giovedì 12 marzo 2009

Il Papa in Terra Santa. Il card. Bertone: segno dell'impegno della Chiesa a favore della pace tra i popoli di quella regione

"L'imminente visita del Papa in Giordania e in Terra Santa è un grande segno dell'impegno della Chiesa a favore della pace tra i popoli di quella regione". È questo il senso che il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), segretario di Stato Vaticano, attribuisce al viaggio che il Papa compirà in Terra Santa dall'8 al 15 maggio. Aprendo questo pomeriggio i lavori del Forum internazionale delle università che predispone la preparazione del Giubileo Paolino degli universitari, Bertone ha ricordato come il Forum dedica particolare attenzione allo studio "della diffusione del Vangelo nei Paesi del Medio Oriente, a cui la Chiesa - ha detto - guarda con grande speranza confidando molto nella collaborazione universitaria per la risoluzione dei problemi urgenti e gravi che pervadono le società medio orientali con conseguenze in tutto il mondo".

Revoca della scomunica ai lefebvrani. I vescovi italiani: profonda gratitudine al Papa per la sua parola chiarificatrice

''Profonda gratitudine'' a Papa Benedetto XVI per la sua ''parola chiarificatrice'' sulla revoca ai quattro vescovi lefebvriani e sulle polemiche che ne sono seguite: la esprime, in una nota, il presidente della CEI, card. Angelo Bagnasco. ''Desideriamo esprimere - si legge in una nota diffusa questa sera dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana - profonda gratitudine al Santo Padre per la sua "'parola chiarificatrice' in ordine alle polemiche, sorte in seguito alla revoca della scomunica a quattro Vescovi, consacrati nel 1988 senza mandato della Santa Sede''. La CEI ricorda che già pochi giorni dopo l'annuncio del provvedimento, il card. Bagnasco, aveva espresso ''l'apprezzamento'' dei vescovi italiani ''per tale atto di misericordia'', condannando le dichiarazioni di mons.Williamson sulla Shoah. Tuttavia, osservano ancora la CEI, ''ne è seguita 'una discussione di tale veemenza', che ha distolto dalla preoccupazione di Benedetto XVI, rivolta unicamente alla causa dell'unità della Chiesa''. ''I Vescovi e le comunità ecclesiali che sono in Italia - si conclude la nota - si stringono con affetto filiale al successore di Pietro''.

Il messaggio della Cei - il testo integrale

La visita del Papa alla Sinagoga di Roma. Il card. Bertone: siamo molto contenti. Il sindaco di Roma: la nostra città un laboratorio di pace e dialogo

''Siamo molto contenti dell'invito a visitare la Sinagoga di Roma. Il Papa ci andrà volentieri''. E' quanto ha detto il segretario di Stato vaticano, il card. Tarcisio Bertone, commentando la notizia della visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma (foto) in autunno. L'ultima visita di un Pontefice al tempio ebraico risale al 1986 quando a recarsi alla sinagoga fu Giovanni Paolo II.
''Apprendo con grande soddisfazione la notizia della prossima visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma. Un segno importante di dialogo, stima e collaborazione, tra la Comunità ebraica e la Santa Sede, che ancora una volta rende la nostra città un laboratorio universale di pace e accoglienza''. E' quanto dichiara invece il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. ''I segnali positivi e distensivi tra Chiesa Cattolica e Comunità ebraica - aggiunge Alemanno - si erano infatti già manifestati in occasione del colloquio tra Benedetto XVI e il Rabbino Capo, Riccardo Di Segni e il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici durante la visita del Pontefice in Campidoglio. Il Papa, rompendo ogni protocollo, si è fermato a lungo a parlare con loro con affetto e grande attenzione''.

Revoca della scomunica ai lefebvrani. Il card. Vallini scrive al Papa: vicinanza affettuosa e filiale da parte della diocesi di Roma

In occasione della pubblicazione della “Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa Cattolica riguardo la remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre”, il card Agostino Vallini (nella foto con Benedetto XVI), vicario generale della diocesi di Roma, ha scritto una lettera al Papa in cui ribadisce la “vicinanza affettuosa e filiale” e “il sostegno della quotidiana preghiera” da parte di tutta la diocesi di Roma. “La Lettera che Vostra Santità ha indirizzato ai vescovi della Chiesa Cattolica (…) mi ha particolarmente toccato e commosso - scrive Vallini -. L’ho accolta come una grande lezione di fede offerta a tutti noi dal Supremo Pastore, che antepone Cristo e il bene del suo gregge ad ogni altra umana considerazione, una lezione di amore e di servizio alla Chiesa. Mi sono tornate alla mente le parole di Gesù a San Pietro, dopo la risurrezione: ‘Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro ? …In verità ti dico,..., tenderai le mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi’. La parola del Signore ci dice che Pietro, di ieri e di oggi, spesso è chiamato a vivere il Suo singolare ministero in solitudine, nell’incomprensione e nella sofferenza”. “Le ragioni a lungo meditate da Vostra Santità del ‘gesto discreto di misericordia’ verso i quattro vescovi, nella paterna attesa che venga da loro corrisposto con i dovuti passi di piena riconciliazione, andavano accolte da tutti nella Chiesa - continua Vallini -, facendo giungere al Supremo Pastore il sostegno, il conforto e la condivisione nella comunione ecclesiale, anche quando potessero non esserne compresi tutti gli elementi di una complessa e dolorosa vicenda. La Lettera di Vostra Santità bene chiarisce gli aspetti disciplinari, dottrinali e pastorali che hanno condotto il Padre comune a ‘questo sommesso gesto di una mano tesa’. Desidero manifestarLe, Padre Santo, che la Chiesa di Roma, la Sua Chiesa, attraverso questi miei pensieri, si stringe ancora una volta intorno alla Sua cara Persona per lenirLe la pena di questa circostanza e intende confermarLe piena comunione e adesione ai Suoi atti di governo. Resto convinto che le decisioni del Papa si accolgono con fede, si comprendono nelle loro alte motivazioni e si sostengono sempre. Le giunga, Padre Santo - conclude Vallini -, l’espressione della nostra vicinanza affettuosa e filiale e il sostegno della nostra quotidiana preghiera: ‘Dominus conservet Eum et vivificet Eum’”.

Mons. Fellay: grazie al Papa per aver riportato il dibattito al livello della fede. La Fraternità non vuole arrestare la Tradizione al 1962

''Ringraziamo profondamente il Santo Padre di aver riportato il dibattito al livello al quale deve svolgersi, quello della fede'': lo scrive, in un comunicato, il Superiore generale della lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X, mons. Bernard Fellay, in seguito alla diffusione della lettera di Papa Benedetto XVI ai vescovi cattolici per spiegare il senso della revoca della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani. ''Condividiamo pienamente - scrive Fellay - la sua preoccupazione prioritaria della predicazione 'nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede e' nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova piu' nutrimento'''. ''La Chiesa - osserva ancora Fellay - attraversa una grande crisi, che non potrà essere risolta se non con il ritorno integrale alla purezza della fede''. Il superiore dei lefebvriani spiega che la sua comunità è ''ben lontana dal voler arrestare la Tradizione al 1962'' - come detto dal Pontefice nella sua lettera - ma vuole ''considerare il Concilio Vaticano II e l'insegnamento post-conciliare alla luce di questa Tradizione, senza rottura e all'interno di uno sviluppo perfettamente omogeneo. La Fraternità, conclude Fellay, assicura al Pontefice la sua ''volontà di affrontare i colloqui dottrinali riconosciuti come 'necessari''' dal decreto di revoca della scomunica, ''con il desiderio di servire la Verità rivelata, il che è la prima carita' da manifestare verso tutti gli uomini, cristiani e non''.

Riccardo Pacifici: Benedetto XVI visiterà la Sinanoga di Roma in autunno. La conferma del portavoce vaticano

Il Papa andrà in visita alla Sinagoga di Roma (foto) nel prossimo autunno. Ad annunciarlo, intervenendo alla trasmissione "Porta a Porta" che andrà in onda questa sera, è stato il capo della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici. ''L'invito l'abbiamo fatto - ha spiegato Pacifici - e sembrerebbe proprio di sì, aspettiamo la risposta scritta da parte del Pontefice''. Alla domanda da parta del conduttore Bruno Vespa se fosse arrivata una risposta verbale in tal senso dal Vaticano, Pacifici ha risposto: ''Diciamo di sì e sarà in autunno''. A questa notizia, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ospite della trasmissione ha commentato: ''E' una bella notizia, è chiaro a tutti il fortissimo valore simbolico di una visita del Papa alla Sinagoga di Roma''. Il portavoce della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, conferma la visita di Papa Benedetto XVI alla sinagoga di Roma nel prossimo autunno, in data ancora da definirsi. ''Confermo - spiega in una breve nota - che si prevede la visita del Papa alla sinagoga di Roma in autunno, ma non vi è ancora una data stabilita''.

Il Papa a Viterbo e Bagnoregio. Iniziati i preparativi per la visita del di Benedetto XVI: scelto il logo e costituito il comitato di coordinamento

All’inizio del nuovo anno, il vescovo aveva indirizzato alla Chiesa locale e alla società civile della Tuscia la lettera “Compito e attesa” che, assieme all’augurio “auspicio di fiducia, di serenità e di amore”, intendeva mettere in risalto il significato di quello che sarà l’avvenimento centrale del 2009: la visita del Santo Padre a Viterbo e Bagnoregio. “Gioia, riconoscenza e preghiera” nei confronti di Benedetto XVI venivano espressi nella lettera di Chiarinelli e, nello stesso tempo, un invito a preparare questo evento che avrà come ultima finalità quella di “irrobustire la nostra adesione di fede a Cristo; la nostra consapevole e vissuta appartenenza ecclesiale, la testimonianza coerente che è condivisione e solidarietà, con le speranze e le difficoltà di ogni persona, e collaborazione per edificare un mondo di giustizia e di pace”. A questa lettera del vescovo hanno fatto seguito immediatamente le prime iniziative per preparare l’evento del 6 settembre. Innanzitutto, è stato costituito un comitato di coordinamento, articolato in modo da preparare la visita del Santo Padre nei vari dettagli: organizzativo, liturgico, di comunicazione. Questo comitato, composto da sacerdoti, laici e rappresentanti delle istituzioni locali, che si sono dimostrate da subito disponibili alla collaborazione, si riunisce ogni martedì ed ha iniziato ad operare da qualche settimana. Per sensibilizzare tutto il territorio diocesano alla visita del Papa, in questi giorni vengono distribuiti alle singole parrocchie alcuni sussidi. Innanzitutto, la preghiera composta dal Vescovo per Papa Benedetto, perché possa essere recitata ogni giorno durante le celebrazioni e, nei giorni festivi, collocata come conclusione alla “Preghiera del fedeli”, o prima della benedizione finale della celebrazione eucaristica. Chiarinelli, inoltre, nella lettera per la Quaresima, ha dedicato il capitolo “Camminare con Pietro” proprio allo spirito con cui dobbiamo prepararci alla venuta del Santo Padre nella Tuscia. L’invito del Vescovo è di farne oggetto di riflessione e di predicazione nel periodo quaresimale. Infine, è stato scelto il “logo” della visita di Benedetto XVI: l’immagine del Papa che ha come sfondo gli archi del loggiato del Palazzo Papale e la scritta “Conferma i tuoi fratelli” (foto). Un simbolo che sintetizza il senso pastorale di questo avvenimento, che rimarrà negli annali della storia, ma che, in maniera più immediata, segnerà per la nostra Chiesa locale un impulso a crescere in quella fede cristiana nella quale il successore di Pietro viene a confermarci. In questi giorni, in tutte le parrocchie e sugli spazi pubblici di Viterbo e Bagnoregio, viene affisso un manifesto che annuncia la visita del Papa. Per quanto riguarda il programma della giornata del 6 settembre, non sono stati ancora definiti tutti i dettagli; è, comunque, confermata la Celebrazione Eucaristica del mattino in Piazza del Sacrario a Viterbo e, nel pomeriggio, la visita del Santo Padre a Bagnoregio, dove pronuncerà un discorso.

L'augurio del Vescovo - il testo integrale della lettera di mons. Chiarinelli

Revoca della scomunica ai lefebvrani. 'L'Osservatore Romano': un testo appassionato nato dal cuore del Papa per contribuire alla pace della Chiesa

La lettera di Benedetto XVI ai vescovi cattolici sulla remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani è “come la lettera ai Galati”: è il titolo dell’editoriale de L’Osservatore Romano, a firma del direttore Gian Maria Vian. Il riferimento è alla citazione della Lettera ai Galati posta dal Papa a conclusione della sua missiva. Il quotidiano vaticano parla di un “testo appassionato e senza precedenti nato dal cuore di Benedetto XVI per contribuire alla pace nella Chiesa”. Vian evidenzia l'appello del Papa all'unità e all'impegno ecumenico di una ''grande Chiesa'' che ''deve ricercare la pace con tutti''. ''Per questo i cattolici non devono dilaniarsi come i Galati a cui Paolo intorno all'anno 56 scrisse di suo pugno una delle lettere più drammatiche e belle. Come questa di Papa Benedetto''. Vian osserva anche che ''sulla convenienza di questo gesto si sono moltiplicati interrogativi e soprattutto si sono scagliate contro Benedetto XVI accuse infondate ed enormi: di rinnegamento del Vaticano II e di oscurantismo. Il giornale rivendica di aver messo nero su bianco che “l’intenzione del vescovo di Roma - ora confermata ma già di per sé evidente, come il giorno stesso aveva sottolineato il nostro giornale - era ed è quella di evitare il pericolo di uno scisma”. Ugualmente le dichiarazioni negazioniste di mons. Wiliamson sono “affermazioni inaccettabili - e anche questo è stato subito sottolineato dal giornale del Papa - come inaccettabili e vergognosi sono gli atteggiamenti verso l’ebraismo di alcuni membri dei gruppi a cui Benedetto XVI ha teso la mano”. In occasione della revoca della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani e del 'caso Williamson', ci sono state ''continuo esposta a manipolazioni e a strumentalizzazioni, tra cui le cosiddette fughe di notizie che si fatica a non definire miserande'', ''anche all'interno della Curia romana, organismo storicamente collegiale e che nella Chiesa ha un dovere di esemplarita'''. ''La lucidità dell'analisi papale - scrive Vian - non evita questioni aperte e difficili, come la necessità di una attenzione e di una comunicazione più preparate e tempestive in un contesto globale dove l'informazione, onnipresente e sovrabbondante, e' di continuo esposta a manipolazioni e a strumentalizzazioni, tra cui le cosiddette fughe di notizie, che si fatica a non definire miserande''. Dopo aver riassunto i principali punti, L’Osservatore Romano conclude: “Era davvero una priorità questo gesto? Il Papa risponde di sì perché in un mondo dove la fiamma della fede rischia di spegnersi la priorità è proprio condurre gli uomini verso il Dio che ha parlato sul Sinai e si è manifestato in Gesù. Un Dio che rischia di sparire dall’orizzonte umano e che solo la testimonianza di unità dei credenti rende credibile. Ecco perché sono importanti l’unità della Chiesa Cattolica e l’impegno ecumenico, ecco perché ha significato il dialogo tra le religioni. Per questo la grande Chiesa - un termine caro alla tradizione - deve ricercare la pace con tutti. Per questo i cattolici non devono dilaniarsi come i Galati a cui Paolo intorno all’anno 56 scrisse di suo pugno una delle lettere più drammatiche e belle. Come questa di Papa Benedetto”.

Revoca della scomunica ai lefebvriani. Il Congresso mondiale ebraico: da Benedetto XVI parole inequivocabili che aiutano a rafforzare il dialogo

Grande apprezzamento viene espresso oggi dal Congresso mondiale ebraico nei confronti di Benedetto XVI per la lettera inviata ai vescovi sulla revoca della scomunica ai lefebvriani e sulla vicenda Williamson. Il Papa, ha dichiarato il presidente dell’organizzazione Ronald S. Lauder, ha utilizzato “parole chiare ed inequivocabili” sul negazionismo dell’Olocausto da parte del vescovo Williamson e va lodato “per aver riconosciuto che sono stati compiuti degli errori all’interno del Vaticano nella gestione della vicenda”. Lauder elogia la “franchezza e la volontà del Papa nell’affrontare in modo diretto questioni difficili”. Un atteggiamento, ha sottolineato, che aiuta il dialogo interreligioso. “L’angoscia espressa” dal Papa in riferimento alle dichiarazioni negazioniste di mons. Williamson, ha rilevato Lauder, “riflettono le emozioni di dolore provate dagli ebrei di tutto il mondo”. Lauder ha infine assicurato che l’organizzazione ebraica, da lui presieduta, si impegna a rafforzare il dialogo con la Chiesa cattolica in vista di una più profonda comprensione e del rispetto reciproco. Il Congresso mondiale ebraico (Wjc), fondato a Ginevra nel 1936, rappresenta le comunità ebraiche presenti in 92 Paesi.

La delegazione del Rabbinato di Israele: l'incontro di oggi una svolta che riavvia il dialogo. Il caso Williamson risolto, siamo molto soddisfatti

''Abbiamo ragione di essere molto soddisfatti'' e di ritenere ''che la questione sia risolta''. E' il giudizio sul caso Williamson espresso oggi dal rabbino David Rosen, presidente dell'IJCIC, International Jewish Committee for Interreligious Consultations, in una conferenza stampa al termine dell'udienza concessa oggi da Papa Benedetto XVI alla delegazione del Gran Rabbinato di Israele. ''Le spiegazioni che abbiamo avuto - ha aggiunto - dalla Santa Sede e dal Papa stesso chiariscono che la vicenda è stata presentata in modo non corretto e che la revoca della scomunica non significa un'accettazione nè di Williamson nè delle sue idee ma è una materia interna alla Chiesa Cattolica''. L'incontro odierno con il Pontefice, ha aggiunto il capo delegazione, Shear-Yashuv Cohen, rabbino capo di Haifa, ''non è stato semplicemente un altro incontro'' ma una ''svolta'' che ''riavvia il dialogo'' tra Santa Sede e ebraismo. L’incontro di questa mattina del Papa con una delegazione del Gran Rabbinato di Israele “segna la fine di una crisi”. Il Papa – ha detto il rabbino Cohen - “ci ha assicurato che il dialogo continua”, sul solco “della dichiarazione conciliare "Nostra Aetate"”. Ciò che più ha fatto piacere al Rabbinato di Israele è che il Papa stesso “ha detto molto chiaramente nel suo discorso che si sente fortemente impegnato a continuare il dialogo”, di “accrescere l’amicizia e le relazioni tra il Vaticano, lo Stato di Israele e il popolo ebraico. Ha anche detto molto chiaramente che il Vaticano rifiuta fortemente ogni negazione dell’Olocausto”. Un incontro dunque – ha detto il rabbino Capo di Haifa - che si è svolto in “una buona atmosfera” e che soprattutto segna “un punto di svolta nelle nostre relazioni". ''Non avremmo potuto chiedere un impegno più netto'', ha detto ancora il rabbino in riferimento alla lettera in cui il Pontefice spiega ai vescovi cattolici di tutto il mondo le ragioni della revoca della scomunica. Il Rabbino ha letto ai giornalisti uno stralcio della lettera ed ha commentato: “è la prima volta” che il papa si esprime in questi termini “pubblicamente”.

Il Papa in Terra Santa. Il rabbino Cohen e l'ambasciatore Lewy: i nemici di Israele e alcuni cristiani locali sono intervenuti per impedire il viaggio

La visita del Papa in Israele "non è stata accolta da un unanime consenso dei cristiani" della Terra Santa, secondo l'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy. Il rabbino israeliano Shear-Yashuv Cohen, da parte sua, ha spiegato che alcuni "nemici" di Israele hanno tentato di impedire la visita papale nello Stato ebraico. "Alcuni nemici di Israele hanno provato a intervenire per evitare questa visita", ha detto il rabbino capo di Haifa, Shear-Yashuv Cohen (nella foto con Benedetto XVI) nel corso di una conferenza stampa al termine dell'udienza concessa oggi da Papa Benedetto XVI alla delegazione del Gran Rabbinato di Israele. Il rabbino, che non ha voluto precisare questo riferimento, ha però spiegato che il viaggio del Papa "può aiutare la pace" nella regione e "avrà un impatto sull'atmosfera dell'intera area. Non posso dire, invece, quanto inciderà sulle fazioni terroriste musulmane". Interpellato per una precisazione, l'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, ha spiegato, da parte sua, che "la visita del Papa non è stata accolta da un unanime consenso dei cristiani locali. Alcuni erano contrari. Erano divisi sulla tempistica. Ma tutti - ha proseguito il rappresentante israeliano presso il Palazzo apostolico - sappiamo che se si fosse aspettato che scoppiasse la pace, probabilmente ci sarebbe voluto molto più tempo di quanto ognuno vorrebbe". L'ambasciatore ha poi rivelato che è partita la 'lobbying' delle varie forze locali. "Ognuno vuole che il Papa vada in qualche posto".
Tre viaggi molto diversi, quelle dei Papi che si sono recati in Terra Santa dalla nascita dello Stato di Israele. L'ambasciatore israeliano Lewy ha confrontato le modalità con cui i tre Pontefici hanno impostato il loro viaggio in Israele, da Paolo VI nel 1964, primo dello stabilimento di relazioni diplomatiche a Giovanni Paolo II nel 2000 a Benedetto XVI nel prossimo mese di maggio: ''Paolo VI - ha detto Lewy - ignorò completamente l'esistenza dello Stato di Israele. Giovanni Paolo II, nel suo tipico stile, disse 'Io sto arrivando, voi siete in casa?'. Papa Benedetto XVI, invece, ha insistito per essere invitato, e viene in due vesti, come capo religioso e come capo di Stato. E Israele - ha aggiunto - lo riceverà in entrambe le vesti''. Secondo l'ambasciatore israeliano, ''il fatto che Benedetto XVI sia stato invitato la dice lunga sulla solidità e sui progressi dei rapporti tra Israele e Santa Sede dal 1963 a oggi''.

Il Papa: il dialogo con l'ebraismo è possibile e necessario. Il mio viaggio in Terra Santa aiuti il dialogo interreligioso e a promuore la pace

Grazie al ''ricco patrimonio spirituale comune'' tra cristiani ed ebrei, ''un dialogo fondato sulla comprensione reciproca e sul rispetto, come raccomandata dalla "Nostra Aetate", è necessario e possibile'': lo ha detto questa mattina Papa Benedetto XVI, rivolto alla delegazione del Gran Rabbinato di Israele e alla Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo che ha ricevuto in udienza in. ''Lavorando insieme - ha proseguito il Pontefice - siete diventati sempre più consapevoli dei valori comuni che sono alla base delle nostre rispettive tradizioni religiose''. Il Papa ha poi auspicato che il viaggio che compirà a maggio in Israele aiuti ad "approfondire" il dialogo con ebrei e musulmani e a promuovere la pace nella regione e nel mondo. "Vi ringrazio per la vostra visita - ha detto oggi il Papa - e rinnovo il mio impegno a far avanzare la visione stabilita per le generazioni a venire dalla dichiarazione 'Nostra Aetate' del Concilio vaticano II". Il Papa non cita la vicenda Williamson, ma concentra la sua attenzione sul dialogo "necessario e possibile" tra cattolici ed ebrei. "Come sapete - ha detto - sto preparando la mia visita in Terra Santa come pellegrino. La mia intenzione è di pregare specialmente per il prezioso regalo dell'unità e della pace sia nella regione che per l'intera famiglia umana. Possa la mia visita anche aiutare ad approfondire il dialogo della Chiesa con il popolo ebraico così che ebrei, cristiani e musulmani possano vivere in pace e armonia in Terra Santa".

Alla Delegazione del Gran Rabbinato d'Israele e della Commissione per i Rapporti religiosi con l'Ebraismo (12 marzo 2009) - il testo integrale del discorso del Papa

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Revoca della scomunica ai lefebvrani. Padre Lombardi: la lettera del Papa non nega il dialogo. Il caso Williamson sostanzialmente chiuso

La lettera del Papa ai vescovi di tutto il mondo, nella quale spiega le ragioni della decisione di revocare la scomunica a quattro vescovi lefebvriani, "non vuole essere una negazione del dibattito, ma un richiamo molto forte al modo in cui il dibattito può essere svolto all'interno della chiesa". Lo ha precisato padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, durante il briefing di presentazione con i giornalisti. "Non tutti sono stati gentili e ben educati nell'esprimere le loro opinioni - ha aggiunto il portavoce vaticano - nè il Papa è stato offeso o irritato ma con molta onestà ha detto: 'riconosciamo che ci è stata una discussione con toni molto accesi' e riportiamolo a un dibattito forte e chiaro ma certamente rispettoso della buona intenzione dell'altro. Dire che il Papa vuole disfare il Concilio Vaticano II - ha proseguito - non sono certo caramelline". "Mi pare che questa sia l'intenzione del Papa - ha spiegato padre Lombardi - di invitare a un dibattito, non vuole negare la possibilità di un confronto nella Chiesa. Però chiarisce con quale spirito lo si deve fare. C'è una possibilità di fare dei passi verso l'altro". Padre Lombardi ha precisato come si tratta di un "documento singolare, certamente non comune, molto espressivo della personalità del Papa. Si esprime in prima persona - ha aggiunto il gesuita - anche con una notevole libertà, non è un linguaggio curiale, mi pare un linguaggio molto personale. Il Papa si pone con un atteggiamento di umiltà, di schiettezza, di assunzione di responsabilità, di volere entrare con coraggio spirituale in un punto dibattuto, esponendosi anche su questo in prima persona". "E' apprezzabile - ha aggiunto padre Lombardi - che non abbia interesse di attribuire colpeo responsabilità all'uno o all'altro dei suoi collaboratori. C'è un senso di umiltà e di invito alla corresponsabilità". “Ammiro il coraggio del Papa di manifestare anche una propria soggettività, nello svolgimento di un ministero che è di grande responsabilità per tutti”. Inoltre, per il direttore della sala stampa della Santa Sede, il caso Williamson "si può considerare chiuso" anche grazie alla disponibilità "degli amici ebrei" che hanno compreso la situazione. Padre Lombardi ha poi spiegato che la lettera del Papa ai vescovi di tutto il mondo rappresenta "un documento davvero inconsueto e degno della massima attenzione". "Mai come in questo caso finora durante il suo Pontificato - ha aggiunto - Benedetto XVI si era espresso in un modo così personale ed intenso su un argomento dibattuto. Non vi è dubbio che la Lettera sia sua dalla prima parola all'ultima". "Il Papa - ha proseguito il gesuita - ha vissuto la vicenda del gesto di remissione della scomunica e delle reazioni che ne sono seguite con evidente partecipazione e sofferenza". E ha riconosciuto con "la consueta lucidità ed umiltà" i "limiti e gli sbagli che hanno influito negativamente sulla vicenda, e con grande nobiltà non ne attribuisce ad altri la responsabilità, manifestandosi solidale con i suoi collaboratori". La lettera è stata scritta nella seconda metà di febbraio e terminata prima degli Esercizi spirituali.
"Non mi sembra che ci sarà un tribunale sul Concilio Vaticano II". Il portavoce vaticano ha risposto con questa battuta ai giornalisti che gli chiedevano come si articolerà ora il "dialogo" con i lefebvriani in vista di un loro pieno rientro nella Chiesa. "Andare avanti a botte di interviste non mi sembra serio", ha aggiunto riferendosi alle molte esternazioni del vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X. In proposito Padre Lombardi ha detto che d'ora in poi il negoziato con i lefebvriani avverrà a livello più collegiale e non sarà delegata alla sola "Ecclesia Dei". "Inserire la Commissione in un organismo più ampio e collegiale mi pare evidentemente andare in questo senso". "Mettere "Ecclesia Dei" in collegamento con la 'Congregazione della Dottrina della Fede' - ha spiegato - significa sottolineare che, nella trattativa, i punti dottrinali sono prioritari". "Il confronto - ha chiarito padre Lombardi - non è negato dal Papa, ma e' paradossale che la sua intenzione di riconciliazione sia diventata occasione di una rottura insuperabile. Non e' questo l'atteggiamento con cui si puo' svolgere dibattito nella Chiesa".

Il commento di padre Lombardi alla Lettera del Papa - l'editoriale della Radio Vaticana

Revoca della scomunica ai lefebvrani. La lettera di Benedetto XVI ai vescovi: una parola chiarificatrice per far comprendere le mie intenzioni

La revoca della scomunica dei quattro vescovi consacrati da mons. Lefebvre senza mandato papale nel 1988 ''ha suscitato all'interno e fuori della Chiesa Cattolica una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata''. Così scrive Papa Benedetto XVI nella lettera che ha scritto ai vescovi di tutto il mondo per spiegare il proprio gesto dopo le polemiche mondiali che ha suscitato. Molti vescovi, spiega, si sono sentiti ''perplessi'' di fronte a un ''a un avvenimento verificatosi inaspettatamente e difficile da inquadrare positivamente nelle questioni e nei compiti della Chiesa di oggi''. ''Alcuni gruppi - scrive - accusavano apertamente il Papa di voler tornare indietro, a prima del Concilio: si scatenava così una valanga di proteste, la cui amarezza rivelava ferite risalenti al di là del momento''. ''Mi sento perciò spinto - spiega il Pontefice - a rivolgere a voi, cari Confratelli, una parola chiarificatrice, che deve aiutare a comprendere le intenzioni che in questo passo hanno guidato me e gli organi competenti della Santa Sede. Spero di contribuire in questo modo alla pace nella Chiesa''. Infatti, scrive ancora più avanti il Pontefice, ''dobbiamo prendere atto'' che ''il sommesso gesto di una mano tesa ha dato origine ad un grande chiasso, trasformandosi proprio cosi' nel contrario di una riconciliazione''.
Sono due gli errori che Benedetto XVI riconosce nella gestione della revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani: la ''sovrapposizione'' di un gesto che doveva rimanere ''discreto'' con le polemiche per l'intervista di mons. Richard Williamson, uno dei quattro vescovi lefebvriani, in cui questi negava la vera portata dell'Olocausto e metteva in dubbio l'uso e la letalità delle camere a gas; e l'incapacità di spiegare adeguatamente la portata e il significato della revoca della scomunica, gesto canonico che riguardava ''le persone e non le istituzioni''. ''Una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica - spiega Papa Ratzinger sul caso Williamson -. Il gesto discreto di misericordia verso quattro Vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all'improvviso come una cosa totalmente diversa: come la smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di cio' che in questa materia il Concilio aveva chiarito per il cammino della Chiesa''. In questo modo, quello che era ''un invito alla riconciliazione con un gruppo ecclesiale implicato in un processo di separazione si trasformò così nel suo contrario: un apparente ritorno indietro rispetto a tutti i passi di riconciliazione tra cristiani ed ebrei fatti a partire dal Concilio - passi la cui condivisione e promozione fin dall'inizio era stato un obiettivo del mio personale lavoro teologico''.
Di fronte a questa crisi, il Pontefice dice di poter ''soltanto deplorare profondamente'' le conseguenze sul dialogo ebraico-cristiano. Il Pontefice ringrazia per il loro sostegno in questa crisi i ''gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l'atmosfera di amicizia e di fiducia, che - come nel tempo di Papa Giovanni Paolo II - anche durante tutto il periodo del mio pontificato è esistita e, grazie a Dio, continua ad esistere''. Quanto agli errori di comunicazione, Papa Ratzinger spiega di ''rammaricarsi sinceramente'' del fatto che ''la portata e i limiti del provvedimento del 21 gennaio 2009 non sono stati illustrati in modo sufficientemente chiaro al momento della sua pubblicazione''. La scomunica, spiega, ''colpisce persone, non istituzioni'' e la sua revoca era necessaria per mettere fino al rischio di uno scisma, un pericolo tanto grave da spiegare - prima - la punizione più grave che la Chiesa possa comminare e poi la revoca della stessa: ''La Chiesa deve reagire con la punizione più dura, la scomunica, al fine di richiamare le persone punite in questo modo al pentimento e al ritorno all'unità. A vent'anni dalle Ordinazioni, questo obiettivo purtroppo non è stato ancora raggiunto. La remissione della scomunica mira allo stesso scopo a cui serve la punizione: invitare i quattro Vescovi ancora una volta al ritorno''. ''La remissione della scomunica - spiega ancora Papa Ratzinger - era un provvedimento nell'ambito della disciplina ecclesiastica: le persone venivano liberate dal peso di coscienza costituito dalla punizione ecclesiastica più grave. Occorre distinguere questo livello disciplinare dall'ambito dottrinale''.
In più occasioni Papa Benedetto XVI ricorda la ''veemenza'' e la durezza incomprensibili con cui è stato attaccato per un gesto che lui ha sempre considerato un atto di ''misericordia''. ''Sono rimasto rattristato - scrive Papa Ratzinger - dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco''. A ''coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio'', bisogna ricordare che il Vaticano II ''porta in sè l'intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l'albero vive''. Spesso, infatti, ''qualche stonatura'' è ''emersa'' ''anche nell'ambiente ecclesiale''. E nel concludere la sua lettera, il Papa ricorda il passo della lettera di San Paolo ai Galati che si è trovato recentemente a commentare in occasione della visita al Seminario Romano Maggiore: ''Che la libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carita' siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!''. ''Sono stato sempre incline - commenta - a considerare questa frase come una delle esagerazioni retoriche che a volte si trovano in San Paolo. Ma purtroppo questo 'mordere e divorare' esiste anche oggi nella Chiesa come espressione di una liberta' mal interpretata. E' forse motivo di sorpresa che anche noi non siamo migliori dei Galati'? Che almeno siamo minacciati dalle stesse tentazioni'?''.
Benedetto XVI spiega di aver deciso di compiere questo gesto dopo che i membri della lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X ''avevano espresso il loro riconoscimento in linea di principio del Papa e della sua potestà di Pastore, anche se con delle riserve in materia di obbedienza alla sua autorita' dottrinale e a quella del Concilio''. Quello che conta, ribadisce, per un atto come la revoca della scomunica, è infatti la distinzione tra persone e istituzioni, che ha reso possibile un atto di clemenza anche se i problemi nella e della Fraternità rimangono molti, soprattutto a livello dottrinale, perchè i lefebvriani sono ancora lontani dall'accettare le riforme del Concilio Vaticano II. E quello del Papa è solo l'inizio del percorso di riavvicinamento del movimento scismatico fondato da mons. Lefebvre alla Chiesa cattolica. ''La Fraternità San Pio X - chiarisce il Pontefice - non possiede una posizione canonica nella Chiesa'' e ''finchè la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa''. Quanto all'accettazione del Concilio Vaticano II, Papa Ratzinger scrive esplicitamente che ''non si può congelare l'autorità magisteriale della Chiesa all'anno 1962 - ciò deve essere ben chiaro alla Fraternità''. Proprio su questo punto si concentreranno i futuri colloqui on la Fraternità, già annunciati nel decreto di revoca della scomunica: ''Finchè le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri - anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica - non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa''. Da parte dei lefebvriani, il Papa ammette che ''certamente, da molto tempo e poi di nuovo in quest'occasione concreta abbiamo sentito da rappresentanti di quella comunità molte cose stonate - superbia e saccenteria, fissazione su unilateralismi''. Però, allo stesso tempo, il Papa non nega che la Chiesa ha bisogno oggi della Fraternità, con i suoi ''491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli''. ''Penso ad esempio ai 491 sacerdoti. Non possiamo conoscere l'intreccio delle loro motivazioni. Penso tuttavia che non si sarebbero decisi per il sacerdozio se, accanto a diversi elementi distorti e malati, non ci fosse stato l'amore per Cristo e la volontà di annunciare Lui e con Lui il Dio vivente. Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell'unità?". E' necessario, nel trattare con gruppi come la Fraternità, di ''prevenire le radicalizzazioni''. ''Io stesso ho visto - racconta -, negli anni dopo il 1988, come mediante il ritorno di comunità prima separate da Roma sia cambiato il loro clima interno; come il ritorno nella grande ed ampia Chiesa comune abbia fatto superare posizioni unilaterali e sciolto irrigidimenti così che poi ne sono emerse forze positive per l'insieme''.
La sola riforma concreta annunciata da Benedetto XVI nella lettera è il passaggio della Pontificia Commissione ''Ecclesia Dei'', l'organo straordinario creato da Giovanni Paolo II per trattare con gli scismatici lefebvriani, sotto l'egida della Congregazione per la Dottrina della Fede. Una scelta che ridimensiona sicuramente l'autonomia dell'organo e del suo presidente, il card. Dario Castrillon Hoyos, ma che stabilizza la sua presenza all'interno della struttura della Curia. La Commissione, spiega Papa Ratzinger, passa sotto la supervisione dell'ex-Sant'Uffizio perche' i problemi da risolvere ora con la lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X sono di natura dottrinale e non più canonico-giuridica e nemmeno, con la liberalizzazione della Messa tridentina operata dallo stesso Pontefice con il Motu Proprio ''Summorum Pontificum'', liturgica. ''E' mia intenzione - scrive il Papa - di collegare in futuro la Pontificia Commissione 'Ecclesia Dei' con la Congregazione per la Dottrina della Fede''. ''Con ciò viene chiarito - continua - che i problemi che devono ora essere trattati sono di natura essenzialmente dottrinale e riguardano soprattutto l'accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi''.
Una delle cose che la Curia dovrà imparare dalla crisi scatenata dalla revoca dei quattro vescovi lefebvriani sarà ricorrere maggiormente all'uso di internet. ''Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l'internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie''.
''A volte si ha l'impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e puo' pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo'': è il passo forse più duro e realistico della lettera. Il Pontefice fa un'analisi della nostra società, adombrando il rischio che in maniera ricorrente un gruppo - oggi sono i lefebvriani e i tradizionalisti - si trovi a dover svolgere la funzione di 'capro espiatorio'. Di fronte a questa tentazione della società contemporanea, una società nella quale ''Dio sparisce dall'orizzonte degli uomini'', la risposta della Chiesa deve essere sempre ''generosa'', cercare la riconciliazione ed evitare la radicalizzazione. ''Non deve forse anche la società civile tentare di prevenire le radicalizzazioni e di reintegrare i loro eventuali aderenti - per quanto possibile - nelle grandi forze che plasmano la vita sociale, per evitarne la segregazione con tutte le sue conseguenze'?'', si chiede il Papa. ''Ma non dovrebbe la grande Chiesa permettersi di essere anche generosa nella consapevolezza del lungo respiro che possiede; nella consapevolezza della promessa che le è stata data'? Non dovremmo come buoni educatori essere capaci anche di non badare a diverse cose non buone e premurarci di condurre fuori dalle strettezze'?'', si chiede più avanti delineando il compito della Chiesa di fronte alle pulsioni del mondo contemporaneo.