Questa mattina Benedetto XVI ha ricevuto in solenne udienza il Corpo diplomatico accreditato in Vaticano. E ha tenuto un discorso in cui ha risaltato più solennemente il ruolo della Chiesa Cattolica nello scenario geopolitico mondiale. È un ruolo che, in base al sempre crescente numero di Paesi che vogliono intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede, sembra continuare a suscitare un notevole interesse nella comunità internazionale. Basti ricordare che, come disvelato nei famosi cablogrammi diffusi da Wikileaks, l’ambasciata USA in Vaticano, alla vigilia della visita del presidente Barack Obama del 2009, sottolineava come la Santa Sede fosse ormai seconda solo agli Stati Uniti per numero di Paesi con cui intrattiene rapporti diplomatici, all’epoca rispettivamente 177 e 188. Eppure nel 1900 questi Paesi erano appena una ventina. Ma nel 1978 ammontavano già a 84. Nel 2005 erano 174. E con Benedetto XVI sono diventati 179. Nel 2006 infatti sono stati allacciati i rapporti col neonato Montenegro, nel 2007 con gli Emirati Arabi Uniti, nel 2008 col Botswana, il 9 dicembre 2009 è stata la volta della Federazione Russa, con cui c’erano già relazioni di natura speciale come quelle che continuano a sussistere con l’OLP. L’anno scorso poi sono arrivati i pieni rapporti diplomatici con la Malaysia. La Santa Sede ha inoltre legami diplomatici con l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali organizzazioni internazionali governative, come, ad esempio, l’ONU nelle sedi di New York e Ginevra, il Consiglio d’Europa a Strasburgo, la FAO a Roma, l’UNESCO a Parigi, il WTO e, inoltre, presso la Lega degli Stati Arabi e l’Organizzazione dell’Unità Africana. Dell’OSCE con sede a Vienna la Santa Sede è storico membro fondatore. Dallo scorso anno poi per la prima volta ha accreditato un nunzio presso l’ASEAN, l’associazione delle nazioni del Sud Est asiatico. Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma solo un semplice "incaricato d’affari ad interim". E questo in attesa di poter trasferire finalmente, quando sarà possibile, la Nunziatura a Pechino. Nel frattempo, comunque, una rappresentanza diplomatica vaticana risiede stabilmente nella cosiddetta "missione di studio" ad Hong Kong, pur figurando formalmente nella nunziatura delle Filippine. Dal 2007 operano in questa rappresentanza non più uno ma due ecclesiastici del servizio diplomatico, che attualmente sono il croato Ante Jozic e, di supporto, lo statunitense Frank Leo jr. La Cina Popolare è il più grande tra i Paesi che non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Ma non è il solo. A parte il Kosovo, il cui inevitabile riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso, e il neonato Sud Sudan, la Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con quindici stati, perlopiù asiatici, in buona parte a maggioranza islamica. In otto di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano: e sono Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina Popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu. Mentre sono in carica dei delegati apostolici, cioè dei rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi, in altri sei Paesi: tre africani (Comore, Mauritania e Somalia) e tre asiatici (Brunei, Laos, Myanmar). Particolare è il caso del Vietnam, con il quale sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici e, a questo fine, lo scorso anno è stato nominato un rappresentante vaticano non residenziale presso il governo di Hanoi nella persona dell’arcivescovo Leopoldo Girelli, titolare della neoeretta nunziatura con sede a Singapore. Attualmente sono 79 i Paesi che hanno un ambasciatore residente a Roma. Gli altri sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. È noto infatti che la Santa Sede non accetta ambasciatori accreditati contemporaneamente presso lo Stato italiano. Nonostante che l’Irlanda abbia recentemente declassato la propria rappresentanza da residente a non residente, è da ricordare che con Papa Ratzinger sono al contrario diventati residenti gli ambasciatori in precedenza non residenti di Australia, Camerun, Timor Est e Benin. Passando poi al quadro delle rappresentanze pontificie nel globo, si può ricordare che attualmente sono operativi in giro per il mondo 100 nunzi apostolici, alcuni dei quali coprono più Paesi. Quasi la metà (49) sono italiani, una percentuale inferiore rispetto al passato, nel 1961 provenivano dall'Italia 48 nunzi su 58, l’83%, nel 1978 erano 55 su 75, il 73%. E questa tendenza è destinata a crescere visto che, ad esempio, con Benedetto XVI sono stati elevati all’episcopato 36 nunzi di prima nomina di cui solo tredici italiani, il 36%. Ancora dall'Italia vengono comunque i rappresentanti pontifici in Paesi ecclesiasticamente e/o politicamente importanti come Francia, Spagna, Gran Bretagna, Polonia, Stati Uniti, Brasile, Colombia, Filippine, Israele-Gerusalemme e Palestina, e la stessa Italia. Gli altri nunzi provengono perlopiù dal resto dell’Europa (25, di cui sei polacchi; cinque spagnoli; quattro francesi; tre svizzeri), ma anche dall’Asia (13, di cui sei dall’India e quattro dalle Filippine), dal Nord America (7, tutti statunitensi), dall’Africa (4) e dall’America latina (2). Bisogna tener presente che risultano attualmente vacanti le residenze delle Nunziature di Papua Nuova Guinea, Rwanda, Scandinavia, Sud Africa, Unione Europea, Zambia. Mentre nel corso dell’anno si renderanno libere quelle di Egitto e Israele. Da segnalare infine il particolare interesse diplomatico, oltre che pastorale, che il Pontificato di Benedetto XVI dedica all’Africa. In questo continente infatti la rete delle nunziature è stata rafforzata con due nuove sedi: in Burkina Faso nel 2007 e in Liberia nel 2008. Nel 2010 poi, oltre a quello presente in Timor Est, sono stati nominati altri tre "incaricati d’affari" stabilmente residenti in tre paesi africani: Ciad, Gabon e Malawi.
Gianni Cardinale, Avvenire