lunedì 9 gennaio 2012

Introvigne: Benedetto XVI ci ricorda innanzitutto che nel mondo si continuano ad ammazzare cristiani. Mokrani: importante l'appello al dialogo

"Quando Benedetto XVI denuncia che la libertà religiosa è un diritto ancora limitato o schernito ci ricorda innanzitutto che nel mondo si continuano ad ammazzare cristiani". Il sociologo Massimo Introvigne, responsabile uscente dell'Osce per le discriminazioni verso i cristiani, commenta così le parole del Papa al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. "Centocinquemila morti all'anno, uno ogni cinque minuti, come ho detto più volte durante il mio mandato Osce, sono cifre di un vero e proprio genocidio" spiega. "Ma il Papa ci ricorda anche che è in atto una 'pulizia religiosa' che assomiglia molto alla pulizia etnica. Si attua attraverso costellazioni di attentati terroristici che non riescono ad eliminare le comunità di un paese ma le spaventano talmente da indurre la maggioranza dei cristiani a fuggire". "Il terzo fenomeno che ci suggerisce il Pontefice è l'emarginazione dei cristiani dalla vita politica attraverso strumenti che comprendono anche la diffamazione e il ridicolo. E' un atteggiamento che si verifica anche da noi in Occidente e il Papa ci ha ricordato che questa emarginazione riguarda temi come la tutela della famiglia, la libertà di educazione e la vita". "Distinguendo inoltre le diverse dimensioni - individuale, collettiva e istituzionale - della libertà religiosa - continua Introvigne - il Papa ci ricorda implicitamente che in alcuni paesi in via di sviluppo si fanno solenni affermazioni sulla libertà religiosa ma la si intende semplicemente come un diritto individuale. Se la Chiesa non può manifestarsi pubblicamente stampando giornali o aprendo scuole quella libertà non c'è più". "Ma anche in Occidente - aggiunge il sociologo - circolano teorie giuridiche pericolose che riducono la libertà religiosa a libertà di coscienza. Quest'ultima è una dimensione fondamentale, ma perché ci sia piena libertà religiosa è necessario che alla Chiesa - specie nei paesi di antica tradizione religiosa - sia riconosciuta istituzionalmente l'importanza del compito che essa svolge. Nel discorso al Corpo diplomatico - ricorda infine Introvigne - Benedetto XVI ha denunciato nuovamente l'emarginazione della religione dall'educazione che si riduce così a un'educazione meramente tecnica". "Come il Santo Padre ha ricordato ad Assisi c'è la minaccia di un fondamentalismo religioso che porta alla violenza, ma resta sempre l'altra minaccia simmetrica di un laicismo che emargina la religione sradicando le radici di tanti nostri paesi che sono innegabilemnte cristiani. E in un momento di crisi essere senza radici colpisce tutti in modo molto doloroso". Il teologo musulmano Adnane Mokrani, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pisai, sottolinea invece le riflessioni sulla 'primavera araba' contenute nell'ampio discorso di Benedetto XVI agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. "Il Papa - spiega - ha sottolineato i valori, il contenuto di questo cammino. E' facile distruggere i dittatori, ma ricostruire la società civile, inventare una tradizione democratica è un impegno assai complicato. Benedetto XVI ha toccato il punto essenziale ricordando che l'obiettivo primario debbono essere la dignità della persona umana e i diritti fondamentali". "Attualmente - spiega il teologo di origine tunisina - l'assemblea costituente tunisina sta scrivendo la nuova costituzione della seconda repubblica e questo messaggio del Papa è molto importante per questo cammino istituzionale perché sottolinea la centralità della persona umana". "E' poi importante l'appello del Pontefice alla comunità internazionale a dialogare con le persone e le società che sono gli attori della Primavera araba. E' un appello che va oltre il dialogo interreligioso e abbraccia l'umanità in un cammino difficile di cambiamento. Oggi serve una solidarietà internazionale, una accompagnamento di questi popoli che cercano la libertà e la democrazia nonostante le difficoltà".

Fabio Colagrande, Radio Vaticana

Vian: nel guardare al panorama mondiale e agli ‘sviluppi gravi e preoccupanti’ della crisi il Papa ha unito al realismo la speranza

“Non di rado si rimprovera a Benedetto XVI scarsa attenzione e addirittura poca sensibilità agli scenari e ai problemi internazionali, ma nulla è più lontano dalla realtà e a mostrarlo una volta di più è il suo discorso al Corpo diplomatico”. Lo scrive Gian Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, nell’editoriale dell’ultimo numero. “Nel guardare al panorama mondiale - prosegue il direttore del quotidiano della Santa Sede - e agli ‘sviluppi gravi e preoccupanti’ della crisi il Papa ha unito però al realismo la speranza”. Ricordando che “sempre bisogna tenere presente la dimensione morale, in economia come in bioetica: la vita umana e la libertà religiosa devono così essere rispettate e promosse, nel rifiuto fermo di ogni politica che miri a emarginare il ruolo della religione e del terrorismo motivato religiosamente”. Per Vian è, infine, “significativo” che Benedetto XVI “si sia detto fiero della visione cristiana dell’uomo - che ha ispirato i Padri costituenti della Germania e quanti hanno fondato l’Europa unita - e lieto di segnali incoraggianti nel campo della libertà religiosa in diversi Paesi, tra i quali ha citato l’Italia”. “Ripetendo che la Santa Sede è nel mondo per ricordare la realtà di Cristo. Che ha trasformato il destino dell’uomo dalla corruzione all’immortalità”, la conclusione dell’articolo.

SIR

Al fianco della comunità internazionale

Su Twitter arriva l'omelia-lampo, l'idea rivoluzionaria di un vescovo francese. Le prediche e la funzione comunicativa della Chiesa

L’idea di collegare l’omelia al mondo di Twitter e farla circolare via web l’ha avuta un vescovo francese, Hervé Giraud, ma è subito stata adottata da altri vescovi d’Oltralpe e persino da uno dei più illustri cardinali di Curia, Gianfranco Ravasi, biblista, grande oratore ma, soprattutto, veterano dei social network. "Ecco le twittomelie" ha cinguettato ieri Ravasi scatenando l’entusiasmo di moltissimi "followers" che hanno subito colto le potenzialità di questa novità. Prediche brevi, rapide e concise al posto di sermoni interminabili. Del resto Ravasi ministro della Cultura e, di recente, promotore di un incontro internazionale in Vaticano dei blogger cattolici non poteva non apprezzare e valorizzare l’intuizione di mons. Giraud. Già durante una conferenza organizzata dal Centro di San Luigi dei Francesi a Roma ebbe modo di sollevare il grande problema della comunicazione. Questione non da poco se la Chiesa vuole raggiungere i giovani. Per questo aveva invitato i predicatori a tener conto dei nuovi linguaggi per captare l’attenzione di un vasto uditorio. Aveva inoltre detto chiaro e tondo che troppe omelie erano inodori e incolori, insomma, talmente sciape da causare solo noia all’assemblea. "Rischiano di diventare parole insignificanti". L’esatto opposto della funzione che dovrebbe invece avere una predica: stimolare, catturare l’attenzione, fare riflettere. Eppure nei seminari ai futuri parroci viene raccomandato dai docenti di omiletica che quando si predica i primi cinque minuti sono per Dio, i secondi cinque per l’assemblea dei fedeli e tutto il resto del diavolo. Come a dire che occorre essere sintetici ed andare dritti al punto. Esattamente quello che già una ventina d’anni fa suggeriva il card. Oddi ai suoi preti. "Non annoiate il prossimo, altrimenti fate peccato". Il problema, come si evince, non è roba di ieri anche se ultimamente, con l’avvento dei social network si è enormemente acuito. Famiglia Cristiana un paio d’anni fa aveva affidato al teologo, padre Sirboni, un commento: "Ma i nostri parroci sanno predicare?". A giudicare dal fiume di lettere che puntualmente arrivavano in redazione sembrava proprio di no. La funzione comunicativa della Chiesa delle origini fu riconosciuta con la celebrazione della Pentecoste. Da quel momento la diffusione del cristianesimo è stata affidata alla testimonianza e alla capacità di predicare di laici e consacrati. La Chiesa si è poi affidata anche a ordini predicatori specializzati come i domenicani, i cappuccini, i gesuiti. Ma un conto era predicare cento anni fa, quando non c’erano la televisione e Internet, e un conto è farlo oggi dove il bombardamento mediatico abbassa la soglia d’attenzione degli ascoltatori. Un prete veronese, don Mario Masina ha messo on-line un manuale per consigliare cosa non fare. Vietato essere ripetitivi e banali, soprattutto vietato andare per le lunghe. "Il buon senso suggerisce che in condizione di normale assemblea domenicale, non si debba andare oltre i dieci minuti. Se meno, meglio ancora". Nel decalogo che ha stilato si intuisce l’approccio mediatico. Occorre curare l’attacco e la chiusura della predica, variare i codici (esegetico, spirituale, di impegno sociale, liturgico), curare le pause, fare attenzione al tono e presentarsi con un sorriso. Infine, un pizzico di umiltà, non guasta. In ogni caso la twittomelia non potrà che far piacere al Papa. Quest’anno aprirà l’Anno della fede e tra le decine di iniziative che bollono in pentola ci sono anche studi appositi sulle prediche. Per far sì che siano meno barbose s’intende.

Franca Giansoldati, Il Messaggero.it

'SIR': per Benedetto XVI la prospettiva di azione è nella rinnovata scommessa sui giovani e nel fare della crisi uno 'sprone' per darsi nuove regole

“C’è un tono positivo e fiducioso, nel tradizionale discorso del Papa al Corpo diplomatico, che sembra contrastare con i gravi fatti (come in Nigeria) e le previsioni critiche con cui è iniziato l’anno. La ragione è nella luce e nella gioia del Natale, come lo stesso Benedetto XVI ha ricordato negli interventi durante le feste. Ma è anche in una prospettiva di azione che si riassume intorno a due nodi. Il primo è la rinnovata scommessa sui giovani. Il secondo è l’invito a fare della crisi, che percorre tutto il mondo, ‘uno sprone’ a ‘riprogettare risolutamente il nostro cammino, con nuove forme d’impegno’ e ‘nuove regole’”. È un passaggio della nota SIR dedicata al discorso rivolto oggi dal Papa al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Nelle parole del Pontefice ritorna “il tema della gioventù, dei giovani, nella concretezza della loro energia e dei loro ideali, che era stato al centro anche dell’altro importante discorso di bilancio e di programma, quello rivolto alla Curia romana poco prima di Natale. E proprio questa è da un lato la comune responsabilità, dall’altro la grande risorsa per uscire davvero dalla crisi”.

SIR

Una comune responsabilità per rafforzare i diritti umani e partire dalla libertà religiosa

Il 26 gennaio il Papa incontra seminaristi, formatori e vescovi umbri nel centenario della fondazione del Pontificio Seminario regionale 'Pio XI'

Giovedì 26 gennaio, a mezzogiorno, Papa Benedetto XVI riceverà in udienza privata il Pontificio Seminario regionale umbro "Pio XI", in occasione del centenario della fondazione. La notizia è stata data dagli arcivescovi e vescovi dell'Umbria nel corso della loro prima riunione mensile del 2012, svoltasi oggi nel Seminario di Assisi. Parteciperanno all'udienza i seminaristi, i formatori e i vescovi della regione. Insieme al Seminario di Assisi, il Pontefice riceverà anche altri due Seminari che in questo 2012 ricordano i cento anni di fondazione: San Pio X di Catanzaro e San Luigi di Napoli dei Padri Gesuiti. "L'udienza che ci concede Benedetto XVI - commenta mons. Nazareno Marconi, rettore del Seminario di Assisi - è un dono grande per le Chiese dell'Umbria, affatto scontato. Il Papa con questo gesto vuole sottolineare l'importanza che i Seminari regionali hanno avuto ed hanno per la formazione del clero". Attualmente il Seminario regionale di Assisi segue la formazione di 40 seminaristi, sei dei quali frequentano l'anno propedeutico. Tre sono i vescovi delegati per il Seminario: mons. Gualtiero Bassetti di Perugia-Città della Pieve, mons. Domenico Sorrentino di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e mons. Domenico Cancian di Città di Castello. Rettore, come detto, è mons. Nazareno Marconi e vice rettore è don Andrea Czortec, entrambi del clero di Città di Castello. In questi cento anni al Seminario regionale di Assisi, oltre ai circa 1.500 sacerdoti, si sono formati ben 22 vescovi, tre dei quali sono diventati cardinali.

Agi

Il mondo in udienza dal Papa. Con Benedetto XVI so­no diventati 179 i Paesi che intrattengono rapporti diplomatici con la Santa Sede. Lo scenario

Questa mattina Benedetto XVI ha rice­vuto in solenne udienza il Corpo diplomatico accre­ditato in Vaticano. E ha tenuto un discorso in cui ha risaltato più solen­nemente il ruolo della Chiesa Cat­tolica nello scenario geopolitico mondiale. È un ruolo che, in base al sempre crescente numero di Paesi che vogliono intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede, sem­bra continuare a suscitare un no­tevole interesse nella comunità in­ternazionale. Basti ricordare che, come disvelato nei famosi cablo­grammi diffusi da Wikileaks, l’am­basciata USA in Vaticano, alla vigilia della visita del presidente Barack Obama del 2009, sottolineava come la Santa Sede fosse ormai seconda solo agli Stati Uniti per numero di Pae­si con cui intrattiene rapporti di­plomatici, all’epoca rispettiva­mente 177 e 188. Eppure nel 1900 questi Paesi erano appena una ventina. Ma nel 1978 ammontavano già a 84. Nel 2005 e­rano 174. E con Benedetto XVI so­no diventati 179. Nel 2006 infatti sono stati allacciati i rapporti col neonato Montenegro, nel 2007 con gli Emirati Arabi Uniti, nel 2008 col Botswana, il 9 dicembre 2009 è sta­ta la volta della Federazione Russa, con cui c’erano già relazioni di na­tura speciale come quelle che con­tinuano a sussistere con l’OLP. L’an­no scorso poi sono arrivati i pieni rapporti diplomatici con la Malay­sia. La Santa Sede ha inoltre legami di­plomatici con l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta, e mantiene osservatori permanen­ti presso le principali organizza­zioni internazionali governative, come, ad esempio, l’ONU nelle se­di di New York e Ginevra, il Consi­glio d’Europa a Strasburgo, la FAO a Roma, l’UNESCO a Parigi, il WTO e, i­noltre, presso la Lega degli Stati Arabi e l’Organizzazione dell’Unità Africana. Dell’OSCE con sede a Vien­na la Santa Sede è storico membro fondatore. Dallo scorso anno poi per la prima volta ha accreditato un nunzio presso l’ASEAN, l’associazione del­le nazioni del Sud Est asiatico. Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma so­lo un semplice "incaricato d’affari ad interim". E questo in attesa di poter trasferire finalmente, quan­do sarà possibile, la Nunziatura a Pechino. Nel frattempo, comun­que, una rappresentanza diploma­tica vaticana risiede stabilmente nella cosiddetta "missione di stu­dio" ad Hong Kong, pur figurando formalmente nella nunziatura del­le Filippine. Dal 2007 operano in questa rappresentanza non più uno ma due ecclesiastici del servi­zio diplomatico, che attualmente sono il croato Ante Jo­zic e, di supporto, lo statunitense Frank Leo jr. La Cina Popolare è il più grande tra i Paesi che non hanno rapporti di­plomatici con la Santa Sede. Ma non è il solo. A parte il Kosovo, il cui inevitabile riconoscimento avverrà quando il suo status interna­zionale sarà meno controverso, e il neonato Sud Sudan, la Santa Se­de non intrattiene ancora relazio­ni con quindici stati, perlopiù a­siatici, in buona parte a maggio­ranza islamica. In otto di questi Paesi non è presente nessun invia­to vaticano: e sono Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina Popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu. Mentre sono in carica dei delegati apostolici, cioè dei rappresentanti pontifi­ci presso le comunità cattoliche lo­cali ma non presso i governi, in al­tri sei Paesi: tre africani (Comore, Mauritania e Somalia) e tre asiati­ci (Brunei, Laos, Myanmar). Parti­colare è il caso del Vietnam, con il quale sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rap­porti diplomatici e, a questo fine, lo scorso anno è stato nominato un rappresentante vaticano non resi­denziale presso il governo di Hanoi nella persona dell’arcivescovo Leo­poldo Girelli, titolare della neoeretta nunziatura con sede a Singa­pore. Attualmente sono 79 i Paesi che hanno un ambasciatore residente a Roma. Gli altri sono rappresenta­ti in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. È noto in­fatti che la Santa Sede non accetta ambasciatori accreditati contemporaneamente presso lo Stato italiano. Nonostante che l’Irlanda abbia recentemente de­classato la propria rappresentanza da residente a non residente, è da ricordare che con Papa Ratzinger sono al contrario diventati resi­denti gli ambasciatori in precedenza non residenti di Australia, Camerun, Timor Est e Benin. Passando poi al quadro delle rappresentanze pontificie nel globo, si può ricordare che attualmente so­no operativi in giro per il mondo 100 nunzi apostolici, alcuni dei quali coprono più Paesi. Quasi la metà (49) sono italiani, una percentuale inferiore rispetto al passato, nel 1961 provenivano dall'Italia 48 nunzi su 58, l’83%, nel 1978 erano 55 su 75, il 73%. E questa tendenza è destinata a crescere visto che, ad esempio, con Be­nedetto XVI sono stati elevati all’e­piscopato 36 nunzi di prima nomi­na di cui solo tredici italiani, il 36%. Ancora dall'Italia vengono co­munque i rappresentan­ti pontifici in Paesi ecclesiastica­mente e/o politicamente impor­tanti come Francia, Spagna, Gran Bretagna, Polonia, Stati Uniti, Bra­sile, Colombia, Filippine, Israele-Gerusalemme e Palestina, e la stes­sa Italia. Gli altri nunzi provengono perlopiù dal resto dell’Europa (25, di cui sei polacchi; cinque spagno­li; quattro francesi; tre svizzeri), ma anche dall’Asia (13, di cui sei dal­l’India e quattro dalle Filippine), dal Nord America (7, tutti statuni­tensi), dall’Africa (4) e dall’A­merica latina (2). Bisogna tener presente che risultano attualmen­te vacanti le residenze delle Nunziature di Papua Nuova Guinea, Rwanda, Scandinavia, Sud Africa, Unione Europea, Zambia. Mentre nel corso dell’anno si renderanno libere quelle di Egitto e Israele. Da segnalare infine il particolare in­teresse diplomatico, oltre che pa­storale, che il Pontificato di Bene­detto XVI dedica all’Africa. In que­sto continente infatti la rete delle nunziature è stata rafforzata con due nuove sedi: in Burkina Faso nel 2007 e in Liberia nel 2008. Nel 2010 poi, oltre a quello presente in Ti­mor Est, sono stati nominati altri tre "incaricati d’affari" stabilmen­te residenti in tre paesi africani: Ciad, Gabon e Malawi.

Gianni Cardinale, Avvenire

Il Papa in Messico e a Cuba. Lombardi: possa essere impulso di superamento di povertà e violenza, di speranza e pace per tutta l'America latina

Continua a suscitare grande interesse ed entusiasmo la notizia, rilanciata in questi giorni dagli episcopati locali, del viaggio apostolico di Benedetto XVI a Cuba e in Messico, previsto per fine marzo prossimo. Proprio sulla tappa messicana che aprirà il viaggio del Pontefice si è soffermato padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, nel suo editoriale per "Octava Dies", settimanale d'informazione del Centro Televisivo Vaticano. "Non c’è molto bisogno di attirare l’attenzione sulla tappa cubana - ha detto padre Lombardi - dal momento che il giubileo della Vergine della Caridad del Cobre si inserisce in una singolare situazione storica e politica della grande isola caraibica, mentre è giusto mettere a fuoco i molteplici motivi e il significato continentale della tappa messicana, non per nulla la prima del viaggio". Il Papa, celebrando il 12 dicembre in San Pietro la solennità di Nostra Signora di Guadalupe, ha indicato la propria volontà di partecipare al Bicentenario dell’indipendenza dei Paesi dell’America Latina e ha parlato con intensità del “cammino di integrazione” di questo “caro continente” e “del suo nuovo protagonismo emergente nel concerto mondiale”, quale orizzonte di una crescita pienamente umana e della 'missione continentale' di nuova evangelizzazione. Prosegue padre Lombardi: "Il Santo Padre ha scelto ora di recarsi nel più popoloso dei Paesi ispanici, per continuarvi la celebrazione, insieme ai rappresentanti degli episcopati latinoamericani, proprio in quel “Parco del Bicentenario” costruito recentemente nell’esatto centro geografico del Messico, ai piedi del Cubilete, dove sorge il Santuario nazionale di Cristo Re e da cui si abbraccia spiritualmente l’intero Paese". "Chi non rimane toccato dall’affetto dei messicani per il Papa? Dal loro entusiasmo quando vengono a trovarlo a Roma?" si chiede ancora il direttore di Radio Vaticana; risulta difficile, infatti, dimenticare l’accoglienza trionfale che la popolazione ha offerto a Giovanni Paolo II nei suoi cinque viaggi in vita, così come negli ultimi mesi alla sua reliquia, pellegrina nella loro terra. "Venti anni fa, stabilendo i rapporti diplomatici con la Santa Sede, il Paese ha riconosciuto la profonda anima cattolica del suo popolo", ha concluso il portavoce della Santa Sede: "Papa Benedetto sapeva di dover andare in Messico, e ha voluto scegliere una località in cui il suo Predecessore non aveva potuto recarsi, in modo da continuare e sviluppare la sua stessa missione". L'augurio, quindi, che questo viaggio "possa essere impulso di superamento della povertà e della violenza, di speranza e di pace per il Messico e per tutta l’America Latina".

Zenit

Padre Lombardi: il viaggio del Papa a Cuba e in Messico, chance di speranza per l'America Latina

Sabato il presidente del Consiglio Mario Monti sarà ricevuto in udienza da Benedetto XVI. Il cordiale rapporto tra le due sponde del Tevere

Sabato 14 gennaio il presidente del Consiglio Mario Monti (foto) sarà ricevuto in udienza da Papa Benedetto XVI. E' quanto ha confermato la Sala Stampa della Santa Sede. Che i rapporti siano cordiali lo si è capito quando, a pochi giorni dall'insediamento, il presidente Monti andò a salutare Benedetto XVI in partenza per il Benin, il 18 novembre, all'aeroporto di Fiumicino. Sarà che entrambi sono 'professori', sarà che Monti è entrato a Palazzo Chigi dopo un crescente disagio nei confronti del suo predecessore Berlusconi nel Palazzo Apostolico, quell'incontro "cordiale" è stato registrato con soddisfazione in Vaticano. Tanto che L'Osservatore Romano raccontò il dettaglio che "dopo una calorosa stretta di mano, i due hanno camminato fianco a fianco conversando cordialmente e familiarmente per circa tre minuti lungo il tragitto fino ai piedi dell'aereo". A preparare la prima udienza ufficiale che Benedetto XVI concederà a Monti sono molti contatti, più o meno formali, intercorsi in queste settimane tra il Governo e la Santa Sede. Non solo le telefonate personali tra Monti e il Papa al momento della nascita del Governo. Non solo la visita, lo scorso 1° gennaio, che il premier ha fatto al presepe di Piazza San Pietro e alla tomba di Wojtyla nella Basilica, accompagnato dai famigliari ed accolgo da due maggiorenti vaticani, il segretario e il presidente del Governatorato, mons. Sciacca e il futuro cardinale Bertello. E non solo l'incontro cordiale tra il Papa e la guardasigilli Paola Severino quando Papa Ratzinger ha visitato il carcere di Rebibbia, "il nostro Governo", ha detto in quell'occasione il Pontefice. Più in generale, nell'esecutivo, come è noto, sono presenti personalità che provengono dal mondo cattolico, come i ministri Andrea Riccardi, Lorenzo Ornaghi o Renato Balduzzi, o che comunque con la CEI e il Vaticano intrattengono cordiali rapporti. E i contatti tra maggiorenti ecclesiastici e ministri non sono mancati. Molti i punti di possibile intesa tra Palazzo Chigi e il Palazzo Apostolico. I due ministri degli Esteri, Giulio Terzi e il Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, mons. Dominique Mamberti, hanno già avuto prima di Natale due cordiali incontri all'ambasciata italiana presso la Santa Sede e a due passi dal Vaticano. "La promozione dei diritti umani continuerà a essere la stella polare del governo come ho accennato pochi minuti fa con mons. Mamberti - ha detto in quell'occasione Terzi - in particolare per quanto riguarda l'abolizione della pena di morte, i diritti delle minoranze, la libertà religiosa, la lotta contro le mutilazioni ai genitali femminili e contro la piaga dei bambini soldato". Un approccio in linea con la posizione della Santa Sede, espressa anche oggi dal Papa nel tradizionale saluto al corpo diplomatico presso la Santa Sede. Quando è scoppiata la polemica sulle esenzioni Ici agli immobili della Chiesa in connessione con i sacrifici chiesti agli italiani dal decreto 'salva-Italia', tanto il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, quanto il presidente della CEI, il card. Angelo Bagnasco, hanno respinto gli attacchi pretestuosi, ma hanno assicurato la disponibilità della Chiesa sia a "valutare la chiarezza delle formule normative vigenti", sia a perseguire eventuali elusioni. Oggi il Corriere della Sera riferisce che sarebbe vicino un accordo tra Chiesa e Stato per risolvere la controversia. Dalla CEI e dal Vaticano non filtra alcun commento, ma di certo gli 'sherpa' del Governo italiano e della Segreteria di Stato sono al lavoro perché si arrivi all'udienza di Monti dal Papa senza increspare la cordialità tra le due sponde del Tevere.

Ansa, TMNews

Il vice decano del Corpo diplomatico presso la Santa Sede al Papa: grazie per il servizio alla Verità, alla pace e alla difesa della libertà religiosa

Quest'anno, il saluto a Benedetto XVI del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, all'inizio dell'udienza per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, non è stato letto dall'ambasciatore decano, il rappresentante dell'Honduras Alejandro Valladares Lanza. Il diplomatico latinoamericano si è limitato a formulare auguri di buon anno al Papa spiegando poi che lasciava il compito al vice decano, l'ambasciatore del Principato di Monaco Jean-Claude Michel, che presentò le sue Lettere Credenziali il 20 maggio 1999. L’ambasciatore vice decano ha espresso al Papa numerose riflessioni sulla situazione mondiale, in particolare, si è soffermato sui cambiamenti politici che si sono registrati nel corso dell’anno 2011. Al tempo stesso ha voluto ricordare le sofferenze di molte persone nel mondo colpite da catastrofi naturali, spesso costrette a cercare protezione fuori dalle proprie terre così come nel caso, ha aggiunto, delle popolazioni, milioni di uomini e donne, sfollate a causa di conflitti e instabilità politica. Da Michel è arrivata anche una dura condanna contro le persone senza scrupoli che praticano il traffico di persone umane. Nel contesto del grande dramma dei rifugiati e degli sfollati l’ambasciatore Michel ha salutato come molto positivo l’ingresso a pieno titolo della Santa Sede nell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni sottolineando che sarà un contributo alla convivenza internazionale, pacifica e legale, di grande rilevanza. Dall’altra parte il diplomatico ha ricordato la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù e ciò che ha rappresentato non solo per la Chiesa. Al tempo stesso ha voluto rilevare l’importanza dei viaggi missionari internazionali di Benedetto XVI, in particolare quelli del 2011: Croazia, San Marino, Spagna, Germania, e Benin nonché quelle realizzati in Italia. Infine, prima di esprimere un grande augurio di successo alla missione apostolica del Santo Padre, il vice decano ha ricordato anche l’Incontro di Assisi, ringraziando il Pontefice per il suo servizio alla Verità, alla pace e alla difesa della libertà religiosa.

Il Sismografo

Un anno cruciale per il futuro dell’umanità: i saluti al Papa del decano e del vice-decano del Corpo diplomatico

Il Papa: il mondo è oscuro dove l'uomo non riconosce più il legame con il Creatore e così mette a rischio i rapporti con le altre creature e il creato

Questa mattina, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i 181 membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.
Nel suo discorso, il Papa ha in primo luogo espresso soddisfazione per l’inserimento della Malesia nel Corpo Diplomatico vaticano, avvenuto alla fine dell’anno appena trascorso. Ha poi rammentato l’importanza degli accordi stipulati tra Santa Sede e stati come l’Azerbaigian, il Mozambico e il Montenegro. Altro importante traguardo sottolineato dal Santo Padre è stato accoglimento della Santa Sede come membro dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Il Papa ha poi ringraziato i rappresentanti diplomatici incontrati durante i viaggi in Croazia, Germania, Spagna, San Marino e Benin “per la delicatezza” manifestata nei suoi confronti, e gli ambasciatori dei paesi latinoamericani presenti lo scorso 12 dicembre in Vaticano per la celebrazione della festa della Madonna di Guadalupe, patrona delle Americhe, durante la quale il Santo Padre ha annunciato il suo viaggio a Cuba e in Messico. Il Pontefice ha infine auspicato “che tutti uniscano i loro sforzi affinché, per le popolazioni del Sudan e del Sud Sudan, si apra infine un periodo di pace, di libertà e di sviluppo”. “Il mondo è buio laddove non è rischiarato dalla luce divina! Davvero il mondo è oscuro, laddove l’uomo non riconosce più il proprio legame con il Creatore e, così, mette a rischio anche i suoi rapporti con le altre creature e con lo stesso creato”. Per il Papa “il momento attuale è segnato purtroppo da un profondo malessere e le diverse crisi, economiche, politiche e sociali, ne sono una drammatica espressione”. Il Papa si è soffermato, prima di tutto, sugli “sviluppi gravi e preoccupanti della crisi economica e finanziaria mondiale”, che “non ha colpito soltanto le famiglie e le imprese dei Paesi economicamente più avanzati, dove ha avuto origine, creando una situazione in cui molti, soprattutto tra i giovani, si sono sentiti disorientati e frustrati nelle loro aspirazioni ad un avvenire sereno, ma ha inciso profondamente anche sulla vita dei Paesi in via di sviluppo”. “Non dobbiamo scoraggiarci ma riprogettare risolutamente il nostro cammino, con nuove forme di impegno”, è stato l’invito del Pontefice. “La crisi – ha ribadito – può e deve essere uno sprone a riflettere sull’esistenza umana e sull’importanza della sua dimensione etica, prima ancora che sui meccanismi che governano la vita economica: non soltanto per cercare di arginare le perdite individuali o delle economie nazionali, ma per darci nuove regole che assicurino a tutti la possibilità di vivere dignitosamente e di sviluppare le proprie capacità a beneficio dell’intera comunità”. Dal "malessere" dei giovani "sono nati i fermenti che, nei mesi scorsi, hanno investito, talvolta duramente, diverse regioni", ha detto Benedetto XVI. "Mi riferisco anzitutto al Nord Africa e al Medio Oriente, dove i giovani, che soffrono tra l'altro per la povertà e la disoccupazione e temono l'assenza di prospettive certe, hanno lanciato quello che è diventato un vasto movimento di rivendicazione di riforme e di partecipazione più attiva alla vita politica e sociale. E' difficile attualmente tracciare un bilancio definitivo dei recenti avvenimenti e comprenderne appieno le conseguenze per gli equilibri della Regione. L'ottimismo iniziale - ha proseguito il Papa - ha tuttavia ceduto il passo al riconoscimento delle difficoltà di questo momento di transizione e di cambiamento, e mi sembra evidente che la via adeguata per continuare il cammino intrapreso passa attraverso il riconoscimento della dignità inalienabile di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali. Il rispetto della persona dev'essere al centro delle istituzioni e delle leggi, deve condurre alla fine di ogni violenza e prevenire il rischio che la doverosa attenzione alle richieste dei cittadini e la necessaria solidarietà sociale si trasformino in semplici strumenti per conservare o conquistare il potere. Invito la Comunità internazionale a dialogare con gli attori dei processi in atto, nel rispetto dei popoli e nella consapevolezza che la costruzione di società stabili e riconciliate, aliene da ogni ingiusta discriminazione, in particolare di ordine religioso - ha detto il Papa - costituisce un orizzonte più vasto e più lontano di quello delle scadenze elettorali". In Siria, il Papa ha auspicato “una rapida fine degli spargimenti di sangue e l’inizio di un dialogo fruttuoso, favorito dalla presenza di osservatori indipendenti”. "In Terra Santa, dove le tensioni tra palestinesi e israeliani hanno ripercussioni sugli equilibri di tutto il Medio Oriente, bisogna che i responsabili di questi due popoli adottino decisioni coraggiose e lungimiranti in favore della pace. Ho appreso con piacere che, in seguito ad un'iniziativa del Regno di Giordania, il dialogo è ripreso; auspico - ha detto Benedetto XVI - che esso prosegua affinché si giunga ad una pace duratura, che garantisca il diritto di quei due popoli a vivere in sicurezza in Stati sovrani e all'interno di frontiere sicure e internazionalmente riconosciute". In Iraq, dopo i recenti attentati, bisogna “proseguire con fermezza sulla via di una piena riconciliazione nazionale”. L’educazione, ha quindi spiegato il Papa, “è un tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro di tutta la società”, e “costituisce un compito di primaria importanza in un tempo difficile e delicato”. La famiglia, "fondata sul matrimonio di un uomo con una donna", “non è una semplice convenzione sociale, bensì la cellula fondamentale di ogni società”, e dunque “le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità”. Benedetto XVI ha ribadito che “il contesto familiare è fondamentale nel percorso educativo e per lo sviluppo stesso degli individui e degli Stati; di conseguenza occorrono politiche che lo valorizzino e aiutino così la coesione sociale e il dialogo”. Nel contesto dell’“apertura alla vita”, ha accolto “con soddisfazione la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che vieta di brevettare i processi relativi alle cellule staminali embrionali umane, come pure la Risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che condanna la selezione prenatale in funzione del sesso”. Al contrario, si oppongano all’educazione dei giovani “e di conseguenza al futuro dell’umanità le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili”. La libertà religiosa è il “primo dei diritti umani, perché esprime la realtà più fondamentale della persona”, eppure “troppo spesso, per diversi motivi, tale diritto è ancora limitato e schernito”. Il Papa ha salutato la memoria del ministro pakistano Shahbaz Bhatti, “la cui infaticabile lotta per i diritti delle minoranze si è conclusa con una morte tragica”. “Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato”, ha commentato Benedetto XVI, facendo notare che “in non pochi Paesi i cristiani sono privati dei diritti fondamentali e messi ai margini della vita pubblica; in altri subiscono attacchi violenti contro le loro chiese e le loro abitazioni. Talvolta, sono costretti ad abbandonare Paesi che essi hanno contribuito a edificare, a causa delle continue tensioni e di politiche che non di rado li relegano a spettatori secondari della vita nazionale”. In altre parti del mondo, inoltre, “si riscontrano politiche volte ad emarginare il ruolo della religione nella vita sociale, come se essa fosse causa d’intolleranza, piuttosto che contributo apprezzabile nell’educazione al rispetto della dignità umana, alla giustizia e alla pace”. Di qui, richiamando l’incontro di Assisi dell’ottobre scorso, ha rinnovato la sua ferma condanna del “terrorismo motivato religiosamente”. "La religione - ha detto Papa Ratzinger - non può essere usata come pretesto per accantonare le regole della giustizia e del diritto a vantaggio del 'bene' che essa persegue. In questa prospettiva, sono fiero di ricordare, come ho fatto nel mio Paese natale, che per i Padri costituenti della Germania la visione cristiana dell'uomo è stata la vera forza ispiratrice, come, del resto, lo è stata per i Padri fondatori dell'Europa unita". Tra i “segnali incoraggianti nel campo della libertà religiosa”, Benedetto XVI ha citato la “modifica legislativa grazie alla quale la personalità giuridica pubblica delle minoranze religiose è stata riconosciuta in Georgia” e la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in favore della presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche italiane. Proprio all'Italia ha rivolto "un particolare pensiero, al termine del 150° anniversario della sua unificazione politica. Le relazioni tra la Santa Sede e lo Stato italiano hanno attraversato momenti difficili dopo l'unificazione. Nel tempo, però, hanno prevalso la concordia e la reciproca volontà di cooperare, ciascuno nel proprio ambito, per favorire il bene comune. Auspico che l'Italia - ha affermato il Papa - continui a promuovere un rapporto equilibrato fra la Chiesa e lo Stato, costituendo così un esempio, al quale le altre Nazioni possano riferirsi con rispetto e interesse". "Nel continente africano, che ho nuovamente visitato recandomi recentemente in Benin, è essenziale che la collaborazione fra le comunità cristiane e i Governi aiuti a percorrere un cammino di giustizia, di pace e di riconciliazione, in cui i membri di tutte le etnie e di tutte le religioni siano rispettati. E' doloroso constatare che tale meta, in vari Paesi di quel continente, è ancora lontana. Penso in particolare - ha proseguito Benedetto XVI - alla recrudescenza delle violenze che interessa la Nigeria, come hanno ricordato gli attentati commessi contro varie chiese nel tempo di Natale, agli strascichi della guerra civile in Costa d'Avorio, alla persistente instabilità nella Regione dei Grandi Laghi e all'urgenza umanitaria nei Paesi del Corno d'Africa. Chiedo, ancora una volta, alla Comunità internazionale di aiutare con sollecitudine a trovare una soluzione alla crisi che dura da anni in Somalia". Nella parte conclusiva del suo discorso, il Papa ha richiamato l’importanza del rispetto del creato ricordando le "gravi calamità naturali che, nel 2011, hanno colpito varie zone del Sud-Est asiatico, e i disastri ambientali come quello della centrale nucleare di Fukushima in Giappone". “La salvaguardia dell’ambiente – ha osservato – la sinergia tra lotta contro la povertà e quella contro i cambiamenti climatici” sono ambiti rilevanti per la promozione dello sviluppo umano integrale”.

Zenit, TMNews, SIR

UDIENZA AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO - il testo integrale del discorso del Papa