domenica 3 luglio 2011

Il card. Bertone: da Assisi 1986 ad Assisi 2011, il significato di un cammino. Anche i non credenti possono avere un ruolo positivo per la religione

Anche chi non crede o "fa fatica a credere" può avere un ruolo positivo per la religione, evidenziandone "degenerazioni o inautenticità" che non avvicinano, ma allontanano da Dio. È per questo che tra gli invitati alla giornata di preghiera per la pace convocata ad Assisi il prossimo 27 ottobre da Benedetto XVI ci saranno "personalità del mondo della scienza e della cultura che si definiscono non religiose". Lo riferisce il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, presentando le motivazioni e il senso dell’incontro voluto dal Papa a venticinque anni dal primo raduno promosso da Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1986. "La costruzione della pace - scrive in proposito il porporato - è una responsabilità di tutti". Anche dei non credenti, il cui contributo "salutare" allo spirito religioso dell’incontro si inserisce nel solco di quell’"illuminismo rettamente inteso" presente nella stessa tradizione biblica. Ogni uomo di buona volontà è inserito nel "comune cammino che è la storia umana". Da qui la scelta del tema della giornata "Pellegrini della verità, pellegrini della pace". Certo, ha aggiunto Bertone, come cristiani sappiamo bene che “mai potremo esaurire la profondità del mistero di Cristo” . Per concludere: “La nostra fragilità può talora offuscare lo splendore del tesoro che ci è stato rivelato e renderne più difficile la conoscenza. L’avere ricevuto in dono la verità non ci impedisce pertanto di sentirci compagni di viaggio di ogni uomo e donna”. Nel solco dei precedenti incontri di Assisi, oltre al raduno del 1986 il porporato ricorda quello del 24 gennaio 2002, all’indomani degli attacchi terroristici dell’11 settembre, l’appuntamento del prossimo 27 ottobre si svolgerà all’insegna dei tre elementi che caratterizzarono anche la giornata di venticinque anni fa: preghiera, digiuno, pellegrinaggio. La prima, puntualizza il cardinale, "sarà vissuta soprattutto nella dimensione del silenzio e del raccoglimento interiore": dimensione privilegiata rispetto alla forme pubbliche di preghiera, soprattutto per evitare "l’impressione di qualsiasi relativismo". Il secondo esprimerà "la dimensione penitenziale" e la disponibilità di ciascuno "a un processo di purificazione". Il terzo, infine, sarà simboleggiato dal viaggio in treno delle delegazioni da Roma ad Assisi e dal percorso che tutti i partecipanti compiranno dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli alla piazza dove si concluderà l’incontro. "Ci riconosceremo pellegrini della verità, pellegrini della pace - afferma il porporato - impegnandoci a essere costruttori di un mondo più giusto e solidale".

L'Osservatore Romano

Da Assisi 1986 ad Assisi 2011 il significato di un cammino

Giornata Mondiale della Gioventù 2011. L’onda tricolore: a Madrid il 17 agosto i giovani italiani con il card. Bagnasco, mons. Crociata e i vescovi

Una giornata "nel segno del tricolore" per colorare di verde, bianco e rosso Madrid: la vivranno, il 17 agosto, i giovani italiani che parteciperanno alla Giornata Mondiale della Gioventù. Una loro rappresentanza, riferisce il Servizio nazionale di Pastorale giovanile, "soprattutto diciottenni, insieme con il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della CEI, e ai vescovi italiani presenti a Madrid, si ritroverà nella Chiesa di San Juan de la Cruz per vivere un momento di preghiera e poi d’incontro che si concluderà con l’offerta dei doni all’arcivescovo di Madrid, il card. Antonio María Rouco Varela, e alla Conferenza episcopale spagnola di una riproduzione della statua della Madonna di Loreto e una del crocifisso di San Damiano. Di qui i giovani italiani raggiungeranno le piazze madrilene, dove alcuni gruppi giovanili si esibiranno durante il Festival della gioventù". L’iniziativa, spiega don Domenico Beneventi che della Pastorale giovanile nazionale è vice-direttore "prende le motivazioni da quanto il card. Bagnasco ha pronunciato durante l’omelia della celebrazione per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia: ‘Siamo qui oggi per elevare a Dio l’inno di ringraziamento per l’Italia – ha detto Bagnasco –. Non è retorica, né tantomeno nostalgia quella che ci muove, ma la consapevolezza che la patria che ci ha generato è una preziosa eredità e insieme un’esigente responsabilità’". Concetti ribaditi anche dal segretario generale della CEI, mons. Mariano Crociata, che parlando ai giovani del Progetto Policoro, affermò che "questa consapevolezza ci permette di incontrarci come giovani, per ribadire la responsabilità che abbiamo come cittadini cattolici. Ci muove la convinzione che è possibile, contro tutti i motivi di scoraggiamento immettere nel tessuto delle relazioni e della vita sociale un fermento di rinnovamento che nasce da persone solide, mature, ma non isolate, bensì inserite in una rete che è segno di Chiesa e fermento di una nuova società". "Oggi – ha proseguito Crociata – in molti attendono di vedere mostrato che essere cristiani non è vivere nel chiuso delle sacrestie, ma affermare con coraggio, coerenza e rettitudine le sfide della vita, il confronto sociale, le esigenze ardue dell’animazione cristiana del nostro tempo in tutti gli ambienti che abitiamo e attraversiamo". Colorare di "italiano" la città di Madrid dunque significa "condividere da italiani quel patrimonio comune che la tradizione cattolica ha saputo realizzare attraverso il ‘sì’ di tanti uomini e donne – basta pensare a san Francesco d’Assisi o santa Caterina da Siena – che con la loro testimonianza, hanno contribuito fortemente a costruire tale identità, non solo sotto lo specifico profilo di una peculiare realizzazione del messaggio evangelico, che ha marcato nel tempo l’esperienza religiosa e la spiritualità degli italiani, ma pure sotto il profilo culturale e persino politico", come ricordava Benedetto XVI nel suo messaggio al presidente della Repubblica sempre in occasione del 150° dell’Unità d’Italia. Ecco, allora, la proposta che don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale di Pastorale giovanile, lancia a tutti i giovani italiani: "Mercoledì 17 agosto vogliamo colorare le strade e le piazze di Madrid utilizzando la bandiera italiana, il cappello italiano, i vestiti e gli oggetti che abbiamo confezionato con la stoffa italiana; ma soprattutto invitiamo tutti a inondare Madrid di gioia, musica e canti italiani. In questa giornata alcuni nostri amici e amiche propongono dei festival culturali in lingua italiana; andiamo a sostenerli, ad applaudirli, a incoraggiarli, a ringraziarli".

SIR

Dottrina della Fede riconosce colpevole di abusi su minori il prete cileno Karadima, ordinato il ritiro. Il caso un vero modello di giustizia canonica

Fernando Salvador Miguel Karadima Fariña costruì una carriera ecclesiastica impeccabile. Nato ad agosto del 1930, dedicò gran parte del suo ministero presbiteriano alla formazione del clero, sempre vincolato alla parrocchia del Sagrado Corazón de Jesús, a Santiago del Cile. Ordinato sacerdote nel 1958, il suo carisma e la sua personalità gli permisero di assumere lentamente un crescente potere non solo nella parrocchia, ma anche nella Pia Unione Sacerdotale, del seminario locale. Negli anni Ottanta fu in servizio presso la Chiesa del Bosque, che divenne un intenso centro pastorale. Per la sua opera passarono decine di sacerdoti e anche i vescovi Juan Barros Madrid, vicario castrense, e Andrés Arteaga, ausiliare a Santiago del Cile. Secondo i suoi sostenitori la sua “fama di santità” era indiscutibile, quando ancora era vivo; secondo la Chiesa cilena il suo lavoro era stato esemplare. Ma la vera storia è un’altra: abuso di potere, manipolazione psicologica e pederastia. Il 22 giugno scorso, l’attuale vescovo di Santiago, Ricardo Ezzati Andrello, informò Fernando Karadima che la Santa Sede aveva deciso di rifiutare l’appello ad una sentenza contro di lui per abusi sessuali di minori. In un documento di due pagine del 18 marzo la Congregazione per la Dottrina della Fede ordinò che il sacerdote si ritirasse ad una vita di penitenza e preghiera. Gli venne vietato di esercitare pubblicamente il ministero a vita, di dirigere spiritualmente, di confessare, di avere contatti con i membri o avere qualsiasi tipo di incarico nella Pía Unión Sacerdotal. Il testo, firmato dal card. William Joseph Levada, prefetto, e Luis Francisco Ladaria, segretario, fu la conclusione del processo canonico applicato, fino alle sue ultime conseguenze; le nuove norme sulla “Delicta graviora”, i delitti gravi dei sacerdoti, approvate dal Papa a luglio 2010. Lo “scandalo Karadima” divenne un modello di giustizia vaticana per diversi motivi: perché la Dottrina della Fede prese con serietà le prime denunce ricevute nel 2010 senza considerare la posizione ecclesiastica dell’accusato; perché condusse un’inchiesta minuziosa e arrivò alla sentenza nonostante la giustizia civile avesse chiuso il caso. Infatti, i magistrati cileni dovettero riaprire le loro inchieste dopo l’avviso pubblico dell’arcivescovo di Santiago, del 18 febbraio, nel quale si annunciava la colpevolezza di Karadima decisa dalla Santa Sede. Quell'avviso, in un comunicato stampa e con la lettura della sentenza nella televisione nazionale, rappresentò un precedente inedito. Roma aveva chiesto esplicitamente che Ezzati diffondesse la sanzione, anche se si trattava di un’istanza appellabile. Immediatamente il prete fu tolto dall’incarico e portato in un monastero della capitale cilena. Il suo ambiente ricevette la notizia con sorpresa, rabbia ed indignazione, mentre l’accusato si dichiarava innocente. Contro Karadima il Vaticano decise di condurre un processo amministrativo per due ragioni: le chiare evidenze di colpevolezza e l’età dell' imputato (80 anni). Il presule ricevette un trattamento simile a quello di Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo accusato di abusi su minori. In entrambi i casi non ci fu un giudizio ecclesiastico per evitare la morte degli imputati senza arrivare ad una condanna, perché un processo penale, con le diverse istanze, sarebbe durato troppo a lungo. Nel caso del cileno la Congregazione per la Dottrina della Fede ottenne maggiori risultati e nominò un comitato di tre delegati che lo studiarono, a differenza dell’abitudine di nominarne uno solo, responsabile di consultare gli specialisti prima di proporre una sentenza. Questo non fermò l’appello presentato dai difensori di Karadima dinanzi alla “quarta corte”; la plenaria della Congregazione lo rifiutò ribadendo la colpevolezza dell' imputato. Con il voto della “Quarta corte”, la Santa Sede chiuse il capitolo ecclesiastico dello scandalo, ma restava aperto un capitolo politico. La giustizia cilena sollecitò diplomaticamente Roma a inviare i documenti dell’inchiesta canonica e la Segretaria di Stato vaticana ora dovrà decidere di rispondere affermativamente o negativamente. Un altro dei risultati dell’intervento vaticano fu il pubblico pentimento dell’arcivescovo emerito di Santiago di Cile, Francisco Javier Errazuriz, che chiese scusa alle vittime per non aver creduto alle accuse contro Fernando Karadima nel 2004. "Adesso capisco che, sopra tutto le due prime persone che accusarono, vedendo che tutto rimaneva sospeso, provarono una grandissima sofferenza. Una sofferenza che io non avrei voluto causare e per la quale chiedo perdono", affermò. Nel frattempo la giustizia civile segue il suo corso.

Andrés Beltramo Alvarez, Vatican Insider

Benedetto XVI: la testimonianza Beato János Scheffler sostenga sempre la fede delle nuove generazioni. Il Vangelo nella valigia per le vacanze

Dopo la preghiera mariana Benedetto XVI si è unito "alla gioia della Chiesa in Romania, in particolare della Comunità di Satu Mare, dove oggi viene proclamato Beato János Scheffler, che fu vescovo di quella diocesi e morì martire nel 1952. La sua testimonianza sostenga sempre la fede di quanti lo ricordano con affetto e delle nuove generazioni". Poi nei saluti in varie lingue, in francese parole di incoraggiamento a vivere il periodo di vacanza “orientati al riposo e alla serenità”, ricordando che partire deve significare innanzitutto “vivere in modo nuovo le relazioni con gli altri dedicando tempo proprio a questo” e incoraggiando a mettere il Vangelo in valigia. In inglese l’augurio a trovare “sollievo nel corpo e nello spirito” in questo tradizionale periodo di riposo annuale, con un saluto particolare ai candidati al diaconato permanente della diocesi di Elphin in Irlanda. In tedesco l’invito a guardare a Gesù che conosce i nostri affanni. In spagnolo il saluto a professori e alunni del Colegio Internacional Europa di Siviglia. In slovacco il pensiero alla festa dei Santi fratelli Cirillo e Metodio che la Slovacchia celebrerà martedì prossimo. In polacco l’invito a guardare al Cuore di Maria come “sorgente di vita e di santità”, “nel contesto delle recenti celebrazioni liturgiche del Sacratissimo Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria”. Infine il cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli da Pistoia e ai ragazzi di Latisana, dell’arcidiocesi di Udine. A tutti l‘augurio di “una buona domenica e un buon mese di luglio”, con l’annuncio dell’imminente soggiorno a Castel Gandolfo: “Nei prossimi giorni lascerò il Vaticano per recarmi a Castel Gandolfo. Da là, a Dio piacendo, guiderò l’Angelus domenica prossima. Grazie!”.

Radio Vaticana

Il Papa: lo sguardo di Gesù anche oggi si posa su tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento

A mezzogiorno, Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. "Oggi, nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono: ‘Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero’", ha ricordato il Papa, che ha aggiunto: "Quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore". In realtà, "quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo". "Anche oggi – ha chiarito il Pontefice - si posa su tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita". Lo sguardo di Cristo, ha sottolineato il Santo Padre, "si posa su tutta questa gente, anzi, su ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, e ripete: ‘Venite a me, voi tutti…’". Gesù, ha proseguito Benedetto XVI, "promette di dare a tutti ‘ristoro’, ma pone una condizione", quella di prendere il suo giogo e di imparare da Lui "mite e umile di cuore". Ma, ha domandato il Papa, "che cos’è questo ‘giogo’, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva?". Il "giogo" di Cristo è "la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli. Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio". Per questo "bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo". Anche verso l’ambiente, ha avvertito il Pontefice, "bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole ‘mitezza’. Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo". Il Santo Padre ha anche ricordato che "ieri abbiamo celebrato una particolare memoria liturgica di Maria Santissima lodando Dio per il suo Cuore Immacolato. Ci aiuti la Vergine a ‘imparare’ da Gesù la vera umiltà, a prendere con decisione il suo giogo leggero, per sperimentare la pace interiore e diventare a nostra volta capaci di consolare altri fratelli e sorelle che percorrono con fatica il cammino della vita".

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS