giovedì 31 marzo 2011

Mons. Schevchuk: siamo una Chiesa orientale, sinodale e cattolica. Dal Papa per confermare la nostra piena, visibile e reale comunione con lui

“Siamo una Chiesa orientale, sinodale e cattolica”, e “oggi siamo venuti dal Santo Padre per manifestare questa nostra natura ecclesiale” e “confermare la nostra piena, visibile e reale comunione con il Successore di Pietro”. Esordisce così mons. Sviatoslav Schevchuk, neoeletto arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč (nella foto con Benedetto XVI) della Chiesa greco-cattolica ucraina, incontrando i giornalisti nella Sala stampa della Santa Sede dopo essere stato ricevuto questa mattina da Benedetto XVI in udienza privata, insieme con il Sinodo permanente Ugcc. Mons. Schevchuk, 40 anni, dichiara che il Papa “sarà il benvenuto quando verrà in Ucraina” ma che “oggi non si è parlato di una sua visita imminente”, ed esprime gratitudine al Pontefice per la “conferma dell’elezione di un arcivescovo così giovane: è una manifestazione della sua fiducia nella mia persona”, ma precisa che nella sua Chiesa l’età media dei sacerdoti è intorno ai 35 anni. Richiamando la presenza dei rappresentanti delle tre Chiese Ortodosse in Ucraina alla cerimonia della sua intronizzazione, lo scorso 27 marzo nella cattedrale della Resurrezione di Kyiv, l’arcivescovo parla di “un segno di speranza” per il futuro delle relazioni e per “il progresso del dialogo ecumenico”. In tale ambito mons. Schevchuk auspica tra la Chiesa greco-cattolica e le Chiese ucraine ortodosse del patriarcato di Mosca, del patriarcato di Kyiv e autocefala, “dialogo costruttivo, cooperazione e convivenza” per “una alleanza strategica a difesa dei valori cristiani, in Ucraina e in Europa”. Tre in particolare, spiega all'agenzia SIR, le priorità pastorali dell’Ugcc: “La nuova evangelizzazione, l’inculturazione e la presenza sociale nella società”. “Anche in Ucraina – afferma – dobbiamo contrastare l’ondata di secolarizzazione che viene dall’Europa. Il nostro tesoro di fede, consolidato dal sangue dei martiri, non deve andare perduto, ma deve essere trasmesso alle nuove generazioni”. Quanto all’inculturazione, “dobbiamo tradurre in ucraino i testi liturgici perché tradurli significa incarnare i valori cristiani nell’odierna cultura e avvicinarli alla gente”. Per mons. Schevchuk l’impegno della Chiesa deve esprimersi anche in termini di “presenza e servizio nella società ucraina postcomunista ispirati ai principi del magistero sociale della Chiesa”, ossia di contributo alla “ricostruzione del tessuto morale della società”. Molti tuttavia i segni di speranza per il futuro della Chiesa e del Paese: l’alto numero delle vocazioni sacerdotali e religiose e “la nuova generazione di politici giovani e capaci”, con i quali, annuncia, “senza entrare nello specifico delle loro convinzioni politiche, ho intenzione di entrare in contatto”. Monsignor Schevchuk non ha nascosto qualche perplessità nei confronti delle autorità politiche ucraine. "Come cittadino ucraino rispetto il mio presidente, spero che anche lui rispetti me", ha detto. Quanto al progetto di chiedere al Papa di innalzare la sede cattolico-ucraina da arcivescovado a patriarcato, preannunciato dallo stesso Schevchuk prima del viaggio a Roma, "la nostra Chiesa sta crescendo e si sta strutturando. Ma naturalmente aspettiamo che sia il Papa a decidere e ci fidiamo della sua saggezza".

SIR, TMNews