondo la celebre ospitalità libanese". “I musulmani mi hanno accolto con grande rispetto e sincera considerazione; la loro costante e partecipe presenza - ha proseguito Benedetto XVI - mi ha dato modo di lanciare un messaggio di dialogo e di collaborazione tra Cristianesimo e Islam: mi sembra che sia venuto il momento di dare insieme una testimonianza sincera e decisa contro le divisioni e contro le guerre. I cattolici, venuti anche dai Paesi confinanti, hanno manifestato con fervore il loro profondo affetto al Successore di Pietro”. Dopo la cerimonia al suo arrivo all’aeroporto di Beirut, il fulcro del viaggio per la comunità cristiana, la firma dell’Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente" nella Basilica Greco-Melkita di San Paolo ad Harissa: “Ho invitato i cattolici mediorientali a fissare lo sguardo su Cristo crocifisso per trovare la forza, anche in contesti difficili e dolorosi, di celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta e dell’unità sulla divisione...Pur essendo un ‘piccolo gregge’, non devono temere, nella certezza che il Signore è sempre con loro. Il Papa non li dimentica”. Parlando del secondo giorno del viaggio ha ricordato l’incontro con i rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e del mondo della cultura, il Corpo diplomatico e i capi religiosi. “Ad essi, tra l’altro – ha detto - ho indicato una via da percorrere per favorire un futuro di pace e di solidarietà: si tratta di operare affinché le differenze culturali, sociali e religiose approdino, nel dialogo sincero, ad una nuova fraternità, dove ciò che unisce è il senso condiviso della grandezza e dignità di ogni persona, la cui vita va sempre difesa e tutelata". In precedenza, ha proseguito il Papa, "ho avuto un incontro con i capi delle comunità religiose musulmane, che si è svolto in uno spirito di dialogo e di benevolenza reciproca. Ringrazio Dio per questo incontro. Il mondo di oggi ha bisogno di segni chiari e forti di dialogo e di collaborazione, e di ciò il Libano è stato e deve continuare ad essere un esempio per i Paesi arabi e per il resto del mondo". Il Papa ha ricordato che nel pomeriggio, presso la residenza del Patriarca Maronita, è stato accolto “dall’entusiasmo incontenibile di migliaia di giovani libanesi e dei Paesi vicini, che hanno dato vita ad un festoso e orante momento, che rimarrà indimenticabile nel cuore di molti. Ho sottolineato la loro fortuna di vivere in quella parte del mondo che ha visto Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, e lo sviluppo del Cristianesimo, esortandoli alla fedeltà e all’amore per la loro terra, nonostante le difficoltà causate dalla mancanza di stabilità e di sicurezza", " li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, fiduciosi in Cristo, fonte della nostra gioia, e ad approfondire il rapporto personale con Lui nella preghiera, come anche ad essere aperti ai grandi ideali della vita, della famiglia, dell’amicizia e della solidarietà". Quindi, "vedendo giovani cristiani e musulmani fare festa in grande armonia, li ho spronati a costruire insieme il futuro del Libano e del Medio Oriente e ad opporsi insieme alla violenza e alla guerra. La concordia e la riconciliazione devono essere più forti delle spinte di morte”. “Nella mattina della domenica – ha aggiunto - c’è stato il momento molto intenso e partecipato della Santa Messa nel City Center Waterfront di Beirut, accompagnata da suggestivi canti, che hanno caratterizzato anche le altre celebrazioni. Alla presenza di numerosi vescovi e di una grande folla di fedeli, provenienti da ogni parte del Medio Oriente, ho voluto esortare tutti a vivere la fede e a testimoniarla senza paura, nella consapevolezza che la vocazione del cristiano e della Chiesa è quella di portare il Vangelo a tutti senza distinzione, sull’esempio di Gesù. In un contesto segnato da aspri conflitti, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di servire la pace e la giustizia, diventando strumenti di riconciliazione e costruttori di comunione". Al termine "ho avuto la gioia di consegnare l’Esortazione Apostolica che raccoglie le conclusioni dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi dedicata al Medio Oriente", documento che "vuole raggiungere tutti i fedeli di quella cara regione, per sostenerli nella fede e nella comunione e spronarli sulla via della tanto auspicata nuova evangelizzazione. Nel pomeriggio, presso la sede del Patriarcato Siro-cattolico, ho avuto poi la gioia di un fraterno incontro ecumenico con i Patriarchi ortodossi e ortodossi orientali e i rappresentanti di quelle Chiese, come pure delle Comunità ecclesiali”. Il Papa ha affermato che “i giorni trascorsi in Libano sono stati una stupenda manifestazione di fede e di intensa religiosità e un segno profetico di pace. La moltitudine di credenti, provenienti dall’intero Medio Oriente, ha avuto l’opportunità di riflettere, di dialogare e soprattutto di pregare insieme, rinnovando l’impegno di radicare la propria vita in Cristo. Sono certo che il popolo libanese, nella sua multiforme ma ben amalgamata composizione religiosa e sociale, saprà testimoniare con nuovo slancio la vera pace, che nasce dalla fiducia in Dio". IIl Pontefice ha auspicato "che i vari messaggi di pace e di stima che ho voluto dare, possano aiutare i governanti della Regione a compiere passi decisivi verso la pace e verso una migliore comprensione delle relazioni tra cristiani e musulmani; "continuo ad accompagnare quelle amate popolazioni con la preghiera, affinché rimangano fedeli agli impegni assunti”. Infine, il Papa ha affidato “alla materna intercessione di Maria”, venerata in tanti ed antichi santuari libanesi, “i frutti di questa Visita pastorale, come anche i propositi di bene e le giuste aspirazioni dell’intero Medio Oriente”.
Al termine delle catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha salutato in particolare i numerosi religiosi presenti in Aula Paolo VI, tra i quali gli Abati Benedettini provenienti da tutto il mondo, i partecipanti ai Capitoli generali dei Fratelli e delle Suore della Congregazione dei Sacri Cuori e dell’Adorazione Perpetua, nonché i laici Carmelitani impegnati in un congresso internazionale.

TMNews, SIR, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Il Papa vuole indire un Concistoro per la creazione di nuovi cardinali in tempi piuttosto ravvicinati. Il problema del numero di berrette disponibili

Il Papa vuole indire un Concistoro per la creazione di nuovi cardinali in tempi piuttosto ravvicinati; tanto ravvicinati che qualche settimana fa in gran segreto ai vertici alti della Curia non si escludeva un evento del genere a novembre, subito dopo la conclusione del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Ma in realtà i numeri erano contro, questa ipotesi, a meno di una clamorosa rottura con la legge che vuole un tetto di 120 cardinali elettori sotto gli 80 anni di età. A fine 2012 gli elettori saranno 114; e il margine lasciato al Papa era esiguo. A giugno 2013 saranno 108; e scenderanno fino a 104 alla fine del 2013. Ma il dilemma di Benedetto XVI non si limita alla data in cui fissare il Concistoro. Infatti, se indice per febbraio l’evento, e calcola dodici posti, contando anche i cardinali che compiranno 80 anni entro giugno, le aspettative legittime superano abbondamente le “berrette” a disposizione. E si tratta allora di compiere scelte importanti di geopolitica ecclesiale, per non lasciare fuori da un eventuale, ci auguriamo molto lontano, conclave nessuna area della cattolicità. In Curia non è pensabile che non diventi cardinale il neo-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il tedesco Gerhard Ludwig Müller; ed è molto probabile che anche al nuovo bibliotecario, il francese, Jean Louis Bruguès, giunga la berretta, come al presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Vincenzo Paglia, e a mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. E sono già quattro. In Italia due grandi diocesi aspettano: Venezia, con il suo nuovo patriarca, Francesco Moraglia, e Torino, con Cesare Nosiglia. C’è una regola non scritta, ma rispettata con notevole regolarità, secondo cui l’arcivescovo di una diocesi che ha già un cardinale sotto gli 80 anni deve aspettare con buona pazienza per ricevere la berretta. Il card. Poletto compirà l’80° genetliaco il 18 marzo, e quindi Nosiglia ha via libera. Questa stessa regola impedirebbe a una raffica di nuovi ed emergenti vescovi americani (Gomez di Los Angeles, Chaput di Philadelphia e Lori di Baltimora) di entrare nel Collegio cardinalizio. E anche l’arcivescovo salesiano Riccardo Ezzati, di Santiago del Cile, potrebbe avere qualche difficoltà, perché il suo predecessore compie 80 anni a settembre. In Asia aspetta la berretta il patriarca maronita Bechara Rai, libanese; e Ignace Youssif III Younan, dei siri. Nelle Filippine l’arcivescovo di Manila, Tagle, e a Bangkok l’arcivescovo Kovithavanji, mentre in Nuova Zelanda non c’è un cardinale, e l’arcivescovo di Wellington John Atcherley Dew potrebbe aspirarvi. Australia e Nuova Zelanda hanno un solo cardinale sotto gli 80 anni, George Pell. E senza contare Ezzati, siamo undici. Ma a Londra c’è Vincent Nichols (O’Connor è uscito il mese scorso), e a Toledo non è cardinale il primate di Spagna, Braulia Rodriguez Plaza. A Detroit è “scoperta” una sede cardinalizia, in cui il titolare, Vigneron, non ha la porpora. E lo stesso vale per Marsiglia e Siviglia. Così come non hanno porpore votanti due Chiese di antica tradizione come la Slovacchia e la Lettonia. La situazione appare problematica anche in America Latina. Guatemala, Nicaragua, Colombia non hanno cardinali residenziali; e lo stesso discorso vale per il Canada, dopo la partenza per Roma di Marc Ouellet. E in Africa ci sono vuoti importanti: Costa d’Avorio, Uganda, Mozambico, Camerun e Angola non hanno cardinali votanti. Insomma Benedetto XVI ha sul tavolo un puzzle di non facile soluzione.

Marco Tosatti, Vatican Insider

René Bruelhart: gli sforzi del Vaticano per la trasparenza finanziaria sono stati intensi, è un work in progress e continueremo su questa strada

''Il mio compito è di fornire consiglio e aiuto al Vaticano nel suo impegno contro il ricicliaggio di denaro sporco, il crimine organizzato e il finanziamento del terrorismo. Ho cominciato questo lavoro da meno di due settimane e molto dipenderà da come si evolverà la situazione. Ho trovato strutture che, con certi limiti, lavorano molto bene. Gli sforzi del Vaticano, soprattutto negli ultimi due anni, sono stati intensi e il suo impegno a tutto campo. Alla luce del report di metà luglio di Moneyval che ha attentamente esaminato la situazione del Vaticano, bisogna riconoscere che è un work in progress e continueremo su questa strada''. Lo dice, in un'intervista alla Radio Vaticana, Rene Bruelhart, esperto di trasparenza finanziaria e lotta al riciclaggio che ha iniziato da qualche settimana a lavorare per la Santa Sede come consulente proprio su questi temi delicato. Per Bruelhart, la ''principale differenza'' tra il suo precedente incarico come responsabile della Finanzial Information Unit del Liechtenstein e il suo attuale lavoro per il Vaticano ''è che la reputazione è sicuramente importante, ma quel che conta è il 'bene maggiore'. In effetti, se consideriamo la funzione e la posizione della Santa Sede a livello globale - la sua importanza e la questione della responsabilità morale che è in gioco - credo che il nostro compito sia molto più ampio''. Il consulente sottolinea con chiarezza che il Vaticano ''non è un centro finanziario. Penso che lo dobbiamo chiaramente una volta per tutte. Anche se alcuni media a volte dicono il contrario, insieme a tutti i 'miti' che vengono spacciati per veri: questo, in una certa misura, la natura dei media...Preferisco parlare con i fatti, ed è un fatto che il Vaticano non sia un centro finanziario. E' un fatto, tuttavia, che in Vaticano vengano condotte transazioni finanziare, anche se in un contesto abbastanza chiaro. Ed è ancora un fatto che negli ultimi sono state create strutture per combattere gli abusi. Ora dobbiamo rafforzare queste strutture''. Sui passi che la Santa Sede deve oggi compiere, Bruelhart spiega che ''ci sono standard internazionali adottati in tutto che definiscono con chiarezza le strutture necessarie, i requisiti, come deve avvenire la cooperazione nazionale e internazionale tra la varie autorità... in questo contesto, queste sono le condizioni base. Quel che è indispensabile è che che non siano solo un atto formale ma un realtà attiva. In altre parole: è importante trovare un modo per farle funzionare, soprattutto a lungo termine. Senza dubbio, questo sarà uno degli aspetti del mio lavoro''.

Asca

Il nuovo "advisor" per la trasparenza finanziaria, René Bruelhart: apprezzato l'impegno del Vaticano nel settore