giovedì 31 marzo 2011

Ordinato in Cina con l'approvazione del Papa e il riconoscimento del governo di Pechino il vescovo di Jiangmen. La diocesi era vacante dal 2007

Circa 1.500 fedeli hanno partecipato ieri a Jiangmen alla prima ordinazione episcopale in Cina dall'ordinazione illecita di padre Joseph Guo Jincai come vescovo di Chengde nel novembre scorso. Padre Paul Liang Jiansen, 46 anni, è stato ordinato vescovo di Jiangmen con l'approvazione del Papa e il riconoscimento del governo, riferisce la Union of Catholic Asian News. L'ordinazione episcopale si è svolta nella Cattedrale del Cuore Immacolato di Maria a Jiangmen, nella zona meridionale della provincia di Guangdong. Più di 40 Vescovi e sacerdoti hanno concelebrato la Messa di ordinazione del vescovo Liang, e la Cattedrale e il cortile erano gremiti, ha riferito UCANews. Centinaia di fedeli hanno seguito l'ordinazione su maxischermi allestiti fuori la chiesa. Il presule ha detto ad AsiaNews di sentirsi “sollevato” e “sostenuto” per il fatto che la Liturgia si sia svolta senza incidenti. Tutto il clero che ha partecipato alla cerimonia è in buone relazioni con la Santa Sede. “La mia croce è pesante”, ha riconosciuto, “ma ho fiducia nel Signore perché mi progetta e mi aiuti nel ministero episcopale”. Il vescovo ha affermato che le sue priorità includono la formazione spirituale di sacerdoti e suore, così come dei laici. “A Pasqua vi saranno cinque o sei nuovi battesimi”, ha aggiunto. La diocesi di Jiangmen era vacante dal 2007, quando il vescovo Pietro Paolo Li Panshi è morto all'età di 95 anni. La diocesi ha circa 20.000 cattolici, soprattutto nelle città di Foshan, Jiangmen e Zhongshan, e in 20 zone rurali. I suoi 7 sacerdoti e le circa 20 suore devono parlare tre lingue, cantonese, hacca e mandarino, per svolgere la propria opera pastorale. La diocesi ospita il Santuario di Shangchuan, che commemora la morte di San Francesco Saverio nel 1552. Il vescovo Liang ha rivelato che il suo stemma reca l'immagine di questo Santo e quella di padre Matteo Ricci. Liang Jiansen è nato nel 1964 ed è stato battezzato nel 1985. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 e ha servito nella diocesi di Jiangmen dal 1995. E' stato nominato vicario generale della diocesi dal suo predecessore, il vescovo Li, ed eletto vescovo di Jiangmen nel novembre 2009.

Zenit

Mons. Schevchuk: siamo una Chiesa orientale, sinodale e cattolica. Dal Papa per confermare la nostra piena, visibile e reale comunione con lui

“Siamo una Chiesa orientale, sinodale e cattolica”, e “oggi siamo venuti dal Santo Padre per manifestare questa nostra natura ecclesiale” e “confermare la nostra piena, visibile e reale comunione con il Successore di Pietro”. Esordisce così mons. Sviatoslav Schevchuk, neoeletto arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč (nella foto con Benedetto XVI) della Chiesa greco-cattolica ucraina, incontrando i giornalisti nella Sala stampa della Santa Sede dopo essere stato ricevuto questa mattina da Benedetto XVI in udienza privata, insieme con il Sinodo permanente Ugcc. Mons. Schevchuk, 40 anni, dichiara che il Papa “sarà il benvenuto quando verrà in Ucraina” ma che “oggi non si è parlato di una sua visita imminente”, ed esprime gratitudine al Pontefice per la “conferma dell’elezione di un arcivescovo così giovane: è una manifestazione della sua fiducia nella mia persona”, ma precisa che nella sua Chiesa l’età media dei sacerdoti è intorno ai 35 anni. Richiamando la presenza dei rappresentanti delle tre Chiese Ortodosse in Ucraina alla cerimonia della sua intronizzazione, lo scorso 27 marzo nella cattedrale della Resurrezione di Kyiv, l’arcivescovo parla di “un segno di speranza” per il futuro delle relazioni e per “il progresso del dialogo ecumenico”. In tale ambito mons. Schevchuk auspica tra la Chiesa greco-cattolica e le Chiese ucraine ortodosse del patriarcato di Mosca, del patriarcato di Kyiv e autocefala, “dialogo costruttivo, cooperazione e convivenza” per “una alleanza strategica a difesa dei valori cristiani, in Ucraina e in Europa”. Tre in particolare, spiega all'agenzia SIR, le priorità pastorali dell’Ugcc: “La nuova evangelizzazione, l’inculturazione e la presenza sociale nella società”. “Anche in Ucraina – afferma – dobbiamo contrastare l’ondata di secolarizzazione che viene dall’Europa. Il nostro tesoro di fede, consolidato dal sangue dei martiri, non deve andare perduto, ma deve essere trasmesso alle nuove generazioni”. Quanto all’inculturazione, “dobbiamo tradurre in ucraino i testi liturgici perché tradurli significa incarnare i valori cristiani nell’odierna cultura e avvicinarli alla gente”. Per mons. Schevchuk l’impegno della Chiesa deve esprimersi anche in termini di “presenza e servizio nella società ucraina postcomunista ispirati ai principi del magistero sociale della Chiesa”, ossia di contributo alla “ricostruzione del tessuto morale della società”. Molti tuttavia i segni di speranza per il futuro della Chiesa e del Paese: l’alto numero delle vocazioni sacerdotali e religiose e “la nuova generazione di politici giovani e capaci”, con i quali, annuncia, “senza entrare nello specifico delle loro convinzioni politiche, ho intenzione di entrare in contatto”. Monsignor Schevchuk non ha nascosto qualche perplessità nei confronti delle autorità politiche ucraine. "Come cittadino ucraino rispetto il mio presidente, spero che anche lui rispetti me", ha detto. Quanto al progetto di chiedere al Papa di innalzare la sede cattolico-ucraina da arcivescovado a patriarcato, preannunciato dallo stesso Schevchuk prima del viaggio a Roma, "la nostra Chiesa sta crescendo e si sta strutturando. Ma naturalmente aspettiamo che sia il Papa a decidere e ci fidiamo della sua saggezza".

SIR, TMNews

L'intenzione di preghiera del Papa di aprile: la Chiesa offra alle nuove generazioni attraverso il Vangelo ragioni sempre nuove di vita e speranza

Per il mese di aprile che sta per iniziare, Papa Benedetto XVI chiede ai fedeli di tutto il mondo di pregare affinché la Chiesa dia ai giovani motivi di speranza. E' la proposta che fa nelle intenzioni di preghiera per il quarto mese dell'anno, contenute nella lettera pontificia che ha affidato all'Apostolato della Preghiera, un'iniziativa seguita da quasi 50 milioni di persone nei cinque continenti. “Perché la Chiesa sappia offrire alle nuove generazioni, attraverso l'annuncio credibile del Vangelo, ragioni sempre nuove di vita e di speranza”, dice infatti l'intenzione generale. Ogni mese, il Papa propone anche un'intenzione missionaria. Quella di aprile recita: “Perché i missionari, con la proclamazione del Vangelo e la testimonianza di vita, sappiano portare Cristo a quanti ancora non lo conoscono”.

Zenit

I vescovi del Belgio prenderanno in esame la relazione della Commissione speciale del Parlamento per i casi di abuso sessuale da personale religioso

I vescovi e i superiori maggiori delle Congregazioni religiose del Belgio prenderanno in esame “nel più breve tempo possibile la relazione” della Commissione speciale istituita dal Parlamento per affrontare i casi di abuso sessuale commessi da personale religioso. In un comunicato diffuso dalla Conferenza Episcopale belga, vescovi e superiori religiosi esprimono la “loro stima” per l’iniziativa promossa dal Parlamento che ha svolto in questi ultimi mesi “un lavoro intenso” che ha richiesto anche “un’ampia consultazione di testimoni ed esperti” per il trattamento dei casi di abuso sessuali e fatti di pedofilia commessi in una relazione di autorità, in particolare in seno alla Chiesa. La Commissione ha quindi reso una noto una serie di raccomandazioni al Parlamento. “Le vittime di questi abusi – dicono i vescovi – si sono visti conferire giustamente tutta l’attenzione necessaria; e ciò è quello che sta a cuore anche ai vescovi e ai superiori maggiori”. Le raccomandazioni declinate dalla Commissione parlamentare, tra cui anche quella relativa agli indennizzi, saranno quindi valutate dall’episcopato belga “nel più breve tempo possibile”. “Affiancati da esperti”, vescovi e superiori promettono quindi che “studieranno attentamente” il rapporto. “Si tratta – concludono – di una problematica specifica e delicata che deve essere approcciata con massima competenza”.

SIR

Il Papa solleva il vescovo di Pointe-Noire in Congo-Brazzaville dalla cura pastorale della diocesi per problemi di gestione e tensioni interne

Il Papa ha sollevato dalla cura pastorale della diocesi di Pointe-Noire (Congo-Brazzaville) il vescovo mons. Jean-Claude Makaya Loemba. Lo rende noto un comunicato della Sala stampa vaticana. La decisione di Benedetto XVI, spiegano dalla Sala tampa vaticana, è legata alle modalità di gestione della diocesi da parte del prelato, giudicate negativamente e che avevano sollevato molte critiche anche tra il clero. Il fatto che il Pontefice abbia "sollevato" dall'incarico il vescovo, come specificato nel comunicato vaticano, indica che mons. Loemba aveva opposto resistenze alle sue dimissioni. La Sala stampa vaticana ha specificato che non ci sono motivazioni relative a una sfera morale, dietro la decisione di Benedetto XVI, ma esclusivamente cause legate alla gestione, anche economica, della diocesi e a tensioni interne alla stessa diocesi che si erano determinate.

L'Unico

Pasqua 2011. La prima donna di Benedetto XVI per la Via Crucis del Venerdì Santo. Ma i testi più 'esplosivi' restano quelli del card. Ratzinger

Si chiama Maria Rita Piccione, è una suora agostiniana a capo del monastero dei Santi Quattro Coronati vicino al Colosseo. E’ lei la prima donna alla quale, sotto il cielo del pontificato di Benedetto XVI, è stato affidato un incarico delicato: scrivere i testi delle meditazioni della Via Crucis che il Papa presiederà il prossimo Venerdì Santo al Colosseo. Quelle stesse meditazioni che nel 2005 proiettarono il card. Joseph Ratzinger al papato: "Quanta sporcizia c’è nella Chiesa", scrisse. Parole che poi il Collegio cardinalizio interpretò come un programma di governo che era assolutamente necessario mettere in campo. Prima di Maria Rita Piccione, altre donne. Perché le cosidette quote rosa in Vaticano non sono a esclusivo appannaggio del Papa tedesco come da più parti c’è chi ripete. Fu Giovanni Paolo II nel 1993 a incaricare del medesimo incarico Anna Maria Canopi, abbadessa dell’abbazia benedettina Mater Ecclesiae e nel 1995 Minke de Vries, monaca della comunità protestante di Grandchamp (Svizzera). Anna Maria Canopi fu la prima donna in assoluto a scrivere le meditazioni per il Papa. Minke de Vries, invece, fu la prima esponente non cattolica a cimentarsi. Era il 1998 quando Papa Wojtyla chiese a un esponente ortodosso, il teologo Olivier Clement, che dedicò la sua Via Crucis a “tutte le donne del mondo”, specialmente quelle vittime di violenze, sopraffazioni e sfruttamento. Clement ricordò il “coraggio” mostrato da quel piccolo gruppo di pie donne che duemila anni fa restò vicino alla Madonna e a Giovanni sul Golgota, ai piedi della croce di Cristo. Era il 2000, l’anno del Giubileo. Wojtyla affidò i testi per la Via Crucis a un gruppo di 14 giornalisti internazionali, tra cui c’erano alcune donne, che si occuparono ognuna di una singola meditazione: la vaticanista del Tg5 Marina Ricci, la vaticanista messicana Valentina Alazraki, quella francese Sophie De Ravinel, la tedesca Marie Czernin e la portoghese Aura Miguel Vistas. Quest’anno un’ulteriore novità: la scelta iconografica del libretto su cui saranno pubblicate le meditazioni sono state disegnate per la prima volta da una suora, Elena Manganelli, anch’essa monaca agostiniana. Non sempre i testi della Via Crucis papale sono stati composti da figure non ecclesiastiche. Nel 1999, Giovanni Paolo II incaricò il poeta Mario Luzi. Nelle ultime edizioni, sono saliti alla ribalta della Passione al Colosseo alcuni tra i più importanti cardinali, Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, e Camillo Ruini, per circa 17 anni presidente della CEI. Ma i testi più esplosivi restano quelli dell’attuale Papa. Disse: “Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci".

Paolo Rodari, Il Foglio