venerdì 3 agosto 2012

Il Papa: dicendo 'no' alla gioia non rendiamo servizio a nessuno ma soltanto il mondo più oscuro. Grazie per aver trasportato la Baviera a Roma

Il Papa ha assistito questa sera, con qualche risata, ai balli e ai canti umoristici bavaresi che gli sono offerti dalla 'sua' diocesi di Monaco di Baviera, in occasione del suo 85° compleanno, celebrato lo scorso 16 aprile, nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Accanto a lui, l'anziano fratello, mons. Georg Ratzinger, che durante l'anno risiede a Ratisbona, in Baviera, ma sta trascorrendo parte del periodo estivo con Benedetto XVI. La performance è stata introdotta dal cardinale arcivescovo di Monaco e Frisinga, Reinhard Marx, che ha sottolineato la rara compresenza questa sera di tre successori: lui stesso, arcivescovo del capoluogo bavarese dal 2007, il card. Friederich Wetter, arcivescovo dal 1982 al 2007, e Papa Ratzinger, che guidò la diocesi di Monaco prima di essere chiamato a Roma da Giovanni Paolo II. Il cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo era affollato di musicisti e cantanti bavaresi vestiti con i tipici abbigliamenti tradizionali della regione meridionale della Germania. Oltre a loro e ai due cardinali tedeschi erano presenti il cardinale presidente del Governatorato vaticano, Giuseppe Bertello, e diversi esponenti della segreteria di Stato, a partire dall''assessore' Brian Wells. Fuori una piccola folla attratta dalla musica che risuona nella piazza centrale di Castel Gandolfo sosta a pochi metri dall'ingresso del Palazzo Apostolico. “Mi sono sentito a casa. Grazie per aver trasportato la Baviera a Roma”. Così il Papa al termine dell’esibizione di canti, balli e musiche bavaresi. Una manifestazione nel segno della gioia, tipica della cultura bavarese, ha constatato Benedetto XVI ringraziando il card. Marx che precedentemente aveva rivolto al Santo Padre il suo saluto. "Al termine di questa 'ora bavarese' – ha detto il Pontefice - posso dirvi soltanto un 'Dio vi ricompensi' - Vergelt’s Gott - di cuore". “E’ stato bello essere qui, al centro del Lazio, a Castel Gandolfo, e allo stesso tempo in Baviera. Mi sono sentito proprio a casa”. “Abbiamo potuto percepire – ha constatato Benedetto XVI - che la cultura bavarese è una cultura allegra, non chiassosa”. “E’ imbevuta di gioia – ha proseguito - nasce da un’interiore accettazione del mondo, da un sì alla vita che è un sì alla gioia”. “Essa – ha spiegato il Papa - si fonda sulla consapevolezza dell’uomo-creatura di essere in sintonia con la Creazione, in sintonia con il Creatore”. “E’ vero – ha aggiunto il Papa - bisogna riconoscere che Dio, in Baviera, ci ha facilitato il compito: ci ha donato un mondo, una terra così bella che diventa facile riconoscere che Dio è buono ed esserne felici”. “Allo stesso tempo, però, ha anche consentito che gli uomini che vivono in questa terra abbiano contribuito a darle la sua piena bellezza: solo attraverso la cultura delle persone, attraverso la loro fede, la loro gioia, i canti, la musica e l’arte è diventata così bella come il Creatore, da solo, non avrebbe saputo fare: Dio – ha detto Benedetto XVI - ha voluto l’aiuto degli uomini”. “Ma sarà lecito essere tanto felici, mentre il mondo è così pieno di sofferenza, quando esiste tanta oscurità e tanto male? E’ lecito essere così spavaldamente gioiosi? – ha chiesto il Santo Padre. “Sì! – ha risposto - perché dicendo ‘no’ alla gioia non rendiamo servizio a nessuno, rendiamo soltanto il mondo più oscuro. E chi non ama se stesso non può amare, dare al prossimo, non può aiutarlo, non potrà essere messaggero di pace”. “Noi comprendiamo questo dalla fede – ha aggiunto Benedetto XVI - il mondo è bello e Dio è buono, Egli si è fatto uomo ed è entrato dentro di noi, soffre e vive con noi: Dio è buono ed è bene essere un uomo”. “Noi viviamo di questa gioia”, ha concluso il Papa con l’invito a portare la gioia anche agli altri, a respingere il male e ad essere “servitori della pace e della riconciliazione”. Benedetto XVI ha anche scherzato sul dialetto bavarese, dopo che il card. Marx aveva pronunciato, all'inizio dello spettacolo, alcune parole con forte accento. "Io non so fare la pronuncia che ha fatto il cardinale", ha detto Papa Ratzinger suscitando le risate dei presenti. Il Santo Padre ha quindi ringraziato il “caro cardinale Marx”, arcivescovo di Monaco e Frisinga, per avere organizzato questa “ora”, “per avere trasportato la Baviera a Roma e “per aver reso tangibile l’unità interiore della cultura cristiana”; quindi il ringraziamento alle persone coinvolte nello spettacolo, in particolare gli Alpini Bavaresi - Bayerischen Gebirgsschützen: “Meritano un ringraziamento particolare – ha detto il Papa, - perché io sono un Schütze onorario, anche se a suo tempo sono stato un Schütze piuttosto mediocre”. Infine il saluto al card. Friedrich Wetter, arcivescovo emerito di Monaco e Frisinga: “Grazie per essere venuto: tu sei il mio primo successore nella sede di San Corbiniano; hai guidato per un quarto di secolo l’arcidiocesi da buon pastore: grazie per essere presente!”. A conclusione dello spettacolo, il Papa ha mormorato in piedi, insieme ai suoi ospiti, il canto religioso 'Engel des Herrn' e si è accomiatato con il tradizionale saluto bavarese, 'Vergelt's Gott!' ("Dio vi renda merito").

TMNews, Radio Vaticana

PELLEGRINAGGIO DELL’ARCIDIOCESI DI MÜNCHEN UND FREISING: "SERATA BAVARESE" IN ONORE DEL SANTO PADRE A CASTEL GANDOLFO - il testo integrale del saluto del Papa

Anno della fede. Le ragioni che hanno portato all'indizione del Papa: mettere in luce la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo

"La natura dell'uomo è rapporto con l'infinito", tema della prossima edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli, è un'affermazione di don Luigi Giussani. Certamente non può essere ridotta alla banale constatazione che nell'uomo c'è l'esigenza di un progresso all'infinito, constatazione che di sicuro troverebbe un consenso più ampio. Si tratta, invece, del riconoscimento di una drammatica verità: l'uomo è costituito dal rapporto con l'infinito, una realtà che egli può abbracciare e amare come fonte del proprio essere, oppure bestemmiare come faceva il Capaneo dantesco, senza smettere per questo di desiderarla. L'uomo è costituito dal desiderio di Dio. La coscienza cristiana ne è consapevole grazie alla rivelazione e all'esperienza. Questo desiderio è la firma del Creatore nella natura umana, il principio della grandezza di questa creatura rispetto a tutte le altre. Si tratta dell'esigenza di "ciò che vale e permane sempre", come ci ricorda il Motu Proprio "Porta fidei" (n. 10) con il quale Benedetto XVI ha indetto l'Anno della fede. Uno scrittore siciliano, Gesualdo Bufalino, in una sorta di autobiografia romanzata (Argo il cieco, ovvero i sogni della memoria), rappresenta uno dei suoi personaggi, Iaccarino, in un momento di verità che il vino aveva favorito. Suonando "verso i quattro canti del cielo il suo debole corno di postiglione", quest'uomo apostrofa Dio, e bestemmia, e supplica: "Ehi tu, t'ho visto, non fare il furbo, non fingere di non esistere! Dio esisti, ti prego! Esisti, te lo ordino!". Anche se Bufalino, sino alla fine, si è dichiarato agnostico, ha saputo esprimere come pochi, attraverso i suoi eroi, l'esigenza che Dio ci sia, il desiderio di conoscerne il volto. Questa ineludibile necessità che "costringe" l'uomo a stare dentro il rapporto con l'infinito è documentata anche dalla forma particolare che ha assunto l'ateismo moderno. Esso, ha scritto il Papa nella "Spe salvi" (n. 42) , è caratterizzato dalla "protesta contro Dio". Una protesta che prende spunto dalle ingiustizie del mondo e della storia universale: "Un mondo, nel quale esiste una tale misura di ingiustizia, di sofferenza degli innocenti e di cinismo del potere, non può essere l'opera di un Dio buono. Il Dio che avesse la responsabilità di un simile mondo, non sarebbe un Dio giusto e ancor meno un Dio buono. È in nome della morale che bisogna contestare questo Dio". Anche quando l'uomo contesta Dio, esprime dunque, l'inestirpabile esigenza di verità e di giustizia che nasce dall'essere fatto per Lui. È la stessa esigenza che porta a riconoscere come nell'annuncio cristiano del Verbo fatto carne si realizza in modo impensabile e gratuito quello che nella coscienza dell'uomo emerge talora come presentimento o profezia. Cristo morto e risorto conclama che tutto nella storia è redimibile, che non si perde nulla nel vortice degli eventi, che si può vivere, pertanto, senza nulla dimenticare e rinnegare. Durante la sua recente visita pastorale a Milano, Benedetto XVI, dopo aver assistito all'esecuzione della nona Sinfonia di Beethoven, ha parlato al pubblico della Scala e, facendo riferimento al terremoto che ha duramente provato l'Emilia, ha audacemente corretto le parole dell'Inno alla gioia di Schiller: "Non proviamo affatto le scintille divine dell'Elisio. Non siamo ebbri di fuoco, ma piuttosto paralizzati dal dolore per così tanta e incomprensibile distruzione che è costata vite umane, che ha tolto casa e dimora a tanti. Anche l'ipotesi che sopra il cielo stellato deve abitare un buon padre, ci pare discutibile. Il buon padre è solo sopra il cielo stellato? La sua bontà non arriva giù fino a noi? Noi cerchiamo un Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza". Solo nel volto di Gesù crocifisso si manifesta, infatti, in modo accettabile il destino dell'uomo e della storia. La ragione che ha portato il Papa a indire un "Anno della fede" è quella dichiarata all'inizio del suo ministero come successore di Pietro: "Mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo" ("Porta fidei", n. 2). Sapranno i cristiani essere oggi il luogo in cui splendono la gioia e l'entusiasmo di questo incontro, unica possibilità di sostenere il rapporto con l'infinito? È la sfida legata alle intenzioni profonde di questo Pontificato.

Francesco Ventorino, L'Osservatore Romano

Il Papa: l'impegno dei leader religiosi per la causa della pace è della massima importanza. Il pensiero per il terremoto e lo tsunami in Giappone

“L'impegno dei leader religiosi per la causa della pace è della massima importanza” nella società attuale: lo scrive Benedetto XVI in un messaggio al venerabile Kojun Handa in occasione del 25° anniversario dell’incontro interreligioso di preghiera di Hieizan, sul Monte Hiei, nei pressi di Kyoto, dove sorge un monastero buddista tendai. Il messaggio è stato letto questa mattina da mons. Pier Luigi Celata, segretario emerito del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, che si trova in questi giorni in visita in Giappone. Il Papa saluta con gioia e amicizia i leader religiosi riuniti a Hieizan “nello spirito dello storico incontro di Assisi promosso nel 1986” dal Beato Giovanni Paolo II. “Grazie ai vostri sforzi, il vertice sul Monte Hiei è diventato un grande evento annuale che contribuisce efficacemente al dialogo tra persone di convinzioni diverse”, scrive il Papa, che si dice fiducioso che i lavori del Vertice e il Simposio promosso per studiare la risposta dei leader religiosi ai disastri naturali, “porteranno ad una maggiore solidarietà e aiuto reciproco”. “Secondo la prospettiva cristiana – continua il messaggio - l'amore donato a coloro che soffrono è un riflesso della carità di Dio che ha così amato il mondo da mandare il suo unico Figlio, Gesù Cristo”. Il Papa rivolge poi il suo pensiero al terremoto e allo tsunami che hanno colpito l’anno scorso il nord-est del Giappone con “conseguenze devastanti per l'intera nazione”. E’ stato tuttavia “incoraggiante”, sottolinea Benedetto XVI, notare “il ruolo efficace dei capi religiosi nell’offrire speranza e sostegno, consiglio e conforto, a tutti i sofferenti”. Questo “tragico evento – conclude il Papa - mostra anche come persone di convinzioni diverse possano cooperare tra loro per il bene” dell’umanità.

Radio Vaticana

Card. Koch: il concetto secondo cui un Concilio può essere in errore risale a Martin Lutero. L'ecumenismo un tema centrale del Vaticano II

"Il concetto secondo il quale un Concilio può anche essere in errore risale dopotutto a Martin Lutero. Già solo considerando questo, i tradizionalisti dovrebbero domandarsi dove effettivamente si pongono". E' un passaggio dell'intervista del card. Kurt Koch (nella foto con Benedetto XVI), presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'unità dei cristiani, all'agenzia svizzera Apic-Kipa, rilanciata da L'Osservatore Romano. "Il Vaticano II - afferma il responsabile vaticano per l'ecumenismo - ha adottato quattro costituzioni, nove decreti e tre dichiarazioni. In termini puramente formali, voi potete fare una differenza tra questi tre generi. Ma poi sorge un problema se si considera che il Concilio di Trento (1545-1563) non ha pubblicato che dei decreti e nessuna costituzione. Non verrebbe a nessuno l'idea di affermare che il Concilio di Trento sia stato di un livello inferiore. Dunque, dal punto di vista puramente formale, è possibile trovare delle differenze, ma non si può realmente accettare che si facciano delle differenze nel carattere stringente del contenuto di questi documenti". Il porporato ha ricordato anche che il decreto conciliare sull'ecumenismo, l'"Unitatis redintegratio", trae i suoi principi dalla Costituzione dogmatica sulla Chiesa, la "Lumen gentium": "Paolo VI ha fermamente insistito, al momento della promulgazione del decreto, sul fatto che esso interpreta e spiega la Costituzione dogmatica sulla Chiesa". In questo senso, in riferimento alla contestazione che i lefebvriani fanno dell'ecumenismo, Koch ha sottolineato che esso invece "non è un tema secondario bensì centrale del Concilio, come ha ricordato una volta Giovanni Paolo II. E' per questo che oggi deve essere un tema centrale della Chiesa. Inoltre, anche la dichiarazione conciliare sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, in particolare l'ebraismo, la 'Nostra aetate', trova le sue basi nella costituzione dogmatica sulla Chiesa".

TMNews

Il card. Koch sul Vaticano II

Traduzione in italiano dell'intervista del cardinale a KNA

Credere prima di agire, l’Enciclica sulla fede secondo il Papa. Benedetto XVI al lavoro sulla sua quarta 'lettera circolare', sulla scia di Paolo VI

Quando il 24 aprile del 2005, nell’omelia che aprì il Pontificato, Benedetto XVI disse che il suo compito, e insieme quello della Chiesa, era di “condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il figlio di Dio”, probabilmente già pensava che sarebbe arrivato fin qui. Dove? Alla decisione di scrivere un’Enciclica sulla fede, la sua quarta, la terza dedicata alle virtù riguardanti Dio, appunto le virtù teologali. Una notizia data nelle scorse ore in quel di Les Combes, a Introd, dal Segretario di stato Tarcisio Bertone che ha anche spiegato che il Papa ha concluso la stesura del terzo volume dell’opera su Gesù di Nazaret, dedicato ai racconti dell’Infanzia di Gesù ("Die Kindheitsgeschichten"). Il volume, scritto in tedesco, deve ora essere tradotto. Un’Enciclica dedicata alla fede, dunque, per dire cosa? Un assaggio il Papa lo diede lo scorso 11 ottobre, nella Lettera Apostolica "Porta fidei" con la quale indisse un Anno dedicato alla fede. Disse che “capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune”. Mentre la Chiesa non può accettare che “il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta”. La fede prima delle preoccupazioni sociali e politiche, dunque, un presupposto non secondario nella visione delle cose del Papa tedesco. Si sa che egli ha in mente Paolo VI, e la sua decisione per certi versi dirompente di indire un Anno della fede nel 1967, tempi di rivolgimenti e, nella Chiesa, anche di cedimenti: prima del credere l’agire, gli anni del post Concilio, delle verità di fede annacquate dal vento del rinnovamento. Paolo VI pensò a un momento solenne perché in tutta la Chiesa vi fosse “un’autentica e sincera professione della medesima fede”. Una professione da parte di tutti, perché il credere fosse purificato dalle derive e dai tradimenti: “I grandi sconvolgimenti che si verificarono in quell’anno - ha scritto Papa Ratzinger - resero ancora più evidente la necessità di una simile celebrazione”. Essa si concluse con la professione di fede del popolo di Dio, per attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati in maniera nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato. Non è un caso che l’Enciclica esce, oltre che nell’Anno dedicato alla fede, anche in quello nel quale si festeggia il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) e nel ventesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (11 ottobre 1992). Joseph Ratzinger ha lavorato a lungo, da prefetto dell’ex Sant’Uffizio, alla stesura di un compendio del Catechismo. Per lui, come per Paolo VI più di quarant’anni fa, il Catechismo è la strada a cui aggrapparsi non solo per apprendere e divulgare una fede corretta, ma anche per interpretare e riproporre nel modo più giusto gli insegnamenti del Vaticano II. Paolo VI il 30 giugno 1968 pronunciò a conclusione del suo Anno della fede il suo “Credo del popolo di Dio”. Il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re, Benedetto XVI celebrerà “un’Eucaristia in cui rinnovare solennemente la professione della fede”. Insomma, una continuità assoluta. Sarà quella anche la data in cui rendere nota la sua quarta Enciclica? Difficile dirlo. Papa Ratzinger ha dimostrato, nella stesura del suo ultimo volume su Gesù di Nazaret, di non amare le corse. Si prenderà il tempo necessario, per la sua ultima attesissima “circolare”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Ministro degli Affari esteri della Romania: a settembre in Vaticano per preparare il viaggio di Benedetto XVI nel Paese. Nessuna conferma dal Vaticano

Andrei Marga, Ministro degli Affari esteri della Romania, ieri, nel corso di una conferenza stampa, secondo quanto riferiscono i siti Nyugatijelen.com e Ziare.com, ha annunciato che nel mese di settembre visiterà il Vaticano per parlare del viaggio apostolico di Benedetto XVI, progetto che a suo avviso è abbastanza ben avviato. Secondo il Ministro rumeno nel paese sono già cominciati i preparativi. Marga ha aggiunto che per la Romania, questo viaggio del Papa "sarà un grande onore e rimarrà nella storia del Paese (...) Papa Benedetto è una delle più grandi figure della teologia e della cultura del nostro tempo", ha precisato. Infine. Il Ministro ha ribadito che intanto le autorità daranno la loro massima collaborazione per risolvere alcuni problemi esistenti come la restituzione dei beni confiscati alla Chiesa greco-cattolica così come le famose opere edili previsti in Piazza Duomo di Bucarest (foto) e contro le quali l'arcidiocesi si è pronunciata a più riprese. Il Ministro ha concluso sottolineando alcune importanti convergenze tra la Romania e il Vaticano in materie come la difesa della libertà religiosa, la tutela della vita e della dignità umana e i molti pronunciamenti della Santa Sede in favore della piena integrazione dei cittadini rumeni nelle società occidentali. Da precisare che su questa notizia da parte della Santa Sede non è arrivato nessun commento. In questa nazione dove la maggioranza della popolazione è ortodossa (oltre l'84%) e i cattolici poco più del 5 %.

Il Sismografo

Un nuovo presidente per lo IOR, il futuro di Nicora: in arrivo altre scosse. L'operazione di trasparenza voluta dal Papa ha fatto cadere ogni alibi

Pochissimi l'hanno letto e nelle librerie nemmeno è arrivato, con le sue cinquecento pagine di testo e di allegati. Ma il rapporto che Moneyval ha pubblicato a metà luglio su Vaticano e finanza ha segnato uno spartiacque storico. Per la prima volta la Santa Sede ha sottoposto i suoi istituti e le sue leggi al giudizio di un arbitro esterno, internazionale. Per la prima volta si è fatta assegnare un voto e dettare i compiti da un'autorità secolare. In una materia, come Dio e Mammona, nella quale ha tanto peccato. È un evento, quello segnato dal rapporto di Moneyval, che ancora una volta obbliga a riscrivere il profilo convenzionale di Papa Benedetto XVI. Il professore di teologia si è rivelato nel frangente un uomo di governo inflessibile. Ha dato l'ordine che in campo finanziario tutto sia reso trasparente ed esemplare, anche al costo di far esplodere dentro le mura vaticane conflitti di un'asprezza senza precedenti. E così è stato. Moneyval l'ha riconosciuto: il Vaticano "ha fatto una lunga strada in un tempo veramente breve". Si è messo in corsa tra gli ultimi, ma in capo a soli due anni è riuscito a piazzarsi al decimo posto tra i ventinove Stati sottoposti al giudizio periodico della task force del Consiglio d'Europa che misura le capacità di ciascuno Stato nel contrastare la circolazione di denari illeciti. Subito dietro Germania e Italia. E con nove voti positivi su sedici nelle materie “core and key” che decidono il punteggio finale. Sono stati due, in Vaticano, gli osservati speciali, ai quali il rapporto di Moneyval ha dedicato il massimo numero di osservazioni pro e contro: l'Istituto per le Opere di Religione, IOR, la "banca" vaticana, e l'Autorità di Informazione Finanziaria, AIF, il braccio di investigazione e di controllo di cui la Santa Sede ha dovuto dotarsi. Sia per l'uno che per l'altra, alla fine dell'estate, in Vaticano si aspettano dei colpi di scena. Per lo IOR sarà nominato il nuovo presidente, dopo che il suo board, lo scorso 24 maggio, ha rimosso da questa carica Ettore Gotti Tedeschi accusandolo pubblicamente di manifesta incapacità di svolgere il suo ruolo. Gotti Tedeschi attribuisce in realtà la sua brutale cacciata a contrasti insanabili col management della "banca" e più ancora col segretario di Stato card. Tarcisio Bertone riguardo a due questioni. La prima è il tentato acquisto dell'ospedale San Raffaele di Milano, ostinatamente voluto da Bertone e infine mancato anche per la strenua opposizione dell'allora presidente dello IOR. La seconda questione sono le variazioni introdotte lo scorso inverno dalla segreteria di Stato alla legge vaticana n. 127 del 30 dicembre 2010 contro il riciclaggio di denari illeciti: variazioni che secondo il card. Attilio Nicora, presidente dell'AIF, segnavano "un passo indietro" rispetto al testo iniziale e che secondo Gotti Tedeschi avrebbero comportato la bocciatura da parte di Moneyval. In realtà la bocciatura non c'è stata. Anzi, le valutazioni che il rapporto di Moneyval dà dello IOR e dei passaggi della nuova legge 127 che lo riguardano sono in prevalenza positive.Le correzioni principali che lo IOR dovrebbe introdurre, a giudizio di Moneyval, sono una più stringente e selettiva verifica del profilo dei clienti e della correttezza dei flussi "cash", specie da e verso paesi extraeuropei con scarsi controlli sugli illeciti finanziari. Anche la nuova legge 127, nel suo complesso, è stata valutata da Moneyval positivamente. Se un passo indietro c'è stato, si legge nel rapporto, esso riguarda proprio l'Autorità di Informazione Finanziaria, i cui poteri di ispezione su tutti gli uffici vaticani erano più forti con la versione precedente della legge. Ma dopo aver dato ragione su questo al card. Nicora, gli ispettori di Moneyval hanno avanzato contro di lui due critiche. La prima è di non aver finora compiuto alcun atto concreto di investigazione e controllo in suo potere, tanto meno sullo IOR, e quindi di non aver ancora dato prova delle capacità effettive dell'organismo da lui presieduto. La seconda è di incarnare un conflitto di interessi, in quanto presidente dell'AIF e membro della commissione cardinalizia dello IOR, cioè controllore e controllato insieme. Alla fine dell'estate si prevede che Nicora lascerà la seconda delle due cariche. E così Bertone, che di questa commissione cardinalizia è il presidente, avrà lì un avversario in meno.

Sandro Magister, www. chiesa

Il Papa: siamo in un'epoca in cui azioni concertate vengono messe in atto per ridefinire e restringere l'esercizio del diritto alla libertà religiosa

Siamo “in un'epoca in cui azioni concertate vengono messe in atto per ridefinire e restringere l'esercizio del diritto alla libertà religiosa”: è quanto afferma Benedetto XVI in un messaggio inviato, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ai Cavalieri di Colombo, in occasione della loro Convention annuale che si terrà dal 7 al 9 agosto in California. “I Cavalieri di Colombo – si legge nel messaggio - hanno lavorato senza sosta per aiutare la comunità cattolica a riconoscere e a dare risposta alla gravità senza precedenti di queste nuove minacce alla libertà della Chiesa e alla testimonianza morale pubblica'' e hanno difeso “i diritti di tutti i credenti, come cittadini individuali e nelle istituzioni, per lavorare responsabilmente alla costruzione di una società democratica ispirata dalle loro credenze, valori e aspirazioni”.

Radio Vaticana